DANILO DOLCI
SUL FILO DELLA MEMORIA (Stralci)

di Giuseppe Casarrubea

L'eredità delle lotte contadine

Non è facile scrivere su Danilo Dolci ora che la sua figura e la sua opera sono consegnate per sempre al vaglio della storia. Ebbi ad azzardare una volta. Avevo vent'anni ed ero preso da questa presenza fuori dall'ordinario tra la gente della Sicilia occidentale. Mi ero imbattuto, per una sorte incredibile in una realtà quale quella di Partinico in quegli anni, in un personaggio che di siciliano non aveva nulla e che tuttavia, dal suo mondo apparentemente lontano, era straordinariamente proteso a capire, a trasformare la sua intelligenza delle cose in fatti, azioni concrete. Non capitava tutti i giorni e pertanto quest'uomo mi appariva come una figura inusuale per le battaglie che aveva saputo provocare, per l'imponenza della sua figura, per i modi con cui sapeva correlarsi a ciascuno di noi, intuendone le potenzialità, la disponibilità a seguirlo. Ma allora la voglia di fare era stata soverchiata dal bisogno di lavorare, di seguire un personale destino.

* * *

Sul finire del 1968 feci le valige e me ne andai in Piemonte a cercare lavoro. E qui, tra Verbania e Stresa, al rientro dalla scuola, mi ero dato dei tempi di riflessione sulla Sicilia, i suoi uomini e i suoi misteri. Sentivo tale bisogno come una sorta di dovere etico e confesso che Danilo era quasi sempre al centro dei miei pensieri. Perciò anche se a distanza di duemila chilometri, non potevamo fare a meno, talvolta, di comunicare. Ero stato ed ero un suo collaboratore volontario, avevo creduto nella sua azione e volevo dare a questa un mio contributo tangibile. Pertanto non percepivo una lira dal Centro Studi per la piena occupazione che lui dirigeva a Partinico, in quel vecchio edificio ottocentesco di proprietà degli Scalia. Volevo essere disinteressato e impegnato. Così mi sentivo in qualche modo forte e pago. Con una carica positiva dentro che mai prima mi era stato dato di avere.

Approfittai delle vacanze di Natale di uno di quei "caldi" inverni che avevano visto, tra piazza Gramsci e la Rhodiatoce di Verbania Intra, imponenti manifestazioni operaie, per tornare a Partinico e consegnargli un lavoro dattiloscritto su di lui. Erano pagine arricchite da un'appendice di incontri e seminari tenutisi a "Borgo di Dio", il Centro di Trappeto che egli aveva fondato con i primi aiuti di Elio Vittorini. Lo lesse in un paio di giorni. Poi mi telefonò e mi fissò un incontro. Andai a trovarlo di mattina presto, sapendo che egli alle otto era in piedi già da quattro ore. Aveva l'abitudine dei contadini, di quei braccianti agricoli che se volevano sopravvivere dovevano alzarsi prima dell'alba per essere poi ingaggiati per una giornata di lavoro. Aveva imparato da loro e aveva così appreso uno stile di vita che sin dai primi anni della sua attività a Trappeto prima e a Partinico dopo, aveva costituito per lui un valore fondamentale, così grande da plasmare anche il suo carattere. Dunque l'andai a trovare.

Mi espresse le sue impressioni attenendosi, come era solito fare con tutti, ad una scaletta che evidentemente aveva preparato in precedenza e che alla conclusione dell'incontro mi diede. Aveva annotato, tra l'altro: "il treno pigro", "bello: la rivoluzione è un punto di arrivo", "non mi piace dolciano, meglio 'di Danilo' ", "prime opere di Dolci: autoanalisi contadine", "parlare: non ho mai parlato: è venuto fuori", "invenzione locale", "Gli schemi del sistema clintelare-mafioso e del sistema democratico". Credo che avesse avuto la pazienza di leggere tutto quel testo perché le annotazioni erano puntualmente riferite alle pagine e in cima portavano questo giudizio finale: "è saggio, è fondo, è scritto bene: penso sarà utile".

