DECUMANO 97. "Veronamerica"
Cronaca di una mostra di donne voluta dalle donne e fatta unicamente dalle donne

 

Grazie, America
(per gentile concessione di "MezzoCielo")

Veronamerica. Un approdo festoso, volti sorridenti e aperti: questa è la prima impressione che danno le artiste americane presenti con le loro opere a Verona, per la mostra del Decumano Secondo 97, organizzata dal Circolo della Rosa.

Una occasione vasta di confronto e verifiche dentro un luogo privilegiato della ricerca quale è e può essere il pianeta dell'arte.

I racconti di viaggio, meriterebbero annotazioni a parte così da dare il giusto accento alle motivazioni che devono averle condotte fino a noi, anche con pesanti fardelli e superando ostacoli e imprevisti di ogni genere.

Ora sono qui e si aggirano intorno ai centri espositivi e ai luoghi degli incontri con una affabilità e disponibilità davvero eccezionali.

Dietro le loro spalle c'è un sodo e duro lavoro e soprattutto sanno parlare, della loro arte, in prima persona.

L'opera di Henrietta Mantooth ci squieta per la potenza della sua testimonianza politica.

Sono connotazioni interiori che tradotte da un gesto pittorico immediato e a tutto tondo, quasi un graffio, trasfigurano i fatti della cronaca umana per consegnarli all'arte-denuncia, mantenentosi tuttavia espressioni impeccabili dell'arte, senza nulla indulgere alla facilità della denuncia.

" I miei dipinti sono stati recentemente definiti "testimonianze".

Un lavoro che si basa spesso su storie e immagini prese dalla cronaca, gente che ci guarda ogni giorno dalla carta stampata e dallo schermo televisivo ma che di solito rimane senza nome: rifugiati, ribelli, contadini, uomini e donne che tentano di difendere la propria terra, la casa, i bambini, gli animali e le idee. Io voglio che possano gridare dai miei quadri. " SIAMO QUI".

Ingrid Madera è una rivoluzionaria pura , non catturabile.

Le sue osservazioni dei "fluidi" delle donne ci costringono a fare un viaggio dentro la natura umana, femminile, senza fraintendimenti.

"Per anni ho avuto dubbi e confusione su come tradurre in un lavoro finito le immagini della mia fantasia e della mia osservazione. A lungo mi sono rifiutata di dare un assetto accomodante alla mia esistenza. Sono stata in costante movimento, cambiando ed inseguendo le mie fantasie, reinventando continuamente me stessa. Sono arrivata a credere che il cambiamento dinamico sia uno dei fattori positivi dell'esistenza contemporanea."

I suoi corpi - sculture trasparenti fatte di resina intrecciata a fili strutturanti - sopportano un peso spirituale e svelano il pensiero dominante dell'artista: "Il corpo esprime sempre lo spirito di cui è l'involucro. Sono interessata ad esprimere l'emozionante mistero, la meraviglia della forma umana."

Oggi Ingrid è a Carrara ad annusare il marmo .

Il marmo non è una materia translucida . "Dove sta andando Ingrid?"

E' bello pensare che questa mostra le sta consentendo anche questo... viaggio.

Theresa Maresca è tutt'uno con la sua arte e il suo pensiero artistico.

E' leggera e incantata come quelle foglie che dondolano cullate da lievi respiri di vento e non si staccano mai.

Lavora con gli acquerelli, i pastelli, i colori ad olio, e guarda con occhi inesausti il mondo naturale in cui essa stessa vive e si immerge.

" L'arte è un'espressione che deve venire da qualche luogo nell'anima dell'artista.
Poesia, musica e pittura sono tutte manifestazioni diverse di questa connessione dell'anima con la penna o la carta.
La terra mostra in molti modi il volto di Dio.
Con il mio lavoro cerco di esprimere questa bellezza.
Mediante il mio lavoro io sto continuamente dipingendo il ritratto del mio amato.
Non sono una persona religiosa e non credo alla chiesa ufficiale come forma di culto.
Io penso veramente che siamo tutti una cosa sola e spero che i miei dipinti siano messaggeri dell'amore che io ho per il meraviglioso mistero di cui tutti facciamo parte."

Stiamo aspettando Elva Stewart e Charlotte Brady e Susan Lecky e nell'attesa dobbiamo ringraziare Jane Toby che, con un paziente e onerosissimo impegno ha organizzato tutto questo dall' America.

