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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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UN RIFUGIO INASPETTATO NELLA FITTA NEBBIA

 

Lunedì 16 febbraio, la nostra meta mutò all’improvviso, fu il destino? E ci ritrovammo non al Sermig di Torino ma alla “Casa del Giovane” di Pavia.

Fu naturale, visto che la nebbia ci impediva di raggiungere Torino, proporre come alternativa la “Casa del Giovane” agli alunni di terza della scuola media “Maddalena di Canossa”.

Naturale perché conosco questa realtà da due anni e mezzo circa, anche se, per la verità, fu a Guido, mio collega di italiano, che l’idea balenò all’improvviso: “ Visto che conosci don Franco perché non provi a sentire se possiamo visitare la sua Comunità?”

E don Franco permise il miracolo: “Va bene, telefona a Vincenzo che penserà a tutto”.

A mezzogiorno io, Guido, Elisa e 46 ragazzi varcavamo i cancelli della “C. d. G.”, ad accoglierci Vincenzo.

Ecco come i ragazzi ricordano quella giornata speciale che sconvolse in modo inaspettato il loro “stagno di tranquillità, che ignora quasi tutto della realtà che lo circonda”.

 

“Eravamo partiti alle otto e cinque da Pavia per visitare il Sermig di Torino, avanzando lentamente nella fittissima nebbia. Sembrava che fossimo circondati da vapore tanto che a metà tragitto fummo costretti a cambiare meta. Così, invece di recarci al Sermig, andammo verso la Casa del Giovane, un centro per ragazzi che hanno avuto esperienze drammatiche. Ad accoglierci c’era Vincenzo, uno dei tutori del centro, un uomo che inizialmente non mi ispirò simpatia. Ma non l’avevo sentito ancora parlare! Era impulsivo ed energico, come fra Cristoforo, un personaggio che mi piace molto.

Il suo discorso toccò molti punti: come è nata la Casa del Giovane, perché e chi ci vive.

Vincenzo ha parlato anche di amicizia, solidarietà ed omertà, dando loro un significato ben preciso.

Significati che sono piombati come macigni in uno stagno di tranquillità, che ignora quasi tutto della realtà che lo circonda. Vincenzo ha una visione diversa degli amici rispetto alla mia, ma forse tra le due la sua è la migliore. Solidarietà vuol dire aiutarsi l’uno con l’altro, ma c’è modo e modo di aiutare. Per esempio, coprire un amico per non farlo andare nelle grane è sbagliato. Così non si aiuta il proprio amico, anzi lo si danneggia perché finisce col convincersi che può passarla liscia in ogni caso.  Dopo la pausa pranzo abbiamo visitato i laboratori. I responsabili ci spiegavano, ma io ero più interessata ai giovani. Con tutto quello che hanno passato sembravano tranquilli, ridevano tra loro, tanto che mi hanno sorpreso. Ma forse sbaglio; in fondo hanno tutto quello che serve: aiuto, solidarietà e soprattutto volontà. Perché possono avere tutto l’aiuto del mondo, ma se non hanno la volontà è inutile. La giornata volge al termine ma questo piccolo mondo a parte, resterà sempre nei nostri cuori.” ( Amalia)

 

“Lunedì, con la scuola, dopo un viaggio lungo e travagliato, siamo giunti quasi casualmente, forse un segno del destino, alla C. d. G., una grossa struttura che accoglie e insegna un lavoro a drogati, alcolisti, giovani, giovanissimi, barboni e ragazze madri: dopo averli rimessi sulla retta via, li aiutano ad immetersi nel mondo del lavoro. La C.d.G. deve la sua esistenza a Don Enzo Boschetti, una persona straordinaria, con un grande cuore.  Dopo essere giunti al luogo prestabilito, anzi “post-stabilito” si è offerto di farci da guida Vincenzo, una persona un po’ ruvida, quasi brusca ma con un grande cuore. Ci ha illustrato a grandi linee il meraviglioso progetto della Comunità e ci ha dato alcuni utili consigli:”Attenzione, ragazzi” ha detto in tono severo,” si parte da uno spinello per poi passare alle droghe pesanti!” Ci ha anche spiegato la differenza tra solidarietà e omertà, due cose completamente diverse, quasi l’una l’opposto dell’altra ma molto simili e facili da confondere.

Queste parole, di rinunciare alla droga e di non nascondersi dietro agli altri, queste parole non me le sarei mai aspettate da un pluriomicida. Alla fine di questo incontro ho capito che genere di persona è Vincenzo, è uno tosto, che sa riconoscere i suoi sbagli e, come l’Innominato, è dotato di forti passioni e sentimenti, prima li aveva per fare del male, ma ora concentra tutte le sue forze per fare del bene. Con il suo grande carisma e la sua “sterminata” fiducia in Dio e con l’idea che niente è impossibile, collabora al   recupero dei ragazzi che ormai si credevano perduti.” (Alessandro)

 

“Vincenzo, tutore energico, ha cercato di mostrarci la giusta via che dobbiamo percorrere per non entrare nel nero tunnel della droga. In ogni tunnel però c’è un’entrata e un’uscita e Don Enzo Boschetti credeva in quest’uscita. Inizia così l’opera di Don Enzo nell'accogliere i bisognosi e diventare lanterna per coloro che si sono persi, lanterna per illuminare i loro passi e trovare la via d’uscita.”(Giulia)

 

“….fu tutto per puro caso!! Recatici sul posto abbiamo trovato una guida che ci ha mostrato e spiegato la struttura e le persone che vivono in questa casa di accoglienza. Mi ha colpito molto cosa può succedere da un niente, ritrovandosi in una comunità con alle spalle almeno trent’anni di prigione. Tutto ciò che ha detto Vincenzo mi ha fatto riflettere molto. Quando ho saputo che lui è un ergastolano non mi ha fatto paura, ma mi ha scosso qualcosa dentro. Lui sfrutta il tempo di semilibertà per occuparsi di persone con i suoi stessi problemi, e così si rende utile alla collettività-Comunità.  