Ne fui lusingato tanto più che mi consegnò il diario di bordo che egli aveva compilato per le sue visite nei Centri educativi più avanzati degli Stati Uniti, con un contributo della Ford Foundation e dell'Institute of International Education, senza i quali quegli "studi-incontro" non avrebbero potuto realizzarsi. Cito tra quelli che mi sono rimasti in memoria: l'East Harlen Bloch Schools di New York, il The Esploratorium di San Francisco, l'East Central Committee for Opportunity di Mayfield e parecchi altri. Questi appunti, molto sintetici e puntuali, costituiscono l'allegato terzo di quel mio testo dattiloscritto che l'editore Celebes di Trapani volle coraggiosamente pubblicare nel 1974.

Ma in quell'occasione Danilo fece di più. Mi fissò un altro incontro al quale ne seguirono parecchi, fino a quando un bel giorno, tra il 1970 e il 1971 non si mise mano all'idea, auspice anche Franco Alasia, di costruire un Centro educativo a Mirto, una contrada tra Borgetto e Partinico. In una delle solite scalette che conservo, leggo:

 

1-Per il tuo programma consiglierei di precisare (bozza da discutere):

le date degli incontri;

i soggetti specifici;

ti pregherei di includere la discussione di:

"Chissà se i pesci piangono";

"Inventare il futuro";

"Conversazioni";

il tuo libro;

altri libri che consideri essenziali (in modo che ciascuno legga, rifletta, approfondisca, discuta, si sviluppi);

lasciando anche argomenti a scelta.

* * *

Era fatto così: aveva in mente per gli altri centomila risorse e potenzialità e confondeva il piano del sogno e del desiderio con quello della realtà. Certamente sopravvalutava gli altri, pensava di spingerli fino al punto in cui egli era arrivato, proiettava su di loro tutto lo spazio del suo immaginario creativo, ma non coglieva il dato che tale proiezione era o rischiava di essere totalizzante, nel senso che poteva condurre gli altri, consapevoli o no, a essere soggetti catturati, presi dal suo sogno.

A distanza di tempo mi rendo conto che questa caratteristica del comportamento di Danilo fu al contempo il suo principale merito e il suo limite. Fu un merito perché servì a definire la sua massima: "Ciascuno cresce solo se sognato", fu un limite perché il piano della realtà e dei bisogni non sempre coincide con quello delle proprie percezioni e aspirazioni. Sono diversi i ritmi, le culture, i processi biologici, le dimensioni della storia dei singoli o dei gruppi sociali ai quali essi appartengono. Ma Danilo, pur rispettoso di tale divaricazione, non l'accettò mai.

In questo fu molto hegeliano. Ritenne che fossero le idee a muovere la storia. Solo che nella sua biblioteca, ricca ed essenziale, Hegel non trovò mai posto, tranne che con la sua Fenomenologia dello Spirito. Tra i suoi grandi maestri citava: Cristo e Lenin, Gandhi e Capitini, San Francesco e don Zeno Saltini. Diceva sempre: "Le cose fondamentali della vita, quelle per cui vale veramente la pena vivere, sono racchiuse in pochi valori essenziali". Citava don Zeno che ripeteva sempre pochissime frasi del Vangelo. L'attività di questo prete straordinario a Nomadelfia aveva costituito per lui la prima esperienza rilevante, a contatto con un mondo cattolico autentico, ricco, perché fondato sullo scambio, sul rifiuto del denaro come valore, sull'accettazione della solidarietà. Credo che questo prete abbia fondato la sua convinzione della povertà come valore ineludibile, dando forma alla sua analisi del solidarismo come fondamento dello sviluppo. E, in effetti, Danilo fu sempre povero, non disdegnò mai di esserlo.