Grazie a Jane per questo bellissimo regalo.
Grazie America.

 

DECUMANO SECONDO 1997 VERONA
(articolo di Whelks di Jane Toby – Traduzione di Silvia Ferrero )

In un vicolo tranquillo di Verona, Via Santa Felicita’, trova ospitalità’ il Circolo della Rosa, un centro culturale d’arte delle donne. In contrasto con la tranquillità’ del vicolo, l’eccitazione che si crea e nasce al numero 13 e’ frizzante come le bollicine di champagne. Qui donne italiane inventano un’altra loro casa, fuori della casa domestica, un punto di ritrovo dove bevono vino, cenano, si incontrano e discutono con donne autrici, artiste, filosofe, educatrici. Rilasciano interviste, mostrano films, leggono poesie, organizzano esposizione d’arte, "si divertono" promuovendo il pensiero e le attività’ nell’arte.

Il Circolo e’ come il fulcro della ruota per DECUMANO SECONDO, una mostra dedicata all’arte delle donne e tenuta in molteplici spazi, ovunque nel centro storico di Verona. Nel Novembre 1997, 12 artiste americane fecero i loro bagagli con le loro opere d’arte e si avventurarono in Verona, in Italia, dove parteciparono con altre 20 artiste europee al quarto anno del DECOMANO SECONDO, un’esibizione dal titolo VERONAMERICA.

Verona, una città’ di 270.000 abitanti nel Nord Italia tra Milano e Venezia, e’ conosciuta come la "piccola Roma". L’antico passaggio romano attraverso Verona, ("decumano") porta con se’memorie dell’antico impero. L’Arena antica di 2000 anni, che si trova in Piazza Bra’, e’ una dei più’ larghi anfiteatri in Italia. A differenza del passato, tuttavia, dove la gente assisteva a spettacoli di lotta e uccisioni, l’anfiteatro di Verona ospita oggi una stagione d’opera notturna che e’ frequentata da un’audience internazionale di 30.000 persone. Cosi’, nello stesso modo, il nome "Decumano Secondo" differisce dal suo omonimo. La prima strada romana storica e’ ora un secondo "Decumano" e rivela la forza artistica delle donne.

Bertilla Ferro, architetto veronese, e’ il "cervello" e la principale coordinatrice di Decumano Secondo. Il suo moderno studio d’architettura occupa un quadrangolo dell’antica Porta del Leone Romano, uno dei due portali romani che sono rimasti nella città’. Ferro spiega le esibizioni secondo la sua visione d’architetta. "Il titolo della rivista, originariamente, si riferiva all’asse su cui il Decumano dell’antica Roma, passava. Molte delle nostre esposizioni convergono su quell’asse. A mano a mano che il progetto cresceva e prendeva forma, fu il senso astratto del termine a prendere il sopravvento sul suo significato letterale, espandendosi oltre il significato. "Decumano", l’antica asse urbana conservata nella memoria del tempo, prese la forma di un passaggio che si avvolgeva e espandeva le sue braccia attraverso quell’organismo vivente che noi chiamiamo ‘città’’ per collegare e unire le fila del tessuto urbano. Un nuovo collegamento si era dunque creato tra le ‘nomadi intellettuali’ abitanti della città’. La quantità’ dei luoghi dedicati alle esibizioni e la loro diffusione l’hanno trasformata in una festiva ‘occupazione territoriale’ da parte della Dama dell’Arte stessa, nomade e libera".

"Quello che c’e’ di nuovo in tutto questo", scrive Ferro nel catalogo che ha accompagnato l’esibizione del 1994, "e’ che si tratta esclusivamente di donne artiste e per questa ragione, la definizione ‘occupazione territoriale’ e’ impregnata di un tono simbolico che può’ essere considerato essenzialmente innovativo: gli spazi storici, i porticati dei chiostri, le corti dei palazzi, le gallerie, tutte ospitano le sculture, i dipinti di un vasto numero di artiste donne, e inventano la Città’ nella Città’ per questa presenza insolita."

