Per la morte dell’amico Cornelius Castoriadis

di Serge Latouche

 

Omaggio del vizio alla virtù, i media che lui infastidiva e detestava gli hanno consacrato una volta scomparso, la giusta collocazione che non gli avevano riconosciuto in vita.

Troveremo in una qualsiasi cronaca necrologica a lui dedicata la sintesi della vita e dell’opera di questo "Titano dello spirito (Edgar Morin nel "Le monde" del 30/12/97).

Io vorrei semplicemente come ultimo sguardo all’amico scomparso evocare le complicità fra i suoi pensieri e quelli degli amici di Francois Partant. E’ probabile che egli non avesse né letto né conosciuto Francois Partant e che per conto suo, Francois non l’avesse né incontrato né letto nemmeno lui. Anch’io mi sono imbattuto tardi su di lui. Nel tassì che ci conduceva da Fiumicino a Roma dove noi partecipavamo entrambi ad un convegno, nel 1995. Ci siamo riconosciuti subito come se fossimo stati amici di vecchia data. Per quanto mi riguarda il suo pensiero mi era familiare da lungo tempo. Il destino ha voluto che la sua morte troncasse un dialogo amicale appena abbozzato e che la mia ultima lettera rimanesse senza risposta. Era stato così anche con Jacques Ellul, con Bernard Charbonneau e Francois Partant stesso.

Benché avesse scritto poco sullo sviluppo, il suo principale contributo su questo tema (un intervento in un convegno organizzato da Candido Mandes i cui atti sono stati pubblicati a Seuil sotto il titolo suggestivo : il mito dello sviluppo, Parigi, 1997) costituisce una referenza di grande rilievo e ancor oggi attuale per chiunque abbia la volontà di demistificare questo mostro teorico e pratico. Con la particolare acutezza di sguardo del grande filosofo , egli, che aveva una competenza economica acquisita nella sua esperienza professionale di esperto dell’OCDE, aveva messo a nudo tutte le parti artificiose della modernità adoperandosi a denunciarne i pericoli. Il suo grande testo "L’istituzione immaginaria della società" (Seuil 1974) nonostante sia di stile un po’ tecnico resta pur sempre un insostituibile strumento di critica. Ed è stato per me , sempre, la risorsa fondamentale cui attingere per delineare la mia visione del mondo , un discorso sul metodo che mi ha fatto da specchio.

Come noi, Castoriadis faceva sua una società alternativa. Egli vedeva la soluzione all’impasse attuale nella creazione di una società autonoma con la riscoperta della democrazia diretta. In una delle sue ultime pubblicazioni (l’avanzata del non senso, dove s’incrocia il labirinto) egli ricordava tutto ciò che implicava questa trasformazione in termini che non potevano lasciare indifferenti gli amici di Francois Partant.

"Ciò che è necessario è una nuova creazione immaginaria di una importanza senza confronti nel passato, una creazione che ponga al centro della vita umana significati diversi dalla produzione e dal consumo, che possa proporre obiettivi riconoscibili da tutti noi come ciò per cui vale la pena di vivere. Questa è la grande difficoltà che dobbiamo affrontare. Noi dovremmo volere una società nella quale i valori economici cessino di essere centrali (o unici), dove l’economia venga rimessa al suo posto giusto come semplice mezzo della vita umana e non fine ultimo. Una società in cui si rinunci pertanto a questa corsa folle verso un consumo sempre più diffuso. Tutto ciò non è solo necessario per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre ma anche e soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale che definisce l’umanità contemporanea". La sua intransigenza intellettuale non escludeva una grande capacità di ascolto, accresciuta senza dubbio dalla pratica del suo ultimo mestiere, quello dello psicanalista, ed una squisita gentilezza nelle relazione sociali. Colui che i suoi famigliari chiamavano "la corneille" e i suoi adepti semplicemente "Casto" ha conquistato l’immortalità così come la concepivano i suoi antenati greci : "Egli vive nella nostra memoria".