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L'ultimo saluto ad Antonino Caponnetto

di Grazia Villa

 

Coltivo una rosa bianca
a luglio come a gennaio
per ogni
amico sincero
che mi porge la sua mano

e per colui che mi strappa
il cuore col quale vivo
né cardi né ortiche coltivo
coltivo la rosa bianca

CULTIVO UNA ROSA BLANCA
EN JULIO COMO EN ENERO,
PARA EL AMIGO SINCERO
QUE ME DA SU MANO FRANCA.
 

Y PARA EL CRUEL QUE ME ARRANCA
EL CORAZON CON QUE VIVO
CARDO NI ORUGA CULTIVO
CULTIVO LA ROSA BIANCA
José Marti (poeta ispanoamericano dell'800)

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Come il popolo ha reso onore al giusto
L'ultimo saluto ad Antonino Caponnetto

di Grazia Villa

(pubblicato sul Margine n° 10 del 2002)

E' stato il grido, il caldo abbraccio della voce accorata e roca di don Luigi Ciotti, che ha scandito, forse più dei prolungati applausi, i funerali  del giudice Antonino Caponnetto.

Ancora una volta, come per miracolo, grazie ad un giusto, l'addio degli uomini e delle donne si trasforma in una nuova sublime testimonianza per cui il grazie diventa perenne ed il ricordo immortale.

Allora la liturgia è viva, la comunione dei santi è vera: attraverso quel ciao del bambino Gigi al nonno Nino il pungiglione della morte diventa innocuo e la chiesa come "casa di tutti, ma proprio di tutti",  offre le sue semplici risposte alle domande di senso della vita: la morte, il dolore, la pace, la giustizia!

Grazie Gigi Ciotti sei stato il sacerdote di tutti, pontefice delle nostre lacrime, della nostra gioia, delle nostre parole e dei nostri silenzi.

Davanti al Tuo e nostro amico Nino ci hai invitato a sentirci tutti, credenti non credenti, stretti in unico abbraccio intorno a lui, un unico popolo.

Sì, forse hai pensato anche Tu, vedendoci dall'altare, quello che ognuno di noi ha immediatamente percepito: sono un popolo, siamo un popolo.

In quella chiesa dell'Annunziata, nella Festa dell'Immacolata, il giorno dopo Sant'Ambrogio era presente il POPOLO a rendere onore ed a manifestare stima, ammirazione, gratitudine, affetto a colui che, lui sì di certo degnamente, in nome del popolo italiano aveva parlato, giudicato, vissuto, lottato, sofferto, amato.

Allora l'assenza dei rappresentanti delle "istituzioni" si è condannata da sé alla pena di morte, quella morale (l'altra è incompatibile con la Pasqua del condannato a morte per sempre!) perché la presenza del popolo sovrano l'ha resa vana se non inutile.

Qualora ci fosse stata la partecipazione ipocrita, dettata solo da un impudico savoir faire o peggio ancora dalla squallida ragion di stato unita al cerone della vendita dell'immagine e non già dalla fiera volontà di render doveroso onore ad un servitore, non servo inutile, dello Stato ci saremmo rattristati, avremmo pianto lacrime amare e non commosse, sarebbe risultata subito l'estraneità e l'inautenticità di chi non può scagliare la prima pietra, così come ogni volta la menzogna si distilla nel crogiuolo della testimonianza dei santi, dei martiri e dei giusti.

Anche noi peccatori e peccatrici di omissioni, di scoraggiamenti, di assenze, di infedeltà, di lontananze ci siamo battuti il petto davanti alla forza, alla mitezza, al coraggio, alla tenacia, alla determinatezza di Antonio Caponnetto ed il "non sono degno di partecipare alla Tua mensa", alla mensa del Figlio spezzato, ha acquistato il significato della richiesta del perdono, di quel perdono anticipatamente concesso ai pentiti, quale preludio all'impegno che nasce dal cuore nuovo di carne.

 

Allora abbiamo rinnovato una promessa, anzi, come Rita Borsellino, come Don Ciotti, come Silvana Lamonica un giuramento che è diventato solenne come quello di Nino davanti a Paolo Borsellino: "Non è finita, noi continueremo".

Quante volte sono risuonati i nomi di Paolo, Giovanni, Francesca, dei ragazzi della scorta insieme a quelli di Tonino Bello, per Nino rispettivamente figli adottivi di sangue e padre eletto dello Spirito, completamente immersi nella liturgia così come quando si ricordano i nomi degli apostoli , tanto da sentirli presenti, vivi, scolpiti non solo nella memoria, spazio apparente della mente, ma nel cuore e nella carne.