Fino agli anni 1970, molte donne italiane non occupavano uno spazio pubblico. La donna italiana otteneva il diritto di voto solo nel 1946, con l’avvento della Repubblica Italiana, dopo anni difficili di silenzio sotto il Fascismo che la riporto’ ai tempi precedenti alla sua emancipazione. Leggi retrograde sulla famiglia che ponevano l’uomo come capo-famiglia, proibendo alla moglie ogni permesso di proprietà’, e limitavano severamente le sue possibilità’ di lavorare e di viaggiare, furono in vigore fino a meta’ degli anni 1970.

Judith Adler Hellman, in Viaggio tra le donne: femminismo in cinque città’ italiane, traccia il movimento della donna italiana dagli anni ’60 fino agli anni ’80. Nello spazio breve di due decadi, Verona e’ cambiata da una città’ dove le donne sopra i 30 non avevano una vita pubblica ad una città’ che e’ diventata un importante centro creativo per filosofe femministe ("Diotima, presso l’Università’ di Verona), per donne attiviste alla base ("Le donne in nero per la pace"), per gruppi di studio per le donne ("Il filo di Arianna"), per donne scrittrici e artiste. Il Circolo della Rosa di Verona, nato solo cinque anni fa, e’ diventato un centro di incontro e di raccolta per le donne, interessato a costruire e sostenere un cultura sua propria.

Lo spazioso studio d’architettura di Ferro si affaccia in Via Cappello (la strada del balcone di Giulietta) e funge da punto di incontro per le artisti veronesi che studiano piani e progetti per VERONAMERICA: Carmela Orlando, Paola Roncoletta, e Ferro, a capo, si destreggiano tra disegni artistici e tecnici, da una parte, e telefonate internazionali, posta, spedizioni postali e fax dall’altra. (Per lo show del 1997, Ferro e colei che scrive, come coordinatrice per le donne artiste americane, intrapresero una corrispondenza quotidiana, che con le inevitabili complicazioni delle mostre d’arte, oltrepasso’ ogni proporzione).

C’è molto lavoro di base e molto da stare in piedi per una mostra. La Ferro cammina vigorosamente con le sue compagne per le gallerie sparse in tutto il centro storico di Verona –12 gallerie nel 1997 – trasportando le opere d’arte, spedendo i cataloghi, allestendo le mostre, e parlando con le galleriste. Si da da fare per badare affinché’ ogni pezzo artistico delle donne sia appropriato con la sede della galleria . Nel frattempo, a dieci minuti di cammino dal Circolo, Maria Cannata, insegnante e presidente, aiuta VERONAMERICA nel suo stile tranquillo e quieto, mentre Paola Azzolini, scrittrice, critica letteraria e giornalista (collegamento culturale con il quotidiano di Verona l’Arena) da’ gli ultimi ritocchi al programma. La scrittrice artista Nadia Scardeoni, si offre per inserire il catalogo a computer. E Maria Vernazza, Christine Harris e Luisa Spencer aiutano per rendere l’evento bilingue. Altre donne, che formano il direttivo del Circolo, pianificano mensilmente gli eventi, aprendo gentilemente le loro porte, i loro salotti e la loro cucina al passaggio caotico ma gioioso della gente e degli artisti.

In questa organizzazione complessa di città’ e arte, le artiste americane furono invitate nel 1997 a condividere le loro visioni artistiche, le loro filosofie, le loro storie, i loro sogni. Queste donne erano: Charlotte Brady di Seymour, Illinois; Tamara Gayer (nata in Israele) di New York; Susan Lecky (originaria di Los Angeles) di Ladonia, Texas; Ingrid Madera (della Repubblica Dominicana) di Sag Harbor, New York; Henrietta Montooth (nata in Kansas City) di New York; Deirdre Murphy di Portland, Oregon; Theresa Maresca, italo-americana (nata a Brooklyn) di Blairstown, New Jersey; Wayne Price di San Antonio, Texas; Elva Stewart (canadese cresciuta in Giamaica) di Houston, Texas; Olga Uribe (del Cile) di Champaign, Illinois; Anne Walter di Bloomington, Illinois; e Charlita Williams (afro-americana di Pennsylvania) che vive vicino a Pisa, in Italia.

