BRAIN - INFORMATION – LEARNING
Mental health and cognition

Seminario Studi INTERNET e Salute Mentale Genova 7/8 Febb. 98
http://www.psichiatria.unige.it/congress/index.htm

 by : Paolo Manzelli - LRE- University of Firenze
(LRE@chim1.unifi.it)

The brain’s visual imaging process involves the recognition of perceptual data based on information about the intensity and frequency of light. We hold that seeing is a consequence of a complex elaborative information-processing of the brain that involves the recall of fundamental genetic archetypal forms and a recognition process based on recalling comparable mnemonics based on life-experiences.

Following this approach of conceptualizing vision as a learning process, we understand the necessity that the brain comes to train itself through its neuronal integrations, to rapidly categorize sensory information; giving, as a result of cerebral elaborations of the visual cortex the images that we see.

To better understand this conceptual organization of visual perception, we must remember that Newton’s explanation of ocular vision is not correct; not even from a contemporary scientific point of view. This is so particularly because light is not composed of "rays" that are able to design any reverse configuration on the retina that the external world reflects onto it.

Unfortunately, we must note, despite the advancements of neurological science regarding brain functioning, and physics regarding the interaction of light; that the traditional teachings are handed down and persist in schools today, in almost all of the world, without criticism or reflection of any kind. This pertains to the old and antiquated Newtonian model regarding the interpretation of visual perception, which holds that the non-creative eye passively and instantaneously describes reverse images of the external world.

The Laboratory of Educational Research of the University of Florence believes that this persistence of traditional teachings regarding the obsolete Newtonian interpretation of visual perception, especially imposed in a world of information in which virtual reality has come to have major influence on objective realilty tends to stifle and even discourage a student’s ability to observe. Beyond that it can also give rise to mental health problems in youth, as a consequence of their cognitive inability to understand the distinction between "virtual" and "objective" reality.

 

CERVELLO - INFORMAZIONE – APPRENDIMENTO
Salute mentale e modelli cognitivi

Convegno Internet e Salute Mentale
http://www.psichiatria.unige.it/congress/index.htm

di Paolo Manzelli - LRE- Università di Firenze
(LRE@chim1.unifi.it)

La percezione visiva è organizzata nel cervello come una lettura di dati percettivi conseguenti ad informazioni su intensità e frequenze della luce. Possiamo quindi ritenere che il vedere sia conseguenza di una elaborazione complessa del cervello, che concerne l’evocazione di archetipi fondamentali ed un processo di riconoscimento basato sul richiamo mnemonico di comparabili esperienze visive.

Perseguendo una tale concezione della visione come processo di apprendimento si comprende la necessità che nel cervello vengano a formarsi degli insiemi di neuroni capaci di categorizzare rapidamente i dati sensoriali, dando come risultato della elaborazione cerebrale della corteccia visiva, le immagini che vediamo.

Per capire meglio tale impostazione concettuale della percezione visiva, dobbiamo ricordare che, la spiegazione di Newton della visione oculare non è corretta neppure dal punto di vista contemporaneo della scienza, in particolare, perché la luce non è composta di "raggi" capaci di disegnare sulla retina alcuna raffigurazione rovesciata del mondo esterno.

Dobbiamo purtroppo constatare che, a dispetto degli avanzamenti delle scienze neurologiche a riguardo del funzionamento cerebrale e fisiche a riguardo della luce e delle sue interazioni, l’insegnamento tradizionale nella scuola, quasi in tutto il mondo, persiste ancora oggi nel tramandare, senza critiche o riflessione alcuna, il vecchio ed antiquato modello di Newton a riguardo della interpretazione della percezione visiva, quello cioè per il quale si ritiene che occhi non creativi siano capaci di descrivere passivamente una immagine istantanea e rovesciata del mondo esterno.

Il Laboratorio di Ricerca Educativa della Università di Firenze, considera che, la persistenza nella educazione tradizionale della antiquata ed obsoleta concezione interpretativa di Newton della percezione visiva, inserita in un mondo di informazione nel quale la "realtà virtuale" viene ad avere un peso maggiore della "realtà oggettiva", tende a deprimere ed anche a scoraggiare le abilità di osservazione degli studenti, ed inoltre può dare origine a problemi di salute mentale dei giovani, proprio come conseguenza di una loro inabilità cognitiva di capire la distinzione tra "realtà virtuale ed oggettiva".

Ciò che correla strettamente le strutture cerebrali con i dati sensoriali della informazione ed il suo apprendimento significativo e la plasticità del funzionamento cerebrale.

Già Santiago Ramon J Cajal nel 1894 scopredo la struttura sinaptica della comunicazione neuro-chimica postulò che l’apprendimento fosse funzione di alterazioni morfologiche delle terminazioni nervose generate dall’informazione sensoriale ricevuta dall’ambiente.

Ai tempi di S.R. J Cajal però non fu considerato il fatto che la modulazione della eccitabilità neurochimica, che determina una modificazione plastica delle interconnessioni neuronali, può avvenire anche come attività di processi cognitivi endogeni del cervello, ciò poiché la concezione della rappresentazione sensoriale del mondo esterno era concepita come un fatto meccanico attuato da un sistema biologico riproduttivo della realtà esterna.

Oggi sappiamo che la realtà che percepiamo è il frutto di una ricerca cerebrale.

Così ad esempio limitandoci a discutere in questa sede della percezione visiva e delle sue correlazioni con le attività cognitive, ricordiamo che è stato confermato, da vari anni di ricerca, che i movimenti saccadici dei bulbi oculari, non sono casuali, come si era ritenuto in un primo momento, ma che essi sono il frutto di una attiva ricerca cerebrale finalizzata a rilevare una selezione di forti variazioni di intensità luminosa che permettono di definire i profili di una immagine.

