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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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La scuola deve cambiare

Carissimi amici

vorrei aprire un dibattito...in lista e prendo spunto dal convegno che vi allego poichè mi trova del tutto consenziente ..........

LA SCUOLA DEVE CAMBIARE

seguiamo lo schema precisando 

nome cognome attività interessi
Che cosa cambiare
Che cosa mantenere
Come
Perché

Grazie
nadia scardeoni
Interlinea
http://www.edscuola.com/interlinea.html



Da Nicoletta Bernardelli : con la testa e col cuore

cara nadia di verona, ciao.
è difficile analizzare così su due piedi le varie voci da te proposte e 
relative al convegno di Roma, a cui verrei su due piedi, ci provo, scusa il
fiume in piena
nicoletta bernardelli, veronese de soca, "donata "al Piemonte, dal 1986,
docente sec.superiore dal 1986
chitarra, cucina, viaggiare

Che cosa cambiare: l'anarchia di alcune realtà scolastiche, in cui si fa di
tutto e di più, magari per interessi personali, tranne che lavorare per i
ragazzi; lo scollamento con la linea dell'istituto che "sulla carta" va in
direzione opposta, per cui il divario è sempre più netto, tra scuola di
qualità e qualità nella scuola .....
dirigenti e insegnanti "sordi" e "ciechi" ai bisogni e ai disagi
dell'utenza: i dirigenti vanno avanti tutta, senza tener conto che i docenti
soffrono il cambiamento, hanno bisogno di essere incoraggiati, motivati, a
credere che insieme si lavora meglio, anche col supporto dei genitori,
assolutamente da inserire nella politica di programmazione scolastica,
soprattutto pubblica, oggi più che mai.
tanti docenti trasmettono contenuti a persone, considerate dei contenitori
da riempire o pappagalli che recitano a memoria, e così dall'inizio della
loro carriera...
Che cosa mantenere: impostazione degli O.O. C.C., la valenza
formativa-educativa ,semmai da rinforzare, del ns ruolo-docente, che ha
molto in comune coi genitori: il figlio/la figlia.
Come: 1)deve esistere un modo per controllare i docenti: sui risultati,sulle
modalità di lezione, sulle capacità relazionali:la scuola non è un "rifugium
peccatorum"! un modo oggettivo perchè chi non lavora da educatore, cambi
strada e vada a lavorare coi pezzi di carta!!! (lo so, sono molto
drastica,ma anche molto stanca)
2) informandosi e informando ,per essere sicuri di ciò che si fa e per
arricchire gli altri: serve qualcuno con incarichi moooolto precisi, che
curi le relazioni tra le parti;
3)lavorando in gruppo, anche misto, su esigenze comuni: la formazione, i
viaggi di istruzione, la rappresentatività , l'accoglienza, le iniziative di
Natale, di fine anno si possono preparare col comitato dei genitori.

Perché: beh,per salvare il salvabile, ed evitare che la barca della scuola
pubblica si autoaffondi: carichi di stanchezza, demotivazione,
sfiducia,alias crisi del ns ruolo, ci diamo da soli la zappa sui piedi,
senza contare le manovre dal'alto che hanno già cominciato a minarci nel
cuore: la qualità del servizio scolastico in classi numerose vorrei capire
su quali parametri si fonda,il percorso individualizzato per ciascuno, le
discipline opzionali a pagamento......
e nessuno che ci dia una buona ragione per fare meglio, di più, insieme,
visti i non rosei orizzonti che si profilano per le retribuzioni, le
immissioni in ruolo...

sai nadia, ho scrittodi getto e un po' sul personale, ma credo di averti
detto tutto: con la testa e col cuore. nicoletta



Da Michele Sorbara : genitore incavolatissimo...


Carissima Nadia, mi trovi d'accordo in questa ricerca che vuole secondo me
sollecitare proposte e risposte, colgo l'invito e rispondo secondo le mie
possibilità cognitive, senza la presunzione di possedere la ricetta magica e
quindi rispondo da genitore incavolatissimo con il mondo della scuola, non ché
con il suo ministro e dai burocrati che assecondano le sue follie.

