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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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Decreto Presidente Repubblica 29 aprile 1976, n. 431
(in SO alla GU 22 giugno 1976, n. 162)

Approvazione del regolamento di esecuzione della L. 26 luglio 1975, numero 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà

PARTE I

Trattamento penitenziario e disposizioni relative all'organizzazione penitenziaria

TITOLO I

Trattamento penitenziario

Capo I

Principi direttivi

Art 1 Interventi di trattamento.

Art. 2 Ordine e disciplina negli istituti penitenziari.

Art. 3 Direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale.

Art. 4 Integrazione e coordinamento degli interventi.

Art. 5 Vigilanza del magistrato di sorveglianza sulla organizzazione degli istituti.

 

Capo II - Condizioni generali

Art. 6 Pulizia delle camere.

Art. 7 Servizi igienici.

Art. 8 Igiene personale.

Art. 9 Vestiario e corredo.

Art. 10 Corredo e oggetti di proprietà personale.

Art. 11 Vitto giornaliero.

Art. 12 Controllo sul trattamento alimentare e sui prezzi dei generi venduti nell'istituto. -

Art. 13 Locali per la somministrazione del vitto. Uso di fornelli.

Art. 14 Ricezione, acquisto e possesso di oggetti e di generi alimentari.

Art. 15 Cessioni fra detenuti o internati. - .

Art. 16 Permanenza all'aperto.

Art. 17 Assistenza sanitaria.

Art. 18 Assistenza particolare alle gestanti e alle puerpere. Asili nido.

Art. 19 Rimborso delle spese per prestazioni sanitarie.

Art. 20 Disposizioni particolari per gli infermi e i seminfermi di mente.

Art. 21 Servizio di biblioteca.

Capo III

Ingresso in istituto e modalità del trattamento

 

Art. 22 Ammissione in istituto. .

Art. 23 Modalità dell'ingresso in istituto.

Art. 24 Iscrizioni a registro.

Art. 25 Albo degli avvocati e procuratori.

Art. 26 Cartella personale.

Art. 27 Osservazione della personalità.

Art. 28 Espletamento dell'osservazione della personalità.

Art. 29 Programma individualizzato di trattamento.

Art. 30 Assegnazione dei detenuti e degli internati agli istituti

Art. 31 Raggruppamento nelle sezioni.

Art. 32 Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari.

Art. 32 bis. Regime di sorveglianza particolare.

Art. 32 ter. Reclamo avverso il provvedimento di sorveglianza particolare.

Art. 34 Regolamento interno.

Art. 35 Colloqui.

Art. 36 Corrispondenza epistolare e telegrafica.

Art. 37 Corrispondenza telefonica.

Art. 38 Uso di apparecchio radio.

Art. 39 Corsi di istruzione a livello della scuola d'obbligo.

Art. 40 Corsi di addestramento professionale.

Art. 41 Corsi di istruzione secondaria di secondo grado.

Art. 42 Studi universitari.

Art. 43 Benefici economici per gli studenti.

Art. 44 Esclusione dai corsi di istruzione e di addestramento professionale.

Art. 45 Organizzazione del lavoro.

Art. 46 Lavoro all'esterno.

Art. 47 Criteri di priorità per l'assegnazione al lavoro all'interno degli istituti.

Art. 48 Obbligo del lavoro.

Art. 49 Attività artigianali, intellettuali, o artistiche.

Art. 49 bis. Lavoro a domicilio.

Art. 50 Esclusione dalle attività lavorative.

Art. 51 Lavoro in semilibertà.

Art. 52 Assegni familiari.

Art. 53 Prelievi sulla remunerazione.

Art. 54 Peculio.

Art. 55 Manifestazioni di professione religiosa.

Art. 56 Attività culturali, ricreative e sportive.

Art. 57 Attività organizzate per i detenuti e gli internati che non lavorano.

Art. 58 Rapporti con la famiglia.

Art. 59 Comunicazione all'ingresso in istituto

Art. 60 Comunicazione di infermità e di decessi.

Art 61 Permessi.

Art. 61 bis. Permessi premio.

Art. 61 ter. Comunicazioni all'autorità di pubblica sicurezza.

Art. 62 Garanzie di sorteggio delle rappresentanze.

Art. 63 Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa.

 

Capo IV

Regime penitenziario

Art. 64 Informazioni sulle norme e sulle disposizioni che regolano la vita penitenziaria.

Art. 65 Norme di comportamento.

Art. 66 Compiti di animazione e di assistenza.

Art. 67 Risarcimento dei danni arrecati a beni dell'amministrazione o di terzi.

Art. 68 Isolamento.

Art. 69 Perquisizioni.

Art. 70 Istanze e reclami.

Art. 71 Ricompense.

Art. 72 Infrazioni disciplinari e sanzioni.

Art. 73 Provvedimenti disciplinari in via cautelare.

Art. 75 Sospensione e condono delle sanzioni.

Art. 76 Procedimento disciplinare.

Art. 77 Mezzi di coercizione fisica. .

Art. 78 Trasferimenti.

Art. 79 Richieste per le traduzioni.

Art. 80 Autorità che dispongono i trasferimenti tra istituti o le traduzioni.

Art. 81 Assistenza nelle traduzioni di detenute e di internate.

Art. 82 Uso di abiti civili nelle traduzioni.

Art. 83 Trattamento del dimittendo.

Art. 84 Dimissione.

Art. 85 Provvedimenti in caso di evasione.

Art. 86 Indicazioni negli atti dello stato civile.

Art. 87 Provvedimenti in caso di decesso.

Art. 88 Intervento della Polizia di Stato e delle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza.

 

Capo V

Assistenza

Art. 89 Assistenza delle famiglie.

Art. 90 Integrazione degli interventi nell'assistenza alle famiglie e ai dimessi.

 

Capo VI

Misure alternative alla detenzione e remissione del debito

Art. 91 Affidamento in prova al servizio sociale.

Art. 91bis. Affidamento in prova in casi particolari. .

Art. 91 ter. Detenzione domiciliare.

Art 92 Regime di semilibertà.

Art. 92 bis. Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà.

Art. 92 ter. Sospensione cautelare delle misure alternative alla detenzione. .

Art. 93 Licenze.

Art. 94 Riduzioni di pena per la liberazione anticipata.

Art. 94 bis. Liberazione condizionale.

Art. 95 Intervento del servizio sociale nella libertà vigilata.

Art. 96 Remissione del debito.

Art. 96 bis. Comunicazioni all'organo dell'esecuzione.

Art. 96 ter. Rinvio dell'esecuzione delle pene detentive.

Art. 96 quater. Pareri sulla domanda o proposta di grazia.

 

TITOLO II

Disposizioni relative all'organizzazione penitenziaria

Capo I

Istituti penitenziari

Art. 97 Esecuzione di pene in istituti di categoria diversa.

Art. 98 Ospedali psichiatrici giudiziari, case di cura e custodia, istituti e sezioni speciali per infermi e minorati fisici e psichici.

Art. 99 Accertamento delle infermità psichiche.

Art. 100 Convenzioni con ospedali psichiatrici civili.

Art. 101 Coordinamento delle attività di ricerca dei centri di osservazione.

Art.102 Differenziazione degli istituti.

Art. 103 Accesso di ministri di culto agli istituti.

Art. 104 Visite agli istituti.

 

Capo II

Servizio sociale e assistenza

Art 105 Centro di servizio sociale.

Art. 106 Consiglio di aiuto sociale.

Art. 107 Assistenti volontari.

 

PARTE II

Amministrazione e contabilità della cassa delle ammende

Art. 108 Consiglio di amministrazione della cassa delle ammende. .

Art. 109 Conto depositi e conto patrimoniale.

Art 110 Fondi patrimoniali e depositi cauzionali.

Art. 111 Versamenti delle somme.

Art. 112 Accreditamenti delle somme. .

Art. 113 Depositi di titoli di Stato o garantiti dallo Stato.

Art. 114 Estratto del conto corrente.

Art. 115 Disposizioni dell'autorità giudiziaria.

Art. 116 Assistenza dei minori orfani a causa del delitt (ABROGATO).

Art. 117 Erogazione di fondi.

Art. 118 Bilancio.

 

PARTE III

Disposizioni finali e transitorie

Art. 119 Incaricati giornalieri.

Art.120 Nomina degli esperti per le attività di osservazione e di trattamento.

Art 121 Esperti componenti della sezione di sorveglianza. (ABBROGATO)

Art 122 Infermieri.

Art. 123 Integrazione di organi collegiali.

Art. 124 Ricognizione del patrimonio dei consigli di patronato.

Art. 125 Attribuzioni dei direttori dei centri di rieducazione e degli uffici di servizio sociale per i minorenni.

 

Art 1 Interventi di trattamento.

Il trattamento degli imputati sottoposti a misure privative della libertà consiste nell'offerta di interventi diretti a sostenere i loro interessi umani, culturali e professionali.

Il trattamento rieducativo dei condannati e degli internati è diretto, inoltre, a promuovere un processo di modificazione degli atteggiamenti che sono di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale.

Art. 2 Ordine e disciplina negli istituti penitenziari.

La sicurezza, l'ordine e la disciplina negli istituti penitenziari costituiscono la condizione per la realizzazione delle finalità del trattamento dei detenuti e degli internati.

Il servizio di sicurezza e di custodia negli istituti penitenziari, diversi dalle case mandamentali, è affidato agli appartenenti al Corpo militare degli agenti di custodia, che esercitano le loro attribuzioni in conformità delle leggi e dei regolamenti vigenti.

Art. 3 Direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale.

Alla direzione degli istituti penitenziari, diversi dalle case mandamentali, e dei centri di servizio sociale è preposto personale dei rispettivi ruoli delle carriere direttive dell'amministrazione penitenziaria.

Il direttore dell'istituto e quello del centro di servizio sociale esercitano i poteri attinenti all'organizzazione, al coordinamento e allo svolgimento delle attività relative al funzionamento dell'istituto o del servizio; adottano tutte le iniziative per lo svolgimento dei programmi di trattamento e impartiscono disposizioni e istruzioni agli operatori penitenziari anche non appartenenti al personale dell'amministrazione; inoltre, il direttore dell'istituto provvede al mantenimento della sicurezza, dell'ordine e della disciplina, avvalendosi della collaborazione del personale civile e militare, secondo le rispettive competenze.

Il direttore dell'istituto e quello del centro di servizio sociale rispondono dell'esercizio delle loro attribuzioni all'ispettore distrettuale e al Ministero.

Alle direzioni dei centri di servizio sociale e degli istituti per minorenni può essere preposto personale dei ruoli delle carriere di concetto, fino al completamento dei ruoli delle carriere direttive.

Art. 4 Integrazione e coordinamento degli interventi.

Gli interventi di ciascun operatore professionale o volontario devono contribuire alla realizzazione di una positiva atmosfera di relazioni umane e svolgersi in una prospettiva di integrazione e di collaborazione.

A tal fine, gli istituti penitenziari e i centri di servizio sociale, dislocati in ciascun ambito regionale, costituiscono un complesso operativo unitario, i cui programmi sono organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunità locale.

Gli ispettori distrettuali adottano le opportune iniziative per promuovere il coordinamento operativo in sede locale.

Art. 5 Vigilanza del magistrato di sorveglianza sulla organizzazione degli istituti.

Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui, e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati.

Capo II

Condizioni generali

Art. 6 Pulizia delle camere.

I detenuti e gli internati, che siano in condizioni fisiche e psichiche che lo consentano, provvedono direttamente alla pulizia delle loro camere e dei relativi servizi igienici. A tal fine sono messi a disposizione mezzi adeguati.

Per la pulizia delle camere nelle quali si trovano soggetti impossibilitati a provvedervi, la amministrazione si avvale dell'opera retribuita di detenuti o internati.

Art. 7 Servizi igienici.

I servizi igienici sono collocati in un vano adiacente alla camera ovvero sistemati all'interno di essa in modo tale da garantire le opportune condizioni di riservatezza.

I locali di pernottamento o i vani in cui sono collocati i servizi igienici sono dotati di lavabi con acqua corrente.

Servizi igienici e lavabi in numero adeguato devono essere, inoltre, dislocati nelle adiacenze dei locali e delle aree dove si svolgono attività in comune.

Art. 8 Igiene personale.

I detenuti e gli internati debbono fare il bagno o la doccia con acqua calda, una volta alla settimana e ogni qualvolta sia necessario per motivi di carattere igienico-sanitario anche in relazione ad attività lavorative o sportive.

A tal fine gli istituti sono forniti di servizi di bagno o di doccia in numero sufficiente e opportunamente dislocati.

Gli oggetti necessari per la cura e la pulizia della persona sono indicati con specifico riferimento alla loro qualità e quantità in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale.

Per gli uomini e per le donne sono, rispettivamente, organizzati servizi di barbiere e di parrucchiere, di cui essi possono usufruire periodicamente secondo le necessità.

Nei locali di pernottamento è consentito l'uso di rasoio elettrico autoalimentato.

Il regolamento interno prevede i tempie le modalità di accesso ai servizi di bagno e di doccia, di barbiere e di parrucchiere.

Art. 9 Vestiario e corredo.

Gli oggetti che costituiscono il corredo del letto, i cani di vestiario e di biancheria personale, nonché gli altri effetti di uso che l'amministrazione è tenuta a corrispondere ai detenuti e agli internati, sono indicati, con specifico riferimento alla loro qualità, in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale.

I capi e gli effetti sopra indicati devono avere caratteristiche adeguate al variare delle stagioni e alle particolari condizioni climatiche delle zone in cui gli istituti sono ubicati; la loro quantità deve consentire un ricambio che assicuri buone condizioni di pulizia e di conservazione.

Per ciascun capo o effetto è prevista la durata d'uso.

L'amministrazione sostituisce, anche prima della scadenza del termine di durata, i capi e gli effetti deteriorati.

Se l'anticipato deterioramento è imputabile al detenuto o all'internato, questi e tenuto a risarcire il danno.

Il sanitario dell'istituto prescrive variazioni qualitative e quantitative del corredo del letto, dei cani di biancheria e di vestiario in relazione a particolari bisogni dei singoli soggetti.

Fermo restando il diritto degli imputati e dei condannati a pena detentiva inferiore ad un anno di indossare abiti di loro proprietà, le caratteristiche degli abiti forniti dall'amministrazione sono stabilite in modo differenziato per gli imputati, i condannati e gli internati. I minorenni vestono, comunque, abiti di foggia civile.

I capi di biancheria personale e di vestiario nonché gli effetti d'uso consegnati ai detenuti e agli internati sono annotati, con le successive variazioni, in una apposita scheda, un esemplare della quale viene conservato dall'interessato e un altro custodito dalla direzione e trasmesso in caso di trasferimento.

La direzione dell'istituto cura che a ciascun detenuto o internato, dopo le operazioni di pulizia, siano restituiti i capi di sua spettanza.

I detenuti e gli internati, i quali fanno uso di abiti e di corredo personale di loro proprietà che non possono essere lavati con le normali procedure usate per quelli forniti dall'amministrazione, devono provvedervi a loro spese.

L'amministrazione provvede a fornire abiti civili ai dimittendi, qualora essi non siano in condizioni a provvedervi a loro spese.

Art. 10 Corredo e oggetti di proprietà personale.

Il regolamento interno stabilisce i casi in cui i detenuti e gli internati possono essere ammessi a fare uso di corredo di loro proprietà e prevede, altresì, quali sono gli effetti di corredo che possono usarsi.

Il possesso di oggetti di particolare valore morale o affettivo può essere ammesso, qualora gli oggetti stessi non abbiano un consistente valore economico.

Art. 11 Vitto giornaliero.

Ai detenuti e agli internati vengono somministrati giornalmente tre pasti.

Il regolamento interno stabilisce l'orario dei pasti in modo tale che il primo possa essere consumato non lontano dalla sveglia, il secondo dopo circa cinque ore dal primo ed il terzo dopo circa sei ore dal secondo.

Ai minorenni vengono somministrati giornalmente quattro pasti opportunamente intervallati.

Art. 12 Controllo sul trattamento alimentare e sui prezzi dei generi venduti nell'istituto. -

La rappresentanza dei detenuti e degli internati preveduta dal sesto comma dell'art. 9 della legge è composta di tre persone.

Negli istituti in cui la preparazione del vitto è effettuata in più cucine, è costituita una rappresentanza per ciascuna cucina. I rappresentanti dei detenuti e degli internati assistono al prelievo dei generi vittuari, ne controllano la qualità e la quantità, verificano che i generi prelevati siano interamente usati per la confezione del vitto.

Ai detenuti e agli internati lavoratori o studenti, facenti parte della rappresentanza, sono concessi permessi di assenza dal lavoro o dalla scuola per rendere possibile lo svolgimento del loro compito.

La rappresentanza suddetta ed il delegato del direttore, indicato nell'ultimo comma dell'art. 9 della legge, presentano, congiuntamente o disgiuntamente, le loro osservazioni al direttore.

La direzione richiede mensilmente all'autorità comunale informazioni sui prezzi correnti all'estero relativi ai generi corrispondenti a quelli in vendita da parte dello spaccio e mette a disposizione della rappresentanza dei detenuti e degli internati le informazioni ricevute.

Art. 13 Locali per la somministrazione del vitto. Uso di fornelli.

La somministrazione del vitto deve essere effettuata in locali accessibili a gruppi limitati di detenuti o di internati.

Ove non sia possibile, per difficoltà organizzative o per contingenti motivi di ordine o di disciplina, somministrare il vitto in locali appositi, deve provvedersi a che i pasti siano consumati nelle camere, utilizzando un idoneo piano di appoggio consentito l'uso di fornelli personali autoalimentati per la preparazione di bevande e per riscaldare liquidi, nonché cibi già cotti.

Le dimensioni e le caratteristiche dei fornelli devono essere conformi a prescrizioni ministeriali.

Il regolamento interno può provvedere che, senza carattere di continuità, sia consentita ai detenuti e agli internati la cottura di generi alimentari di facile e rapida preparazione, stabilendo i generi ammessi nonché le modalità da osservare.

Art. 14 Ricezione, acquisto e possesso di oggetti e di generi alimentari.

Il regolamento interno stabilisce, nei confronti di tutti i detenuti o internati dell'istituto, i generi e gli oggetti di cui è consentito il possesso, l'acquisto e la ricezione: stabilisce, inoltre, le quantità dei singoli generi ed oggetti ricevibili, acquistabili o detenibili in relazione all'esigenza di mantenere l'ordine e di evitare disparità di condizioni di vita. Sono vietate le bevande alcooliche.

E' consentito solo il consumo giornaliero di vino in misura non superiore a mezzo litro e di gradazione non superiore a dodici gradi o di un litro di birra.

E' vietato, comunque, il possesso di denaro.

Gli oggetti non consentiti sono ritirati dalla direzione e consegnati ai detenuti e agli internati all'atto della loro dimissione, salvo che costituiscano corpo di reato.

I generi e gli oggetti provenienti dall'esterno devono essere contenuti in pacchi, che, prima della consegna ai destinatari, devono essere sottoposti a controllo.

Il regolamento interno stabilisce il numero e la periodicità in ordine al ricevimento dei pacchi, le modalità di confezione, di controllo, di accettazione e di consegna, anche con riferimento alle cautele da adottare per l'individuazione di strumenti pericolosi e alla certificazione di quanto in essi contenuto.

Gli oggetti di uso personale possono essere acquistati o ricevuti in misura non eccedente le norinali esigenze dell'individuo.

