A PROPOSITO DI ... "SOSTEGNO"
http://www.provincia.venezia.it/psh/bol_11.htm

"Sostegno" vocabolo ormai entrato in uso nella scuola italiana di ogni ordine e grado, vocabolo che, nella scuola sta ad indicare il ruolo ed i compiti di un docente con un particolare requisito: la specializzazione nell'insegnamento ai bambini/ragazzi disabili e che quindi viene assegnato alle sezioni/classi in cui questi vengono inseriti. Da questa sia pur sommaria e semplicistica definizione si potrebbe dedurre che si tratti di una figura professionale ben delineata i cui compiti sono così ben definiti da non dare adito ad interpretazioni diverse. L'esperienza, maturata in questi vent'anni, ci dice invece che la realtà è un'altra, in quanto su questa figura ci sono pareri ed opinioni diverse, a volte in contrasto fra loro, inoltre il modo di operare di questi docenti è talmente vario da fare supporre che neppure la scuola stessa, nel suo complesso, abbia le idee chiare in proposito. Cerchiamo quindi di vedere o meglio di analizzare, per quanto è possibile, le motivazioni che hanno portato genitori e docenti curricolari, a considerare questo particolare insegnante in un modo piuttosto che in un altro.

All'inizio di ogni anno scolastico, tutti i genitori in particolare quelli, il cui bambino entra per la prima volta in un certo ordine di scuola, sono presi, oltre che da speranze, per quel nuovo cammino intrapreso dal figlio verso un traguardo importante della vita, anche da ansie e timori per quel "nuovo" che il figlio sta affrontando e di cui loro, in generale, conoscono poco, in quanto la loro conoscenza della scuola è legata in parte ai ricordi d'infanzia e adolescenza, ed in parte alle esperienze più o meno positive vissute nella scuola ed in parte da quanto proposto dai mass-media che non sempre riescono a rispecchiare fedelmente la realtà. Se questo succede ai genitori dei bambini normodotati, possiamo immaginare cosa può rappresentare questo momento per i genitori di un bambino disabile: le ansie ed i timori si moltiplicano fino a diventare veri patemi difficili da controllare, alimentati dalla scarsa o non corretta informazione su quali siano i presupposti per riuscire ad ottenere per il proprio bambino/ragazzo un inserimento che gli permetta di vivere serenamente il suo iter scolastico ed il suo ingresso nella vita sociale. Le informazioni che hanno, sono frutto in generale, di un sentito dire da altri genitori che hanno fatto un'esperienza simile, più o meno positiva, o di esperienze personali, magari negative, non basate in linea di massima su una conoscenza della legislazione vigente in materia di inserimento scolastico. In questo contesto, dunque, si inserisce anche l'opinione del ruolo che i genitori si sono fatti dell'insegnante di sostegno, ruolo che il più delle volte non corrisponde affatto a quello previsto dalla normativa, infatti pensano che l'insegnante di sostegno sia l'insegnante del loro bambino/ragazzo, ovvio quindi che richiedano con sempre maggior insistenza il rapporto in deroga, specie 1/1, ovvio che un genitore così provato e così in ansia si senta tranquillizzato pensando alla figura dell'insegnante di sostegno in questo modo. Pensare che il figlio sarà supportato dalla presenza costante di una persona preparata che lo seguirà individualmente, (specie in presenza di certe patologie), li rassicura, li porta a vivere il rapporto con la scuola in un modo più sereno e li fa anche sperare in risultati sul piano didattico, a volte impossibili da ottenere.

Ovvio inoltre che questi genitori vedano nell'insegnante di sostegno l'unico referente scolastico, la persona cui rivolgersi per qualsiasi evenienza, l'unico in grado di capire le problematiche del figlio e di soddisfare i suoi bisogni, dimenticando che il bambino/ragazzo è inserito in una sezione/classe in cui operano altri insegnanti. Questo modo di pensare però, se per certi versi può presentare qualche lato positivo, ne presenta altri di molto negativi perchè‚ nel momento in cui vengono a verificarsi cambiamenti anche di modesta entità es. un'assenza breve dell'insegnante di sostegno, i genitori entrano in ansia, ansia che diventa un vero e proprio patema se l'insegnante di sostegno non è titolare, cosa che accade abbastanza spesso, e quindi non può garantire la sua presenza nel tempo in quanto questa è regolata da una normativa precisa. Ansie e timori non sono, però, la sola causa che hanno portato i genitori a considerare l'insegnante di sostegno come l'insegnante esclusiva del bambino/ragazzo disabile, a ciò ha contribuito il modo di operare della scuola nel suo complesso.