Il viaggio di entrambe le opere d’arte e le artiste dall’America fu, in se’, una parte importante dell’esperienza di VERONAMERICA. Un passaggio difficile verso l’Italia fu causato dalla Federal Express Clienti di Milano, dove le opere di Houston Gorilla Girls erano destinate e richieste. La Federal Express si rifiutava di lasciare entrare i pezzi in Italia dichiarandoli pornografici. Erano, infatti, copie di famose creazioni classiche di uomini – con il sesso dei soggetti riversato. La figura maschile era diventata il soggetto dell’occhio discernitore di un’artista donna alla luce del "Dejeuner sul l’Herbe" di Manet, dell’"Olimpia", di un "Nude" di Matisse, di un David Sully, un Picasso e cosi’ via, mettendo in questione i canoni tradizionali e il successo dell’arte maschile. Dopo tante discussioni (attraverso il costoso sistema telefonico italiano) da Verona e Milano, i critici della Federal Express finalmente permisero il rilascio delle opere d’arte perche’ i visitatori ci potessero camminare sopra e gioirne.

Il viaggio dagli Stati Uniti in Italia divenne un viaggio per ‘collegare’ , per collegare due culture, due paesi, due gruppi di donne artiste. Maresca riferi’ di un accaduto che catturo’ il miracolo di tali connessioni: " il giorno che lasciai gli Stati Uniti, volendo portare qualche cosa della mia localita’ geologica da lasciare in Italia come ricordo, andai in riva ad un fiume e raccolsi una pietra di fiume, notando che era stata divisa a meta’. Cosi’ lasciai una meta’ e presi l’altra con me. In Verona, avrei gettato quella pietra nel fiume Adige. Un giorno, in Piazza Dante, notai che la statua di Dante sembrava puntasse il dito verso un piccolo viale (la Divina Commedia fu una delle cose che dipinsi per prima nelle scuole superiori). Lo ascoltai e mi diressi verso quel percorso. Al lato di una antica rovina romana, vidi una pietra rotonda che emergeva fuori dalla terra. Mi dissi "non credo che a nessuno importi se prendo una pietra". Quando la raccolsi mi accorsi che anche quella pietra era stata divisa a meta’. Quando arrivai a casa, misi le due meta’ insieme. C’era una linea in entrambe le pietre che combaciava perfettamente. Allora capii che era il destino che mi aveva mandato a Verona".

Chi si prendeva cura di tutto per l’arte delle donne americane erano tre galleriste. Il Prisma Galeri ,di Francesca Varato - una delle proprietarie delle gallerie più’ preziose in Verona - occupa l’ultimo piano di un edificio in via Oberdan fuori da Piazza Bra’ ed e’ sempre aperta. Aurelia Favalli proprietaria del Centro Promozione Artistica, apre le porte ad un’atmosfera confortevole, in cima ad un giro di scale e sovrastando serena una corte interna, appena attraversata la strada dalla chiesa di Sant’Anastasia.Ad Antonio Mancasola, il cui antiquariato "Art Nouveaux" si trova all’angolo di Via Sant’Anastasia e via Massalongo, e’ tra i gestori di antiquariato piu’ conosciuti di Verona.

La notte di apertura, il 14 novembre 1997, vidi centinaia di persone nelle strade veronesi seguire il percorso del Decumano Secondo, indaffarati girando da una galleria all’altra, tra le 12."Ogni punto, divenne qualcosa di speciale" scrisse la giornalista Vera Meneguzzo sull’Arena. "la cosa importante e’ che e’ vicina a drogherie, caffè, bar, giornalai. Questa e’ l’originalità’ del Decumano Secondo."

Il giro inizio’ partendo da Ponte Pietra (il vecchio ponte romano) alla Arte Galeri Leonardo, dove Mirta De Simoni Lasta presentava le sue cosmologie astratte, Paola Roncoletta, le sue creazioni miste con i media, e Patrizia Tibaldo, le sue invenzioni modellate a quadrato. Studio Toni De Rossi mostrava i collages cuciti a mano di Lillina Cavaggioni, i dipinti geometrici di Anna Caser, le sculture di tempo e luce di Alessandra Avesani, e il restauro di vecchi dipinti di Nadia Scardeoni. Trinita’ dei Monti mostrava gli assemblaggi creativi da materiale fuso di Gabriella Goffi. Il Centro Promozione Artistica esibiva i lavori su carta arricchiti con terra pressata, di Carmela Orlando, le creazioni in resina a dimensione umana di Ingrid Madera, un assemblaggio di garza sottilissima di Goffi, dipinti su carta stampata a mano di Hana Silberstein, l’arte "ingenua" di Wayne Price. In Gioie ed Arti, i gioielli in argento di Ornella Grigoletti Preto erano in mostra.Una passeggiata verso il Prisma conduceva ai disegni politici di Henrietta Mantooth, ai paesaggi figurativi di Theresa Maresca, ai dipinti terrestri di Deirdre Murphy, alle sculture sensuali di Raffaella Robustelli, ai dipinti simbolico-mitici di Laura Spaducci, alle immagini danzanti in olio su tela di Olga Uribe, ai collage brillantemente colorati di Charlita Williams, ai video impressionisti della regista Anne Walter.