I generi alimentari, ricevuti dall'esterno o acquistati, non devono eccedere in quantità il fabbisogno di una persona. Inoltre quelli ricevuti dall'esterno non devono richiedere cottura.

Il detenuto o l'internato non può accumulare generi alimentari in quantità eccedente il suo fabbisogno settimanale.

Art. 15 Cessioni fra detenuti o internati. -

La cessione e la ricezione di somme in peculio e di oggetti fra detenuti o internati sono vietate.

Art. 16 Permanenza all'aperto.

Gli spazi destinati alla permanenza all'aperto devono offrire possibilità di protezione dagli agenti atmosferici.

Il tempo di permanenza all'aperto può essere impiegato per lo svolgimento di attività sportive culturali o ricreative nonché per trascorrervi parte del tempo libero.

Gli spazi destinati alla permanenza all'aperto sono utilizzati anche per la installazione di campi attrezzati per lo svolgimento di giochi sportivi.

Art. 17 Assistenza sanitaria.

L'organizzazione dei servizi sanitari degli istituti viene programmata, nell'ambito di ciascuna regione, tra gli ispettori distrettuali e i preposti agli enti pubblici sanitari locali, d'intesa con l'ente regione.

I programmi sono periodicamente aggiornati secondo il variare delle esigenze ed approvati dal Ministero di grazia e giustizia, tenuto conto degli indirizzi del Ministero della sanità. Il Ministero, sulla base delle indicazioni desunte dalla rilevazione e dall'analisi delle esigenze sanitarie della popolazione penitenziaria, sentiti gli organi sanitari, organizza, con opportune dislocazioni nell'ambito nazionale, reparti clinici e chirurgici.

All'organizzazione e al funzionamento di detti reparti possono concorrere, anche con destinazione di proprio personale, gli enti pubblici sanitari locali.

In ogni caso in cui le prestazioni di carattere psichiatrico non siano assicurate a mezzo della opera di specialisti in psichiatria del ruolo della amministrazione penitenziaria, la direzione dello istituto si avvale di specialisti ai sensi del quarto comma dell'art. 80 della legge.

[Per il trasferimento degli imputati negli ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura, si applicano le disposizioni prevedute dall'art. 9 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603] (3).

L'autorizzazione per le visite a proprie spese di un sanitario di fiducia per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e per i condannati e gli internati è data dal direttore.

Con le medesime forme prevedute per le visite a proprie spese possono essere autorizzate cure mediche e chirurgiche da effettuarsi da parte di sanitari di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici dell'amministrazione penitenziaria a spese degli interessati.

Quando deve provvedersi con assoluta urgenza al trasferimento di un detenuto o di un internato in luogo esterno di cura, e non sia possibile ottenere l'immediata decisione dell'autorità giudiziaria che procede o del magistrato di sorveglianza, il direttore provvede direttamente al trasferimento, dandone contemporanea comunicazione alla predetta autorità o al magistrato di sorveglianza; inoltre, dà notizia del trasferimento all'ispettore distrettuale e al Ministero.

(3) Abrogato dall'art. 1, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).

Art. 18 Assistenza particolare alle gestanti e alle puerpere. Asili nido.

Le gestanti e le puerpere sono assistite da specialisti in ostetricia e ginecologia, incaricati o professionisti esterni.

E' prestata, altresì, l'assistenza da parte di personale paramedico ostetrico.

L'assistenza sanitaria ai bambini che le madri detenute o internate tengono presso di sé è curata da professionisti specialisti in pediatria.

Gli specialisti in ostetricia e ginecologia e i pediatri, nonché il personale paramedico, sono compensati con onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.

Presso gli istituti o sezioni dove vi è una esigenza continuativa di assistenza alle gestanti, alle puerpere e ai bambini, sono organizzati appositi reparti ostetrici e asili nido.

Quando i bambini debbono essere separati dalle madri detenute o internate, per avere superato i tre anni o per altre ragioni, sentita in questo ultimo caso la madre, e non esistono persone a cui la madre possa affidare il figlio, la direzione dell'istituto segnala il caso agli enti per l'assistenza all'infanzia.

Il centro di servizio sociale cura che siano mantenuti costanti rapporti fra la madre e il bambino.

Art. 19 Rimborso delle spese per prestazioni sanitarie.

Ai detenuti e agli internati che hanno diritto ad usufruire di prestazioni sanitarie a carico degli enti preposti all'assistenza sanitaria, le dette prestazioni, sono fornite direttamente dalla amministrazione penitenziaria in condizioni di assoluta parità con gli altri detenuti e internati.

Gli enti tenuti a derogare l'assistenza rimborsano all'amministrazione penitenziaria, sulla base di apposite convenzioni, le spese relative alle prestazioni sanitarie che essi sarebbero tenuti a corrispondere.

Gli enti predetti provvedono direttamente all'assistenza preveduta dalle leggi vigenti nei confronti dei familiari dei detenuti e degli internati lavoratori.

Art. 20 Disposizioni particolari per gli infermi e i seminfermi di mente.

La sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza dei detenuti e degli internati infermi o seminfermi di mente può essere disposta, oltre che nei casi preveduti dall'art. 36, anche per esigenze connesse al trattamento terapeutico, accertate dal sanitario.

Nella concessione dei permessi di colloquio e nelle autorizzazioni alla corrispondenza telefonica si devono tenere in conto anche le esigenze di cui al precedente comma.

I detenuti e gli internati infermi o seminfermi di mente che, a giudizio del sanitario, sono in grado di svolgere un lavoro produttivo o un servizio utile sono ammessi al lavoro e godono di tutti i diritti relativi.

Coloro che non sono in grado di svolgere un lavoro produttivo o un servizio utile, possono essere assegnati, secondo le indicazioni sanitarie, ad attività ergoterapiche e ad essi viene corrisposto un sussidio nella misura stabilita con decreto ministeriale.

Le disposizioni concernenti la formazione delle rappresentanze prevedute dagli articoli 9, 12 e 27 della legge si applicano anche agli infermi o seminfermi di mente.

Tuttavia, se fra i sorteggiati vi siano individui che, a giudizio del sanitario, per le loro condizioni psichiche non sono in grado di svolgere il compito, il magistrato di sorveglianza dispone la loro esclusione.

Gli esclusi sono sostituiti da altri detenuti o internati nominati anch'essi per sorteggio.

Nei confronti degli infermi e dei seminfermi di mente le sanzioni disciplinari si applicano solo quando, a giudizio del sanitario, esista la sufficiente capacità naturale che consenta loro coscienza dell'infrazione commessa ed adeguata percezione della sanzione conseguente.

Gli infermi e seminfermi in permesso o in licenza o in regime di semilibertà ricevono, ove occorra, assistenza da parte dei servizi psichiatrici pubblici degli enti locali.

Art. 21 Servizio di biblioteca.

La direzione dell'istituto deve curare che i detenuti e gli internati abbiano agevole accesso alle pubblicazioni della biblioteca dell'istituto, nonché la possibilità, a mezzo di opportune intese, di usufruire della lettura di pubblicazioni esistenti in biblioteche e centri di lettura pubblici, funzionanti nel luogo in cui è situato l'istituto stesso.

Nella scelta dei libri e dei periodici si deve aver cura che ci sia una equilibrata rappresentazione del pluralismo culturale esistente nella società esterna.

Il servizio di biblioteca è affidato, di regola, a un educatore.

Il responsabile del servizio si avvale, per la tenuta delle pubblicazioni, per la formazione degli schedari, per la distribuzione dei libri e dei periodici, nonché per lo svolgimento di iniziative per la diffusione della cultura, dei rappresentanti dei detenuti e degli internati preveduti dall'art. 12 della legge, i quali espletano le suddette attività durante il tempo libero.

I rappresentanti dei detenuti o degli internati sono sorteggiati, con le modalità prevedute nell'art. 62, nel numero di tre o cinque, rispettivamente per gli istituti con un numero di presenti non superiore o superiore a cinquecento.

Capo III

Ingresso in istituto e modalità del trattamento

Art. 22 Ammissione in istituto.

Le direzioni degli istituti penitenziari devono ricevere le persone indicate nell'articolo 4 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, e quelle che si costituiscono dichiarando che ciò fanno per dare esecuzione ad un provvedimento da cui consegue la privazione dello stato di libertà.

Quando viene ricevuta una persona, che non può essere trattenuta perché deve essere sottoposta a misura privativa della libertà diversa da quella alla cui esecuzione l'istituto è destinato, la direzione provvede ad informare il Ministero, ai fini dell'assegnazione.

La persona che fa ingresso in istituto perché imputata viene sottoposta all'isolamento, preveduto dal n. 3) dell'art. 33 della legge, soltanto se l'autorità giudiziaria abbia disposto in tal senso nell'ordine di arresto o nel mandato di arresto o di cattura o in altro separato provvedimento.

In caso di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di reato, la prescritta informazione all'autorità giudiziaria competente deve essere effettuata dalla polizia giudiziaria prima della introduzione del detenuto nell'istituto, al fine di consentire la tempestiva emanazione dell'eventuale provvedimento di sottoposizione all'isolamento di cui al comma precedente.

Allo stesso modo provvede il direttore nel caso di presentazione spontanea in istituto di persona a carico della quale non sia stato emesso mandato o ordine di cattura o di arresto dall'autorità giudiziaria.

Il provvedimento dell'autorità giudiziaria che dispone l'isolamento deve precisare le modalità, i limiti e la durata dell'isolamento medesimo.

Durante l'isolamento giudiziario, possono avere contatti con il detenuto isolato, con l'osservanza delle modalità stabilite dal Ministero di grazia e giustizia, il personale penitenziario nonché gli altri operatori penitenziari anche non appartenenti al personale dell'amministrazione incaricati, autorizzati o delegati dal direttore dell'istituto (3/a).

(3/a) Cosí sostituito dall'art. 1, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 23 Modalità dell'ingresso in istituto.

La direzione cura che il detenuto o l'internato all'atto del suo ingresso dalla libertà sia sottoposto a perquisizione personale, al rilievo delle impronte digitali e messo in grado di esercitare la facoltà preveduta dal primo comma dell'art. 29 della legge, con le modalità di cui all'art. 59 del presente regolamento.

Il soggetto è sottoposto a visita medica non oltre il giorno successivo.

Fermo restando quanto previsto dall'ultimo comma dell'art. 24, qualora dagli accertamenti sanitari, o altrimenti, risulti che una persona condannata si trova in una delle condizioni prevedute dell'art. 146 e dall'art. 147, numeri 2) e 3), del codice penale, la direzione dell'istituto provvede a trasmettere gli atti al tribunale di sorveglianza per l'adozione dei provvedimenti di sua competenza e provvede, altresí, a darne comunicazione al magistrato di sorveglianza (3/b).

Al momento dell'ingresso dalla libertà di un detenuto o di un internato, la dirczione richiede al Ministero notizia su eventuali precedenti detenzioni al fine di acquisire la preesistente cartella personale.

Il direttore, o un operatore penitenziario da lui designato, svolge un colloquio con il soggetto al fine di conoscere le notizie necessarie per le iscrizioni nel registro preveduto dall'art. 13 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, e per iniziare la compilazione della cartella personale nonché al fine di fornirgli le informazioni prevedute dal primo comma dell'art. 32 della legge e di consegnargli l'estratto indicato nel secondo comma dell'art. 64 del presente regolamento.

Qualora il detenuto o l'internato si rifiuti di fornire le sue generalità o quando vi siano fondati motivi per ritenere che le generalità fornite siano false, e sempre che non si riesca a conoscere altrimenti le esatte generalità, il soggetto è identificato sotto la provvisoria denominazione di "sconosciuto" a mezzo di fotografia e di riferimenti a connotati e contrassegni fisici e ne è fatto rapporto all'autorità giudiziaria.

Nel corso del colloquio il soggetto è invitato a segnalare gli eventuali problemi personali e familiari che richiedono interventi immediati.

Di tali problemi la direzione informa il centro di servizio sociale.

Gli oggetti consegnati dal detenuto o dall'internato, nonché quelli rinvenuti sulla sua persona e che non possono essere lasciati in suo possesso, sono ritirati e depositati presso la direzione.

Gli oggetti che non possono essere conservati sono venduti a beneficio del soggetto o inviati, a sue spese, alla persona da lui designata. Delle predette operazioni viene redatto verbale.

Degli oggetti consegnati dall'imputato o rinvenuti sulla sua persona è data notizia all'autorità giudiziaria che procede.

I contatti e gli interventi degli operatori penitenziari e degli assistenti volontari di cui all'art. 78 della legge, nonché quelli degli operatori sociali e sanitari delle strutture e dei servizi assistenziali territoriali intesi alla prosecuzione dei programmi terapeutici o di trattamento educativo-sociale istituzionalmente svolti con gli imputati, i condannati e gli internati non si considerano colloqui e ad essi non si applicano pertanto le disposizioni contenute nell'art. 18 della legge e nell'art. 35 del presente regolamento (3/c).

(3/b) Comma cosí sostituito dall'art. 2, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

(3/c) Comma aggiunto dall'art. 2, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 24 Iscrizioni a registro.

Nel registro preveduto dall'art. 13 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, oltre alle iscrizioni relative alle persone ivi indicate, devono essere inserite, in ordine cronologico, analoghe iscrizioni relative ai detenuti e agli internati che entrano o escono dall'istituto a causa di trasferimento o di transito.

Il registro, prima che sia posto in uso, è presentato al magistrato di sorveglianza che ne fa numerare ciascuna pagina, vistandola e segnandola con sigillo del proprio ufficio.

In fine del registro lo stesso magistrato di sorveglianza indica il numero complessivo delle pagine e vi appone la data e la sottoscrizione.

La disposizione del precedente capoverso si osserva anche per il registro preveduto dall'articolo 80 del codice di procedura penale e dall'art. 15 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603.

Le istanze, le impugnazioni e le dichiarazioni prevedute dall'art. 80 del codice di procedura penale sono comunicate all'autorità giudiziaria mediante estratto o copia autentica.

In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con telegramma.

Le istanze dei detenuti e degli internati relative ai provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge sono trasmesse al magistrato di sorveglianza o al tribunale di sorveglianza entro tre giorni dalla loro presentazione (3/d).

(3/d) Comma cosí sostituito dall'art. 3, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 25 Albo degli avvocati e procuratori.

Presso ogni istituto penitenziario è tenuto l'albo degli avvocati e procuratori del circondario, che deve essere affisso in modo che i detenuti e gli internati ne possano prendere visione.

E' fatto divieto agli operatori penitenziari di influire, direttamente o indirettamente, sulla scelta del difensore.

Art. 26 Cartella personale.

Per ogni detenuto o internato è istituita una cartella personale, la cui compilazione inizia all'atto dell'ingresso in istituto dalla libertà.

La cartella segue il soggetto in caso di trasferimento e resta custodita nell'archivio dell'istituto da cui il detenuto o l'internato è dimesso.

Di tale custodia è data tempestiva notizia al Ministero.

L'intestazione della cartella personale è corredata dai dati anagrafici, delle impronte digitali, della fotografia e di ogni altro elemento necessario per la precisa identificazione della persona.

Nella cartella personale sono inseriti i dati e le indicazioni preveduti dal quarto comma dell'art. 13 della legge, con specifica menzione delle ricompense, delle sanzioni disciplinari e delle infrazioni che le hanno determinate, delle istanze e dei provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge, della sottoposizione al regime di sorveglianza particolare e del reclamo eventualmente proposto, nonché di ogni altro dato richiesto da disposizioni ministeriali (3/e).

Tutti i provvedimenti del magistrato di sorveglianza e del tribunale di sorveglianza di cui all'art. 14-ter e al capo VI del titolo I della legge sono comunicati alla direzione dell'istituto per la annotazione nella cartella personale.

I provvedimenti relativi all'affidamento in prova al servizio sociale, al regime di semilibertà ed alla detenzione domiciliare sono altresí comunicati al centro di servizio sociale del luogo nel quale viene eseguita la misura alternativa alla detenzione (3/e).

Allo scadere di ogni semestre di custodia preventiva e di pena detentiva, nella cartella personale di ciascun detenuto è annotato il giudizio espresso dalla direzione sugli elementi indicati nel secondo comma dell'art. 94.

All'atto del trasferimento del detenuto o dell'internato in altro istituto nella cartella personale è annotato un giudizio complessivo sugli sviluppi del trattamento e sulla condotta tenuta.

(3/e) Gli attuali commi terzo e quarto cosí sostituiscono l'originario comma terzo per effetto dell'art. 4, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 27 Osservazione della personalità.

L'osservazione scientifica della personalità è diretta all'accertamento dei bisogni di ciascun soggetto connessi alle eventuali carenze fisico-psichiche, affettive, educative e sociali, che sono state di pregiudizio all'instaurazione di una normale vita di relazione.

Ai fini dell'osservazione, si provvede all'acquisizione di dati giudiziari e penitenziari, biologici, psicologici e sociali e alla loro valutazione con riferimento al modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienze e alla sua attuale disponibilità ad usufruire degli interventi del trattamento (3/f).

All'inizio dell'esecuzione, l'osservazione è specificamente rivolta, con la collaborazione del condannato o dell'internato, a desumere elementi per la formulazione del programma individualizzato di trattamento, il quale è compilato nel termine di nove mesi (3/f).

Nel corso del trattamento l'osservazione è rivolta ad accertare, attraverso l'esame del comportamento del soggetto e delle modificazioni intervenute nella sua vita di relazione, le eventuali nuove esigenze che richiedono una variazione del programma di trattamento.

(3/f) Comma cosí sostituito dall'art. 5, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 28 Espletamento dell'osservazione della personalità.

L'osservazione scientifica della personalità è espletata, di regola, presso gli stessi istituti dove si eseguono le pene e le misure di sicurezza.

Quando si ravvisa la necessità di procedere a particolari approfondimenti, i soggetti da osservare sono assegnati, su motivata proposta della direzione, ai centri di osservazione.

L'osservazione è condotta da personale dipendente dall'amministrazione e, secondo le occorrenze, anche dai professionisti indicati nel secondo e quarto comma dell'art. 80 della legge.

Le attività di osservazione si svolgono sotto la responsabilità del direttore dell'istituto e sono dal medesimo coordinate.

Art. 29 Programma individualizzato di trattamento.

La compilazione del programma di trattamento è effettuata da un gruppo presieduto dal direttore e composto dal personale e dagli esperti che hanno svolto le attività di osservazione indicate nel precedente articolo.

Il gruppo di osservazione tiene riunioni periodiche, nel corso delle quali esamina gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati. La segreteria tecnica del gruppo è affidata, di regola, all'educatore.

Art. 30 Assegnazione dei detenuti e degli internati agli istituti (3/g).

I condannati e gli internati, all'inizio dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, sono provvisoriamente assegnati in un istituto destinato all'esecuzione del tipo di pena o di misura cui sono stati sottoposti, situato nell'ambito della regione di residenza.

Qualora ciò non sia possibile per mancanza di tale istituto o per indisponibilità di posti, l'assegnazione deve avvenire ad altro istituto della stessa categoria situato in località prossima.

Nell'istituto di assegnazione provvisoria vengono espletate le attività di osservazione prevedute dall'art. 13 della legge.

Sulla base della formulazione del programma di trattamento individualizzato viene disposta l'assegnazione definitiva.

Per l'assegnazione definitiva dei condannati e degli internati si ha riguardo alla corrispondenza fra le indicazioni del trattamento contenute nel programma individualizzato e il tipo di trattamento organizzato negli istituti ai sensi dell'art. 102.