Ci siamo anche divertiti. Infatti abbiamo giocato a calcio con tre dei ragazzi accolti.

Erano bravissimi a giocare, tanto che sono dovuta uscire dal gioco per la paura di ricevere qualche pallonata in faccia.” (Vanessa)

 

 

“… ci sono delle parole base che pesano sull’equilibrio di tutta la nostra vita: amicizia, solidarietà e omertà. Innanzi tutto, amicizia; è questo di cui hanno principalmente bisogno le persone dei centri come la C. d. G.; amicizia che, forse, per diversi motivi, non ricevono più. Seguono poi solidarietà e omertà: “ è sottile quasi invisibile, il confine che separa il sentimento della solidarietà dall’omertà, ma questo confine esiste, perché la solidarietà è un sentimento che nasce con forza, con amore, con verità, per poi ritirarsi senza clamori. Invece l’omertà è un mezzo per rendere sicura la prepotenza: l’omertà serve solo per coprire l’ignoranza” ecco le parole di Vincenzo: le parole di un “esperto nel campo”…

Dopo tutto quello che ho detto sugli amici della C.d.G. una domanda che sorge spontanea

è: “cosa c’entro io?!” “potrò mai essere d’aiuto io?!” “riuscirò mai ad essere amico anch’ io?!”

Penso di si: se mai lo vorrò….”(Francesca)

 

“Una volta arrivati in comunità c’è stato presentato il nostro accompagnatore: Vincenzo, un tutor della casa con un carattere deciso e schietto. Ci ha raccontato della nascita della Comunità, del suo fondatore e del suo scopo. Don Enzo Boschetti era un giovane parroco e  come sempre recandosi dalla stazione alla sua dimora, vedeva per strada dei giovani affaticati, perché alcolisti o perché tossicodipendenti, non potendo sopportare quella visione, decise di accoglierli nella sua casa. Grazie all’aiuto di alcuni amici, fondò infine la Casa del Giovane. Vedemmo poi un filmato con l’attuale responsabile della Casa Don Franco Tassone e una testimonianza di un ragazzo della comunità che, in seguito a cattive compagnie, aveva avuto molti problemi. Più tardi c’è stata una sacrosanta pausa pranzo seguita da un’epica partita di calcio nella quale sono stati coinvolti anche tre giovani della Casa; la particolarità della partita era che le porte erano le impalcature dei canestri del basket e , fortunatamente per il sottoscritto portiere, non era facile segnare….Abbiamo perso tre a due lo stesso acc….Dopo questo momento di svago Vincenzo ci ha portato in visita nei laboratori artigianali, ma la visita che più mi ha colpito è stato il dormitorio dove i senzatetto venivano accolti; ci sono rimasto un pò male però quando ci è stato detto che, dopo un certo tempo, li facevano andare via; Vincenzo ci spiegò che era per il loro bene; infatti l’uscita doveva stimolarli a cercare casa e lavoro. Questo mi ha colpito molto e dalla visita ho imparato che se vuoi veramente bene ad una persona non la devi aiutare in tutto e per tutto ma aiutarla a responsabilizzarsi.” (Giovanni)

 

“Nel mezzo del cammin per Torino,

ci ritrovammo per una fitta nebbia,

le auotostrade per Torino erano chiuse.

Ah, quanta disperazione in tutti noi,

quella nebbia selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinnova la rabbia,

ma per fortuna un uomo ci invitò

e nelle Casa del Giovane un rifugio ci trovò.

Ma trattar del ben che vi trovai,

consiglio a tutti voi di andarla a visitar….” (Mara Dantesca)

 

 

“La visita alla Casa del Giovane è stata casuale, ma mi ha fatto capire che con tutti i suoi problemi, la vita è la cosa più bella in assoluto. Non roviniamola!”(Giulia)

 

“Alla Casa del Giovane si respirava un’atmosfera che esprimeva la voglia degli educatori di aiutare i ragazzi ospitati e la voglia di questi ultimi di impegnarsi nel lavoro, per costruirsi una nuova vita.”

(Elena )

 

“L’uscita è stata molto interessante e mi ha portato a pensare un po’ di più a tutte quelle persone che hanno bisogno di aiuto, di affetto, che sono rimaste sole o abbandonate. Per loro quella casa è un rifugio in cui ci si può proteggere. Quella giornata è stata molto bella, non solo perché abbiamo potuto esprimerci sulla droga con un educatore, ma anche perché è stata una giornata in cui abbiamo potuto avere notizie più dettagliate in merito. Mi piacerebbe tanto se anch’io un giorno potessi dare una mano a tutte le persone che hanno bisogno di aiuto, dentro di me sento un si!” (Viviana)

 

“L’esperienza alla Casa del Giovane, anche se imprevista e movimentata, è stata molto significativa, infatti ho imparato che tutto può cominciare da una piccola cosa ma che, con una grande forza di volontà e con un aiuto, si può rimediare a tutto.” (Paolo)

 

a cura della Prof.ssa Antonella M.

 

 


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