LA SCUOLA DEVE CAMBIARE
nome Michele
cognome Sorbara 
attività Pensionato 
interessi Istruzione, Lavoro, Giustizia, Uguaglianza, Democrazia
Che cosa cambiare: Occorre analizzare tutto il sistema scolastico per cambiare
ciò che non va. 
Ad analisi conclusa riformare il sistema oculatamente e con fermezza,
appoggiandosi al parere di esperti disinteressati che indichino ai riformatori
le prerogative che gli interventi trasformatori devono avere. 
Per quanto mi riguarda comincerei dalla scuola materna, che non deve essere
momento di parcheggio dei figli per chi lavora, ma supporto tecnico in aiuto ai
genitori per una migliore formazione dell'individuo come tale. 
Una folta equipe di esperti psicologi in forma di commissione, dovrebbero
stabilire l'età giusta per l'inizio di questo iter, e i programmi da adottare
(non freddi burocrati soggetti a pressioni lobbystiche) che benché rigidamente
scientifici, dovrebbero essere adottati da insegnanti appositamente
specializzati e in collaborazione con specialisti psicologi. Il passaggio alle
scuole elementari dovrebbe avvenire ad un'età adeguata e suggerita dalla già
citata commissione, i programmi dovrebbero essere impostati e rivolti
specificatamente all'età e alle capacità di bambini e non necessariamente alla
preparazione esclusiva alla classe successiva, devono contenere momenti di
effettivo accrescimento sotto i molteplici aspetti dovuti all'età stessa. 
In questa fase progettuale, i genitori dovrebbero avere ascolto, ma non già
attraverso l'egemonia delle cosiddette associazioni di fede o atee, che in
molti decenni non hanno avuto attività effettive di proposte e di
argomentazioni, ma semplicemente presenze senza contenuti, che hanno invece
soffocato le voci di genitori molto più presenti ed attivi. La classe
insegnante dovrebbe sottostare ad una riprofessionalizzazione e ad una
riqualificazione che causi l'uscita di chi non è adeguato all'insegnamento,
credo che questo sia uno dei punti più dolenti e delicati di tutto il sistema
scolastico. La mancanza molto spesso di vera professionalità, di
predisposizione a questa professione che sicuramente non deve essere vissuta
come sacrificio ne come missione ma che deve avere nelle prerogative della
qualità professionali, basi sicure di psicologia oltre che di conoscenza della
materia, deve avere fantasia e attitudini propositive che diano inpulso vitale
all'insegnamento e creino interesse nell'alunno. Sono stufo di sentire la
solita solfa: "suo figlio è molto intelligente ma potrebbe fare di più" Io a
questi insegnanti suggerisco di interessare l'alunno e di far crescere o creare
se manca, l'auto stima. Questo processo deve essere sviluppato per i vari
livelli sempre tenendo conto dell'età dello studente e dei suoi bisogni
creandogli attorno una gabbia di imput che lo facciano riflettere, ma bisogna
anche pensare allo svago sempre in relazione all'età.
Manderei al diavolo i progetti extra curricolari, che così come sono non
servono ne allo studente ne alle famiglie ne alle istituzioni territoriali,
servono solo alla scuola per fare pubblicità a se stessa.
Ridurrei drasticamente l'egemonia dei Direttori Scolastici, la dove non
implicano un rapporto di confronto con insegnanti e genitori sulla didattica. I
DS dovrebbero solamente amministrare l'istituto applicando rigidamente la
normativa, verrebbero cosi a cadere tutte le barricate che creano a chiusura
del loro orto nei confronti dei genitori e di quei docenti più propensi a fare
scuola vera. I DS dovrebbero essere dei notai amministratori, 
Che cosa mantenere: Credo che la normativa così com'è, al di la di strumenti
inutili di aggregazione con il territorio che così come è vissuto attualmente è
inutile improduttivo e dispersivo, abbia bisogno più di essere applicata con
efficacia e non boicottata per interessi di varia natura, credo che la legge
sull'autonomia scolastica sia valida e che se accompagnata dalle altre leggi,
possa portare lontano, certamente ci saranno correzioni da fare ma quello che
bisogna fare e con urgenza è un lavoro di convincimento verso tutte le
componenti, se il ministero anziché spendere assurdamente soldi per produrre
libri bianchi a difesa di una riforma assurda, facesse una campagna massiccia
di sensibilizzazione, informazione e formazione indirizzata alla componente
genitoriale e imponesse alle classi dirigenti e docenti l'applicazione della
normativa credo veramente che le cose migliorerebbero e di molto. se non altro
comincerebbero ad esserci segnali di serietà.
Come : L'ottenimento di quanto ho espresso e argomentato si potrebbe ottenere
con molta semplicità e con l'effettiva volontà di recuperare il Gap esistente
tra la nostra istruzione e quella degli altri paesi Europei e non solo, non è
necessario stravolgere tutto e tutti, le riforme vanno fatte con progetti
programmati, i progetti si fanno con strumenti d'indagine per ricercare
caratteristiche, necessità, occorrenze, e alla fine dopo l'ottenimento dei dati
analitici si comincia a progettare. Nei progetti si deve prevedere nei minimi
particolari lo sviluppo di tutte le componenti ma soprattutto la fattibilità in
riferimento al contesto, nella fattispecie della scuola la classe docente, se
non è adeguata allo scopo il progetto fallisce in partenza.
Perché: La società moderna richiede istruzione adeguata ai tempi, la
globalizzazione che io aborro, necessariamente richiede qualità culturali
improntate alla massima efficacia, non c'è spazio purtroppo per i mediocri, i
nostri studenti sono rispetto ad altri di altre nazioni meno preparati e quelli
di loro che arrivano a conseguire un titolo finale o intermedio sono sempre di
meno, ma il fatto grave è che tale conseguimento molto spesso non è adeguato
all'importanza del titolo. Il mondo industriale cieco e sordo, favorisce tale
situazione perché fa comodo avere operai ignoranti e non adeguatamente
istruiti, per contro le richieste di operai specializzati sono enormi, solo che
la specializzazione non è appannaggio dei nostri studenti.