Alle assegnazioni provvisorie e definitive che comportino trasferimento da un distretto ad un altro provvede il Ministero. Nell'ambito del distretto provvede l'ispettore distrettuale, informandone il Ministero, fatte salve le assegnazioni dei detenuti e degli internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare, le quali sono disposte dal Ministero (3/h).

(3/g) Rubrica così sostituita dall'art. 6, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

(3/h) Comma così sostituito dall'art. 6, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 31 Raggruppamento nelle sezioni. -

Gli istituti penitenziari, al fine di attuare la distribuzione dei condannati e degli internati secondo i criteri indicati nel secondo comma dell'art. 14 della legge, sono organizzati in modo da realizzare nel loro interno suddivisioni in sezioni che consentano raggruppamenti limitati di soggetti.

Gli imputati che non sono sottoposti all'isolamento preveduto dal n. 3) dell'art. 33 della legge, sono assegnati alle varie sezioni nelle quali l'istituto di custodia preventiva è suddiviso, in considerazione della loro età, di precedenti esperienze penitenziarie, della natura colposa o dolosa del reato ascritto e della indole dello stesso.

Art. 32 Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari.

I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele.

Art. 32 bis. Regime di sorveglianza particolare.

Il Ministero, quando, di propria iniziativa, o su segnalazione o proposta della direzione dell'istituto o su segnalazione dell'autorità giudiziaria, ritiene di disporre o prorogare la sottoposizione a regime di sorveglianza particolare di un detenuto o di un internato ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 1, della legge, richiede al direttore dell'istituto la convocazione del consiglio di disciplina, affinché esprima parere nel termine di dieci giorni.

L'autorità giudiziaria deve far pervenire i pareri di cui al comma 3 dell'art. 14-bis della legge al Ministero entro il termine di dieci giorni. la direzione dell'istituto chiede preventivamente alla autorità giudiziaria competente ai sensi del secondo comma dell'art. 11 della legge l'autorizzazione ad effettuare il visto di controllo sulla corrispondenza in arrivo ed in partenza, quando tale restrizione è prevista nel provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare.

Il provvedimento dell'autorità giudiziaria viene emesso entro il termine di dieci giorni da quello in cui l'ufficio ha ricevuto la richiesta.

Dal provvedimento che dispone in via provvisoria il regime di sorveglianza particolare e delle restrizioni a cui il detenuto o l'internato è sottoposto, è data comunicazione al medesimo, che sottoscrive per presa visione.

I provvedimenti che dispongono in via definitiva o che prorogano il regime di sorveglianza particolare sono comunicati dalla direzione dell'istituto al detenuto o internato mediante rilascio di copia integrale di essi e del provvedimento con cui in precedenza sia stata eventualmente disposta la sorveglianza particolare in via provvisoria.

Dei provvedimenti che dispongono o prorogano il regime di sorveglianza particolare e dei reclami proposti e del loro esito è presa nota nella cartella personale.

La direzione dell'istituto provvede, di volta in volta, ad inviare al magistrato di sorveglianza le copie di ciascuno dei predetti provvedimenti e degli eventuali reclami proposti dall'interessato.

Quando il detenuto o internato sottoposto al regime di sorveglianza particolare viene trasferito, anche temporaneamente, in altro istituto posto nella giurisdizione di un diverso ufficio di sorveglianza, la direzione dell'istituto di destinazione ne dà comunicazione a tale ufficio, trasmettendogli anche le copie dei provvedimenti e dei reclami di cui ai commi precedenti.

Il trasferimento ad altro istituto idoneo viene disposto quando, nell'istituto in cui il detenuto o l'internato si trova, non sia disponibile una sezione nella quale il regime di sorveglianza particolare possa essere attuato senza comportare pregiudizio per la popolazione detenuta o internata e senza pregiudicare l'ordine o la sicurezza.

Ove sia necessario, il detenuto o internato sottoposto a regime di sorveglianza può essere trasferito in uno degli istituti o in una delle sezioni di cui all'art. 32 (3/i).

(3/i) Articolo aggiunto dall'art. 7, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 32 ter. Reclamo avverso il provvedimento di sorveglianza particolare.

Il reclamo avverso il provvedimento definitivo che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare, se proposto con atto ricevuto dal direttore dell'istituto è iscritto nel registro preveduto dall'art. 80 del codice di procedura penale e dall'art. 15 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603 ed è trasmesso al piú tardi entro il giorno successivo in copia autentica al tribunale di sorveglianza, al quale è altresí trasmessa copia della cartella personale dell'interessato e del provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare.

In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con telegramma. Il detenuto o l'internato, nel proporre reclamo, può nominare contestualmente il difensore.

Il Ministero, ove non ritenga di provvedere direttamente, può delegare l'ispettore distrettuale o il direttore dell'istituto a presentare al tribunale di sorveglianza memorie relative al provvedimento avverso il quale il detenuto o l'internato ha proposto reclamo (3/l).

(3/l) Articolo aggiunto dall'art. 7, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 33 Detenuti ed internati stranieri.

Nell'esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di cittadini stranieri, si deve tener conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali.

Devono essere favorite possibilità di contatto con le autorità consolari del loro Paese.

Art. 34 Regolamento interno.

L'amministrazione penitenziaria impartisce le direttive indicate nel primo comma dell'art. 16 della legge, anche al fine di realizzare la differenziazione degli istituti.

 

Il regolamento interno, oltre alle modalità degli interventi di trattamento e a quanto preveduto dagli articoli 16 e 31 della legge e dagli articoli 8, 10, 11, 13, 14, 38, 62 e 69 del presente regolamento, disciplina, in ogni caso, le seguenti materie:

1. gli orari di apertura e di chiusura degli istituti;

2. gli orari relativi all'organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata;

3. le modalità relative allo svolgimento dei vari servizi predisposti per i detenuti e per gli internati;

4. gli orari di permanenza nei locali comuni;

5. gli orari, i turni e le modalità di permanenza all'aperto;

6. i tempi e le modalità particolari per i colloqui e la corrispondenza anche telefonica;

7. le affissioni consentite e le relative modalità;

8. i giochi consentiti.

Il regolamento interno può disciplinare alcune delle materie sopra indicate in modo differenziato per particolari sezioni dell'istituto.

 

Nella predisposizione del regolamento interno, la commissione preveduta dal secondo comma dell'art. 16 della legge deve uniformarsi alle direttive impartite dall'amministrazione penitenziaria ai sensi del primo comma dell'art. 16 della legge e del primo comma del presente articolo.

 

Nel caso di direttive sopravvenute, le norme del regolamento interno non conformi ad esse cessano di avere applicazione e devono essere modificate dalla commissione, per uniformarle alle direttive medesime, entro venti giorni dal loro ricevimento (4).

(4) Comma aggiunto dall'art. 1, D.P.R. 10 luglio 1985, n. 421 (Gazz. Uff. 20 agosto 1985, n. 195).

Art. 35 Colloqui.

I colloqui dei condannati, degli internati e quelli degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado sono autorizzati dal direttore dell'istituto.

I colloqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi e sono comunicati all'ispettore distrettuale, corredati della documentazione opportuna (4/a).

Per i colloqui con gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i richiedenti debbono presentare il permesso rilasciato dall'autorità giudiziaria che procede (4/a).

Le persone ammesse ai colloqui sono identificate e, inoltre, sottoposte a controllo, con le modalità prevedute dal regolamento interno, al fine di garantire che non siano introdotti nell'istituto strumenti pericolosi o altri oggetti non ammessi.

Nel corso del colloquio deve essere mantenuto un comportamento corretto e tale da non recare disturbo ad altri. Il personale preposto al controllo sospende dal colloquio le persone che tengono comportamento scorretto o molesto, riferendone al direttore, il quale decide sulla esclusione.

I colloqui avvengono in locali comuni muniti di mezzi divisori.

La direzione può consentire che, per speciali motivi, il colloquio si svolga in locale distinto.

Qualora non ostino motivi di disciplina, ordine o sicurezza o sanità, la direzione può altresí consentire che i colloqui si svolgano in spazi comuni all'aperto a ciò destinati.

In ogni caso, i colloqui si svolgono sotto il controllo a vista del personale di custodia (4/b).

Appositi locali sono destinati ai colloqui dei detenuti con i loro difensori.

Per i detenuti e gli internati infermi, i colloqui possono aver luogo nell'infermeria.

I detenuti e gli internati usufruiscono di quattro colloqui al mese (4/c).

Il direttore dell'istituto, con provvedimento motivato da trasmettere in copia al Ministero, può ammettere gli imputati, che abbiano tenuto regolare condotta, ed i condannati e gli internati, che, oltre ad avere tenuto regolare condotta, abbiano collaborato attivamente all'osservazione scientifica della personalità ed al trattamento rieducativo attuati nei loro confronti, alla fruizione di ulteriori due colloqui mensili, nonché di due telefonate mensili al di là dei limiti stabiliti dal secondo comma dell'art. 37, da concedere dalle autorità competenti ai sensi dell'ottavo comma dell'art. 18 della legge ed ai sensi del primo comma del presente articolo e del primo comma dell'art. 37 (4/d).

Ai soggetti gravemente infermi, ovvero quando ricorrano eccezionali circostanze, sono concessi colloqui anche fuori dei limiti stabiliti nei commi precedenti.

Il colloquio ha la durata massima di un'ora.

In considerazione di eccezionali circostanze, è consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i conviventi.

Il colloquio con i congiunti o conviventi è comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, se nella settimana precedente il detenuto o l'internato non ha fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentono (4/e).

A ciascun colloquio con il detenuto o con l'internato possono partecipare non più di tre persone.

E' consentito di derogare a tale norma quando si tratti di congiunti o conviventi.

Qualora risulti che i familiari non mantengano rapporti con il detenuto o l'internato, la direzione ne fa segnalazione al centro di servizio sociale per gli opportuni interventi, e, laddove se ne ravvisi la necessità, anche al consiglio di aiuto sociale.

Del colloquio, con l'indicazione degli estremi del permesso si fa annotazione in apposito registro.

Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano nei casi previsti dall'art. 18-bis della legge (4/f).

(4/a) I commi primo e secondo così sostituiscono l'originario comma primo per effetto dell'art. 8, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157). Il primo comma è stato poi così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 24 luglio 1989, n. 171.

(4/b) Comma così sostituito dall'art. 8, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

(4/c) Comma così sostituito dall'art. 2, D.P.R. 10 luglio 1985, n. 421 (Gazz. Uff. 20 agosto 1985, n. 195).

(4/d) Comma aggiunto dall'art. 2, D.P.R. 10 luglio 1985, n. 421 (Gazz. Uff. 20 agosto 1985, n. 195).

(4/e) Comma così sostituito dall'art. 8, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

(4/f) Comma aggiunto dall'art. 16, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, riportato alla voce SICUREZZA PUBBLICA.

Art. 36 Corrispondenza epistolare e telegrafica.

I detenuti e gli internati sono ammessi a inviare e a ricevere corrispondenza epistolare e telegrafica.

Al fine di consentire la corrispondenza, l'amministrazione fornisce gratuitamente ai detenuti e agli internati, che non possono provvedervi a loro spese, settimanalmente, l'occorrente per scrivere una lettera e l'affrancatura ordinaria.

Presso lo spaccio dell'istituto devono essere sempre disponibili, per l'acquisto, degli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.

Sulla busta della corrispondenza epistolare in partenza il detenuto o l'internato deve apporre il proprio nome e cognome.

La corrispondenza in busta chiusa, in arrivo o in partenza, è sottoposta a ispezione al fine di rilevare l'eventuale presenza di valori o altri oggetti non consentiti.

L'ispezione deve avvenire con modalità tali da garantire l'assenza di controlli sullo scritto.

La direzione, quando vi sia sospetto che nella corrispondenza epistolare, in arrivo o in partenza, siano inseriti contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l'ordine e la sicurezza, trattiene la missiva, facendone immediata segnalazione, per provvedimenti del caso, al magistrato di sorveglianza, o, se trattasi di imputato in attesa della pronuncia della sentenza di primo grado, all'autorità giudiziaria che procede.

La corrispondenza epistolare, sottoposta a visto di controllo su segnalazione o d'ufficio, è inoltrata o trattenuta su decisione del magistrato di sorveglianza o dell'autorità giudiziaria che procede.

Le disposizioni di cui al sesto e settimo comma del presente articolo si applicano anche ai telegrammi in arrivo.

Ove la direzione ritenga che un telegramma in partenza non debba essere inoltrato per i motivi di cui al sesto comma, ne informa il magistrato di sorveglianza o l'autorità giudiziaria che procede, i quali decidono se si debba o meno provvedere all'inoltro.

Il detenuto o l'internato viene immediatamente informato che la corrispondenza è stata trattenuta.

Art. 37 Corrispondenza telefonica.

I detenuti e gli internati possono essere autorizzati alla corrispondenza telefonica con i familiari o con le persone conviventi una volta ogni quindici giorni, solo quando non abbiano usufruito di colloqui con alcun familiare o convivente da almeno quindici giorni; essi possono, altresì, essere autorizzati ad effettuare una corrispondenza telefonica con i familiari o con le persone conviventi in occasione del loro rientro nell'istituto dal permesso o dalla licenza (4/g).

L'imputato autorizzato alla corrispondenza telefonica dall'autorità giudiziaria procedente o, dopo la sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza viene ammesso ad usufruire di tale corrispondenza con la frequenza indicata nel primo comma (4/g).

L'autorizzazione di cui al comma precedente può essere concessa, oltre i limiti stabiliti, in considerazione di particolari e gravi motivi di urgenza che non consentano di effettuare utilmente la necessaria comunicazione attraverso il ricorso ai colloqui e alla corrispondenza epistolare o telegrafica.

La corrispondenza telefonica con altre persone può essere consentita solo quando vi siano eccezionali ragioni di urgenza. In ogni istituto sono installati uno o più telefoni secondo le occorrenze.

Il detenuto o l'internato che intenda effettuare la comunicazione telefonica deve rivolgere istanza scritta all'autorità competente, indicando il numero richiesto, la persona con cui deve corrispondere e i motivi dell'istanza.

Il contatto telefonico viene stabilito dal personale dell'istituto. La durata massima della conversazione telefonica è di sei minuti.

L'autorità giudiziaria competente a disporre il visto di controllo sulla corrispondenza epistolare ai sensi dell'articolo 18, L. 26 luglio 1975, n. 354, può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate a mezzo di idonee apparecchiature.

E' sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell'articolo 4-bis, L. 26 luglio 1975, n. 354 (4/h).

Le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono date con provvedimento scritto e motivato.

Il provvedimento di autorizzazione di corrispondenza telefonica con persone diverse dai familiari e dai conviventi è trasmesso in copia al Ministero.

La corrispondenza telefonica è effettuata a spese dell'interessato.

La contabilizzazione della spesa avviene per ciascuna telefonata e contestualmente ad essa.

In caso di chiamata dall'esterno diretta ad avere corrispondenza telefonica con i detenuti e gli internati, all'interessato può essere data solo comunicazione del nominativo dichiarato dalla persona che ha chiamato sempreché non ostino particolari motivi di cautela (5).

(4/g) Comma così sostituito dall'art. 9, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

(4/h) Comma così sostituito dall'art. 4, D.L. 14 giugno 1993, n. 187, riportato al n. A/XLIX.

(5) Così sostituito dall'art. 2, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).

Art. 38 Uso di apparecchio radio.

Ai detenuti e agli internati è consentito usare un apparecchio radio personale autoalimentato.

Le dimensioni e le caratteristiche degli apparecchi radio devono essere conformi a prescrizioni ministeriali.

Il regolamento interno stabilisce le modalità di uso degli apparecchi radio, anche al fine di evitare disturbo ad altri.

Art. 39 Corsi di istruzione a livello della scuola d'obbligo.

Il Ministero della pubblica istruzione, previe opportune intese con il Ministero di grazia e giustizia, impartisce direttive agli organi periferici della pubblica istruzione per la organizzazione di corsi a livello della scuola d'obbligo.

I provveditori agli studi, sulla base delle indicazioni e delle richieste formulate dalle direzioni degli istituti penitenziari, dai presidi, dai direttori didattici concertano con l'ispettore distrettuale per gli istituti di prevenzione e di pena la dislocazione e il tipo di vari corsi a livello della scuola d'obbligo da istituire nell'ambito del distretto, secondo le esigenze della popolazione penitenziaria.

L'organizzazione didattica e lo svolgimento dei corsi sono curati dai competenti organi della pubblica istruzione.

Le direzioni degli istituti forniscono locali e attrezzature adeguati e sollecitano i detenuti e gli internati alla frequenza dei corsi stessi.

Per lo svolgimento dei programmi e per le attività integrative di essi, a richiesta delle direzioni degli istituti, può essere utilizzato, previa opportuna intesa con le autorità scolastiche, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità didattica del personale della pubblica istruzione.

Art. 40 Corsi di addestramento professionale.

L'ente regione, d'intesa con gli ispettori distrettuali, organizza, sulla base delle indicazioni e delle richieste delle direzioni degli istituti, i vari tipi di corsi di addestramento professionale, da svolgersi secondo le esigenze della popolazione penitenziaria.

Le direzioni degli istituti mettono a disposizione i locali per le attività didattiche e forniscono i complementi necessari delle attrezzature per lo svolgimento dei corsi e sollecitano i detenuti e gli internati a frequentarli.

Per lo svolgimento dei programmi e per le attività integrative, a richiesta delle direzioni degli istituti, può essere utilizzato, previe opportune intese con i competenti organi regionali, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità didattica del personale degli enti organizzatori dei corsi.

Art. 41 Corsi di istruzione secondaria di secondo grado.

I corsi di istruzione secondaria di secondo grado sono organizzati, su richiesta dell'amministrazione penitenziaria, dal Ministero della pubblica istruzione a mezzo dell'istituzione di succursali di scuole del predetto livello in determinati istituti penitenziari.

Il numero delle succursali e la loro dislocazione sono determinati in relazione all'esistenza di gruppi di condannati o di internati che siano in possesso del titolo di studio richiesto per la ammissione, che manifestino seria aspirazione alla prosecuzione degli studi e che debbano permanere in esecuzione della misura privativa della libertà per un periodo di tempo non inferiore ad un anno scolastico.

Si applicano le disposizioni dell'ultimo comma dell'art. 39.

Per agevolare i condannati e gli internati che, pur avendo il titolo di studio richiesto, non siano in condizioni di frequentare i corsi regolari, la direzione dell'istituto richiede alla presidenza di una vicina scuola secondaria di secondo grado di assistere coloro che manifestino seria aspirazione alla prosecuzione degli studi nello svolgimento individuale dei programmi di istruzione. Analoga agevolazione è offerta agli imputati.

Sono stabilite intese con le autorità scolastiche per offrire la possibilità agli studenti di sostenere gli esami previsti per i vari corsi. I condannati e gli internati durante la frequenza dei corsi preveduti dal primo comma del presente articolo sono esonerati dal lavoro; coloro che seguono corsi individuali possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta.

Art. 42 Studi universitari.

I detenuti e gli internati che risultano iscritti ai corsi di studio universitari o che siano in possesso dei requisiti per l'iscrizione a tali corsi, sono agevolati per il compimento degli studi.

A tal fine, sono stabilite le opportune intese con le autorità accademiche per consentire agli studenti di usufruire di ogni possibile aiuto e di sostenere gli esami.

Coloro che seguono corsi universitari possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta, in considerazione dell'impegno e del profitto dimostrati.

Art. 43 Benefici economici per gli studenti.