Non è raro trovare insegnanti curricolari che la pensano allo stesso modo e cioè che il collega di sostegno è l'insegnante del bambino/ragazzo disabile, delegando a lui tutto quanto concerne questo alunno a partire dalla programmazione individualizzata (PEI), agli incontri con l'equipe dei CNPI, ai rapporti con i genitori ecc. disinteressandosene, come se tutto ciò non fosse anche di loro competenza. E nel caso in cui il sostegno non arrivi a coprire tutto il tempo a scuola richiedere al collega di sostegno la preparazione di materiale didattico (schede ed altro) con cui tenere l'alunno occupato in modo che questi non arrechi disturbo mentre stanno facendo lezione alla classe, o in caso ancor più negativo, assegnandogli esercitazioni senza un itinerario prestabilito, creando così demotivazione e disorientamento nell'alunno stesso e perplessità nei genitori. A questo modo di agire, già di per sè negativo, è necessario unire un altro aspetto cioè quello riguardante il luogo in cui viene fatto operare l'alunno disabile rispetto alla sua classe, non è raro entrando in una scuola trovare una porta che reca la scritta: Aula di sostegno, il che sta, in generale, a significare, che almeno una parte della attività degli alunni disabili viene svolta fuori dalla classe, ma il male non è questo, in quanto nell'espletare il sostegno in classe o fuori ci sono molti pareri e le argomentazioni, portate a supporto di una tesi rispetto all'altra, presentano comunque lati positivi e negativi; credo sia impossibile dare un giudizio in assoluto in quanto ogni bambino/ragazzo disabile è un caso a s‚ per il quale le decisioni vanno prese tenendo sempre e comunque presente che non si tratta di spostare un oggetto, ma una persona che, proprio per la sua disabilità, ha bisogno che attorno a se‚ si concretizzi un complesso di attività strutturate in modo armonico così da potersi costruire punti di riferimento.

Anche se può sembrare utopistico, ritengo che questo obbiettivo possa essere raggiunto se il PEI sarà formulato da tutto il team degli insegnanti della sezione/classe e se nella stesura della programmazione della classe si sarà tenuto conto della presenza dell'alunno disabile di cui devono farsi carico tutti coloro che operano nella classe stessa, solo così il bambino/ragazzo disabile potrà essere seguito con competenza da tutti gli insegnanti e non solo da quella di sostegno ed in tutti i momenti della giornata scolastica.

Per quanto poi riguarda in particolare la scuola materna ed elementare, si potrà procedere anche nello scambio dei ruoli (esperienze in merito ne sono state fatte e se ne stanno facendo) non in modo occasionale ed improvvisato, ma inserito in un contesto programmatico ben definito. Difficoltà ad attuare una impostazione di questo tipo si possono trovare nella scuola media di I° grado ed ancora più nella scuola superiore in quanto l'insegnante di sostegno non può avere una laurea che risponda a tutte le materie curricolari. Però, anche senza arrivare allo scambio dei ruoli, se tutti gli insegnanti della classe partecipano alla stesura del PEI per quanto riguarda gli obbiettivi educativi e gli obbiettivi didattici generali, concordando poi con l'insegnante di sostegno materia per materia, individualmente, l'iter didattico specifico, tenendo presente la programmazione di classe si può arrivare ad ottenere un itinerario organico che permetta sia all'insegnante di classe che di sostegno di procedere anche in assenza di uno o dell'altro.