Ritornando in via Corso Sant’Anastasia, con l’incrocio Vicolo Cavalletto, Novecento presentava le donne agitate di Pina Nuzzo, una scultura della Maternita’ di Paola Peloso Rossi, l’arte alternativa di Lesya Ryba, una composizione ridimensionante di Manuela Bedeschi, le leggere bambole scolpite di Mariateresa Meneghini, a le creazioni luminescenti di Alisa Giani. Presso il Patio, ulteriori lavori di Carmela Orlando e presso Art Nouveaux, le sculture in terracotta di Vasilicki Cawson, le fotografie intricate in carboncino di Susan Lecky, le evocazioni del subconscio di Rosabianca Cinquetti, le citta’ utopiche di Bertilla Ferro, le foto stereotipiche di Tamara Gayer, e i campioni di raggi di luce di Elva Stewart. Presso Munari Antichita’ in via Santa in Chiavica c’era un altro lavoro di Ferro. Se si ritornava in Santa Anastasia, ai porticati del chiostro del conservatorio, si trovavano le sculture di Avesani e Robustelli, le composizioni in legno, corda e vetro di Tibaldo. Al termine del giro, al Circolo della Rosa, uno si immergeva nella giocosa dissacrazione delle Gorilla Girls.

Durante le settimane dell’esibizione, le artiste di VERONAMERICA si impegnarono in interviste, seminari, lavori dimostrativi. Madera e Mantooth presentarono una serata dedicata all’Arte Politica. Madera esploro’ la politica e l’arte dal punto di vista del Femminismo. Come Erica-Lynn Gambino noto’ nel suo articolo, "Ingrid Madera Crossinga" (Port-Folio, Novembre 1998): "la tenacia con cui gestisce il suo mezzo/strumento e’ la stessa che la guida a esprimere la lotta implicita nell’essere una donna del terzo mondo dove le donne hanno tradizionalmente lottato contro l’oppressione per lungo tempo." La storia di Mantooth include "un’educazione ‘con I piedi per terra’ ai tempi della Depressione nel Missouri rurale" e 18 anni di vita e di viaggi in America Latina. Ella mostro’ i suoi dipinti degli Indiani del Chiapas, che illustravano la sofferenza che questi ultimi avevano sopportato nella lotta per tenere le loro terre. I suoi dipinti erano spesso basati su "immagini e storie nei giornali, gente che ci guardava ogni giorno dalla pagina stampata e dallo schermo televisivo, ma che era come sempre senza nome, rifugiati, ribelli, contadini".

Un’altra serata presso Prisma, Brady fece una dimostrazione con i suoi acquerelli botanici, usando gigli freschi dal fioraio sulla strada. Il suo stile riflette le sue radici di prateria. "Inizio con un disegno di contorno –la forma di una gemma o di un bocciolo. Poi, mi assicuro che il lavoro si addolcisca aggiungendo acqua e pennellate. Uso molti ‘spazi vuoti’. Cerco di catturare lo spirito delle piante." Anche quella serata, Stewart diede una dimostrazione con slides sulla sua arte minimalista. (Da allora e’ stata invitata da Prisma per una dimostrazione a solo).Durante un’altra serata, Lecky e suo marito Bill, parlarono e mostrarono le loro slides sulla loro casa-studio costruita con a mano in Ladonia, Texas.Un pomeriggio fu passato con la scultrice greco-inglese Vasilicki Cawson, che condusse una tavola rotonda su Scultura e Meditazione. Inoltre, una serata al Circolo della Rosa Steward diresse una demo Gorilla-Girls, dove le donne italiane ebbero l’occasione di abbassare la maschera e provare l’arte della protesta, nello stile dei Gorilla.