Per la frequenza dei corsi di addestramento professionale è corrisposto un sussidio orario nella misura determinata con decreto ministeriale.

I detti corsi possono svolgersi durante le ore lavorative. In tal caso, i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato, una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto, oltre al sussidio preveduto nel comma precedente per le ore di effettiva frequenza ai corsi.

Per la frequenza ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado i condannati e gli internati ricevono un sussidio giornaliero nella misura determinata con decreto ministeriale per ciascuna giornata di frequenza o di assenza non volontaria.

Nell'intervallo tra la chiusura dell'anno scolastico e l'inizio del nuovo corso, agli studenti è corrisposto un sussidio ridotto per i giorni feriali, nella misura determinata con decreto ministeriale, purché abbiano superato con esito positivo il corso effettuato nell'anno scolastico e non percepiscano mercede.

A conclusione di ciascun anno scolastico, agli studenti che seguono corsi individuali di scuola di istruzione secondaria di secondo grado e che hanno superato gli esami con effetti legali nonché agli studenti che seguono corsi presso università pubbliche o equiparate e che hanno superato tutti gli esami del loro anno, vengono rimborsate, qualora versino in disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse, contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Ministero.

I corsi a livello della scuola d'obbligo possono svolgersi anche durante le ore lavorative.

In tal caso, i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto. Ai detenuti e agli internati che hanno superato con esito positivo il corso frequentato, è corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Ministero.

I soggetti che fruiscono di assegni o borse di studio non percepiscono i benefici economici preveduti dal presente articolo.

L'importo complessivo dei sussidi e dei premi di rendimento preveduti dal presente articolo, è determinato annualmente con decreto del Ministro per la grazia e giustizia di concerto con il Ministro per il tesoro.

Art. 44 Esclusione dai corsi di istruzione e di addestramento professionale.

Il detenuto o l'internato che, nei corso di istruzione, anche individuale, o in quello di addestramento professionale, tenga un comportamento che configuri sostanziale inadempimento dei suoi compiti è escluso dal corso con provvedimento del direttore.

L'esclusione dal corso è disposta dal direttore, anche nel caso in cui il detenuto o l'internato non consegua sufficiente profitto, sentite le autorità scolastiche.

Art. 45 Organizzazione del lavoro.

Le lavorazioni penitenziarie, sia all'interno che all'esterno dell'istituto, sono organizzate e gestite secondo le direttive dell'amministrazione penitenziaria, dalle direzioni degli istituti, le quali possono avvalersi della collaborazione di imprese pubbliche.

L'amministrazione penitenziaria impartisce le sue direttive sulla base delle proposte che gli ispettori distrettuali formulano dopo aver sentito le direzioni degli istituti ed aver preso gli opportuni contatti con gli uffici pubblici locali del lavoro, dell'industria, dell'artigianato, del commercio e dell'agricoltura.

La produzione è destinata a soddisfare, nell'ordine, le commesse dell'amministrazione penitenziaria, delle altre amministrazioni statali, di enti pubblici e di privati.

Le commesse di lavoro delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici sono distribuite dal Ministero.

Le direzioni possono accogliere direttamente le commesse di lavoro provenienti dai privati.

Quando le commesse provengono da imprese pubbliche o private può essere convenuto che il committente fornisca materie prime e accessorie, attrezzature e personale tecnico.

Del valore di queste prestazioni si tiene conto al fine di determinare le incidenze sui costi e il conseguente prezzo dei prodotti.

Se le commesse non sono sufficienti ad assorbire la capacità di mano d'opera delle lavorazioni penitenziarie, l'amministrazione previa analisi delle possibilità di assorbimento del mercato, può organizzare e gestire lavorazioni dirette alla produzione di determinati beni che vengono offerti in libera vendita anche a mezzo di imprese pubbliche.

Le direzioni degli istituti penitenziari, quando, per favorire la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro, ritengono opportuno vendere i prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo ai sensi del comma 7 dell'art. 20 della legge, richiedono informazioni sui prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all'ingrosso della zona in cui è situato l'istituto alla camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura, o all'ufficio tecnico erariale o all'autorità comunale, al fine di stabilire i prezzi di vendita dei prodotti medesimi (5/a).

I posti di lavoro a disposizione della popolazione detenuta di ciascun istituto sono fissati in una apposita tabella predisposta dalla direzione e distinta tra lavorazioni interne, lavorazioni esterne, servizi di istituto.

Nella tabella sono, altresí, indicati i posti di lavoro disponibili all'interno per il lavoro a domicilio, nonché i posti di lavoro disponibili all'esterno.

La tabella è modificata secondo il variare della situazione ed è approvata dall'ispettore distrettuale (5/a).

Negli istituti per minorenni particolare cura è esplicata nell'organizzazione delle attività lavorative per la formazione professionale.

(5/a) I commi settimo e ottavo cosí sostituiscono l'originario comma settimo per effetto dell'art. 10, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 46 Lavoro all'esterno.

L'ammissione dei condannati e degli internati al lavoro all'esterno è disposta dalle direzioni solo quando ne è prevista la possibilità nel programma di trattamento e solo quando il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza ai sensi del comma 4 dell'art. 21 della legge.

L'ammissione degli imputati al lavoro all'esterno, disposta dalle direzioni su autorizzazione della competente autorità giudiziaria ai sensi del comma 2 dell'art. 21 della legge, è comunicata al magistrato di sorveglianza.

La direzione dell'istituto deve motivare la richiesta di approvazione del provvedimento o la richiesta di autorizzazione all'ammissione al lavoro all'esterno, anche con riguardo all'opportunità della previsione della scorta, corredandola di tutta la necessaria documentazione.

Il magistrato di sorveglianza o l'autorità giudiziaria procedente, a seconda dei casi, nell'approvare il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno del condannato o internato o nell'autorizzare l'ammissione al lavoro all'esterno dell'imputato, deve tener conto del tipo di reato, della durata, effettiva o prevista, della misura privativa della libertà e della residua parte di essa, nonché dell'esigenza di prevenire il pericolo che l'ammesso al lavoro all'esterno commetta altri reati.

I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all'esterno indossano abiti civili; ad essi non possono essere imposte manette. La scorta dei detenuti e degli internati ammessi al lavoro all'esterno, qualora sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza, è effettuata dal personale del Corpo degli agenti di custodia con le modalità stabilite dal Ministero.

L'accompagnamento dei minori ai luoghi di lavoro esterno, qualora sia ritenuto necessario per motivi di sicurezza, può essere effettuato da personale civile dell'amministrazione penitenziaria.

Al fine di consentire l'assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro all'esterno il Ministero, d'intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, stabilisce forme di collegamento e di collaborazione tra le direzioni degli istituti e gli uffici provinciali del lavoro.

Gli ispettori distrettuali e le direzioni degli istituti stabiliscono rapporti con gli organi collegiali locali per l'impiego ed, in particolare, richiedono alle competenti commissioni circoscrizionali per l'impiego, di cui all'art. 19 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, di disciplinare le modalità cui la sezione circoscrizionale deve attenersi per promuovere l'offerta di adeguati posti di lavoro da parte di imprese che, in possesso dei requisiti indicati dalle direzioni stesse, appaiono idonee a collaborare al trattamento penitenziario dei detenuti e degli internati da ammettere al lavoro all'esterno.

L'ispettore distrettuale impartisce disposizioni alle direzioni degli istituti del distretto per favorire la piena occupazione dei posti di lavoro disponibili all'esterno.

I datori di lavoro dei detenuti o internati sono tenuti a versare alla direzione dell'istituto la retribuzione, al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dovuta al lavoratore e l'importo degli eventuali assegni familiari sulla base della documentazione inviata dalla direzione.

I datori di lavoro devono dimostrare alla stessa direzione l'adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.

I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all'esterno esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi, con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privata della libertà.

L'ammissione al lavoro all'esterno per lo svolgimento di lavoro autonomo può essere disposta, ove sussistano le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 21 della legge, solo se trattasi di attività regolarmente autorizzata dagli organi competenti ed il detenuto o l'internato dimostri di possedere le attitudini necessarie e si possa dedicare ad essa con impegno professionale.

Il detenuto o l'internato è tenuto a versare alla direzione dell'istituto l'utile finanziario derivante dal lavoro autonomo svolto e su di esso vengono effettuati i prelievi ai sensi del primo comma dell'art. 24 della legge.

Nel provvedimento di assegnazione al lavoro all'esterno devono essere indicate le prescrizioni che il detenuto o internato deve impegnarsi per iscritto ad osservare durante il tempo da trascorrere fuori dall'istituto, nonché quelle relative agli orari di uscita e di rientro. In particolare l'orario di rientro deve essere fissato all'interno di una fascia oraria che preveda l'ipotesi di ritardo per forza maggiore.

Scaduto il termine previsto da tale fascia oraria viene inoltrato a carico del detenuto rapporto per il reato previsto dall'art. 385 del codice penale.La direzione dell'istituto provvede a consegnare al detenuto o internato ed a trasmettere al Ministero, all'ispettore distrettuale ed al direttore del centro di servizio sociale copia del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno, dandone notizia all'autorità di pubblica sicurezza del luogo in cui si dovrà svolgere il lavoro all'esterno.

Le eventuali modifiche delle prescrizioni e la revoca del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno sono comunicate al Ministero ed inoltre al magistrato di sorveglianza, per i condannati e gli internati, o alla autorità giudiziaria precedente, per gli imputati. I controlli di cui al comma 3 dell'art. 21 della legge sono diretti a verificare che il detenuto o l'internato osservi le prescrizioni dettategli e che il lavoro si svolga nel pieno rispetto dei diritti e della dignità.

La disposizione di cui al comma 3 dell'art. 21 della legge si applica anche nel caso di ammissione al lavoro all'esterno per svolgere un lavoro autonomo.

Quando il lavoro si svolge presso imprese pubbliche, il direttore dell'istituto stabilisce precisi accordi con i responsabili di dette imprese, per la immediata segnalazione alla direzione dell'istituto stesso di eventuali comportamenti del detenuto o internato lavoratore che richiedano interventi di controllo (5/b).

(5/b) Cosí sostituito dall'art. 11, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157), e corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 24 luglio 1989, n. 171).

Art. 47 Criteri di priorità per l'assegnazione al lavoro all'interno degli istituti.

Nella determinazione delle priorità per l'assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro, si ha riguardo agli elementi indicati nel sesto comma dell'art. 20 della legge anche in relazione al tipo di lavoro disponibile, al tempo trascorso in stato di inattività lavorativa involontaria durante la detenzione o l'internamento, nonché al comportamento tenuto (5/c).

(5/c) Cosí sostituito dall'art. 12, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 48 Obbligo del lavoro.

I condannati e i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro, che non siano stati ammessi al regime di semilibertà o al lavoro all'esterno o non siano stati autorizzati a svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche o lavoro a domicilio, per i quali non sia disponibile un lavoro rispondente ai criteri indicati nel sesto comma dell'art. 20 della legge, sono tenuti a svolgere un'altra attività lavorativa tra quelle organizzate nell'istituto (5/d).

(5/d) Cosí sostituito dall'art. 13, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 49 Attività artigianali, intellettuali, o artistiche.

Le attività artigianali, intellettuali e artistiche si svolgono, fuori delle ore destinate al lavoro ordinario, in appositi locali o, in casi particolari, nelle camere, se ciò non comporti l'uso di attrezzi ingombranti o pericolosi o non arrechi molestia.

Gli imputati possono essere ammessi ad esercitare tali attività, a loro richiesta, anche nelle ore dedicate al lavoro. I condannati e gli internati che richiedono di svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche durante le ore di lavoro, possono esservi autorizzati ed esonerati dal lavoro ordinario, quando dimostrino di possedere le attitudini prevedute dal settimo comma dell'articolo 20 della legge e si dedichino ad esse con impegno professionale.

Le autorizzazioni sono date dal direttore che determina le prescrizioni da osservare anche in relazioone al rimborso delle spese eventualmente sostenute dall'amministratore.

Può essere consentito l'invio dei beni prodotti a destinatari fuori dall'istituto, senza spese per l'amministrazione.

Sull'utile finanziario derivante dall'attività artigianale, intellettuale o artistica, percepito dal condannato o dall'internato, anche in semilibertà o al lavoro all'esterno, vengono effettuati i prelievi ai sensi dell'art. 24, primo comma, della legge (5/e).

(5/e) Comma così sostituito prima dall'art. 3, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171), e poi dall'art. 14, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 49 bis. Lavoro a domicilio.

Il lavoro a domicilio all'interno dell'istituto penitenziario può essere svolto anche durante le ore destinale al lavoro ordinario, con l'osservanza delle condizioni di cui all'articolo precedente (6).

(6) Aggiunto dall'art. 15, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 50 Esclusione dalle attività lavorative.

Il detenuto o l'internato addetto al lavoro, che tiene un comportamento che configuri un sostanziale rifiuto dell'adempimento dei suoi compiti, è escluso dalle attività lavorative, con provvedimento del direttore, salve le sanzioni di carattere disciplinare.

L'esclusione dalle attività lavorative è disposta dal direttore anche nel caso di mancanza di rendimento del detenuto o dell'internato, sentito il preposto alle lavorazioni.

Art. 51 Lavoro in semilibertà.

I datori di lavoro dei condannati e degli internati in regime di semilibertà versano alla direzione dell'istituto la retribuzione al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti e l'importo degli eventuali assegni familiari dovuti al lavoratore e devono dimostrare alla direzione stessa lo adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.

I condannati e gli internati ammessi al lavoro in semilibertà esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti all'esecuzione della misura privativa della libertà.

Art. 52 Assegni familiari.

I detenuti e gli internati lavoratori devono fornire alla direzione dell'istituto la documentazione, per essi prescritta, intesa a dimostrare il diritto agli assegni familiari per le persone a carico.

Qualora il detenuto o l'internato non provveda a fornire la documentazione, la direzione ne informa le persone a carico, invitandole a provvedervi.

Ove i soggetti o le persone a carico incontrino difficoltà nella produzione dei documenti richiesti, la direzione provvede direttamente.

Gli importi sono consegnati direttamente alle persone a carico o spediti alle stesse.

Se la persona a carico è incapace, gli assegni sono versati al suo legale rappresentante o, se questi e lo stesso detenuto o internato, alla persona a cui l'incapace è affidato.

Art. 53 Prelievi sulla remunerazione.

Il prelievo della quota di remunerazione a titolo di rimborso delle spese di mantenimento e i prelievi preveduti dai numeri 1) e 3) dell'art. 145 del codice penale nei confronti dei condannati si effettuano in occasione di ogni liquidazione della remunerazione.

Ferma restando la competenza del giudice dell'esecuzione per le controversie relative all'attribuzione e alla liquidazione delle spese di mantenimento, sui reclami relativi all'ordine seguito nei prelievi di cui all'art. 145 del codice penale decide il magistrato di sorveglianza.

Art. 54 Peculio.

Il peculio dei condannati e degli internati si distingue in fondo vincolato e fondo disponibile.

E' destinato al fondo vincolato la quota di un quinto della remunerazione.

La rimanente parte del peculio costituisce il fondo disponibile, che non può superare il limite di un milione di lire.

L'eventuale eccedenza non fa parte del peculio e, salvo che non debba essere immediatamente utilizzata per spese inerenti alla difesa legale, al pagamento di multe o ammende, nonché al pagamento di debiti, viene inviata ai familiari o conviventi secondo le indicazioni dell'interessato, o depositata a suo nome presso un istituto bancario o un ufficio postale.

Il fondo vincolato non può essere utilizzato nel corso della esecuzione delle misure privative della libertà.

Tuttavia, in considerazione di particolari motivi, il magistrato di sorveglianza può autorizzare l'utilizzazione di parte del fondo vincolato.

Il fondo disponibile può essere usato per invii ai familiari o conviventi, per acquisti autorizzati, per la corrispondenza, per spese inerenti alla difesa legale, al pagamento di multe, ammende o debiti.

Il pagamento delle spese inerenti alla difesa legale avviene su presentazione della parcella o della richiesta scritta di anticipo sulla medesima, recante l'indicazione degli estremi del procedimento, se questo è in corso; una copia della parcella o della richiesta di anticipo viene conservata dalla direzione dell'istituto (6/a).

Il peculio degli imputati è interamente disponibile e non può superare il limite di due milioni.

Il Ministero stabilisce, all'inizio di ciascun anno, l'ammontare delle somme che possono essere spese per gli acquisti e la corrispondenza e di quelle che possono essere inviate ai familiari o conviventi, nonché la loro distribuzione nel tempo (6/a).

E' ammessa deroga a tali disposizioni, su autorizzazioni del direttore, solo per acquisti di strumenti, oggetti e libri occorrenti per attività di studio e di lavoro.

La direzione dell'istituto, alla fine di ciascun anno finanziario, procede alla determinazione e all'accredito degli interessi legali maturati sul peculio di ciascun detenuto o internato presente nell'istituto.

Gli interessi si calcolano sui saldi di fine mese.

Al detenuto o all'intcrnato dimesso la direzione dell'istituto corrisponde la somma costituente il peculio e l'importo degli interessi maturati.

Il fondo dei detenuti e degli internati eccedente gli ordinari bisogni della cassa dell'istituto per il servizio relativo al fondo stesso è versato alla Cassa depositi e prestiti.

L'ammontare degli interessi corrisposti dalla Cassa depositi e prestiti è versato all'erario.

Al condannato o all'internato ammesso al regime di semilibertà sono consegnate somme in contanti prelevate dal fondo disponibile, in relazione alle spese che egli deve sostenere, anche in eccesso al limite fissato nel sesto comma del presente articolo.

Al detenuto o all'internato in permesso o in licenza è consegnata una somma in contanti prelevata dal peculio disponibile, nella misura richiesta dalle circostanze.

I limiti di somme determinati nel presente articolo possono essere variati, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia, emanato di concerto con il Ministro per il tesoro (6/b).

(6/a) Comma così sostituito dall'art. unico, D.P.R. 29 ottobre 1984, n. 805 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1984, n. 334).

(6/b) L'art. 1, D.M. 10 marzo 1990 (Gazz. Uff. 8 ottobre 1990, n. 235) ha cosí disposto: "Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 54, D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431, il limite massimo di un milione di lire del peculio disponibile per i condannati e gli internati, previsto dal secondo comma del citato art. 54, ed il limite massimo di due milioni di lire del peculio disponibile per gli imputati, previsto dal quinto comma dello stesso art. 54, sono aumentati, rispettivamente, a due milioni di lire e a quattro milioni di lire".

Art. 55 Manifestazioni di professione religiosa.

I detenuti e gli internati hanno diritto di partecipare ai riti della loro confessione religiosa secondo le disposizioni del presente articolo (6/c).

E' consentito ai detenuti e agli internati che lo desiderino di esporre, nella propria camera individuale o nel proprio spazio di appartenenza nella camera a più posti, immagini e simboli della propria confessione religiosa.

E' consentito, durante il tempo libero, a singoli detenuti e internati, di praticare il culto della propria confessione religiosa, purché non si tratti di riti pregiudizievoli all'ordine e alla disciplina dell'istituto.

Per la celebrazione dei riti del culto cattolico, ogni istituto è, dotato di una o più cappelle in relazione alle esigenze del servizio religioso.

Le pratiche di culto, l'istruzione e l'assistenza religiosa della confessione cattolica sono affidate ad uno o più cappellani in relazione alle esigenze medesime.