Dopo aver esaminato, in modo sia pur generalizzato e sommario, che però corrisponde ad una realtà presente nella nostra scuola, il pensiero di parte di genitori e in parte dei docenti, ritengo sia utile porre l'attenzione sulla normativa vigente e, attraverso un excursus fra leggi e circolari, tentare di capire come è nata la figura dell'insegnante di sostegno e la motivazione, per quanto è possibile, che hanno portato a considerarla "l'insegnante di sostegno dell'alunno disabile". Il quadro di riferimento normativo, in materia di integrazione, è molto vario e vasto, in questo contesto però cercheremo di limitarlo alla parte che riguarda in particolare il sostegno, senza dimenticare che due sono le leggi cardine che regolano l'integrazione scolastica la L517/77 e la L 104/92. Partiamo dal 1975 anno in cui, a seguito del documento conclusivo dei lavori della commissione ministeriale presieduta dalla senatrice Falcucci viene emanata la C.M. 227, applicativa dell'art.28 L118/71, in detta circolare, per quanto riguarda i docenti, si stabilisce di dare la precedenza nel conferimento degli incarichi, nelle scuole in cui siano stati inseriti alunni handicappati, a coloro che abbiano documentato di aver seguito corsi universitari di specializzazione... ecc.", nessun riferimento viene fatto al sostegno. Un primo accenno al sostegno lo troviamo nel DPR 970 dello stesso anno, all'ultimo comma dell'articolo 9 titolo II° laddove recita "Il personale docente di cui al precedente comma (specializzato) può essere assegnato a scuole normali per interventi individualizzati di natura integrativa in favore della generalità degli alunni, in particolare di quelli che presentino specifiche difficoltà di apprendimento". Altro accenno all'utilizzo e all'aggiornamento, in materia di integrazione, rivolto al personale ispettivo - direttivo - docente - si ha nella C.M. 680/76, sempre nel 1976 viene emanata la C.M. 228 che rifacendosi alla precedente 227, nel dare disposizioni per l'istituzione di nuove sezioni nella scuola materna, stabilisce: "Sia data precedenza a quelle interessate all'integrazione assicurando un insegnante aggiunto ogni tre sezioni; stessa precedenza nell'istituzione di classi a tempo pieno art. 1 L 820/71 che abbiano proceduto all'integrazione, e suggerisce di utilizzare in queste sedi docenti specializzati provenienti dalla scuola speciale"; medesimo criterio viene adottato per la scuola media di I° grado nelle istituzioni di classi "a struttura integrata" ed anche in questo caso viene suggerito di dare la precedenza, per l'insegnamento in queste classi, ai docenti di ruolo in servizio l'anno precedente presso le classi sperimentali (ex. differenziali).

Appare evidente che ancora non si parla di sostegno, anzi la stessa circolare suggerisce di utilizzare, se necessario, personale di assistenza o altre figure professionali non presenti nella scuola ricorrendo a stipule di convenzioni con gli enti locali e, (paradosso, visto che l'inserimento era già stato attuato, almeno per quanto riguarda la provincia di Venezia) nel caso questi "non fossero in grado di assicurare la collaborazione necessaria, sarebbe da considerare l'impossibilità di attuare l'inserimento degli handicappati".

Un primo accenno all'insegnante di sostegno lo troviamo invece nella C.M. 216/del 3/8/77 che confermando i criteri organizzativi delle circolari precedenti, stabilisce che "per interventi individualizzati di natura integrativa, dovrà essere utilizzato il personale già in servizio nelle scuole speciali o classi differenziali che si renda disponibile per la contrazione degli alunni delle medesime e più oltre continua "...per quanto concerne la scuola elementare si ritiene possa essere adottato il criterio di utilizzare un insegnante di "sostegno" per ogni sei alunni handicappati inseriti nelle varie classi, riducendo tale rapporto al limite minimo di quattro solo nel caso in cui il progetto di integrazione richieda particolari forme di intervento da parte dell'insegnante".

In realtà è però solo la L 517/77 che ratifica in maniera cogente ed esplicita il diritto alla piena integrazione degli alunni handicappati nella scuola comune, prevedendo agli articoli 2 e 7 prestazioni di insegnanti specializzati con un rapporto, di regola, di un insegnante ogni quattro alunni portatori di handicap, con possibilità di deroghe, secondo accertate particolari necessità stabilendo in 20 il numero massimo di alunni per sezione/classe ove sia inserito un bambino disabile e la programmazione, da parte del collegio dei docenti, di attività scolastiche integrative per gruppi di alunni della stessa classe o di classi diverse, per la realizzazione di interventi individualizzati in relazioni alle esigenze degli alunni, tenendo conto, per la realizzazione del piano "delle unità di personale docente comunque assegnato alla direzione didattica", questo per quanto concerne la scuola elementare; e di programmazione di 160 ore di attività in sostituzione delle normali attività didattiche per la scuola media di I° grado. Con detta legge vengono poi abolite, nella scuola media, le classi di aggiornamento e le classi differenziali, previste dagli art. 11 e 12 L 1859/62.