Così che le mani di migliaia di persone che si uniscono per proclamare il nome del Padre per dirlo "nostro" non fanno fatica a trovarsi anche se non sono quelle dei ragazzi di Don Tonio, di Don Giuliano, di Don Luigi concelebranti, oppure quelle che obbediscono ai calorosi inviti di Alex nelle sue laiche o sacre  liturgie.

 

Sono mani di magistrati e di agenti, di donne anziane e di ragazzi rasta, di ragazze colorate e di donne in nero che, aiutate dal ricordo della semplicità e della familiarità con cui Nino ti prendeva la mano, si sono strette come per stringerla, non troppo perché era divenuta esile, ancora a lui!

Forte risuona il grido dell'"Ecco l'Agnello di Dio" accompagnato dal rinnovato invito di Luigi a sentirsi tutti a casa, credenti e non credenti, trasformato con forza in un Acchiappatelo è qui ed è per tutti!!!

 

Ciao Nino, ciao Nino.

 

La preghiera dei fedeli è spontanea, può salire chiunque sull'ambone nel luogo del libero accesso al sacro rifondato da Gesù, e tutti salgono così che l'ascoltaci signore si confonde con gli applausi: un pittore legge un biglietto scritto da Nino, di riconoscenza per un bel quadro grondante di parole affettuose a cui Nino ci aveva abituato, una magistrata rinnova la promessa di continuare ad esserlo come lui, una ragazza ricorda come Nino l'avesse invitata a parlare non per sé davanti al pubblico, ma di farsi "arpa eolica" per le attese delle persone, un agente della sua scorta ne parla come un figlio, uno studente di giurisprudenza motiva il suo impegno, e tanti tanti altri che ringraziano, lodano, pregano, chiedono scusa avvolti dall'amen delle mani che battono e delle bocche che chiedono l'ascolto del Signore.

Avrei voluto salirci anch'io a ricordare e ringraziare per gli auguri di Nino alla Rosa Bianca in occasione della nostra Scuola di Assisi il 29 novembre 2002, inviati solo una settimana prima della nascita al cielo, con l'affetto di sempre.

Ma non sarebbe bastato lo spazio dell'invocazione della preghiera dei fedeli, affidata nel silenzio al Padre, per racchiudere i motivi della nostra gratitudine, né tanto meno la dolcezza dei ricordi dei moltissimi incontri.

L'incontro a Palermo alla Biblioteca per ricordare Falcone, i funerali degli agenti di scorta di Borsellino, le assemblee della Rete, l'ahimè "profetico" Convegno di Menaggio su "Giustizia e Democrazia", la Scuola di Brentonico 1994, la cena ed il pernottamento "per non lasciare sola Bettina" a casa di Teresa ed Angelo Vaccaro, le chiaccherate sottovoce, gli abbracci, le benedizioni laiche con le sue mani posate sulla testa, gli incoraggiamenti e lo scambio di lettere con Luisa Broli, le lacrime di commozione per il nostro affetto, le mani alzate nel segno di vittoria, gli insegnamenti preziosi che sono diventati le nostre parole d'ordine sul nesso inscindibile giustizia e legalità, verità e democrazia, pace e solidarietà, gli accorati inviti a non cedere ad andare avanti.

Chiediamo allora al Signore, come Giancarlo Caselli, di farci un pochino come Te, uomo giusto che come il vecchio Simeone della Lettura del Vangelo hai atteso il conforto per il Tuo popolo, con l'anima trapassata dalla strage degli innocenti, la flebile voce piena di speranza, gli occhi rivolti alla ricerca del Volto in ogni piccolo sui cui hai imposto le mani.

Chiediamo di farci un pochino come Te uomo giusto come Mosè, della Lettura dall'Antico Testamento, che lotta per il fratello colpito ingiustamente, ascolta il grido degli oppressi, rinuncia ai privilegi della casa del Faraone, accetta l'esilio, difende le donne dai Pastori al pozzo, ne sposa una delle più belle, torna indietro per liberare il suo popolo e muore con la vista della terra promessa negli occhi.

E così sia. E' il nostro amen a Te Nino, alle Tue lotte, al Tuo bene, alla Tua tenerezza, al Tuo amore per la giustizia, alla Tua fedeltà.


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