Negli istituti in cui operano più cappellani, l'incarico di coordinare il servizio religioso è affidato ad uno di essi dall'ispettore distrettuale degli istituti di prevenzione e di pena per adulti, ovvero, se trattasi di istituti per minorenni, al direttore del centro di rieducazione minorenni, sentito l'ispettore dei cappellani.

Per l'istruzione religiosa e la celebrazione dei riti di confessioni religiose diverse dalla cattolica, la direzione dell'istituto mette a disposizione idonei locali.

La direzione dell'istituto, al fine di assicurare ai detenuti e agli internati, che ne facciano richiesta, l'istruzione e l'assistenza religiosa, nonché la celebrazione dei riti dei culti diversi da quello cattolico, si avvale dei ministri di culto indicati nell'elenco formato, sulla base di intese con le rappresentanze delle varie confessioni, dal Ministero dell'interno.

(6/c) Comma cosí sostituito dall'art. 16, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 56 Attività culturali, ricreative e sportive.

I programmi delle attività culturali, ricreative e sportive sono articolati in modo da favorire possiblità di espressioni differenziate.

I programmi delle attività sportive sono rivolti, in particolare, ai giovani; per il loro svolgimento deve essere sollecitata la collaborazione degli enti nazionali e locali preposti alla cura delle attività sportive.

I rappresentanti dei detenuti e degli internati nella commissione preveduta dall'art. 27 della legge sono nominati con le modalità indicate dall'art. 62 del presente regolamento, nel numero di tre o cinque, rispettivamente, per gli istituti con un numero di detenuti o di internati presenti non superiore o superiore a cinquecento unità.

La commissione, avvalendosi anche della collaborazione dei detenuti e degli internati indicati nell'art. 66, cura l'organizzazione delle varie attività in corrispondenza alle previsioni dei programmi. Le riunioni delle commissioni si svolgono durante il tempo libero.

Nella organizzazione e nello svolgimento delle attività, la direzione può avvalersi dell'opera degli assistenti volontari e di quella delle persone indicate nell'art. 17 della legge.

Art. 57 Attività organizzate per i detenuti e gli internati che non lavorano.

La direzione si adopera per organizzare, in coincidenza con le ore di lavoro, attività di tempo libero per i soggetti che, indipendentemente dalla loro volontà, non svolgono attività lavorativa.

Art. 58 Rapporti con la famiglia.

La predisposizione dei programmi di intervento per la cura dei rapporti dei detenuti e degli internati con le loro famiglie è concertata fra i rappresentanti delle direzioni degli istituti, dei consigli di aiuto sociale e dei centri di servizio sociale.

Particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso, al suo ritorno.

Art. 59 Comunicazione dell'ingresso in istituto.

Immediatamente dopo l'ingresso nell'istituto penitenziario, sia in caso di provenienza dalla libertà, sia in caso di trasferimento, al detenuto e all'internato viene richiesto, da parte del sottufficiale di servizio o del personale di custodia che opera nelle case mandamentali, se intenda dar notizia del fatto a un congiunto o ad altra persona indicata e, in caso positivo, se vuole avvalersi del mezzo postale ordinario o telegrafico.

Della dichiarazione è redatto processo verbale.

La comunicazione, contenuta in una lettera in busta aperta o in modulo di telegramma e limitata alla sola notizia relativa al primo ingresso nell'istituto penitenziario o all'avvenuto trasferimento, è presentata alla direzione, che provvede immediatamente all'inoltro, a carico dell'interessato.

Se si tratta, di minore, la spesa è a carico dell'amministrazione.

Art. 60 Comunicazione di infermità e di decessi.

In caso di grave infermità fisica o psichica o di decesso di un detenuto o in un internato, la direzione dell'istituto ne dà immediata comunicazione a un congiunto e alla persona eventualmente da lui indicata, a cura e spese dell'amministrazione con il mezzo telegrafico o telefonico.

Non appena la direzione dell'istituto ha notizia della grave infermità o del decesso di un congiunto del detenuto o dell'internato, o di altra persona con cui questi è abitualmente in contatto, deve darne immediata comunicazione all'interessato nelle forme più convenienti.

Del decesso di un detenuto o di un internato è data immediata comunicazione anche al magistrato di sorveglianza.

Art 61 Permessi.

I permessi preveduti dal primo e secondo comma dell'art. 30, della legge sono concessi su domanda e hanno una durata massima di cinque giorni, oltre al tempo necessario per raggiungere il luogo, dove il detenuto o l'internato deve recarsi.

Nel provvedimento di concessione sono stabilite le opportune prescrizioni ed è in ogni caso specificato se il detenuto o l'internato deve o meno essere scortato per tutto o per parte del tempo del permesso, avuto riguardo alla personalità del soggetto e all'indole del reato di cui è imputato o per il quale è stato condannato.

Al fine di acquisire elementi di valutazione sulla personalità del soggetto, il magistrato di sorveglianza o la competente autorità giudiziaria chiede alla direzione dell'istituto le necessarie informazioni.

Per i permessi di durata superiore alle dodici ore può esser disposto che il detenuto o l'internato trascorra la notte in un istituto penitenziario.

Le operazioni di scorta sono effettuate, su richiesta della direzione, dall'Arma dei carabinieri, quando si tratta di imputati o di condannati, e dell'autorità di pubblica sicurezza, quando si tratta di internati (7).

(7) Così sostituito dall'art. 4, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).

Art. 61 bis. Permessi premio.

Il direttore dell'istituto deve corredare la domanda del condannato di concessione del permesso premio con l'estratto della cartella personale contenente tutte le notizie di cui all'art. 26, esprimendo il proprio parere motivato al magistrato di sorveglianza, avuto riguardo alla condotta del condannato, alla sua pericolosità sociale, ai motivi addotti, ai risultati dell'osservazione scientifica della personalità espletata e del trattamento rieducativo praticato, nonché alla durata della pena detentiva inflitta ed alla durata della pena ancora da scontare.

Nell'adottare il provvedimento di concessione il magistrato di sorveglianza stabilisce le opportune prescrizioni relative al domicilio o alla dimora del condannato durante il permesso, sulla base delle informazioni eventualmente assunte, ad integrazione di quelle già disponibili, a mezzo degli organi di polizia.

Durante il permesso premio i controlli del condannato sono effettuati dall'Arma dei carabinieri o dalla Polizia di Stato. In fase di esecuzione del provvedimento, gli operatori penitenziari, designati dal direttore dell'istituto e da quello del centro di servizio sociale, forniscono se necessario, al condannato e ai servizi assistenziali territoriali le indicazioni utili a stabilire validi collegamenti per gli eventuali problemi di competenza degli enti locali.

Il condannato in permesso, in caso di necessità, potrà rivolgersi all'istituto ed al centro di servizio sociale territorialmente competenti, segnalando le proprie esigenze, in ordine alle quali l'istituto o il centro si attiverà per dare la più opportuna e tempestiva risposta secondo le rispettive competenze istituzionali.

Qualora il permesso premio debba essere fruito in un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, il direttore dell'istituto di provenienza ne dà comunicazione alla direzione dell'istituto ed al centro di servizio sociale territorialmente competenti, affinché, di concerto con gli operatori sociali del territorio, possano effettuare gli interventi di competenza secondo quanto previsto dai commi 4 e 5, riferendo poi alle direzioni dell'istituto e del centro di servizio sociale competenti (7/a).

(7/a) Aggiunto dall'art. 17, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 61 ter. Comunicazioni all'autorità di pubblica sicurezza.

Dei provvedimenti esecutivi di concessione dei permessi previsti dagli articoli 61 e 61-bis è data notizia senza ritardo dal direttore dell'istituto presso il quale l'interessato si trova al prefetto della provincia nel cui territorio è sito il comune ove il permesso deve essere fruito (7/b).

(7/b) Aggiunto dall'art. 18, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 62 Garanzie di sorteggio delle rappresentanze.

Le modalità dei sorteggi dei componenti delle rappresentanze prevedute dagli articoli 9, 12 e 27 della legge sono disciplinate dal regolamento interno in maniera da garantire uguali possibilità di nomina per tutti i detenuti e gli internati.

Con il medesimo sorteggio sono nominati i rappresentanti in carica e i loro sostituti.

I detenuti e gli internati nominati nelle rappresentanze prevedute dagli articoli 12 e 27 della legge durano in carica quattro mesi.

Art. 63 Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa.

La direzione dell'istituto promuove la partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa, avvalendosi dei contributi di privati cittadini e delle istituzioni o associazioni pubbliche o private preveduti dall'art. 17 della legge.

Ai privati cittadini e ai designati dalle istituzioni o associazioni è affidato lo svolgimento di singole iniziative con speciale riferimento ai contatti con la società libera.

La direzione dell'istituto esamina con i privati e con gli appartenenti alle istituzioni o associazioni le iniziative da realizzare all'interno dell'istituto e trasmette proposte al magistrato di sorveglianza, con il suo parere, anche in ordine ai compiti da svolgere e alle modalità della loro esecuzione.

Il magistrato di sorveglianza, nell'autorizzare gli ingressi in istituto, stabilisce le condizioni che devono essere rispettate nello svolgimento dei compiti. In caso di inosservanza delle condizioni o di comportamento pregiudizievole all'ordine e alla sicurezza dell'istituto il direttore dispone l'allontanamento delle persone sopra indicate dandone comunicazione al magistrato di sorveglianza, per i provvedimenti di sua competenza.

Al fine di sollecitare la disponibilità di persone e di enti idonei alla collaborazione, la direzione dell'istituto, il centro di servizio sociale e il consiglio di aiuto sociale curano la diffusione di informazioni sull'esigenza della partecipazione della comunità al reinserimento sociale dei condannati e degli internati e sulle possibili forme di esse.

Capo IV

Regime penitenziario

Art. 64 Informazioni sulle norme e sulle disposizioni che regolano la vita penitenziaria.

In ogni istituto penitenziario devono essere tenuti, presso la biblioteca o altro locale a cui i detenuti possono accedere, i testi della legge 26 luglio 1975, n. 354, del presente regolamento, del regolamento interno nonché delle altre disposizioni attinenti ai diritti e ai doveri dei detenuti e degli internati, alla disciplina e al trattamento.

All'atto dell'ingresso, a ciascun detenuto o internato è consegnato un estratto delle principali norme contenute nella legge, nel regolamento interno, con l'indicazione del luogo dove è possibile consultare i testi integrali.

Di ogni successiva disposizione nelle materie indicate nel primo comma del presente articolo è data notizia ai detenuti e agli internati.

L'osservanza da parte dei detenuti e degli internati delle norme e delle disposizioni che regolano la vita penitenziaria deve essere ottenuta anche attraverso il chiarimento delle ragioni delle medesime.

Art. 65 Norme di comportamento.

I detenuti e gli internati hanno l'obbligo di osservare le norme che regolano la vita penitenziaria e le disposizioni impartite dal personale; devono tenere un contegno rispettoso nei confronti degli operatori penitenziari e di coloro che visitano l'istituto.

I detenuti e gli internati, nei reciproci contatti, devono tenere un comportamento corretto.

Nei rapporti reciproci degli operatori penitenziari con i detenuti e gli internati deve essere usato il "lei".

Art. 66 Compiti di animazione e di assistenza.

A singoli detenuti o internati, che dimostrino particolari attitudini a collaborare per il proficuo svolgimento dei programmi dell'istituto possono essere affidate dalla direzione mansioni che comportino compiti di animazione nelle attività di gruppo, di carattere culturale, ricreativo e sportivo, nonché di assistenza nelle attività di lavoro in comune.

Le mansioni suddette sono espletate sotto la diretta supervisione del personale, il quale deve garantire che in nessuna circostanza l'esercizio di esse importi un potere disciplinare o possa servire come pretesto per l'acquisizione di una posizione di preminenza sugli altri detenuti o internati.

Art. 67 Risarcimento dei danni arrecati a beni dell'amministrazione o di terzi.

In caso di danni a cose mobili o immobili dell'amministrazione, la direzione svolge indagini intese ad accertare l'ammontare del danno e a identificare il responsabile.

All'esito degli accertamenti e dono aver sentito l'interessato, la direzione notifica per iscritto l'addebito al responsabile, invitandolo al risarcimento e fissandone le modalità, le quali possono comportare anche pagamenti rateali.

La somma dovuta a titolo di risarcimento viene prelevata dal peculio disponibile.

In caso di danni a cose appartenenti ad altri detenuti o internati, la direzione dell'istituto si adopera per favorire il risarcimento spontaneo.

Il risarcimento spontaneo è considerato come circostanza attenuante nella eventualità di procedimento disciplinare.

Art. 68 Isolamento.

L'isolamento continuo per ragioni sanitarie è prescritto dal medico nei casi di malattia contagiosa.

Esso è eseguito, secondo le circostanze, in appositi locali dell'infermeria o in un reparto clinico.

Durante l'isolamento, speciale cura è dedicata dal personale all'infermo anche per sostenerlo moralmente. L'isolamento deve cessare non appena sia venuto meno lo stato contagioso.

L'isolamento continuo durante l'esecuzione della sazione della esclusione dalle attività in comune è eseguito in una camera ordinaria, a meno che il comportamento del detenuto o dell'internato sia tale da arrecare disturbo o da costituire pregiudizio per l'ordine e la disciplina.

In tal caso, l'isolamento si esegue, presso una apposita sezione, in una camera che deve avere le caratteristiche indicate dal primo comma dell'art. 6 della legge e che comunque, in mancanza di una o più di queste caratteristiche, deve essere igienicamente idonea, dotata di letto, materasso, cuscino e delle coperte necessarie, nonché di tavolo e sgabello.

Ai detenuti e agli internati, nel periodo di esclusione dalle attività in comune, non è consentito comunicare con i compagni né avere corrispondenza telefonica o colloqui; ad essi è consentito tenere soltanto quotidiani, periodici e libri.

Il colloquio con i familiari o i conviventi è consentito quando ricorrano circostanze eccezionali.

Sono assicurati il vitto ordinario e la normale disponibilità di acqua.

Le condizioni degli imputati durante l'istruttoria e degli arrestati nel procedimento di prevenzione, che sono in isolamento, non devono differire da quelle degli altri detenuti, salvo le limitazioni disposte dall'autorità giudiziaria che procede.

Art. 69 Perquisizioni.

Le operazioni di perquisizione prevedute dall'art. 34 della legge sono effettuate dal personale di custodia dell'istituto

. Il personale che effettua la perquisizione e quello che vi assiste deve essere dello stesso sesso del soggetto da perquisire

. Negli istituti, diversi dalle case mandamentali alla perquisizione assiste un sottufficiale.

Negli istituti e nelle sezioni femminili, la perquisizione è effettuata da due vigilatrici penitenziarie.

La perquisizione può non essere eseguita quando è possibile compiere l'accertamento con strumenti di controllo.

Le perquisizioni nelle camere dei detenuti e degli internati devono essere effettuate con rispetto delle cose di appartenenza dei soggetti.

Il regolamento interno dell'istituto stabilisce quali sono le situazioni, con quella preveduta dall'art. 78, in cui si effettuano perquisizioni ordinarie.

Per procedere a perquisizione fuori dei casi ordinari è necessario l'ordine del direttore.

Per operazioni di perquisizione generale il direttore può avvalersi, in casi eccezionali, della collaborazione di personale appartenente alla Polizia di Stato ed alle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza (7/c).

In casi di urgenza, il personale procede di sua iniziativa alla perquisizione informandone immediatamente il direttore.

(7/c) Comma cosí sostituito dall'art. unico D.P.R. 29 ottobre 1984, n. 806 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1984, n. 334).

Art. 70 Istanze e reclami.

Il magistrato di sorveglianza, l'ispettore distrettuale e il direttore dell'istituto devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro.

Ove ciò non possa avvenire a mezzo di periodici colloqui individuali, i predetti devono visitare con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per presentare eventuali istanze o reclami orali.

Ai detenuti e agli internati che lo richiedono è fornito l'occorrente per redigere per iscritto istanze e reclami alle autorità indicate nell'articolo 35 della legge.

Qualora il detenuto o l'internato intenda avfacoltà di usare del sistema della busta chiusa, dovrà provvedere direttamente alla chiusura della stessa apponendo all'esterno la dicitura "riservata".

Se il mittente non è in condizioni di sostenere le spese per l'eventuale spedizione postale, si provvede a cura della direzione.

Il magistrato di sorveglianza e il personale dell'amministrazione penitenziaria informano, nel più breve tempo possibile, il detenuto o l'internato che ha presentato istanza o reclamo, orale o scritto, dei provvedimenti adottati e dei motivi che ne hanno determinato il mancato accoglimento.

Art. 71 Ricompense.

1. Le ricompense sono concesse su iniziativa del direttore ai detenuti e agli internati che si sono distinti per:

a)particolare impegno nello svolgimento del lavoro;

b) particolare impegno e profitto nei corsi scolastici e di addestramento professionale;

c) attiva collaborazione nell'organizzazione e nello svolgimento delle attività culturali, ricreative e sportive;

d) particolare sensibilità e disponibilità nell'offrire aiuto ad altri detenuti o internati, per sostenerli moralmente nei momenti di difficoltà di fronte a loro problemi personali;

e) responsabile comportamento in situazioni di turbamento della vita dell'istituto, diretto a favorire atteggiamenti collettivi di ragionevolezza;

f) atti meritori di valore civile.

I comportamenti suindicati sono ricompensati con:

a) encomio;

b) autorizzazione alla visita da parte di congiunti e conviventi, con il permesso di trascorrere parte della giornata insieme a loro in appositi locali, o all'aperto, e di consumare un pasto in compagnia, ferme restando le modalità prevedute dal secondo comma dell'articolo 18 della legge;

c) proposta di concessione dei benefici indicati negli artt. 47, 47-bis, 47-ter, 50, 52, 53, 54 e 56 della legge, sempreché ne ricorrano i presupposti (7/d);

d) proposta di grazia, di liberazione condizionale e i revoca anticipata della misura di sicurezza.

2. La riconpensa di cui alla lettera a) è concessa dal direttore; quelle di cui alle lettere b), c) e d) sono concesse dal consiglio di disciplina.

3. Nei confronti degli imputati l'esecuzione della ricompensa di cui alla lettera b) è condizionata all'autorizzazione della competente autorità giudiziaria.

4. Nella scelta del tipo e delle modalità delle ricompense da concedere si deve tener conto della rilevanza del comportamento nonché della condotta abituale dell'individuo. Delle ricompense concesse all'imputato è data comunicazione all'autorità giudiziaria che procede.

(7/d) Lettera cosí sostituita dall'art. 19, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 72 Infrazioni disciplinari e sanzioni.

1. Le sanzioni disciplinari sono inflitte ai detenuti e agli internati che si siano resi responsabili di:

1) negligenza nella pulizia e nell'ordine della persona o della camera;

2) abbandono ingiustificato del posto assegnato;

3) volontario inadempimento di obblighi lavorativi;

4) atteggiamento molesto nei confronti dei compagni;

5) schiamazzi e linguaggio blasfemo;

6) giochi o altre attività non consentite dal regolamento interno;

7) simulazione di malattia;

8) traffico di reni di cui è consentito il possesso;

9) possesso o traffico di oggetti non consentiti o di denaro;

10) comunicazioni fraudolente con l'esterno o all'interno nei casi indicati nei numeri 2) e 3) dell'art. 33 della legge;

11) atti osceni e contrari alla pubblica decenza;

12) intimidazione di compagni o sopraffazioni nei confronti dei medesimi;

13) falsificazione di documenti provenienti dall'amministrazione affidati alla custodia del detenuto o dell'internato;

14) appropriazione o danneggiamento di beni dell'amministrazione;

15) possesso o traffico di strumenti atti ad offendere;

16) atteggiamento offensivo nei confronti degli operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell'istituto per ragioni del loro ufficio o per visita;

17) inosservanza di ordini o prescrizioni o ingiustificato ritardo nell'esecuzione di essi;

18) ritardi nel rientro preveduti dagli articoli 30, 30-ter, 51, 52 e 53 della legge (7/e);

19) partecipazione a disordini o a sommosse;

20) promozione di disordini o di sommosse;

21) evasione;

22) fatti preveduti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori.

