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Un intervento critico di Jean Clair

di Gian Luigi Verzellesi

Il bilancio di Clair: crisi nei musei,  “ la deriva mercantile trasforma l'arte in spettacolo".

Una situazione problematica e preoccupante in cui versa la vita artistica attuale risulta rilevata da Jean Clair.

In una recentissima intervista, il famoso critico d'arte francese, noto nel mondo per il suo libro sulla Critica della modernità (edito nel 1983, tradotto da Francesca Isidori e pubblicato da Allemandi nel 1984), ha affermato che " la deriva mercantile trasforma l'arte in spettacolo e i musei in luna-park”.

 

Questa tesi coincide con la conclusione espressa, con varie intonazioni, da una quarantina di studiosi italiani, nel libro-inchiesta su “ Gli storici dell'arte e la peste” (edito da Electa, commentato su queste colonne il 3 aprile 2007) e ribadisce che si tratta di "una trasformazione radicale in corso dappertutto in Europa in nome della redditività dell'arte ".

In realtà, " la gestione contabile applicata agli oggetti culturali non ha più niente a che vedere con la missione

di un museo, che è quella di arricchire, conservare e trasmettere la memoria artistica di un paese alle generazioni future".

Oggi, dovunque, "prevale sempre la logica dell'evento spettacolare": in nome del denaro, l'arte è ridotta ad evento per attivare le folle'.

 

"Non è questo - precisa Clair - il modo di democratizzare l'arte, questo è solo massificazione" dannosa che potrebbe essere evitata diffondendo e intensificando lo studio della "Storia dell'arte nelle scuole, affinchè tutti abbiano gli strumenti culturali per comprendere le opere".

Specialmente nel settore dell'arte contemporanea, oggi 'la regola fondamentale diventa quella dello sguardo che crea l'opera": regola indotta dall' "oscurantismo contemporaneo" che, settariamente, cerca di farci scordare che l'opera esige, sempre, una sintonizzazione culturale, senza la quale risulta incomprensibile.

All'obiezione dell'intervistatore ("senza mercato l'arte non esiste") Clair risponde: " l'ottanta per cento delle opere conservate dai musei pubblici proviene dalle donazioni di collezionisti privati": ' oggi sono le grandi case d'aste a determinare il mercato"; "non c'è più relazione di fiducia tra il collezionista e il gallerista.

Gli acquisti si fanno per telefono, anonimamente, per fare un investimento finanziario"; l'unico scopo è quello di far aumentare le quotazioni".

 

Ma - aggiunge opportunamente Clair - " anche il mercato dell'arte prima o poi rischia di crollare.

Un crac metterà fine alla bolla speculativa'.

Nel frattempo, "banche e imprese hanno enormi collezioni come ad esempio la Deutsche Bank. Il problema è sapere chi le consiglia' ... Insomma, "il sistema dell'arte rende tutto più complicato spingendo gli investitori ad accumulare opere senza alcun gusto o spirito critico. La speculazione rischia inoltre di alimentare un afflusso sul mercato di opere di scarso valore artistico con quotazioni sproporzionate": su questo punto, l'esempio, quasi incredibile, è offerto dalle recenti vendite di dipinti di Pollock e di Rothko, rispettivamente a 140 e 72 milioni di dollari.

Domanda: le "istituzioni culturali come possono reagire all'andazzo descritto da Clair?

Nel clima esaminato da un insigne studioso, Paul Ginsborg, in La democrazia che non c'è (Ed- Einaudi), è ancora vivo l'intento di contrastarlo affidando a competenti (ossia alla critica che merita ancora questo nome) il compito difficile di motivare una ragionata opposizionne all'organázazione di mostre di massa e di costosissime collezioni "mostruose" ?

Le prime risposte pertinenti alla domanda verranno dalle istituzioni di cultura , dalle banche, dalle imprese, effettivamente disposte, con provvedimenti correttivi, a salvaguardare la vita artistica nostrana dalla "peste"descritta da Clair, dietro l'esempio, indimenticabile, di insigni predecessori, come Brandi e Gombrich..

 

Da l’Arena, 10/02/2008

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Allegati

I libri di Jean Clair

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INTERVISTA A JEAN CLEAR

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