Ricchezza e povertà


 

Lettera aperta ai Vescovi italiani

Venerati e cari Confratelli,

tra pochi giorni si terrà a Roma l’annuale Assemblea della CEI, a cui ovviamente non partecipo, non avendo, come emerito, voce attiva e passiva. Mi permetto però di rivolgerVi una fraterna lettera aperta, con un particolare riferimento alle prossime, importanti elezioni.

A Roma avrei potuto ascoltare il Vostro bilancio sul risultato delle elezioni; in anticipo ovviamente rimango in atteggiamento di "par condicio". In realtà, se come vescovi abbiamo mantenuto un comportamento ufficialmente neutrale, ho l’impressione che non siamo riusciti a nascondere, e in pochi casi abbiamo più o meno apertamente manifestato, un atteggiamento favorevole ad uno dei due Poli in lizza tra di loro.

Anche nel decalogo con cui  abbiamo indicato i riferimenti per una valutazione cristiana dei programmi abbiamo dato precedenza alle scelte teoriche in difesa di valori che una delle due parti ostenta (anche se poi nella pratica spesso è pronta a scavalcarli) o di attenzioni legislative ad iniziative confessionali (di cui peraltro sapranno  beneficiare limitati e specifici settori della nostra collettività), relegando agli ultimi posti quelle esigenze di solidarietà che costituiscono una condizione indispensabile per una crescita armonica della nostra società civile e una difesa dei settori
più in difficoltà (della "gente comune"), che sono una notevole  parte all’interno della nostra società e che , nel mondo , sono larga maggioranza.

Credo oggi il problema sia proprio quello , rilevato ripetutamente anche dal Magistero pontificio - di una crescente  globalizzazione che, se cresce senza regole, va a vantaggio dei settori dei più sviluppati e più benestanti dell’umanità emarginando sempre più i settori più umili e più diffusi.
Credo che la dialettica politica , nel mondo, ma anche all’interno della nostra nazione , sia tra chi da posizioni di un certo privilegio difende e  intende sviluppare il proprio benessere, anche a scapito del resto della popolazione (e alcune recenti decisioni del governo americano circa la difesa dell’ambiente ne danno dimostrazione), e chi si impegna invece ad una "globalizzazione solidale", secondo la felice definizione del Papa, tenendo conto dell’insieme della collettività, e
quindi, secondo un’altra felice indicazione (questa volta della CEI, nel 1981), "ripartendo dagli ultimi".
Questo implica una differenza di fondo tra chi da una parte mette al di sopra di tutto il proprio profitto, il proprio benessere, anche la propria libertà, controllando (e se necessario riducendo) le esigenze degli altri, e chi, proprio partendo dai settori meno fortunati (della propria nazione, ma poi anche nel mondo), chiede qualche sacrificio a chi sta meglio per poter riconoscere i diritti e le aspettative anche di chi sta peggio.

Non si può far corrispondere questa contrapposizione alla polarizzazione politica tra destre e sinistre; tant’è vero che partiti dichiaratamente di  ispirazione cristiana si trovano ormai (ed ovviamente si deve pensare in sincera coerenza) da tutte le parti; ma può comunque risultare chiara una prevalenza di orientamento individualistico o solidaristico.

Poiché questa lettera vi giungerà ad elezioni concluse, credo dobbiamo ricavarne:

1.nel caso di una continuità coll’attuale maggioranza governativa, e con alcune frange che manifestano diffidenza, se non contrarietà, alle posizioni del magistero cattolico, una maggiore attenzione agli impegni concreti di solidarietà, già evidenti in alcune tappe del pur contrastato  percorso legislativo, impegnandosi in un dialogo di collaborazione fiduciosa, anche se è un dialogo difficile ed esposto a facili contestazioni e a critiche strumentali (personalmente ricordo le reazioni , ahimè, non ancora totalmente sopite, dopo venticinque anni , allo scambio di lettere aperte col  Segretario del PCI on. Berlinguer);

2.nel caso, ritenuto diffusamente più probabile, di un cambio di maggioranza, una più chiara affermazione del dovere, umano e tanto più cristiano - di far prevalere la priorità della solidarietà, in una società (ammoniva già Paolo VI nella Populorum progressio, nel 1967!) in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Penso proprio a Giovanni Paolo II che, dopo aver contribuito efficacemente alla sconfitta del potere appoggiato all’ideologia marxista, ha avuto ed ha il coraggio di denunciare le ingiustizie ed i soprusi del liberismo imperante, responsabile delle ingiustizie, delle guerre, delle violenze diffuse nel mondo (anche nel nostro mondo).

Credo davvero che, prima ancora dei diritti della Chiesa e delle sue istituzioni, siamo chiamati a difendere i diritti dell’uomo (e della donna!), i diritti della vita (nascente e  nata) quindi della salute e del lavoro per tutti, anche della  sicurezza, ottenuta, prima ancora che con la forza (che ancora una volta privilegia chi sta meglio contro chi sta peggio), proprio con una società attenta ai diritti e alle esigenze di tutti e con una particolare attenzione ai giovani ("ripartendo dagli ultimi"!).

Venerati e cari Confratelli, auguri di cuore. Sono con voi, con la preghiera e nella speranza.