2. Le sanzioni disciplinari sono inflitte anche nell'ipotesi di tentativo delle infrazioni sopraelencate.

3. La sanzione dell'esclusione dalle attività in comune non può essere inflitta per le infrazioni prevedute nei numeri da 1) a 8) del presente articolo, salvo che l'infrazione sia stata commessa nel termine di tre mesi dalla commissione di una precedente infrazione della stessa natura.

4. Delle sanzioni inflitte all'imputato è data notizia all'autorità giudiziaria che procede.

(7/e) Numero cosí sostituito dall'art. 20, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 73 Provvedimenti disciplinari in via cautelare.

In caso di assoluta urgenza, determinata dalla necessità di prevenire danni a persone o a cose, nonché l'insorgenza o la diffusione di disordini o in presenza di fatti di particolare gravità per la sicurezza e l'ordine dell'istituto, il direttore può disporre, in via cautelare, che il detenuto o l'internato, che abbia commesso una infrazione sanzionabile con la esclusione dalle attività in comune, permanga in una camera individuale, in attesa della convocazione del consiglio di disciplina.

Subito dopo l'adozione del provvedimento cautelare, il sanitario visita il soggetto e rilascia la certificazione preveduta dal penultimo comma dell'art. 39 della legge.

Il direttore convoca al più presto il consiglio di disciplina per l'inizio del procedimento disciplinare (8).

La durata della misura cautelare non può comunque eccedere i dieci giorni.

Il tempo trascorso in misura cautelare si detrae dalla durata della sanzione eventualmente applicata (8).

(8) Comma così sostituito dall'art. 5, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).

Art. 74 Procedimento penale e provvedimenti disciplinari.

Quando il giudizio disciplinare deve essere sospeso ai sensi dell'art. 3 del codice di procedura penale, i definitivi provvedimenti disciplinari sono emessi all'esito del procedimento penale.

Art. 75 Sospensione e condono delle sanzioni.

L'esecuzione delle sanzioni può essere condizionalmente sospesa, per il termine di sei mesi, allorché si presuma che il responsabile si asterrà dal commettere ulteriori infrazioni.

Se nel detto termine il soggetto commette altre infrazioni disciplinari, la sospensione è revocata e la sanzione è eseguita; altrimenti la infrazione è estinta. Per eccezionali circostanze l'autorità che ha deliberato la sanzione può condonarla.

Qualora il sanitario certifichi che le condizioni di salute del soggetto non gli permettono di sopportare la sanzione della esclusione dalle attività in comune, questa è eseguita quando viene a cessare la causa che ne ha impedito l'esecuzione.

Art. 76 Procedimento disciplinare.

Allorché un operatore penitenziario constata direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata commessa, redige rapporto, indicando in esso tutte le circostanze del fatto.

Il rapporto viene trasmesso al direttore per via gerarchica.

Il direttore contesta, alla presenza del titolare del servizio di custodia, l'addebito all'accusato, informandolo contemporaneamente del diritto ad esporre le proprie discolpe.

Il direttore, personalmente o a mezzo del personale dipendente, svolge accertamenti sul fatto.

Quando il direttore ritiene che debba essere inflitta una delle sanzioni prevedute nei numeri 1) e 2) dell'art. 39 della legge convoca l'accusato davanti a sé, altrimenti fissa il giorno e l'ora della convocazione dell'accusato davanti al consiglio di disciplina.

Della convocazione è data notizia all'interessato con le forme di cui al secondo comma del presente articolo.

Nel corso dell'udienza, l'accusato ha la facoltà di essere sentito e di esporre personalmente le proprie discolpe.

Se nella procedura avanti al direttore risulta che il fatto è diverso da quello contestato e comporta una sanzione di competenza del consiglio di disciplina, il procedimento è rimesso a quest'ultimo.

La sanzione viene deliberata e pronunciata nel corso della stessa udienza o dell'eventuale sommario processo verbale.

Il provvedimento definitivo con cui è deliberata la sanzione disciplinare è tempestivamente comunicato dalla direzione al detenuto o internato (8/a).

(8/a) Comma aggiunto dall'art. 21, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 77 Mezzi di coercizione fisica.

La coercizione fisica, consentita per le finalità indicate nel terzo comma dell'art. 41 della legge sotto il controllo sanitario ivi previsto, si effettua con l'uso di fasce di contenzione ai polsi e alle caviglie.

La foggia e le modalità di impiego delle fasce devono essere conformi a quelli in uso, per le medesime finalità, presso le istituzioni ospedaliere psichiatriche pubbliche.

Art. 78 Trasferimenti.

Nei trasferimenti per motivi diversi da quelli di giustizia o di sicurezza deve essere considerata la possibilità di accogliere le richieste espresse dai detenuti e dagli internati in ordine alla destinazione.

Il detenuto o l'internato, prima di essere trasferito, è sottoposto a perquisizione personale ed è visitato dal medico, che ne certifica lo stato fisio-psichico, con particolare riguardo alla assenza di condizioni che lo rendano inidoneo a sopportare il viaggio.

Se sussistono tali condizioni, la direzione ne informa immediatamente l'autorità che ha disposto il trasferimento.

All'atto del trasferimento la direzione consegna al detenuto o all'internato gli oggetti personali che egli intende portare direttamente con sé, nei limiti preveduti dalle disposizioni in vigore in materia di traduzioni.

Il capo scorta riceve in consegna dalla direzione:

a) generi alimentari in quantità e qualità adeguate alle esigenze del soggetto durante il viaggio o, alternativamente, una somma di denaro per l'acquisto dei detti generi, nella misura giornaliera che viene fissata con decreto del Ministro;

b) la cartella personale;

c) il certificato sanitario preveduto dal secondo comma del presente articolo;

d) la nota degli oggetti costituenti il bagaglio personale;

e) il peculio, in tutto o in parte, costituito in fondo disponibile;

f) il certificato dell'ammontare del peculio consegnato.

Il capo scorta rilascia ricevuta degli oggetti, dei valori e dei documenti a lui consegnati dalla direzione dell'istituto di provenienza e ottiene, a sua volta, ricevuta dalla direzione dell'istituto di destinazione di quanto da lui consegnato.

Il peculio del detenuto o dell'internato e gli altri oggetti di sua spettanza, che non sono stati consegnati alla scorta o inclusi nel bagaglio personale sono, nel più breve tempo possibile, trasmessi alla direzione dell'istituto di destinazione, contemporaneamente al fascicolo personale.

Le spese per la spedizione degli oggetti indicati nel comma precedente sono, in ogni caso, sopportate dall'amministrazione fino al limite di dieci chilogrammi di peso e, per l'eccedenza, dal detenuto o dall'internato che sia stato trasferito a sua domanda.

Nel caso di trasferimenti temporanei di breve durata, le disposizioni del quarto, quinto e sesto comma del presente articolo si applicano nella misura richiesta dalle circostanze, considerati anche i desideri dell'interessato.

Art. 79 Richieste per le traduzioni.

Le richieste per le traduzioni, da un istituto all'altro e da un istituto a un luogo esterno di cura e viceversa, sono inoltrate, dalle direzioni degli istituti, all'Arma dei carabinieri, quando si tratta di imputati o di condannati, ovvero all'autorità di pubblica sicurezza, quando si tratta di internati.

Le richieste per gli accompagnamenti e l'assistenza dinanzi all'autorità giudiziaria sono, in ogni caso, inoltrate, dalle direzioni degli istituti, all'Arma dei carabinieri.

L'esecuzione dei servizi indicati nel presente articolo è effettuata dall'Arma dei carabinieri e dalla Polizia di Stato con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti (9).

(9) Così sostituito dall'art. 6, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171). L'ultimo comma, peraltro, è stato poi cosí sostituito dall'art. 22, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 80 Autorità che dispongono i trasferimenti tra istituti o le traduzioni.

I trasferimenti tra istituti dello stesso distretto sono disposti dall'ispettore distrettuale, il quale ne informa immediatamente il Ministero, ad eccezione di quelli preveduti dal comma 5 dell'art. 14-quater della legge e dal comma 9 dell'art. 32-bis del presente regolamento, i quali sono disposti dal Ministero.

I trasferimenti tra istituti di diversi distretti sono disposti dal Ministero.

I trasferimenti degli imputati per motivi diversi da quelli di giustizia sono disposti previo nulla osta dell'autorità giudiziaria che procede.

Quando, sussistendo gravi e comprovati motivi di sicurezza, occorre trasferire gli imputati, il Ministero, dopo aver chiesto il nulla osta all'autorità giudiziaria che procede precisandone i motivi, la durata e la sede di destinazione, può dare anticipata esecuzione al trasferimento, che, comunque, deve essere convalidato dall'autorità giudiziaria procedente.

I trasferimenti o le traduzioni per la comparizione degli imputati alle udienze dibattimentali sono richiesti dall'autorità giudiziaria alle direzioni degli istituti, che vi provvedono senza indugio, informandone il Ministero.

La stessa disposizione si applica ai trasferimenti e alle traduzioni per la comparizione davanti ai tribunali di sorveglianza.

La direzione dell'istituto comunica senza indugio al magistrato di sorveglianza ogni trasferimento definitivo di un detenuto o internato.

I trasferimenti o le traduzioni per motivi di giustizia penale diversi da quelli indicati dal comma 3 ed i trasferimenti o le traduzioni per motivi di giustizia civile sono consentiti solo quando, a giudizio dell'autorità giudiziaria competente, gravi motivi rendono inopportuno il compimento dell'attività da espletare nel luogo dove il detenuto è ristretto.

Soddisfatte le esigenze giudiziarie, il soggetto viene restituito all'istituto di provenienza.

Nei casi di assoluta urgenza, determinata da motivi di salute, il direttore provvede direttamente al trasferimento, informandone immediatamente l'autorità competente.

Il trasferimento dei condannati o degli internati è comunicato al pubblico ministero o al pretore competente per la esecuzione. L'assegnazione preveduta dal secondo comma dell'art. 28 è disposta dal Ministero (10-11).

(10-11) Articolo prima modificato dall'art. 7, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171) e poi cosí sostituito dall'art. 23, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 81 Assistenza nelle traduzioni di detenute e di internate.

Nelle traduzioni delle detenute e delle internate è prestata assistenza da parte del personale femminile che svolge mansioni di custodia negli istituti.

Art. 82 Uso di abiti civili nelle traduzioni.

Nelle traduzioni per comparire di fronte all'autorità giudiziaria i detenuti e gli internati possono indossare abiti civili.

Oltre che nei casi indicati dalla legge, gli abiti civili, nel corso delle traduzioni, possono essere indossati anche dagli internati che, a giudizio del direttore, diano sicuro affidamento.

Art. 83 Trattamento del dimittendo.

Nel periodo che precede la dimissione, possibilmente a partire da sei mesi prima di essa, il condannato e l'internato beneficiano di un particolare programma di trattamento, concretamente orientato verso la risoluzione dei problemi specifici connessi alle condizioni di vita familiare, di lavoro e di ambiente, a cui dovranno andare incontro.

A tal fine, particolare cura è dedicata a discutere con loro le varie questioni che si prospettano e ad esaminare le possibilità che si offrono per il loro superamento.

Per la definizione e l'esecuzione del suddetto programma, la direzione richiede la collaborazione del consiglio di aiuto sociale e del centro di servizio sociale.

Art. 84 Dimissione.

La dimissione dei detenuti e degli internati si attua su ordine scritto della competente autorità giudiziaria.

La dimissione dei condannati che hanno espiato la pena ha luogo nel giorno indicato nel provvedimento, e, quando possibile, nelle ore antimeridiane.

La dimissione degli altri detenuti e degli internati è effettuata non appena la direzione riceve il relativo provvedimento.

Quando all'esito della pena deve seguire una misura di sicurezza detentiva, o viceversa, non si dà corso alla dismissione e si procede, secondo le norme indicate dall'art. 30, alla nuova assegnazione.

Il consiglio di aiuto sociale e il centro di servizio sociale, di intesa fra loro, si adoperano per prendere contatto con il nucleo familiare presso cui il condannato o l'internato andrà a stabilirsi, ai fini degli opportuni interventi.

I dimessi che, a causa di gravi infermità fisiche o di infermità o minorazioni psichiche, abbisognano di ricovero in luogo di cura, sono trasferiti alla più vicina appropriata istituzione ospedaliera.

In caso di intrasportabilità, attestata dal sanitario, la dimissione può essere sospesa e l'infermo rimane nell'istituto dove, compatibilmente con le esigenze di organizzazione generali, gli sono evitate le limitazioni del regime penitenziario.

Della sospensione è data immediata comunicazione, quando si tratta di imputato, all'autorità giudiziaria competente: quando si tratta di condannato o di internato, al magistrato di sorveglianza e, in ogni caso, al Ministero.

Se il dimesso non è in grado di provvedere per suo conto a raggiungere il luogo della sua residenza, il direttore lo munisce, a richiesta, dei necessari titoli di viaggio; se trattasi di persona residente all'estero, vengono forniti i titoli di viaggio necessari per raggiungere il consolato del paese nel quale è residente.

All'atto della dimissione vengono consegnati al soggetto il peculio e gli oggetti di sua proprietà (12).

Il peculio e gli oggetti che non siano stati comunque ritirati dal dimesso sono trattenuti dalla direzione dell'istituto, che provvede, previe opportune ricerche, alla restituzione nel tempo più breve possibile (12).

Trascorso un anno dalla dimissione senza che sia possibile la restituzione, gli oggetto vengono venduti a cura della direzione e il ricavato, unitamente all'eventuale peculio, viene versato alla cassa delle ammende che trattiene la somma in deposito, ai fini della restituzione all'interessato (12).

(12) Comma aggiunto dell'art. 8, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 maggio 1977, n. 171).

Art. 85 Provvedimenti in caso di evasione.

In caso di evasione di un detenuto o di un internato, la direzione ne dà immediata notizia alle locali autorità di polizia, alla procura della Repubblica, al magistrato di sorveglianza e al Ministero, provvedendo, contemporaneamente, ad attuare, a mezzo del personale dipendente, le prime ricerche.

I beni dell'evaso, che non sia stato catturato, vengono trattenuti per un anno, e successivamente, venduti a cura della direzione. Il ricavato entra a far parte di un fondo sul quale viene versato anche l'eventuale peculio.

Il fondo è depositato a cura della direzione presso la Cassa depositi e prestiti.

All'atto del rientro dell'evaso in istituto, la direzione che ha effettuato il deposito dispone lo svincolo del deposito e ne richiede la restituzione.

La somma restituita entra a far parte del peculio.

Nel caso in cui il soggetto deceda durante lo stato di evasione, la direzione dell'istituto, a richiesta degli eredi o di altri aventi diritto che abbiano provato tale loro qualità ai sensi del quarto comma dell'art. 87, autorizza la Cassa depositi e prestiti a versare direttamente agli aventi diritto la somma depositata secondo le loro spettanze.

Art. 86 Indicazioni negli atti dello stato civile.

Negli atti dello stato civile, preveduti dal primo comma dell'art. 44 della legge, devono essere indicati la strada e il numero civico dell'istituto ove il fatto si è verificato, omettendo ogni altro riferimento.

Art. 87 Provvedimenti in caso di decesso.

Nel caso di morte di un detenuto o di un internato, il sanitario, fatte le constatazioni di legge, presenta rapporto alla direzione.

La direzione, contemporaneamente alla trasmissione della notizia del decesso alle autorità prevedute dal secondo comma dell'art. 44 della legge, fa denuncia di morte all'ufficiale di stato civile.

I beni del defunto sono inventariati e copia dell'inventario è inviata al sindaco del comune di origine o di residenza, per le notificazioni agli eredi.

I beni sono consegnati agli eredi o agli altri aventi diritto, quando essi abbiano provato tale loro qualità.

Questa prova può essere data nei modi preveduti dagli artt. 20, 21 e 22 del R.D. 20 maggio 1940, n. 775, modificato dal D.P.R. 21 dicembre 1955, n. 1509.

Decorso un anno dalla morte, senza che gli eredi o gli altri aventi diritto abbiano ritirato i beni, questi vengono trasmessi alla pretura del luogo, per la devoluzione successoria.

Se si tratta di detenuti o di internati stranieri o italiani nati all'estero o di cui non si conosca il luogo di nascita, notizia del decesso è data al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma.

Qualora alla sepoltura della salma non sia provveduto da parte dei congiunti, si provvede a cura e spese dell'amministrazione.

Art. 88 Intervento della Polizia di Stato e delle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza.

Qualora si verifichino disordini collettivi con manifestazioni di violenza o tali da far ritenere che possano degenerare in manifestazioni di violenza, il direttore dell'istituto, che non sia in grado di intervenire efficacemente con il personale a disposizione, richiede l'intervento della Polizia di Stato e delle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza, informandone immediata mente il magistrato di sorveglianza, l'ispettore distrettuale e il Ministero (12/a).

(12/a) Così sostituito dall'articolo unico, D.P.R. 29 ottobre 1984, n. 806 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1984, n. 334).

Capo V

Assistenza

Art. 89 Assistenza delle famiglie.

Nell'azione di assistenza alle famiglie dei detenuti e degli internati, preveduta dall'art. 45 della legge, particolare cura è rivolta alla situazione di crisi che si verifica nel periodo che segue immediatamente la separazione dal congiunto.

In tale situazione, deve essere fornito ai familiari, specialmente di età minore, sostegno morale e consiglio per aiutarli a far fronte al trauma affettivo, senza trascurare i problemi pratici e materiali eventualmente causati dall'allontanamento del congiunto.

Particolare cura è, altresì, rivolta per aiutare le famiglie dei detenuti e degli internati nel periodo che precede il loro ritorno.

Art. 90 Integrazione degli interventi nell'assistenza alle famiglie e ai dimessi.

Nello svolgimento degli interventi a favore delle famiglie dei detenuti e degli internati e di quelli a favore dei dimessi, il centro di servizio sociale e il consiglio di aiuto sociale mantengono contatti con gli organi locali competenti per la assistenza e con gli enti pubblici e privati, che operano nel settore.

Ai detti organi ed enti sono rappresentate le speciali esigenze dell'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria e il modo più appropriato per tenerle presenti nei loro programmi.

Capo VI

Misure alternative alla detenzione e remissione del debito

Art. 91 Affidamento in prova al servizio sociale.

Fuori dell'ipotesi in cui il condannato si trovi in libertà, l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è presentata al direttore dell'istituto, il quale la trasmette al tribunale di sorveglianza, unitamente a copia della cartella personale.

Analogamente il direttore provvede per la trasmissione della proposta del consiglio di disciplina. Nell'ordinanza deve essere indicato l'ufficio di sorveglianza nella cui giurisdizione dovrà svolgersi la prova.

Non appena l'ordinanza di affidamento è divenuta esecutiva, la cancelleria del tribunale di sorveglianza invia l'ordinanza e gli atti relativi alla cancelleria dell'ufficio di sorveglianza competente per la prova e copia dell'ordinanza alla direzione dell'istituto nel quale il condannato si trova e a quella del centro di servizio sociale del luogo ove si svolgerà la prova, provvedendo, altresí, a darne comunicazione al pubblico ministero o al pretore competente per l'esecuzione.