Da Paola Capozzi : "a Silvia Tangherlini , insegnante"


LA SCUOLA DEVE CAMBIARE

seguiamo lo schema

Paola Capozzi appartenente al genere umano e, in quanto tale, personalmente
responsabile della difesa di quei diritti universali su cui fonda il suo
concetto di società democratica, equa, solidale, umanamente e ambientalmente
sostenibile. 


Che cosa cambiare? Che cosa mantenere? Come? Perché?.....

Cara Nadia, car* tutt*,
ho avuto l'onore e il privilegio di incontrare, nel corso della mia vita,
persone davvero eccezionali. Ma ad una, in particolare, devo tutto. E qualsiasi
cosa io dicessi adesso, non sarei in grado di colmare lo spazio tra il sentire
e l'esprimere il vuoto che mi ha lasciato la sua recentissima scomparsa. Ciò
che segue è stato il suo testamento umano e spirituale, a sintesi di una
esperienza intellettuale e professionale in cui si consuma il senso delle mie
riflessioni e del mio essere qui, oggi, e non altrove.

"....Tutte le scienze naturali danno una risposta a questa domanda: che cosa
dobbiamo fare 'se' vogliamo dominare 'tecnicamente' la vita? Ma se vogliamo
dominarla tecnicamente e se ciò, in definitiva, abbia veramente un significato,
esse lo lasciano del tutto in sospeso oppure lo presuppongo per i loro fini
[...]. [Le scienze umane] ci insegnano ad intendere i fenomeni della civiltà -
politici, artistici, letterari - nelle condizioni del loro sorgere. Ma non
rispondono di per sè alla domanda attorno al valore positivo di questi fenomeni
e neppure all'altra questione, se valga la pena di conoscerli. Esse
presuppongono che abbia un senso il partecipare, mediante tale procedimento,
alla comunità degli "uomini civili". Ma che così stiano le cose, a nessuno esse
sono in grado di dimostrarlo "scientificamente" e che esse lo presuppongano non
dimostra affatto che ciò sia evidente. E infatti non lo è per nulla [...].
L'impossibilità di presentare "scientificamente" un atteggiamento pratico [...]
deriva da ragioni ben più profonde. Una simile impresa è sostanzialmente
assurda in quanto tra i diversi valori che presiedono all'ordinamento del mondo
il contrasto è inconciliabile. [...] quando una parte dei nostri giovani
volesse dare a tutto ciò una risposta: "Già, ma noi veniamo a lezione per
ricavarne un'esperienza che non consista soltanto in constatazioni di fatto",
essi incorrerebbero nell'errore di cercare nel professore qualcosa di diverso
da ciò che sta loro di fronte, e cioè un 'capo' e non un 'maestro'. [...]. Voi
mi porrete infine la domanda: se così stanno le cose, che cosa offre allora la
scienza di veramente positivo per la vita pratica e personale? E con ciò siamo
daccapo al problema della vostra professione. Anzitutto, naturalmente, la
scienza offre nozioni sulla tecnica per padroneggiare la vita, rispetto agli
oggetti esterni e rispetto all'azione umana, mediante il calcolo. [...] Ma
fortunatamente l'operazione della scienza non è ancora finita, bensì noi siamo
in condizione di aiutarvi a conseguire un ulteriore risultato: la 'chiarezza'.
A patto, naturalmente, di possederla noi stessi. Ciò posto, questo possiamo
rendervi chiaro: rispetto al problema del valore, intorno al quale sempre ci si
aggira - per comodità vi prego di riferirvi, come esempio, ai fenomeni sociali
- si possono prendere praticamente diverse posizioni. Se si prende l'una o
l'altra, bisogna applicare, secondo i risultati della scienza, certi mezzi e
certi altri per attuarla praticamente. Ora questi mezzi possono essere di per
sè tali che voi crederete di doverli respingere. Allora bisogna appunto
scegliere tra il fine e i mezzi indispensabili. Il fine "giustifica" o no
questi mezzi? L'insegnante può mostrarvi la necessità di questa scelta, ma non
può fare di più, in quanto voglia rimanere insegnante e non divenire demagogo.
Naturalmente può ancora dirvi: se volete questo o quell'altro fine, dovete
mettere in conto anche questa o quest'altra conseguenza, che si verifica
conforme all'esperienza: la situazione, cioè, è sempre la medesima. Tuttavia
