SCUOLA E ANTIMAFIA

di Franca De Mauro (*)

 

C’è un equivoco che ricorre frequentemente sia all'interno della scuola, e questo è grave, sia all'esterno: cioè che noi insegnanti si faccia educazione alla legalità soltanto quando, per un motivo contingente, affrontiamo un tema, per così dire, rnonografíco: la storia della mafia, mafia e latifondisrno in Sicilia, la vita di Peppino Impastato, di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, di Placido Rizzotto, di Pio La Torre... ahimè, l'elenco potrebbe essere anche più lungo.

Ma noi insegnanti, questo è il mio parere, facciamo educazione alla legalità quando facciamo nostre le dieci tesi di educazione linguistica, quando, cioè, insegniamo ai nostri alunni a muoversi da protagonista all'interno dell'universo della comunicazione.

Quando insegniamo ad ascoltare e comprendere, a leggere e comprendere, a parlare e scrivere con chiarezza nelle diverse situazioni comunicative e con scopi diversi.

Quando diamo a tutti i nostri alunni la possibilità di usare il linguaggio per comprendere e produrre una molteplicità di messaggi. Certo, questo è il compito della scuola.

E' proprio questo, ma non sempre lavoriamo in tal senso, non sempre facciamo nostre le dieci tesi di linguistica democratica. Spesso ci accontentiamo "di un rapido apprendimento, di un soddisfacente grafísmo e del possesso delle norme di ortografìa italiana, della capacità di verbalizzare, oralmente e per iscritto, attorno testi letterari e storici"; ma dare ad ognuno dei nostri alunni il reale possesso della lingua italiana, è questa la scommessa.

Solo allora saranno in grado di scegliere.

Perché se ci limitiamo a proporre argomenti antimafia, e non diamo loro il possesso della lingua, noi conosceremo diecimila vocaboli e saremo liberi, loro ne conosceranno sempre mille e saranno schiavi.

Saremo sempre noi a scegliere per loro.

Scegliererno, giustamente, un impegno per la legalità, ma saremo noi a scegliere, non loro.

E, uscendo dalla scuola, i ragazzi, così come dimenticano immediatamente date, fatti, personaggi, letture, dimenticheranno quanto diciamo sulla legalità.

E dovremo registrare di non aver neanche scalfito il consenso sociale verso la mafia, di non avere intaccato la cultura mafiosa. Ma se daremo agli alunni gli strumenti linguistici per capire un articolo di giornale, il discorso di un politico, un volantino sindacale, il telegiornale, la Costituzione, forse il loro impegno per la legalità sarà più concreto e duraturo.

La cultura facilita scelte etiche, non le rende immediate, me ne rendo conto: certo 'don Rodrigo aveva più cultura di Renzo, Andreotti più di un operaio che vendeva il suo voto per un pacco di pasta... però se Renzo, se quell'operaio avessero avuto gli strumenti per difendersi da angherie, raggiri, soprusi, per lottare contro l'illegalità... per loro le cose sarebbero andate meglio. I

In un'epoca in cui le grandi ideologie, l'aggregazione politica non esistono quasi più, in cui la Tv spazzatura è il modello di riferimento culturale per moltissimi, dare agli alunni gli strumenti per comprendere, per smascherare promesse messianiche, ideali di ricchezza facile e veloce, questo diventa la vera scommessa della scuola per la legalità.


(*) Franca De Mauro è figlia di Mauro De Mauro e nipote di Tullio De Mauro, Linguista e attuale Ministro della Pubblica Istruzione
L'intervento è tratto da Mezzocielo Palermo