L'ordinanza di affidamento ha effetto se l'interessato sottoscrive il verbale preveduto dal comma 5 dell'art. 47 della legge, con l'impegno a rispettare le prescrizioni in esso contenute.

Dalla data di sottoscrizione del verbale ha inizio l'affidamento in prova al servizio sociale.

Il verbale è sottoscritto davanti al direttore dell'istituto nel quale il condannato trovasi detenuto o davanti al direttore del centro di servizio sociale indicato nel comma 2 se il condannato non trovasi ristretto in istituto.

L'affidato raggiunge il luogo in cui dovrà svolgersi la prova libero nella persona.

Se nel corso della prova l'interessato richiede che l'esperimento sia proseguito in località situata in altra giurisdizione e ciò risulti conveniente, il magistrato di sorveglianza trasmette la richiesta, corredata di parere, al tribunale di sorveglianza in cui il suo ufficio si trova, il quale decide sulla stessa senza formalità di procedura.

La cancelleria del tribunale comunica la decisione all'interessato, alle cancellerie dell'ufficio di sorveglianza che ha inoltrato la richiesta e di quello nella cui giurisdizione la prova dovrà continuare a svolgersi e al centro di servizio sociale competente.

Il fascicolo degli atti concernenti l'affidamento viene trasmesso al magistrato di sorveglianza competente.

L'affidato raggiunge il luogo in cui dovrà proseguire la prova libero nella persona.

In caso di rigetto della richiesta, il provvedimento è comunicato al magistrato che l'ha trasmessa, il quale provvede a darne notizia all'interessato.

Il direttore del centro di servizio sociale designa un assistente sociale appartenente al centro affinché provveda all'espletamento dei compiti indicati nel comma 9 dell'art. 47 della legge, avvalendosi anche della collaborazione di volontari, che operano sotto la sua diretta responsabilità.

Il centro di servizio sociale riferisce al magistrato di sorveglianza le notizie indicate nel comma 10 dell'art. 47 della legge, almeno ogni tre mesi.

Il magistrato di sorveglianza può, in ogni tempo, convocare il soggetto sottoposto a prova e chiedere informazioni all'assistente sociale di cui al comma precedente.

Il magistrato di sorveglianza, tenuto anche conto delle informazioni del centro di servizio sociale, provvede se necessario alla modifica delle prescrizioni, con decreto motivato, dandone notizia al tribunale di sorveglianza ed al centro di servizio sociale.

Quando il magistrato di sorveglianza ritiene che sussistano le condizioni per la revoca dell'affidamento indicate nel comma 11 dell'art. 47 della legge, trasmette immediatamente al tribunale di sorveglianza proposta di revoca, accompagnata da un circostanziato rapporto.

Il tribunale procede all'accoglimento o al rigetto della proposta di revoca con le forme prevedute dagli articoli 71 e seguenti della legge (12/b).

(12/b) Cosí sostituito dall'art. 24, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 91bis. Affidamento in prova in casi particolari.

Qualora il condannato tossicodipendente e alcooldipendente richieda l'affidamento in prova preveduto dall'art. 47-bis della legge dopo che l'ordine di carcerazione è stato eseguito, la relativa domanda è presentata al direttore dell'istituto, il quale la trasmette senza ritardo al pubblico ministero o al pretore competente per l'esecuzione.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di affidamento in prova al servizio sociale prevedute dall'art. 91 (12/c).

(12/c) Aggiunto dall'art. 25, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Arti 91 ter. Detenzione domiciliare.

La detenzione domiciliare ha inizio dal giorno in cui è notificato il provvedimento esecutivo che la dispone.

Nell'ordinanza di concessione della detenzione domiciliare deve essere indicato l'ufficio di sorveglianza nella cui giurisdizione dovrà essere eseguita la misura.

Nei casi preveduti dai numeri 1), 2) e 3) del comma 1 dell'art. 47-ter della legge e fatto salvo quanto previsto dal secondo comma, lettera c), dell'art. 71 del presente regolamento, la detenzione domiciliare può essere concessa dal tribunale di sorveglianza anche su segnalazione della direzione dell'istituto (12/c).

(12/c) Aggiunto dall'art. 25, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art 92 Regime di semilibertà.

Fuori dell'ipotesi di cui al comma 6 dell'art. 50 della legge, per l'inoltro delle richieste e delle proposte di ammissione al regime di semilibertà si applicano le disposizioni del primo comma dell'articolo 91.

Non appena l'ordinanza di ammissione al regime di semilibertà è esecutiva, la cancelleria del tribunale di sorveglianza provvede ad inviarne copia alla cancelleria dell'ufficio di sorveglianza ed alle direzioni dell'istituto penitenziario e del centro di servizio sociale.

Nei confronti del condannato e dell'internato ammesso al regime di semilibertà è formulato un particolare programma di trattamento, che deve essere redatto entro cinque giorni, anche in via provvisoria dal solo direttore, e che è approvato dal magistrato di sorveglianza.

Nel programma sono dettate le prescrizioni che il condannato o internato si dovrà impegnare, per iscritto, ad osservare durante il tempo da trascorrere fuori dall'istituto, anche in ordine ai rapporti con la famiglia e con il servizio sociale, nonché quelle relative all'orario di uscita e di rientro.

Quando la misura deve essere eseguita in luogo diverso, il soggetto lo raggiunge libero nella persona, munito di una copia del programma provvisorio di trattamento.

La responsabilità del trattamento resta affidata al direttore, che si avvale del centro di servizio sociale per la vigilanza e l'assistenza del soggetto nell'ambiente libero. Nei casi in cui all'art. 51 della legge, il direttore riferisce al tribunale ed al magistrato di sorveglianza.

L'ammesso al regime di semilibertà deve dare conto al personale dell'istituto, appositamente incaricato, dell'uso del denaro di cui è autorizzato a disporre.

Nel caso di mutamento dell'attività di cui al primo comma dell'art. 48 della legge o se la misura deve essere proseguita in località situata in altra giurisdizione, si applicano le disposizioni di cui al comma 5 dell'art. 91.

Il direttore dell'istituto di provenienza informa dell'arrivo del semilibero l'istituto di destinazione.

L'interessato viene subito ammesso al regime di semilibertà nel nuovo istituto secondo il programma di trattamento già redatto, con le eventuali modifiche.

Per il semilibero ricoverato in luogo esterno di cura ai sensi dell'art. 11, secondo comma, della legge non è disposto piantonamento. Sezioni autonome di istituti per la semilibertà possono essere ubicate in edifici o in parti di edifici di civile abitazione (12/d).

(12/d) CosŸ sostituito dall'art. 26, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 92 bis. Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà.

Qualora venga eseguito un ordine di carcerazione nei confronti di un condannato sottoposto ad una delle misure alternative alla detenzione prevedute dall'articolo 51-bis della legge, il direttore dell'istituto, o il direttore del centro di servizio sociale competente, informato dalla direzione dell'istituto o comunque a conoscenza dell'avvenuta notifica dell'ordine di carcerazione, ne dà immediata notizia al magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti di cui all'art. 51-bis della legge.

Il magistrato di sorveglianza dispone senza indugio la prosecuzione provvisoria della misura in corso o la sospensione della stessa, informandone l'interessato, la direzione dell'istituto, la direzione del centro di servizio sociale competente, la polizia giudiziaria che ha eseguito l'ordine e l'autorità giudiziaria che ha emanato l'ordine di carcerazione.

Il provvedimento di prosecuzione provvisoria viene comunicato anche a mezzo telegramma al pubblico ministero o al pretore che ha emesso l'ordine di carcerazione (12/e).

(12/e) Aggiunto dall'art. 27, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 92 ter. Sospensione cautelare delle misure alternative alla detenzione.

Al fine della decisione di cui all'art. 51-ter della legge, gli organi competenti per il trattamento dei semiliberi e degli affidati in prova e per la vigilanza dei sottoposti alla detenzione domiciliare, quando rilevano una condotta ritenuta tale da giustificare l'intervento del magistrato di sorveglianza, informano il medesimo con urgenza e, se necessario, per mezzo del telefono o del telegrafo.

Il magistrato di sorveglianza, richiesti i chiarimenti necessari, provvede al più presto.

Nel caso di sospensione della misura alternativa alla detenzione, il decreto viene immediatamente eseguito dalla polizia giudiziaria, la quale redige apposito verbale che trasmette al magistrato di sorveglianza.

Il magistrato di sorveglianza trasmette senza indugio gli atti al tribunale di sorveglianza, per i provvedimenti di sua competenza (12/e).

(12/e) Aggiunto dall'art. 27, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 93 Licenze.

Al condannato ammesso al regime di semilibertà e all'internato in ogni caso, a cui viene concessa licenza, è consegnato dalla direzione parte del peculio disponibile in relazione alle esigenze alle quali egli dovrà far fronte nel corso della licenza stessa.

Per le spese di viaggio necessarie a raggiungere il luogo in cui la licenza deve trascorrersi, si applica l'ultimo comma dell'art. 84.

Il soggetto deve raggiungere direttamente la sede di destinazione e presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza per la certificazione del giorno e dell'ora dell'arrivo.

Analogamente, al momento del rientro, deve munirsi di certificazione del giorno e dell'ora di partenza.

Art. 94 Riduzioni di pena per la liberazione anticipata.

Per l'inoltro delle richieste e delle proposte per la concessione del beneficio preveduto dall'art. 54 della legge; si applicano le disposizioni del primo comma dell'art. 91 del presente regolamento.

La partecipazione del condannato all'opera di rieducazione è valutata con particolare riferimento all'impegno dimostrato nel trarre profitto dalle opportunità offertegli nel corso del trattamento, all'atteggiamento manifestato nei confronti degli operatori penitenziari e alla qualità dei rapporti intrattenuti con i compagni e con i familiari.

Il pubblico ministero o il pretore competenti per l'esecuzione comunica alla sezione di sorveglianza la sentenza di condanna inflitta al soggetto per delitto non colposo commesso durante l'esecuzione della pena.

Art. 94 bis. Liberazione condizionale.

Il direttore trasmette senza indugio al tribunale di sorveglianza la domanda o la proposta di liberazione condizionale corredata della copia della cartella personale e dei risultati della osservazione della personalità, se già espletata.

L'ordinanza esecutiva di concessione della liberazione condizionale è comunicata al magistrato di sorveglianza del luogo dove si esegue la libertà vigilata e al direttore del centro di servizio sociale competente.

Nell'ordinanza è fissato il termine massimo entro il quale, dopo la scarcerazione, l'interessato dovrà presentarsi all'ufficio di sorveglianza del luogo dove si esegue la libertà vigilata. Il magistrato di sorveglianza, in caso di accertata violazione delle prescrizioni, trasmette al tribunale di sorveglianza la proposta di revoca della liberazione condizionale (12/f).

(12/f) Aggiunto dall'art. 28, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 95 Intervento del servizio sociale nella libertà vigilata.

Copia delle prescrizioni del magistrato di sorveglianza, oltre che alle autorità, agli istituti e alle persone indicati nel primo comma dell'art. 649 del codice di procedura penale, è comunicata al centro di servizio sociale a cui è affidato il compito di aiutare il soggetto ai fini del suo reinserimento.

Il centro riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sui risultati degli interventi effettuati.

Art. 96 Remissione del debito.

Ai fini della remissione del debito per spese di procedimento e di mantenimento, il magistrato di sorveglianza tiene conto, per la valutazione della condotta del soggetto, oltre che degli elementi di sua diretta conoscenza, anche delle annotazioni contenute nella cartella personale, con particolare riguardo all'evoluzione della condotta del soggetto (13).

Per l'accertamento delle condizioni economiche, il magistrato di sorveglianza si avvale della collaborazione del consiglio di aiuto sociale del luogo di residenza del dimesso e può chiedere informazioni agli organi finanziari.

La presentazione della proposta o della richiesta sospende la procedura di esecuzione, per il pagamento delle spese del procedimento, eventualmente in corso.

A tal fine, la cancelleria dell'ufficio di sorveglianza dà notizia della avvenuta presentazione dell'istanza o della proposta alla cancelleria del giudice della esecuzione.

Alla medesima cancelleria viene comunicata l'ordinanza di accoglimento o di rigetto.

Dalla richiesta di remissione del debito concernente le spese di mantenimento viene data comunicazione anche alla direzione dell'istituto da cui il detenuto o l'internato è stato dimesso.

A seguito di questa comunicazione, o contemporaneamente alla proposta di remissione del debito, la direzione dell'istituto che non abbia ancora provveduto, non dà corso alla procedura per il recupero delle spese di mantenimento.

L'ordinanza di accoglimento o di rigetto viene comunicata alla direzione competente.

A seguito della comunicazione dell'ordinanza di rigetto viene dato corso alla procedura sospesa o non ancora iniziata.

(13) L'attuale primo comma, prima sostituito dall'art. 9, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 431), sostituisce i primi due commi per effetto dell'art. 29, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 96 bis. Comunicazioni all'organo dell'esecuzione.

Il dispositivo dei provvedimenti esecutivi del tribunale di sorveglianza che incidono sulla durata della pena, o comunque sulla data in cui la stessa deve avere inizio o termine, è comunicato senza ritardo, a cura del cancelliere presso il tribunale medesimo, al pubblico ministero o al pretore competente per l'esecuzione della sentenza di condanna.

Quando contro i provvedimenti indicati nel comma 1 sia stato proposto ricorso per cassazione, il cancelliere della corte comunica entro tre giorni dalla decisione il relativo dispositivo al cancelliere del tribunale di sorveglianza che ha pronunciato il provvedimento impugnato, il quale provvede a norma del comma 1 (13/a).

(13/a) Aggiunto dall'art. 30, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 96 ter. Rinvio dell'esecuzione delle pene detentive.

Il pubblico ministero o il pretore competente per l'esecuzione, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, il direttore dell'istituto penitenziario e il direttore del centro di servizio sociale, quando abbiano notizia di talune delle circostanze che, ai sensi degli articoli 146 e 147, comma 1, numeri 2) e 3), del codice penale, consentono il rinvio dell'esecuzione della pena, ne informano senza ritardo il tribunale di sorveglianza competente e il magistrato di sorveglianza (13/a).

(13/a) Aggiunto dall'art. 30, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 96 quater. Pareri sulla domanda o proposta di grazia.

Il magistrato di sorveglianza nella cui giurisdizione si trova il condannato esprime il proprio motivato parere sulla domanda o proposta di grazia entro più breve tempo possibile, dopo aver assunto gli opportuni elementi presso la direzione dell'istituto o del centro di servizio sociale (13/a).

TITOLO II

Disposizioni relative all'organizzazione penitenziaria

Capo I

Istituti penitenziari

Art. 97 Esecuzione di pene in istituti di categoria diversa.

Per le esigenze prevedute dal terzo comma dell'art. 61 della legge, può essere disposta l'assegnazione di condannati alla pena dell'arresto o di condannati alla pena della reclusione a case mandamentali o circondariali iri località dove non esiste istituto o sezione di casa di arresto o di reclusione.

Nelle case mandamentali possono essere assegnati i condarinati alla pena dell'arresto nonché i condannati alla pena della reclusione per un tempo non superiore a un anno o con un residuo di pena non superiore a un anno.

Nelle case circondariali possono essere assegnati i condannati alla pena dell'arresto nonché i condannati alla pena della reclusione per un tempo non superiore a tre anni o con un residuo di pena non superiòre a tre anni.

Per le medesime esigenze indicate nel primo comma del presente articolo, possono essere assegnati nelle case di arresto i condannati alla pena della reclusione non superiore a un anno.

Le assegnazioni prevedute nel presente articolo sono disposte dal Ministero. L'esecuzione della pena dell'ergastolo si effettua nelle case di reclusione.

Art. 98 Ospedali psichiatrici giudiziari, case di cura e custodia, istituti e sezioni speciali per infermi e minorati fisici e psichici.

Alla direzione degli ospedali psichiatrici giudiziari, salvo quanto disposto dal successivo art. 100, nonché delle case di cura e custodia e degli istituti o sezioni speciali per soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche è preposto personale del ruolo tecnico-sanitario degli istituti di prevenzione e di pena.

Gli operatori professionali e volontari che svolgono la loro attività nelle case di cura e custodia, negli ospedali psichiatrici giudiziari e negli istituti o nelle sezioni per infermi e minorati psichici sono selezionati e qualificati con particolare riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei soggetti ivi ospitati.

Agli ospedali psichiatrici giudiziari sono assegnati, oltre a coloro nei cui confronti è applicata, in via definitiva o provvisoria, la misura di sicurezza preveduta dal n. 3) del secondo comma dell'art. 215 del codice penale, anche gli imputati sottoposti a perizia psichiatrica nell'ipotesi preveduta dal numero 1 del secondo comma dell'art. 318 del codice di procedura penale, nonché gli imputati, i condannati e gli internati che vengono a trovarsi, rispettivamente, nelle condizioni prevedute dagli articoli 88 del codice di procedura penale, 148, 206 e 212, secondo comma, del codice penale.

Alle case di cura e custodia sono assegnati, oltre a coloro nei cui confronti è applicata, in via definitiva o provvisoria, la misura di sicurezza preveduta dal n. 2) del secondo comma dell'art. 215 del codice penale, anche gli imputati e gli internati che vengono a trovarsi, rispettivamente, nelle condizioni prevedute dagli articoli 206 e 212, secondo comma, del codice penale.

Gli imputati e i condannati, ai quali nel corso della misura detentiva sopravviene una infermità psichica che non comporti, rispettivamente, l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in manicomio giudiziario o l'ordine di ricovero in manicomio giudiziario o in casa di cura e custodia, sono assegnati a un istituto o sezione speciale per infermi e minorati psichici.

La direzione dell'ospedale psichiatrico giudiziario o della casa di cura e custodia informa mensilmente le autorità giudiziarie competenti sulle condizioni psichiche dei soggetti ricoverati ai sensi degli articoli 148, 206 e 212, secondo comma, del codice penale e 88 del codice di procedura penale.

I soggetti condannati a pena diminuita per vizio parziale di mente sono assegnati, per l'esecuzione della pena, agli istituti o sezioni speciali per soggetti affetti da infermità o minorazioni psichiche.

Art. 99 Accertamento delle infermità psichiche.

L'accertamento delle condizioni psichiche degli imputati, dei condannati e degli internati, ai fini dell'adozione dei provvedimenti preveduti dagli articoli 148, 206, 212, secondo comma, del codice penale e 88 del codice di procedura penale e dal comma quarto del precedente articolo, è disposto, su segnalazione della direzione dell'istituto o di propria iniziativa, nei confronti degli imputati, dall'autorità giudiziaria che procede, e, nei confronti dei condannati e degli internati, da parte del magistrato di sorveglianza.

L'accertamento è espletato nel medesimo istituto in cui il soggetto si trova o, in caso di insufficienza di quel servizio diagnostico, in altro istituto della medesima categoria.L'autorità giudiziaria che procede o il magistrato di sorveglianza possono, per particolari motivi, disporre che l'accertamento sia svolto presso un ospedale psichiatrico giudiziario, una casa di cura e custodia o in un istituto o sezione per infermi o minorati psichici, ovvero presso un ospedale psichiatrico civile.

Il soggetto non può comunque permanere in osservazione per un periodo di tempo superiore a trenta giorni.