Eppure investì miliardi per costruire il Centro di Trappeto, destinato alla formazione dei formatori, come oggi si usa dire, e il Centro Educativo di Mirto, destinato all'educazione dei più piccoli. Si erano formati nel mondo veri e propri trust per sostenerlo, ed egli si dedicava a tempo pieno a quest'opera fruttuosa che metteva a contatto con la realtà locale intellettuali come Paulo Freire, Otto Klineberg, Joahn Galtung, Lucio Lombardo Radice, politici come Ferruccio Parri, giuristi come Piero Calamandrei, avvocati di grido come Fausto Tarsitano, artisti come Ernesto Treccani ed Ettore De Conciliis, economisti come Paolo Silos Labini, architetti come Bruno Zevi, psicologi e medici come Gastone Canziani, allievo di Alfred Adler. Si incontravano con la gente del luogo, tutti attorno a un tavolo circolare enorme per discutere assieme come gli uomini e le cose potessero essere diversi. Ricordo ancora Albino Bernardini, Italo Calvino, Emma Castelnuovo, gli architetti Polo di Milano, alle prese questi ultimi t

Del resto al 'Borgo' e al Centro Studi di Partinico era in atto una sperimentazione con gli allievi più disagiati che durava da anni e costituiva già dal 1962 un campo di battaglia di Danilo contro la dispersione scolastica. Si fondava su un progetto di ricerca-azione ante litteram curato da Marcella e Marco Marchioni, con la consulenza metodologica di Eyvind Hytten. A quegli anni si riferiscono le ricerche di Paola Barbera sui Problemi di Roccamena dal punto di vista scolastico, l'attività di studio e ricerca dello stesso Hytten e di Annette Lawrence su vari aspetti della realtà sociale di Partinico, ad esempio su Autoritarismo e sottomissione nei bambini del doposcuola (poi pubblicata in 'Scuola e Città', n.7/8 di luglio-agosto 1963), o sull'integrazione delle norme di comportamento (relazione tra grado di condivisione delle norme e sanzioni sociali).

* * *

Alla ricerca dell''anima della vita'

L'impegno di Danilo si allarga ora da Trappeto a Partinico, Montelepre, e via via a tutta la Sicilia occidentale, e per molti versi al mondo. Lo schema di sviluppo cronologico relativo, può essere quello dei cerchi concentrici. Il passaggio è graduale. Partinico, analogamente a Trappeto, ha una condizione sociale paurosa. Due quartieri sono i più degradati: quello della via Madonna, e quello di 'Spine Sante'. Nel primo la risposta al degrado cronico era stato - e in parte continuava ad essere - il banditismo, nel secondo la follia. Scriveva in quegli anni Germana Fizzotti, alla quale Danilo si era rivolto per riceverne aiuto:

Nel quartiere Spine Sante, su 330 famiglie, 300 sono miserrime, 319 senz'acqua in casa, e con una fontanella pubblica che funziona solo 4 ore al giorno, per cui le donne devono fare la 'coda' e attendere il turno per attingervi. I due terzi delle strade - dal fondo di terra metà acciottolato - sono senza fognatura. Fra le altre malattie quelle mentali si rivelano con una frequenza insolita.

[...] A Spine Sante la risposta all'offesa del mondo non è il banditismo, ma più debole e straziante, la malattia e la follia. Le strade sono anche qui, polverose e sporche, ma nella sporcizia non ci sono residui di cibo, né bucce d'arance, né foglie, né torsi di cavolo, né scatole, né ossa: i cani magri annusano con aria delusa. In poche case vivono diciassette malati di mente dichiarati, e chissà quanti altri meno evidenti e clamorosi. Davanti a una porta, con le braccia penzoloni, stava una giovane col viso asciutto e gli occhi spenti, tranquilla ora, ma, ci dissero i vicini, quando è assalita dalla fame è invasa dalla furia. Entrammo in un'altra casa dove vedemmo un uomo chiuso in una gabbia. La piccola stanza dove viveva tutta la famiglia era stata divisa dalle sbarre di ferro come quelle degli animali feroci, e nella gabbia camminava avanti e indietro un giovane dal viso bestiale, dai neri occhi terribili. Nella casa vicina il capo della famiglia stava in letto, senza muoversi da mesi, chiuso al mondo,

In questo percorso si possono individuare alcuni caratteri inconfondibili, precisi:

a)l'analisi delle risorse per lo sviluppo;

b)la necessità di collegare gli elementi strutturali dell'economia con i processi educativi, in senso lato;

c) l'organizzazione sul territorio dei gruppi di intervento.

