EDUCARE
di Nadia Scardeoni

C’è un’affermazione di TEILHARD DE CHARDIN che vorrei porre come premessa in questa breve riflessione sul fondamento dell’educare:

"Il peggior nemico che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste, è invece quella malattia spirituale, la più terribile, perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto di vivere".

La mia esperienza di educatrice, a contatto dell’età dell’infanzia e dell’adolescenza, le stagioni della vita che più dovrebbero incarnare la gioia di vivere, è segnata da una forte inquietudine che qui voglio esprimere.

In questi anni ho colto sempre più frequentemente l’emergere di una situazione diffusa di "sofferenza" in queste età, cui non corrisponde, da parte della scuola, e non solo della scuola, la capacità di dare risposte adeguate sul piano educativo e formativo.

"Giustificati" dalle necessità di un modello esistenziale che, via via, ha emarginato la relazione umana alterandone i tempi e gli spazi vitali, stiamo sottraendo all’infanzia di oggi, i luoghi e i tempi del silenzio, dell’ascolto, del desiderio, dell’attesa, del sogno, della fantasia e offriamo in cambio, una tavola perennemente imbandita di surrogati e di protesi accattivanti, inesauribili proprio per la loro intima inidoneità ad essere costruttivi e gratificanti.

Quanti semi di questa incuria educativa hanno prodotto inerzia, fragilità, solitudine….. frutti del malessere e della devianza?

Io credo che solo un progetto pedagogico che sia già terapeutico possa oggi produrre un’inversione radicale di tendenza dentro il sistema educativo, un progetto che accolga finalità che non siano decapitate in un funzionalismo cieco e deprivante ma siano risposta sensibile ai bisogni reali della popolazione scolastica.

Dice Pascal:

" L’uomo non è che un giunco, il più debole della natura, ma è un giunco che pensa. Non è necessario che l’universo intero si armi per distruggerlo, un vapore, una goccia d’acqua basta ad ucciderlo, ma anche quando l’universo lo distrugge egli è ancora più nobile di chi lo uccide perché è consapevole di morire. L’universo non sa niente."

Questa immagine di immensa bellezza a me pare ci indichi, con una sintesi di vertiginosa trasparenza, la forma e il fondamento dell’educare.

La forma?

Di quanta tenerezza e cura ci dobbiamo attrezzare per tutelare il fragile "giunco" che anche una sola goccia di rugiada può annientare’

Il fondamento?

Quanta "intelligenza" per creare i percorsi e gli strumenti idonei a colmare di consapevolezza questa "fragilità", per renderle la dignità e la nobiltà di cui è capace?

ATTI DEL CONVEGNO: "Scuola e democrazia"

Firenze, 13 marzo 1994



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