All'esito dell'accertamento, l'autorità giudiziaria che procede o il magistrato di sorveglianza, ove non adotti uno dei provvedimenti preveduti dagli articoli 148, 206, 212, secondo comma, del codice penale e 88 del codice di procedura penale o dal quarto comma del precedente articolo, dispone il rientro nell'istituto di provenienza.

Art. 100 Convenzioni con ospedali psichiatrici civili.

L'amministrazione penitenziaria può stipulare apposite convenzioni con ospedali psichiatrici civili per il ricovero di soggetti destinati ad ospedali psichiatrici giudiziari, previe intese con la regione competente e secondo gli indirizzi del Ministero della sanità.

Nei confronti dei detenuti e degli internati ricoverati presso gli ospedali psichiatrici civili, si applicano tutte le norme di legge e di regolamento prevedute per le loro categorie giuridiche di appartenenza.

Art. 101 Coordinamento delle attività di ricerca dei centri di osservazione.

L'attività di ricerca scientifica, svolta dai centri di osservazione, è diretta all'analisi e alla valutazione dei metodi di osservazione e di trattamento ed è coordinata dal Ministero.

Art.102 Differenziazione degli istituti.

Nel territorio di ciascuna regione e nell'ambito delle categorie di istituti di cui ai numeri 2) e 3) dell'art. 59 della legge, è realizzata una differenziazione degli istituti stessi, rispondente ai criteri indicati nel secondo comma dell'art. 14 della legge.

Possono essere realizzati, per sezioni sufficientemente autonome di uno stesso istituto, tipi differenziati di trattamento.

Le esigenze dei vari gruppi di condannati e di internati, nonché l'individuazione dei tipi di trattamento adeguati a rispondere ad esse sono desunte dall'analisi delle caratteristiche della popolazione penitenziaria, integrata da rilevazioni sull'andamento della criminalità e sugli atteggiamenti della collettività al riguardo.

L'idoneità dei programmi di trattamento a perseguire le finalità della rieducazione è verificata con appropriati metodi di ricerca valutativa.

Art. 103 Accesso di ministri di culto agli istituti.

I ministri del culto cattolico, diversi dai cappellani, e quelli indicati nell'ultimo comma dell'art. 55 sono autorizzati dal direttore, su richiesta di singoli detenuti o internati, ad accedere all'istituto, per attività del loro ministero, previo accertamento della loro qualità.

Art. 104 Visite agli istituti.

Le visite devono svolgersi nel rispetto della personalità dei detenuti e degli internati.

Non sono consentite, in loro presenza, osservazioni sulla vita dello stituto.

Non può essere comunicato alcun particolare concernente singoli imputati a persone diverse dai magistrati che procedono. I visitatori sono accompagnati dal direttore o da persona da lui delegata.

Il Ministero può autorizzare persone diverse da quelle indicate nell'art. 67 della legge ad accedere agli istituti, fissando le modalità della visita.

Capo II

Servizio sociale e assistenza

Art 105 Centro di servizio sociale.

Presso i centri di servizio sociale, oltre al personale della carriera direttiva degli assistenti sociali e a quello della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, è addetto personale delle altre carriere di concetto e di quella esecutiva, nonché personale operaio dell'amministrazione penitenziaria.

Nell'ambito del centro di servizio sociale sono organizzati servizi di segreteria, di ragioneria e di archivio.

Il centro di servizio sociale è ubicato in appositi locali.

Il direttore del centro assegna al personale il compimento delle attività, mediante una ripartizione del lavoro fra i vari settori d'intervento preveduti dalla legge; impartisce istruzioni e disposizioni per l'espletamento dei compiti affidati e ne cura il coordinamento e la supervisione tecnica.

Le persone che desiderano collaborare con i centri di servizio sociale nei settori di attività indicati nell'ultimo comma dell'art. 78 della legge operano secondo le direttive del direttore del centro, sotto la sua diretta responsabilità o quella dell'assistente sociale da lui designato.

Art. 106 Consiglio di aiuto sociale.

Gli uffici del consiglio di aiuto sociale sono ubicati presso il tribunale del capoluogo del circondario.

Nell'ambito del consiglio sono organizzati servizi di segreteria, di cassa e di archivio.

I compiti relativi ai detti servizi sono affidati a impiegati delle carriere delle cancellerie, in servizio presso il tribunale, incaricati dal presidente.

Essi prestano la loro opera gratuitamente.

Dell'opera prestata dai predetti impiegati è presa nota nei loro fascicoli personali ai fini della formulazione dei giudizi complessivi annuali.

La composizione del consiglio è attuata, per la durata di un triennio, con provvedimento del presidente del tribunale che è comunicato al Ministero.

Il consiglio si riunisce due volte all'anno per deliberazioni in ordine al bilancio di previsione, alla programmazione degli interventi e al rendiconto e si riunisce, inoltre, ogni qualvolta occorra provvedere su affari di particolare rilievo.

Il presidente distribuisce, tra i vari componenti, la cura delle attività indicate negli articoli 75 e 76 della legge.

Nello svolgimento di tali attività, i componenti del consiglio di aiuto sociale mantengono gli opportuni collegamenti con gli ispettori distrettuali, le direzioni degli istuiti e dei ccntri di servizio sociale.

Essi riferiscono a presidente e al consiglio sulle attività svolte, sui risultati conseguiti e sui problemi emersi, anche al fine della programmazione degli ulteriori interventi.

I componenti del comitato per l'occupazione degli assistiti prestano la loro opera gratuitamente.

Il presidente del consiglio di aiuto sociale riferisce al Ministero sull'attività del consiglio e del comitato e trasmette al Ministero stesso copie del bilancio preventivo e del rendiconto annuali.

Il consiglio di aiuto sociale coordina le attività che gli enti, le associazioni pubbliche e private e le persone svolgono nel settore della assistenza penitenziaria e post-penitenziaria; può chiedere al Ministero l'assegnazione di contributi per lo svolgimento di dette attività, riferendo in merito alle attività stesse.

All'assegnazione di detti contributi e di quelli necessari per le attività che svolgono direttamente i consigli di aiuto sociale provvede, con periodicità semestrale, il Ministero, avvalendosi dei fondi preveduti dal quinto comma, numeri 1), 2), 3) e 4), dell'art. 74 della legge (14).

Il Ministero ripartisce i contributi, avendo riguardo alle attività dei consigli di aiuto sociale e ai mezzi economici di cui dispongono.

(14) Comma così sostituito dall'art. 31, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 107 Assistenti volontari.

L'autorizzazione preveduta dal primo comma dell'art. 78 della legge è data a coloro che dimostrano interesse e sensibilità per la condizione umana dei sottoposti a misure privative e limitative della libertà ed hanno dato prova di concrete capacità nell'assistenza a persone in stato di bisogno.

Nel provvedimento di autorizzazione è specificato il tipo di attività che l'assistente volontario può svolgere e, in particolare, se egli è ammesso a frequentare uno o più istituti penitenziari o a collaborare con i centri di servizio sociale.

L'autorizzazione ha durata annuale e può essere rinnovata.

Se l'assistente volontario si rivela inidoneo al corretto svolgimento dei suoi compiti, il direttore dell'istituto o del centro di servizio sociale sospende l'autorizzazione e ne chiede la revoca al Ministero, dandone comunicazione al magistrato di sorveglianza.

PARTE II

Amministrazione e contabilità della cassa delle ammende (14/a)

Art. 108 Consiglio di amministrazione della cassa delle ammende.

La cassa è amministrata da un consiglio composto:

a) dal direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena, o da un suo delegato, con funzioni di presidente;

b) da un rappresentante del Ministero del tesoro;

c) da un rappresentante del Ministero dell'interno.

Le funzioni di segretario sono esercitate da un funzionario della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena. Per ciascun componente del consiglio è nominato un supplente. Nessuna indennità o retribuzione è dovuta alle persone suddette (14/b).

(14/a) Rubrica così modificata dall'art. 32, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

(14/b) Così sostituito dall'art. 33, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 109 Conto depositi e conto patrimoniale.

La dotazione della cassa delle ammende è costituita dal conto depositi e dal conto patrimoniale.

Al conto depositi affluiscono tutti i versamenti effettuati a titolo provvisorio o cauzionale.

Al conto patrimoniale sono versate le somme immediatamente devolute alla cassa stessa e quelle realizzate dai depositi, di cui è stato disposto l'incameramento.

[La dotazione della cassa per il soccorso e la assistenza alle vittime del delitto è costituita dal solo conto patrimoniale] (14/c).

(14/c) Comma abrogato dall'art. 34, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art 110 Fondi patrimoniali e depositi cauzionali.

I fondi patrimoniali e i depositi cauzionali della cassa delle ammende sono depositati in conto fruttifero presso la Cassa depositi e prestiti.

Salvo quanto previsto dal comma 3 del presente articolo, le somme dovute alla cassa delle ammende devono essere versate integralmente, agli uffici del registro, che sono tenuti a commutare dette somme, presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, in vaglia del tesoro intestato al tesoriere centrale, cassiere della cassa depositi e prestiti, per l'accreditamento, sul conto corrente speciale intestato alla cassa delle ammende. I

vaglia del tesoro rilasciati dalle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato agli uffici del registro devono essere rimessi agli uffici giudiziari interessati.

Le somme dovute alla cassa delle ammende dagli istituti di prevenzione e di pena devono essere versate direttamente alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato che sono tenute a commutare dette somme in vaglia del tesoro intestato al tesoriere centrale, cassiere della Cassa depositi e prestiti, per l'accreditamento, sul conto corrente speciale intestato alla cassa delle ammende.

Le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato rilasciano i vaglia del tesoro agli istituti di prevenzione e di pena che ne hanno fatto richiesta. Gli uffici giudiziari e le direzioni degli istituti di prevenzione e di pena inoltrano tempestivamente i vaglia del tesoro alla cassa delle ammende, presso il Ministero di grazia e giustizia - Direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, con lettera esplicativa della causale di ciascun versamento (14/d).

(14/d) Cosí sostituito prima dall'art. 10, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171) e poi dall'art. 35, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157) e corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 24 luglio 1989, n. 171.

Art. 111 Versamenti delle somme.

Le somme dovute alla cassa delle ammende sono versate a cura degli uffici interessati (14/e).

(14/e) Cosí sostituito dall'art. 36, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 112 Accreditamenti delle somme.

La cassa delle ammende rilascia quietanza agli uffici giudiziari e agli istituti di prevenzione e di pena che hanno provveduto ad inoltrare i vaglia del tesoro.

La cassa delle ammende provvede, quindi, alle operazioni di accreditamento degli importi dei vaglia sul conto corrente ad essa intestato presso la Cassa depositi e prestiti con distinta separata, versando i vaglia stessi alla tesoreria centrale dello Stato.

Dopo tali operazioni, le somme diventano fruttifere e gli interessi vengono liquidati dalla cassa depositi e prestiti e portati in aumento dei crediti del conto corrente il 30 giugno ed il 31 dicembre di ogni anno (14/f).

(14/f) Cosí sostituito dall'art. 37, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 113 Depositi di titoli di Stato o garantiti dallo Stato.

I depositi costituiti in titoli di Stato o garantiti dallo Stato sono effettuati direttamente presso la cassa delle ammende che, previo nulla osta all'introito da parte della Cassa depositi e prestiti, li trasmette alla tesoreria centrale (15).

Il valore nominale o attuale del deposito è indicato nel provvedimento dell'autorità giudiziaria.

(15) Comma così sostituito dall'art. 11, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).

Art. 114 Estratto del conto corrente.

La Cassa depositi e prestiti ha l'obbligo di trasmettere semestralmente alla cassa delle ammende, presso la direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, l'estratto del conto corrente, unitamente alle comunicazioni relative alle operazioni effettuate direttamente (15/a).

(15/a) Cosí sostituito dall'art. 38, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 115 Disposizioni dell'autorità giudiziaria.

L'autorità giudiziaria dispone l'incameramento in conto patrimonio dei depositi costituiti presso la cassa delle ammende o la restituzione ai titolari, previa detrazione dell'ammontare delle spese di giustizia e di mantenimento in carcere, da devolversi all'erario.

Art. 116 Assistenza dei minori orfani a causa del delitto (ABROGATO).

L'assistenza a favore dei minori orfani a causa del delitto si attua attraverso interventi psico-pedagogici, rette di ricovero o sussidi.

A tal fine, il consiglio di aiuto sociale può corrispondere contributi ad enti o persona che curano il mantenimento e la educazione dei minori (15/b).

(15/b) Abrogato dall'art. 39, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 117 Erogazione di fondi.

I fondi della cassa delle ammende sono erogati con delibere del consiglio di amministrazione ai consigli di aiuto sociale a titolo di contributo per i loro compiti istituzionali nei limiti degli stanziamenti fissati nello stato di previsione per l'anno finanziario di competenza.

L'esecuzione di dette delibere è effettuata con mandati di pagamento emessi dal presidente del consiglio di amministrazione della cassa delle ammende e trasmessi alla Cassa depositi e prestiti, la quale cura l'accreditamento sui conti correnti postali dei consigli di aiuto sociale, tramite le competenti sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.

Dell'avvenuto accreditamento, la Cassa depositi e prestiti dà comunicazione alla cassa delle ammende per gli opportuni riscontri contabili (15/c).

(15/c) Cosí sostituito dall'art. 40, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art. 118 Bilancio.

Il bilancio di previsione ed il conto consuntivo della cassa delle ammende sono approvati con decreti del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro (15/d).

(15/d) Cosí sostituito dall'art. 41, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

PARTE III

Disposizioni finali e transitorie

Art. 119 Incaricati giornalieri.

Il Ministero conferisce direttamente gli incarichi preveduti dal secondo comma dell'art. 80 della legge.

Al conferimento degli incarichi si provvede a seguito di accertamento dell'idoneita del richiedente ad assolvere i compiti relativi.

A tal fine, una commissione composta dal direttore dell'ufficio del personale civile della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, che la presiede, da un dirigente superiore e da un primo dirigente dei ruoli dell'amministrazione penitenziaria, integrata da un esperto nella materia relativa allo incarico da conferire, sottopone il richiedente ad un colloquio inteso a valutare l'idoneità indicata nel comma precedente.

Esercita le funzioni di segretario un impiegato della carriera direttiva del ruolo amministrativo dell'amministrazione penitenziaria, con qualifica di direttore di sezione.

Art.120 Nomina degli esperti per le attività di osservazione e di trattamento.

Il Ministero compila, per ogni distretto di corte d'appello, un elenco degli esperti dei quali le direzioni degli istituti e dei centri di servizio sociale possono avvalersi per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento ai sensi del quarto comma dell'art. 80 della legge.

Nell'elenco sono iscritti professionisti che siano di condotta incensurata e di età non inferiore agli anni venticinque.

Per ottenere l'iscrizione nell'elenco i professionisti, oltre ad essere in possesso del titolo professionale richiesto, devono risultare idonei a svolgere la loro attività nello specifico settore penitenziario.

L'idoneità è accertata dal Ministero attraverso un colloquio e la valutazione dei titoli preferenziali presentati dall'aspirante.

A tal fine, il Ministero può avvalersi del parere di consulenti docenti universitari nelle discipline prevedute dal quarto comma dell'art. 80 della legge (16). Le direzioni degli istituti e dei centri di servizio sociale conferiscono agli esperti indicati, nel comma precedente i singoli incarichi, su autorizzazione del Ministero.

(16) Comma così sostituito dall'art. 12, D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171).

Art 121 Esperti componenti della sezione di sorveglianza. (ABBROGATO)

Il Consiglio superiore della magistratura, o, per delega, il presidente della corte di appello, nomina, all'inizio di ciascun anno giudiziario, per la composizione della sezione di sorveglianza, gli esperti effettivi e quelli supplenti] (17).

(17) Così sostituito dall'art. 13 D.P.R. 24 maggio 1977, n. 339 (Gazz. Uff. 24 giugno 1977, n. 171), e successivamente abrogato dall'art. 42, D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248 (Gazz. Uff. 7 luglio 1989, n. 157).

Art 122 Infermieri.

Il personale operaio specializzato con qualifica di infermiere, di cui al quinto comma dell'art. 80 della L. 26 luglio 1975, n. 354, modificato dall'art. 14 del decreto-legge 14 aprile 1978, n. 111, convertito con legge del 10 giugno 1978, n. 271, presta la propria opera presso gli istituti penitenziari previsti dall'art. 59 della predetta legge 26 luglio 1975, n. 354 (18).

Per l'ammissione ai pubblici concorsi per la nomina ad operaio specializzato con qualifica di infermiere presso gli istituti di cui al comma precedente, oltre ai requisiti preveduti all'art. 4 della legge 13 maggio 1975, n. 157, è richiesto anche il possesso del certificato di abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria di infermiere generico, rilasciato a norma delle vigenti disposizioni (18).

Il concorso si effettua mediante esperimento pratico.

La commissione giudicatrice è composta da un magistrato, addetto alla direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale, o da un impiegato della carriera direttiva dell'amministrazione penitenziaria avente una qualifica non inferiore a primo dirigente, che la presiede, da un medico di ruolo tecnico-sanitario della carriera direttiva dell'amministrazione per gli istituti di prevenzione e di pena, da un capo operaio specializzato con la qualifica di infermiere appartenente al ruolo dell'amministrazione penitenziaria.

Le funzioni di segretario sono disimpegnate da un impiegato delle carriere di concetto della predetta amministrazione.

I vincitori del concorso, durante il periodo di prova, frequentano un corso teorico-pratico della durata di giorni quarantacinque presso gli istituti penitenziari di cui alla tabella E della legge 9 ottobre 1970, n. 740 o gli ospedali psichiatrici giudiziari o le case di cura e custodia o gli istituti per infermi o minorati psichici (18).

(18) Comma così sostituito prima dall'art. 1, D.P.R. 16 gennaio 1979, n. 77 (Gazz. Uff. 21 marzo 1979, n. 79) e poi dall'art. 1, D.P.R. 23 novembre 1979, n. 758 (Gazz. Uff. 12 febbraio 1980, n. 41), entrato in vigore, per effetto dell'art. 2, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Art. 123 Integrazione di organi collegiali.

Fino a quando non sarà possibile disporre presso ogni istituto dell'opera di educatori del ruolo per adulti, il consiglio di disciplina è integrato da un impiegato che presta servizio nel medesimo istituto o, in caso di sua mancanza, in altro istituto del distretto, incaricato dall'ispettore distrettuale, su proposta del direttore.

Negli istituti in cui non sia possibile disporre dell'opera di educatori o di assistenti sociali dei ruoli per adulti, le funzioni prevedute dagli articoli 16 e 27 della legge sono conferite a esperti in pedagogia o in servizio sociale, ai sensi del quarto comma dell'art. 80 della legge.

Art. 124 Ricognizione del patrimonio dei consigli di patronato.

I beni mobili e immobili, le attività e le passività di pertinenza del consiglio di patronato, istituito dall'art. 149 del codice penale, vengono assunti in carico dal consiglio di aiuto sociale entro un mese dall'emanazione del presente regolamento.

A tal fine è effettuata ricognizione dei detti beni, attività e passività, da parte del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del presidente del tribunale.

Della ricognizione è redatto processo verbale che è trasmesso in copia al Ministero.

Art. 125 Attribuzioni dei direttori dei centri di rieducazione e degli uffici di servizio sociale per i minorenni.

Le attribuzioni che il presente regolamento demanda all'ispettore distrettuale e al centro di servizio sociale per adulti sono rispettivamente esercitate dal direttore del centro di rieducazione per i minorenni e dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni territorialmente competenti.


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