E' un periodo cruciale la cui sintesi può essere ricondotta al titolo di un articolo che Danilo pubblicò sul Tempo illustrato, il 29 marzo 1956, in cui troviamo la spiegazione di tutta la sua esperienza fino a quel momento. L'articolo si intitolava: Volevo scoprire l'anima della vita. In quest'anno lo 'sciopero alla rovescia' sulla 'trazzera vecchia' fa parlare tutti i giornali nazionali. Si rivendica il diritto costituzionale al lavoro. Arriva la polizia e Danilo, con i dirigenti sindacali del luogo (Salvatore Termini, Francesco Abbate e altri) finisce in galera. Qui incontra dei banditi, raccoglie le loro storie, ascolta i loro racconti sulla violenze subite dalla polizia. C'è un'osmosi continua tra il micro e il macro.

Nel luglio del 1963 si tiene a Stavanger, in Norvegia, il Congresso dell'Internazionale dei resistenti alla guerra, e Danilo, che nel 1956 aveva conseguito il premio Lenin per la pace, vi partecipa con una relazione pubblicata poi, in versione integrale, in una antologia curata da Erich Fromm, suo amico. E' un punto alto della ricca attività di Danilo e segna forse una svolta verso una prospettiva che enuclea il lavoro futuro nello stesso tempo in cui il livello della riflessione è ormai sulle grandi questioni che riguardano gli uomini su scala planetaria:

Ogni individuo è come un radar-calcolatore, messo sempre più a punto negli incontri-scontri del lavoro e della vita quotidiana, capace di captare milioni di impressioni e di dati, capace di raccoglierli ed elaborarli spesso con notevole esattezza: l'uomo, che non ha in sé il metro della verità assoluta, il metro per misurare quali particolari bisogni sono, o dovrebbero essere, legittimi e validi, ha però la possibilità di aprirsi, osservare, analizzare, ordinare, ricordare, confrontare, commisurare, connettere, bilanciare, verificare, sintetizzare, intuire, ipotizzare; ed ha disponibile già in sé tutto un complesso processo attraverso il quale può pervenire a scelte determinanti per lo sviluppo futuro suo e degli altri.

L'uomo non ha in sé il metro definitivo della verità, ma ha la possibilità di conoscere sempre meglio se stesso 'dal di dentro e dal di fuori'. Rilevante possibilità, se consideriamo che ogni individuo, ogni fenomeno individuale, è correlato a tutto il resto; in modo più sensibile a quanto gli è vicino, meno a quanto gli è più lontano nello spazio e nel tempo.

[...] Quanto più cerco di approfondire e allargare la mia visione, rifletto, decanto l'insieme delle mie esperienze di lavoro e di vita, le relative interpretazioni, tanto più pervengo a dei principi validi e tanto più validi fini mi propongo, tanto più valide strategie ipotizzo.

Ad alcuni principi morali (poche pagine permettono più l'esposizione di un credo che la dimostrazione della sua fondatezza) l'uomo nuovo non potrà non pervenire. A questi, per esempio:

- la vita deve essere di tutti;

- ciascuno deve potere essere vivo nel miglior modo;

- più si capisce la natura dei mali e meglio si è in condizione di guarirli;

- ciascuno vede da un punto di vista;

- un presupposto di una sana umanità è riconoscere la sua necessaria unità.

Credo che tra non molto tempo questi principi saranno acquisiti per evidenza dagli uomini, e non solo in questa così generica formulazione. Anche in questo campo penso valga il processo della intuizione verificabile dalla razionalità e dalla pratica, come accade dalla progettazione architettonica, dalla scienza delle costruzioni alla fisica teorica.