Seguono, nel tempo, altre circolari che dettano norme per l'applicazione dei succitati art. 2 e 7 L 517/77, ma sarà solo con la emanazione della C.M. 199/79 riguardante "Forme particolari di sostegno a favore di alunni portatori di handicap" che si comincia a fare un pò più di chiarezza. Detta circolare infatti richiamandosi all'applicazione degli art. 2 e 7 L517/77 precisa che la legge non parla di "insegnanti di sostegno", ma di "forme particolari di sostegno" di vario tipo e di diversa competenza, prosegue poi chiarendo che "la locuzione, insegnanti di sostegno" è ormai così invalsa nell'uso comune che si può accettarla ufficialmente". Raccomanda inoltre che questo insegnante non sia messo in sottordine rispetto agli altri insegnanti di classe, che i suoi compiti non siano interpretati in modo riduttivo e, molto importante, "che sia coinvolto nella programmazione educativa e partecipare a pari titolo alla elaborazione ed alla verifica delle attività di competenza dei consigli di classe e dei collegi dei docenti". Delinea, come si può ben capire, in un certo senso, il ruolo ed i compiti dell'insegnante di sostegno, chiarendo che insegnante di sostegno e di classe, devono procedere congiuntamente, in modo da rispondere ai bisogni educativi degli alunni con interventi calibrati sulle condizioni personali di ciascuno alunno. Altra legge importante è la L 270/82 che fra le altre cose istituisce il sostegno nella scuola materna art. 12, introduce il ruolo degli insegnanti di sostegno, cosa positiva in quanto imponendo il vincolo di una permanenza di un quinquennio in detto ruolo, favorisce la continuità. Seguono, poi nel tempo leggi, decreti, circolari in cui, anche se non specifiche, l'argomento integrazione viene trattato, per arrivare alla L 148/90 riguardante la riforma della scuola elementare che sancisce la "contitolarità" dell'insegnante di sostegno, concetto che viene poi ripreso e ribadito dall'altra legge cardine cioè la legge quadro "per l'assistenza, integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate", N 104/92 art.12, legge che in un certo senso raccoglie in buona parte il contenuto delle circolari precedenti. Da questo excursus legislativo sembrerebbe non apparire ancora chiaro e delineato il ruolo ed il compito dell'insegnante di sostegno, se però dopo una prima lettura superficiale andiamo ad analizzare i contenuti ci accorgiamo che esso è esplicitato, infatti il comma 6 dell'art.12 in cui si dice che "l'insegnante di sostegno è "contitolare" delle sezioni/classi in cui opera e partecipa alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti", non può significare che l'insegnante di sostegno deve occuparsi solo, dell'alunno disabile, in quanto le attività di competenza dei consigli succitati non possono certo riferirsi all'alunno disabile, quindi l'insegnante di sostegno è "uno" degli insegnanti di quella sezione e classe che però per la sua specificità, che non deve essere finalizzata alla realizzazione di attività paramediche, riabilitative e assistenziali, oltre alle competenze proprie della funzione docente, ha la possibilità di approntare, grazie alla specializzazione, risposte più adeguate alle necessità di ogni singolo alunno della classe e in particolare per quanto riguarda l'alunno disabile la messa in atto di stimoli, interventi, strategie ben delineate, definitivi, resi operativi in curricoli integrati; curricoli che non possono e non devono essere lasciati solo all'insegnante di sostegno ma predisposti da tutti gli insegnanti di sezione/classe. Il nocciolo della questione quindi è proprio qui: nella programmazione, il PEI, e ce lo dice chiaramente il DPR 24 febbraio 1994, deve essere il frutto della collaborazione di tutte le figure che operano con l'alunno disabile compresi i genitori, i quali se coinvolti, potranno da una parte fornire indicazione per quanto di loro spettanza dall'altra conoscere quanto la scuola fa per il figlio e quindi essere indotti a collaborare, continuando, ove e se possibile, l'iter educativo proposto. In questo modo anche i genitori non vedranno più l'insegnante di sostegno come il "solo" insegnante del figlio e si sentiranno molto più tranquilli proprio perchè‚ avranno la certezza che in qualsiasi momento della giornata scolastica il figlio sarà seguito in modo adeguato.

Silvana Dal Soldà