La percezione visiva è organizzata nel cervello come una lettura di dati sensoriali conseguenti ad informazioni su intensità e frequenze della luce. Ad esempio, nella lettura di uno scritto, non leggiamo tutte le lettere in sequenza, una dopo l’altra, ma il cervello guida i movimenti oculari cercando il senso per assemblare lettere e frasi.

Possiamo quindi ritenere quindi che il vedere non privo di significanze, sia conseguenza di una elaborazione complessa ed attiva del cervello, che concerne l’evocazione di archetipi genetici fondamentali ed un processo di riconoscimento basato sul richiamo mnemonico di comparabili esperienze visive. Da quanto detto sopra si comprende come un bambino appena nato non veda nulla in quanto la percezione visiva è frutto di un processo di apprendimento raffinato da strutture cognitive che e si sviluppano progressivamente in conseguenza a una progressiva ristrutturazione funzionale di associazioni ed integrazioni cerebrali che definiscono la plasticità del sistema nervoso.

Perseguendo tale concezione attiva della percezione cerebrale quale processo di apprendimento, si comprende la necessità che nel cervello vengano a formarsi degli insiemi di neuroni capaci di categorizzare rapidamente i dati sensoriali, dando come risultato della elaborazione cerebrale della corteccia visiva, le immagini che vediamo.

Purtroppo per capire meglio tale impostazione concettuale della percezione visiva e delle sue relazioni con lo sviluppo cognitivo dei giovani, dobbiamo decodificare innanzitutto una concettualità corrente e storicamente affermata, che induce a presumere che sia l’occhio stesso lo strumento capace di riprodurre immagini del mondo esterno. A tutt’oggi infatti possiamo vedere nei libri di fisica il disegno di un "occhio-decerebrato" che osserva l’ambiente esterno.

Per modificare questa concezione antiquata che è stata utile per definire un modello di interpretazione classico della scienza, il quale presume una netta separazione tra soggetto vedente ed oggetto veduto, bisogna ricordare che, la spiegazione di Newton della visione oculare dal punto di vista contemporaneo della scienza non è possibile considerarla più valida; in particolare, perché la luce non è composta di "raggi" capaci di disegnare sulla retina alcuna raffigurazione rovesciata del mondo esterno.

La radiazione infatti è più modernamente concepita come un campo elettromagnetico definito da fotoni che hanno un doppio carattere di onda/particella. Sappiamo inoltre che l’occhio reagisce alla radiazione luminosa con una reazione fotochimica oscillante che avviene sulla retina, le cui variazioni vengono interpretate dal cervello.

In conclusione rispetto al modello Newtoniano dobbiamo ammettere che l’occhio di per se stesso non vede nulla e che quindi la percezione visiva e frutto dell’apprendimento della elaborazione cerebrale della informazione.

Coscienti di questa problematica scientifica e culturale il Laboratorio di Ricerca Educativa della Facoltà di Scienze M.F.N della Università di Firenze, ha sviluppato progetti educativi di divulgazione scientifica. Consideriamo infatti che, la persistenza nella educazione tradizionale della antiquata ed obsoleta concezione interpretativa di Newton della percezione visiva, oggigiorno inserita in un mondo di informazione nel quale la "realtà virtuale" viene ad avere un peso maggiore della "realtà oggettiva", tenda a deprimere ed anche a scoraggiare le abilità di osservazione degli studenti, ed che inoltre possa dare origine a problemi di apprendimento ed anche di salute mentale dei giovani, proprio come conseguenza di una loro inabilità cognitiva di capire la distinzione tra "realtà virtuale ed oggettiva".

Infatti la non considerazione attenta della interdipendenza tra soggetto conoscente ed oggetto percepito nella visione, così come viene prospettata dal modello tradizionale Newtoniano della osservazione della natura, applicata oggigiorno alle relazioni uomo/macchina. (computer, TV. ecc..), conduce ad inibire la creatività naturale dell’uomo alle esigenze della macchina, favorendo un trend di adattamento dell’uomo alla macchina, la cui origine concettuale risiede proprio nella acculturazione ad un modello antiquato di percezione indipendente dai livelli di evoluzione cognitiva dell’uomo, che provoca confusione profonda nel acquisizione cosciente delle differenze tra dimensione reale e virtuale.

È utile ricordare a questo proposito una frase di Einstein relativa a un tale dibattito sull'importanza dell'aspetto mentale della costruzione della realtà che percepiamo e significhiamo:

Reality is a feature of theory used to understand the world, rather than a feature of the world itself. One is danger of being misled by the illusion that the "real" of our daily experience, "exists really", and that certain concepts of physics are "mere ideas" separated from the " real " by an unbridgeable gulf.

Uno dei fenomeni comportamentali giovanili e più evidenti che può essere ricondotto alla incapacità di riflettere sulle relazioni tra reale e artefatto virtuale, come conseguenza di un sistema di adattamento ed adeguamento cognitivo dell’uomo alla macchina, si denota nel fatto che i giovani hanno generalmente tempi di attenzione notevolmente ridotti e quindi disponibilità di ascolto fluttuante e superficiale, causata in gran parte da un processo di adeguamento a sistemi meccanici di tipo azione e reazione che corrispondono a comportamenti immediati del tipo stimolo-risposta; quest’ultimi inibiscono l’apprendimento creativo che implica riflessione interiore in quanto si attua in corrispondenza allo sviluppo di abilità di ampia connessione ed integrazione di differenti funzioni cerebrali.

Infine, nelle persone psicologicamente più deboli, la asincronia tra modelli cognitivi di percezione e significazione della realtà può certamente generare reali problemi di salute mentale.