Senza un vivo rapporto coi principi, senza tensioni, fini, ideali, sufficientemente vasti, i nostri interessi appassiscono, si rinchiudono, e tutta la nostra vita immiserisce. E tanto necessario per gli uomini è avere tesi i propri interessi che, se non ne hanno, ne inventano dei surrogati.

* * *

Sono gli anni di: Verso un mondo nuovo (Torino, Einaudi, 1964), Chi gioca solo (Torino, Einaudi, 1967), Inventare il futuro (Bari, Laterza, 1968), ai quali dovevano seguire quelli delle sue grandi liriche. Aveva nei confronti dei suoi libri di poesie un comportamento diverso rispetto ai suoi scritti di sociologia, o di altra natura: li rileggeva appena pubblicati, e non trovandole di suo gradimento, le cancellava, le integrava, ne incollava le pagine, o, addirittura, le strappava. Sorte che toccò al Limone lunare, che egli aveva scritto 'per la radio dei poveri cristi'. E' pieno di correzioni fatte di suo pugno. Stava preparando il Poema umano e rileggendo quelle poesie, le aveva rivisitate tutte, intervenendo estesamente con colla e forbici. Aprendo a caso quel testo originale che egli volle donarmi, certamente perché Josè Martinetti, la sua 'provvida segretaria', lo aveva già battuto a macchina per consegnarlo al nuovo editore, leggo:

Puoi, in un giorno

scoprire un nuovo punto

di prospettiva;

puoi scoprire, cercando [per un giorno],

quanto non hai appreso in una vita:

dentro di te, o in quanto pare fuori -

non arrivi soltanto alla tua pelle.

* * *

"NON SOLO PORTELLA"

Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Portella della Ginestra, della mafia e di altre stragi compiute in Sicilia

Presidente: Giuseppe Casarrubea-Via Raccuglia, angolo v.le Regione

90047-Partinico (tel. 091-8907679)

E mail: icasar@tin.it

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Elenco delle principali iniziative portate avanti dall’Associazione

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1- Il 6 novembre del ‘97 viene fondata ‘Non solo Portella’, l’Associazione dei familiari delle vittime che organizza anche i familiari dei sindacalisti e dirigenti politici uccisi in Sicilia dal 1944 in poi. Suoi scopi fondamentali sono: rendere giustizia ai familiari delle vittime e battersi per l’abolizione del segreto di Stato sulle stragi.

2- Si avviano le prime indagini medico-balistiche sui corpi dei feriti ancora viventi.

3- Si approfondisce la ricerca storiografica che ha consentito di avvalorare ulteriormente l’ipotesi, scientificamente fondata, della presenza quel 1° maggio 1947 di altri soggetti, oltre la banda Giuliano, sul pianoro di Portella. Di detti soggetti - o almeno di un gruppo di essi- si conoscono ormai nomi, cognomi e funzioni.

4- Si riscontra che esiste una perfetta coincidenza tra indagine di documentazione storiografica e le indagini medico-balistiche effettuate.

5- Si favorisce, grazie agli interventi delle Amministrazioni locali di Piana degli Albanesi e di San Giuseppe Jato, l’organizzazione dei familiari anche in vista dell’avvio della fase processuale.

6- 26 gennaio 1998: l’Associazione e il sindaco di San Giuseppe Jato Maria Maniscalco chiedono al Presidente della Provincia di avviare una procedura per la riapertura del processo di Viterbo.

7- 23 febbraio 1998: l’Associazione organizza col comune di Piana degli Albanesi un incontro con i familiari delle vittime. L’incontro è presieduto dal sindaco Antonino Di Lorenzo.

8- L’Amministrazione provinciale di Palermo, guidata da Pietro Puccio, nomina un collegio di avvocati penalisti per la riapertura del processo di Viterbo, conclusosi con la sentenza della II^ Corte di Appello di Roma nel 1956: una sentenza che negava l’esistenza dei mandanti e attribuiva solo alla banda Giuliano le responsabilità delle stragi di maggio-giugno del 1947.