Le artiste di entrambe le due culture vollero conoscere il passato di ognuna, che cosa le aveva ispirate a creare la loro arte, i tentativi e le tribulazioni, il significato e il successo di essere un’artista, il destino dell’artista donna nel mondo di oggi.Su suggerimento di Nadia Scardeoni, ogni artista contribuì a dare un tono intimo alle proprie esperienze raccontando episodi personali e racconti, raccolti durante un incontro e videoregistrati: Relja ricorda quando si nascondeva sotto il tavolo degli adulti dove si sentiva protetta e poteva guardarli liberamente e costruire il suo mondo con matite colorate e carta; Mantooth ricorda quando giocava con le pozzanghere di fango nel giardino della sua casa natale in Missouri, quando amava il sapore e l’odore della terra. Goffi ricorda quando la madre le diceva che le mani delle donne devono lavorare. "Mia madre mi insegno’ a cucire. Stavo per diventare una donna e dovevo imparare a cucire. Se ripenso alle mie mani, a quell’età’, erano mani che dovevano cucire e fare cose utili. Una cosa che mia madre mi diceva era: ‘quando morirai e andrai in Paradiso, San Pietro guarderà’ le tue mani e dira’: queste mani hanno lavorato, queste mani non hanno lavorato…’. Questa cosa rimase profondamente in me: le mie mani dovevano dimostrare che avevano lavorato (Nadia Scardeoni ha iniziato una serie di capitoli per un libro bilingue sulle donne artiste, e l’articolo su Gabriella Goffi e’ gia’ pubblicato in Internet.)

Sia Maresca che Nuzzo suggerirono che la loro relazione con la natura era stata un primo catalizzatore per la loro arte. "In Brooklyn," Maresca disse, "cercavo sempre l’espressione della natura in ogni piccola figura, o forma che potessi trovare. Squarci nel marciapiede che avessero crescite di muschio. Mi ricordo che potevo vivere al mare in estate presso una mia prozia in Long Beach. Paludi e stagni sono stati sempre una grande ispirazione per me." Nuzzo porta i suoi sentimenti di comunione con la terra attraverso il suo dipinto "Taranta": "quello che una donna cerca non e’ solo fatto di pensieri e di emozioni ma anche di sangue, terra, fango e di secrezioni della terra. La Taranta (una danza rituale) sa che sveglia il drago. Il dio Serpente striscia tra le viscere della terra accarezzando i suoi punti di forza."

Durante le settimane delle esibizioni, le donne americane furono invitate a cene in cui le conversazioni viaggiavano libere come il flusso del Valpolicella, dell’uva del Lago di Garda, che costeggia Verona a Ovest. Gli italiani non mangiano da soli, nemmeno cenano cosi’ presto come alle sei della sera. Le cene duravano un’eternita’. Erano le conversazioni accese, la gestualita’ che accompagnavano le portate principali di ogni pasto. E’ questo che riempie la mente, il corpo e l’anima. Le artiste la mattina si intrattenevano fuori nei bar, bevendo il loro capuccino, ed andando a pranzo nelle trattorie locali (alcune tra le più’ favorite erano il ristorante Purgato, la pizzeria Liston dietro piazza Bra’). Le artiste erano invitate nelle case e negli studi delle donne artiste in Verona e nella campagna veneta. Spesso, per dare il tocco finale alle serate, molte apprezzavano una visita in qualche osteria, un tipo particolare di pub Veronese.

La mostra, che duro’ due settimane, diede anche il tempo alle artiste americane di visitare altre parti d’Italia. Le cave di marmo di Carrara, la città’ rinascimentale di Firenze in Toscana, la città’ di Padova, vicino a Verona, che diede i natali alla seconda università’ più’ vecchia d’Italia, Venezia, appena a un’ora e mezza di treno, e Ravenna con i suoi mosaici. Ci furono anche dei momenti di tranquillità’ quando le artiste americane scelsero di girare Verona da sole. Disegnarono schizzi, visitarono i musei di Verona e le chiese (San Zeno, San Fermo e altre); camminarono sul Ponte Pietra verso il teatro romano; o fecero piccole compere vicino a piazza Erbe, ammirando l’abilita’ e la destrezza delle donne dei carciofi.

