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SULLA GIUSTIZIA MINORILE

In questo paese ubriaco di schizofrenie dialettiche, di scosse telluriche a intermittenza, che provocano cedimenti istituzionali e piegamenti umani, mi viene da pensare ( meno male che il pensiero è strumento di libertà riconosciuto ontologicamente ) a come punire sia più facile che prevenire e agire con composta fermezza.

Penso alle riforme sulla Giustizia minorile ( tutte in linea di partenza, senza box a proteggerne eventuali riparazioni ), alla disinformazione dilagante, a come sia facile dire, per non dire nulla.

Ad esempio che un minore è imputabile un giorno dopo il compimento del quattordicesimo anno di età. Eppure, nella comunità in cui svolgo la mia attività di tutor, mi sono affidati giovanissimi di dodici-tredici anni, condotti in comunità ( quindi non per loro scelta ) a seguito di interventi mirati e conclusivi da parte dei Centri Servizi Sociali per minori, i quali si pongono a mezzo e tutela del minore, quando è provata la disgregazione del nucleo familiare, quando persiste l’evasione scolastica, nonché il rischio ricorrente di comportamenti che sono di per sé gia reati contestabili.

Penso allora ad un dodicenne che commette un reato, penso a quanto poco conosciamo di questo ragazzo, e quanto quella sua irresponsabilità sia somma e detrazione di una responsabilità che appartiene a pieno titolo ad un pubblico ben più adulto.

Quale carcere e quale pena sono giuste per un adolescente che non sa riconoscere ancora sentimenti complessi e ruoli ben definiti all’intorno? La domanda spinge…eppure già, esiste, dapprima, un’esclusione, e a seguire un’inclusione in agenzie di controllo e trattamento…che per fortuna non sono solo sotto formato carcere.

Davanti ad accadimenti tragici, che scompongono le coscienze, è chiaro che sale alta una esigenza doverosa di Giustizia, quanto meno per un’attenzione sensibile nei riguardi delle vittime. A tal proposito, e in linea con una comunicazione mediatica a dir poco strumentale, non è lecito sapere, che nel campo delle scelte di politica criminale per minori, è in sperimentazione un percorso innovativo di non poco spessore nel diritto di una procedura penale che custodisca umanità e speranza in ogni azione di contrasto.

Esiste appunto, un tavolo di mediazione, con un giudizio sospeso, affinché "colpitore e colpito " possano avvicinarsi, perché al male fatto non segua altro male fine a se stesso, e chi cerca risposte e Giustizia al proprio dolore, possa guardare negli occhi l’altro.

Al di là del tavolo di mediazione, c’è il minore, e la possibilità che subentri la consapevolezza del male perpetrato, affinché il senso di colpa si trasformi in un sentimento diverso, di ben altra dimensione interiore, ciò per evitare che posto nella stessa condizione abbia a ripetersi l’identico comportamento deviante.

Penso alla difficoltà di accettare un consenso alle regole, perché costa fatica intellettualmente e fisicamente, e credo sia talmente inusitato il peso di questo tentativo, che forse è assai più facile lasciarsi andare all’emotività, alla richiesta di inasprimento delle pene, al comodo rifugio: " tanto non accadrà mai ai miei figli".

Penso ai tanti giovani nelle comunità, che cadono e si rialzano, e in una sopraggiunta responsabilizzazione trovano capacità di vista prospettica.

Di fronte alle delusioni, ai fallimenti, non solo al disagio esistenziale di un minore, ma alle eredità conflittuali lasciate sulle loro spalle, persino davanti al disagio psichico, alle patologie, penso che occorra perdere una battaglia, per vincere la guerra, e ritrovare un senso a dare, per non assuefarsi alle facili conclusioni o rese, che alimentano paure e insicurezze, e soprattutto interrompono quel collante che tiene insieme una società.

Una società che sa recuperare, che produce " il bene " nel nome della centralità dell’uomo, è una società che riconosce il valore della libertà, e libertà sottende capacità di sostenere una scelta.

Anche la più difficile.

Vincenzo Andraous
Carcere di Pavia e tutor Comunità "Casa del Giovane" di Pavia

Maggio 2002


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