9- Si avviano i primi passi per favorire il coordinamento delle azioni dei familiari delle vittime della strage di Portella con le Associazioni nazionali dei familiari delle vittime delle altre stragi verificatesi in Italia dal 1969 in poi e ancora senza mandanti.

10- Si studia la possibilità di realizzare, su iniziativa del Comune di San Giuseppe Jato, e con la fattiva partecipazione del Comune di Piana degli Albanesi e della Camera del Lavoro di Palermo (e della CGIL Nazionale), un film sulla strage di Portella della Ginestra che dovrebbe avere riconosciuta la qualifica di film di interesse nazionale, in grado di fornire all’opinione pubblica l’informazione esatta sui fatti accaduti, naturalmente senza intenti meramente didascalici, e nel quadro della finction cinematografica.

11- La Casa Editrice Franco Angeli di Milano pubblica nel 1997 e nel 1998 due volumi di Giuseppe Casarrubea sulla strage di Portella (‘Portella della Ginestra: microstoria di una strage di stato’ e ‘Fra Diavolo e il governo nero: doppio stato e stragi nella Sicilia del dopoguerra’). Le ricerche sono orientate sul versante delle responsabilità internazionali e istituzionali.

12- La Commissione Antimafia, presieduta da Ottaviano del Turco, con atto deliberativo del 28 aprile 1998 abolisce il segreto sulle carte a suo tempo acquisite presso il Senato della Repubblica e fino ad allora inaccessibili. Sono una minima parte delle carte secretate dallo Stato: dovrebbero essere invece accessibili, perchè si facciano altri passi avanti nella conoscenza della verità i fascicoli top-segret relativi agli anni ‘43-’50 giacenti presso i ministeri dell’Interno e della Difesa, e presso l’Ufficio di gabinetto della Presidenza del Consiglio dai Ministri. E’ auspicabile che il gesto compiuto da Del Turco serva a mettere in moto un meccanismo a catena.

13- Il Presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi con circolare del 2 maggio 1998 impegna alla desecretazione degli atti inerenti la strage di Portella della Ginestra i Ministeri dell’Interno, della Difesa, delle Finanze e dei Beni Culturali ed Ambientali.

14-1 agosto 1998: l’Associazione chiede al vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni, ai ministri dell’Interno, della Difesa, degli Esteri, ai presidenti delle Commissioni Nazionale e regionale antimafia, al presidente dell’ARS di essere informata sullo stato delle procedure riguardanti la desecretazione degli Atti in possesso dei vari Dicasteri.

15- 31 luglio 1998. L’Associazione si riunisce in assemblea nella sala consiliare del comune di San Giuseppe Jato con la presenza dei sindaci Maria Maniscalco e Giuseppe Cipriani di Corleone e delibera un ordine del giorno col quale si chiede al Presidente del Consiglio dei ministri, ai ministeri dell’Interno, della Difesa, di Grazia e Giustizia, degli Esteri, al presidente della Commissione nazionale antimafia, di mettere a disposizione dell’Associazione e di quanti lo desiderano, tutti gli atti in possesso dei vari Ministeri riferibili alla strage di Portella della Ginestra e a quelle che la precedettero e seguirono. Cipriani illustra anche ai presenti una proposta di legge regionale per il riconoscimento dei familiari delle vittime, e spiega che detta proposta sarà inserita in un Testo Unico antimafia.

16- L’Associazione sottoscrive il 22.12.’98 una lettera di sostegno per la realizzazione di un film di Pasquale Scimeca su Placido Rizzotto, sindacalista di Corleone assassinato dalla mafia il 10 marzo 1948. Il relativo progetto, supportato da numerosi altri soggetti pubblici e privati, è stato già finanziato.

17- Il Ministro di Grazia e Giustizia, con nota prot. 761 del 30 novembre 1998 comunica all’Associazione, tra l’altro: "E’ mio impegno personale far sì che finalmente sia fatta luce su uno dei fatti più tragici della storia del movimento operaio italiano".