Mons. Luigi Bettazzi
Vescovo emerito di Ivrea


dal Manifesto
18 Maggio 2001
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/18-Maggio-2001/art12.htm

Una chiesa berlusconizzata
KENYA Da Gorogocho parla Alex Zanotelli: ora bisogna  impegnarsi in Italia

GIULIANA SGRENA

Alex Zanotelli, comboniano, già direttore di Nigrizia, da  anni vive nella baraccopoli di Gorogocho, alla periferia di Nairobi, dove ha avviato dei progetti molto  interessanti di riciclaggio dei rifiuti e di sostegno a  donne sieropositive ed ex prostitute. Ieri è circolata la notizia che il missionario, dopo la notizia della vittoria di Berlusconi, avrebbe deciso di non tornare in Italia. Abbiamo raggiunto telefonicamente Alex Zanotelli a  Nairobi.

Davvero ha deciso di restare a Gorogocho, in Kenya?
No, non sarebbe giusto, adesso è il momento di impegnarsi  in Italia, perché la situazione è davvero incredibile. Io avevo fatto quella battuta al Giubileo degli oppressi  proprio per aiutare la gente a capire che non si può partecipare al Giubileo degli oppressi e poi andare a votare Berlusconi, volevo sottolineare che era in gioco qualcosa di importante, c'è da vergognarsi a vedere un Berlusconi arrivare al potere. Io resterei ancora molto volentieri a Gorogocho, è una esperienza che mi dà moltissimo, ma ormai il cambiamento è in atto, sono quattro anni che stavamo preparando il passaggio: i comboniani assumeranno direttamente Gorogocho, questo è molto bello perché è la prima volta che una istituzione fa una scelta del genere. Io volevo fare una esperienza nel nord, magari negli Stati uniti, ma poi molti amici mi hanno detto che è molto importante essere presenti ora in Italia, si pensava a una missione a Napoli o Palermo. Per poter dare una mano al movimento di resistenza in Italia, i comboniani anzi mi chiederebbero una presenza nelle sedi europee dove si prendono le decisioni, a Strasburgo e Bruxelles.

Quindi potrebbe trovarsi proprio in Sicilia, dove la destra ha fatto il pieno di voti...

Sono rimasto impressionato nel sentire che la destra ha spazzato via tutto. Proprio oggi mi venivano in mente le parole di Dossetti, che io ho visto in punto di morte. Quando c'è stato il primo governo Berlusconi l'aveva definito "Baccanale dell'esteriorità", era una definizione molto azzeccata. Quello che avrei voluto chiedere a Dossetti però era perché aveva aspettato così tanto a dirlo, visto che in fondo Berlusconi è il frutto maturo del craxismo. Ma quando, nel 1985, Nigrizia ha cominciato a sparare su queste cose Dossetti non c'è mai stato, eravamo soli.

E' impressionante in questa situazione anche la scesa in campo a fianco di Berlusconi della chiesa, del papa e dei vescovi, in modo così esplicito non si era mai visto...

Questa è una cosa che veramente mi sconcerta. Oggi ho letto un testo che parlava della "berlusconizzazione" della chiesa italiana, è spaventoso, è una chiesa che ormai si è allineata decisamente sui valori della società, una chiesa che non è più profetica, non ha più una parola da dire, non ha una sua visione da prospettare per il futuro è parte integrante del sistema, è funzionale al sistema. E per me, come credente, questa rappresenta una ferita ancora più grande.

Che cosa possono fare ora i cattolici, la chiesa non li rappresenta certamente tutti. E' possibile organizzare una resistenza?

Si sono già provate varie resistenze dal '68 in poi e non è che abbiano funzionato molto. Quindi più che resistenza, secondo me, a livello ecclesiale bisogna continuare a ricordare alla chiesa il tradimento che ha operato e che avviene in continua. Israele era molto cosciente di questo, aveva un sogno e l'ha tradito radicalmente, ha cercato di portarlo avanti poi c'è stato il tradimento da Salomone in avanti, fino all'esilio, ha avuto però il coraggio di ammettere che hanno tradito il sogno. Quando Gesù ha riproposto quel sogno nella Galilea degli oppressi, ha rilanciato un movimento alternativo all'impero romano.
Anche lì le comunità hanno tenuto duro per trecento anni poi c'è stata la svolta. In continuità abbiamo dovuto riproporre quel sogno perché, per usare le parole molto belle di Martin Luther King, la chiesa è chiamata ad essere un termostato nella società ed invece quasi sempre è un termometro. Un termostato per trasformare, cambiare valori, e invece è un termometro che misura la febbre della società, lo status sociale. Ecco la grande sfida, è quello che ci manca come chiesa italiana e che dobbiamo ritrovare, però sono profondamente convinto che nella base c'è una grande forza. Ora tutto il movimento lilliputziano dovrà uscire alla luce e diventare alternativa, non dico diventare partito ma assumere un ruolo politico e fare una opposizione seria, altrimenti rischiamo di non avere più nulla.

Il rischio di veder fare tabula rasa di tutte le conquiste ottenute con molte lotte...

E' vero e le abbiamo ottenute con belle esperienze: dalla resistenza, al dopoguerra, in realtà alternative. A questo livello non sono assolutamente scoraggiato, anzi penso che forse l'aspetto positivo di quella che sarà la catastrofe berlusconiana è che porrà la gente di fronte all'alternativa. Finora con le sinistre abbiamo giocato perché ormai è l'economia che detta legge. Abbiamo avuto delle sinistre al governo che non hanno fatto una politica di sinistra, anche questo ha favorito la destra. Oggi con la vittoria di Berlusconi dobbiamo guardarci in faccia, uscire dalle parole vuote, ritrovare valori umani, della convivenza, dello stare insieme. Dobbiamo lottare per costruire un futuro, è un momento stimolante perché dobbiamo cercare di tradurre in alternative quelli che sono i nostri sogni, il nostro guardare al futuro.
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"Je ne suis pas pauvre. Pauvre est plutót celui qui désire beaucoup de choses "
leonardo da vinci