tutti questi sono pur sempre problemi che possono sorgere anche per un tecnico
[...]. Ma per lui una cosa, quella principale, è di solito già data: il 'fine'.
Non così avviene per noi, non appena siano in questione problemi veramente
"ultimi". E con ciò siamo giunti al più alto servigio che la scienza possa
rendere alla chiarezza e contemporaneamente tocchiamo anche i confini di ogni
scienza; vale a dire noi possiamo - e dobbiamo -anche dirvi: questa o
quest'altra posizione pratica può dedursi con intima coerenza e serietà,
conforme al suo significato, da questa o da quest'altra fondamentale concezione
del mondo [...] ma mai da quella o da quell'altra. Voi servite questo dio - per
parlare figurativamente - e offendete quest'altro, se vi risolvete per questo
atteggiamento. Giacchè perverrete a queste o a quest'altre conseguenze estreme
intrinseche, se rimarrete fedeli a voi stessi. Quest'opera, almeno in linea di
principio, può essere compiuta. [...] Senza dubbio la soluzione che qui vi ho
prospettato riposa su questo fondamentale dato di fatto; che la vita, in quanto
deve fondarsi su se stessa ed essere compresa in se stessa, conosce soltanto il
reciproco ed eterno conflitto di quelle divinità, ossia, fuor di metafora,
l'impossibilità di conciliare e risolvere l'antagonismo tra posizioni ultime in
generale rispetto alla vita, vale a dire la necessità di 'decidere' per l'una o
per l'altra. [...] E se di nuovo sorge tra voi il Tolostij a domandare: " se
dunque non è la scienza a farlo, chi risponde allora alla domanda: che dobbiamo
fare? e come dobbiamo regolare la nostra vita?" oppure, nel linguaggio che
testè abbiamo usato: quale degli dei in lotta dobbiamo servire? o forse qualcun
altro, e chi mai? bisogna dire che la risposta spetta a un profeta o a un
redentore. Se questi non è fra noi o se il suo annuncio non è più creduto, non
varrà certo a farlo scendere su questa terra il fatto che migliaia di
professori tentino di rubargli il mestiere nelle loro aule, come piccoli
profeti privilegiati o pagati dallo stato. Ciò servirà soltanto a nascondere
tutta l'enorme importanza e il significato del fatto decisivo, che cioè il
profeta, che invocano tanti della nostra più giovane generazione, 'non esiste'.
[...] A chi non è in grado di affrontare virilmente questo destino della nostra
epoca bisogna consigliare di tornare in silenzio, senza la consueta conversione
pubblicitaria, bensì schiettamente e semplicemente, nelle braccia delle antiche
chiese, largamente e misericordiosamente aperte. Esse non gli rendono il passo
difficile. Comunque bisogna compiere, è inevitabile, il "sacrficio
dell'intelletto" in un modo o nell'altro. Non glie lo rimproveriamo se egli ne
sarà realmente capace. Giacchè un simile sacrificio dell'intelletto in favore
di una incondizionata dedizione religiosa, è pur sempre qualcosa di moralmente
diverso da quel modo di evitare la semplice probità intellettuale che si
verifica quando, non avendo il coraggio di rendersi chiaramente conto della
propria posizione ultima, si allevia questo dovere col rifugiarsi nel relativo.
E lo considero anche più rispettabile di quella profezia che si proclama dalla
cattedra senza aver capito che tra le pareti dell'aula di insegnamento una sola
virtù ha valore; la semplice probità intellettuale. La quale ci impone di
mettere in chiaro che oggi tutti coloro che vivono nell'attesa di nuovi profeti
e di nuovi redentori si trovano nella stessa situazione descritta nel
bellissimo canto della scolta idumenea durante il periodo dell'esilio, che si
legge nell'oracolo di Isaia: 
"Una voce chiama da Seir in Edom: Sentinella! Quanto durerà ancora la notte? E
la sentinella risponde: Verrà il mattino, ma è ancora notte. Se volete
domandare, tornate un'altra volta".

(M. Weber, Il lavoro intellettuale come professione)

A SILVIA TANGHERLINI, Insegnante,
Con immenso affetto, stima e devozione 

Paola Capozzi


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