18- Il Ministero di Grazia e Giustizia, con nota prot. 131-1-1/1999 del 20.1.1999 comunica al Capo di gabinetto della Direzione generale degli affari penali (Uffcio I), a seguito di nota riservata del 12 gennaio (prot.Gab./1/99-S.P./9) l’esistenza di alcuni documenti sulla banda Giuliano.

19- Il Capo di gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia, Loris D’Ambrosio, comunica al Presidente dell’Associazione ‘Non solo Portella’ di avere impartito "direttive alle strutture competenti per consentire il più rapido accesso alla documentazione riferibile alla strage di Portella della Ginestra e già individuata presso le articolazioni centrali o periferiche del Ministero". Lo stesso capo di gabinetto di simpegna a "comunicare al più presto i tempi e le modalità più agevoli a consentire la consultazione richiesta".

20- Il Ministro di Grazia e Giustizia, Oliviero Diliberto, con nota prot. Gab/1/99-S.P..32 del 3 marzo 1999 comunica al Presidente dell’Associazione ‘Non solo Portella’ che presso l’Ufficio I della Direzione generale degli Affari Penali è depositata la documentazione riferibile alla strage di Portella della Ginestra, consentendo l’accesso "relativamente agli atti di pertinenza di questa Amministrazione". Il Ministro si riserva di comunicare "l’esito di ulteriori ricerche attivate da altre articolazioni ministeriali parimenti interessate".

21- Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali-Archivio Centrale dello Stato comunica all’Associazione, con nota prot. 569 del 15 febbraio 1999 un elenco di quattro pagine concernente tra l’altro gli omicidi di Accursio Miraglia, Nicolò Azoti, Calogero Cangelosi, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto e varia documentazione sulla strage di Portella della Ginestra.

22- La prefettura di Palermo con nota prot. 1215/99/gab/S.d.S. del 17 marzo 1999 comunica all’Associazione che il Ministero dell’Interno ha reso noto che la documentazione sulla strage di Portella giacente presso la prefettura e la questura di Palermo è consultabile, a seguito di specifica direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri (Romano Prodi). La nota precisa inoltre: 1) che il dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno invierà alla suddetta questura la documentazione rinvenuta ai propri atti; 2) che il Ministero dell’Interno ha avviato ricerche presso gli uffici centrali e periferici "al fine di individuare qualsiasi documentazione che abbia attinenza con le stragi che precedettero e seguirono quella di Portella della Ginestra".

23- La prefettura di Palermo con nota prot. 1653/99/gab/S.d.S dei 21 aprile 1999 indirizzata all’Associazione comunica che "a seguito di approfondite ricerche d’archivio, è stata rinvenuta, presso questa Prefettura, ulteriore documentazione, relativa ai seguenti eventi, riconducibili all’eccidio di Portella della Ginestra: strage di Alia, omicidio del sindacalista Nicolò Azoti, uccisione dei sindacalisti Calogero Cangelosi, Epifanio Li Puma e Placido Rizzotto".

24- 1 maggio 1999: la Biblioteca comunale di Piana degli Albanesi pubblica due volumi sulla strage di Portella della Ginestra (atti del convegno del cinquantenario del 1 maggio 1997), di cui un volume di documenti è redatto dal presidente dell’Associazione.

25- L’ARS approva la legge 6 agosto 1999 che recepisce il precedente disegno di legge di iniziativa di Cipriani, Capodicasa ed altri parlamentari per il riconoscimento dei familiari delle vittime.

Non è poco se pensiamo a oltre cinquant’anni di immobilismo istituzionale. Auguriamoci che uno sforzo collettivo e sinergico ci aiuti adesso in un percorso di conoscenza della verità che consegni alla giustizia i responsabili di stragi e delitti mai puniti.

Giuseppe Casarrubea

presidente Associazione ‘Non solo Portella’



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