Teresa Maresca si meraviglio’ degli innumerevoli strati di civilizzazione che Verona contiene. "Andai in Italia e disegnai un fiume e un albero!" "In Verona," disse " c’e’ un bellissimo albero enorme in Piazza Bra’. Mi sedetti fuori in una delle caffetterie e schizzai l’albero. Ho anche disegnato il fiume Adige da Castelvecchio. Mi sedetti vicino alla statua di Cangrande." (Castelvecchio, un castello medioevale, fu trasformato nel 1950 da Carlo Scarpa in un museo d’arte ospitando i tesori storici di Verona, integrando il vecchio e il nuovo in un complesso eccitante. La statua di Cangrande, un dominatore medioevale Scaligero, che cavalca il suo cavallo, e’ sul parapetto del secondo piano del museo. Entrambi, il cavallo e il suo cavaliere sorridono.)

Che impressione fecero le artiste americane sulle loro ospitanti veronesi? "Un approccio festoso, volti sorridenti e aperti: questa e’ la prima impressione che le artiste americane diedero…una notevole opportunità’ per incontrarsi e conoscersi reciprocamente…in un posto speciale di ricerca che potrebbe essere chiamato il pianeta arte…" questo e’ ciò’ che Nadia Scardeoni scrisse per il giornale femminista MezzoCielo. Paola Azzolini, che conduceva vivaci interviste alla radio con le artiste americane, scrisse sul catalogo del 1997 della diversita’ delle artiste americane, considerandola come importante per la loro creazione artistica: "L’arte di queste donne americane e’ distillata da una matrice eterogenea. Tuttavia, al contrario di molte esperienze radicali, non nega il passato, un passato che e’ stato riaffermato, e messo in questione nel presente. Forse e’ li’ dove si incontrano proficuamente con le loro colleghe italiane." Il continuo movimento delle artiste americane impressiono’ molto le donne italiane, tanto quanto i loro diversi background, poiche’ e’ rimasto costume italiano rimanere vicini alle proprie radici e alla famiglia.

Novembre 28, l’ultimo giorno dell’esibizione d’arte in Verona, trovo’ le artiste americane e italiane intorno a un tavolo a cena, presso il Circolo della Rosa. Ringraziando le ospitanti italiane, le artiste americane prepararono una cena tradizionale per il Giorno del Ringraziamento. Il tacchino (che solitamente e’ servito sulle tavole italiane come involtini di petto arrotolato con rosmarino e prosciutto) fu, in questa occasione, aromatizzato in un altro modo. La zucca che fu gustata nei ravioli a Mantova, in questa occasione fu assaggiata nella forma di una pagnotta. In quel momento, ogni differenza linguistica non contava piu’. La conversazione fu rumorosa e gioiosa in quella festa, una festa che termino’ due eccezionali settimane in Verona, Italy.

Quando le artiste americane partirono per andare a casa, le loro opere rimasero per fare parte di un’altra VERONAMERICA, in Villa Carlotti, una villa del diciassettesimo secolo, che e’ sede del comune di Caprino Veronese. Qui, l’arte che fu sparsa per 12 gallerie d’arte in Verona si raccolse in un unico posto dove la totale forza dell’esibizione artistica fu espressa e vissuta.

***

VERONAMERICA 2000 andra’ negli Stati Uniti - l’arte, la filosofia, le risate, le battaglie, lo spirito del viaggio attraverso il centro storico di Verona, con le sue discussioni, i seminari e le cene festose – l’incontro di due culture. Con l’aiuto delle gallerie americane, di istituzioni culturali e pedagogiche, di consigli d’arte, di nuovi artisti che si uniranno al gruppo, di possibilita’ di finanziamento, speriamo di presentare il pubblico americano alle artiste italiane e europee ed estendere quell’antico Decumano un poco piu in la’. Ci chiediamo gia’ da ora, come le nostre mostre cambieranno nella transizione.

Per scoprire di piu’ su VERONAMERICA, visita il nostro sito Web, ancora in creazione a: www.VERONAMERICA.org Per informazioni particolari sulle singole artiste, sui cataloghi, etc, se desideri partecipare all’itinerario americano, manda una e-mail a Janetoby@aol.com.

La tua arte e il tuo aiuto sono i benvenuti.



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