Schema di decreto legislativo contenente modificazioni al dlvo 3 febbraio 1993, n. 29,
ai sensi dell’articolo 11, comma 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59
(approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 febbraio 1998)

ARTICOLO 1

1.L’articolo 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 è sostituito dal seguente:
«Articolo 2 (Fonti) - 1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, determinano le dotazioni organiche complessive.
1-bis. L’organizzazione delle pubbliche amministrazioni è ispirata ai seguenti criteri:
a) funzionalità rispetto ai compiti e programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque all’atto della definizione dei programmi operativi e dell’assegnazione delle risorse, si procede a specifica verifica e a eventuale revisione;
b) ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi dell’articolo 4;
c) collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, e interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici;
d) trasparenza, attraverso l’istituzione di apposite strutture per l’informazione ai cittadini, e, per ciascun procedimento, attribuzione a un unico ufficio della responsabilità complessiva dello stesso;
e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell’utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell’Unione europea.
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del Codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, salve le disposizioni diverse contenute nel presente decreto legislativo.
2-bis. Eventuali norme di legge che rechino discipline particolari dei rapporti di lavoro di cui al comma precedente, intervenute dopo l’entrata in vigore di contratti o accordi collettivi, possono essere derogate da contratti o accordi successivi e cessano di avere efficacia dall’entrata in vigore dei medesimi, a meno che la legge non disponga espressamente in senso contrario.
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all’articolo 49, comma 2.
3-bis. L’attribuzione di trattamenti economici al personale di cui al comma 2 può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi. Dall’entrata in vigore di ciascun successivo rinnovo contrattuale, cessano di avere efficacia le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che comportino incrementi retributivi non previsti dai contratti collettivi. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti dai futuri miglioramenti nella misura e con le modalità previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva.
4. Rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, quest’ultima a partire dalla qualifica di vice consigliere di prefettura, nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalla legge 4 giugno 1985, n. 281, e 10 ottobre 1990, n. 287.
5. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che lo regoli in modo organico e in conformità dei principi dell’autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione e agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2 comma 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.».

ARTICOLO 2

1.L’articolo 4 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è sostituito dal seguente:
«Articolo 4 (Potere di organizzazione) - 1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione per l’organizzazione degli uffici al fine di assicurare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità e la rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa.
2. Nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’articolo 2 comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici sono assunte dagli organi preposti alla gestione con atti interni nell’esercizio della capacità di diritto privato.
3. Tutte le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte con i poteri del privato datore di lavoro.
4. Gli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro formano oggetto delle procedure di informazione e di esame regolate dall’articolo 10 e dai contratti collettivi.
5. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai principi indicati all’articolo 2 comma 1-bis, anche al fine di proporre l’adozione di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l’adozione delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.».

ARTICOLO 3

1.L’articolo 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 è sostituito dal seguente:
«Articolo 10 (Partecipazione sindacale) - 1. I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione nelle materie di cui all’articolo 4, ferme restando l’autonoma determinazione definitiva e la responsabilità dei dirigenti.
2. In ogni caso, le amministrazioni pubbliche informano le rappresentanze sindacali di cui all’articolo 47 sulla qualità dell’ambiente di lavoro e sulle misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro individuate dal presente decreto legislativo, dalle leggi e dai contratti collettivi e le incontrano per l’esame delle predette materie.
3. Fatte salve diverse procedure previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro, l’eventuale esame previsto dal comma 1 deve espletarsi nel termine tassativo di quindici giorni dalla ricezione dell’informazione, ovvero entro un termine più breve per motivi di urgenza; decorsi tali termini le amministrazioni pubbliche assumono le proprie autonome determinazioni.».

ARTICOLO 3-bis

1.L’articolo 3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall’articolo 2 del decreto legislativo 18 novembre 1993, n. 470, è sostituito dal seguente:
«Articolo 3. (Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità) - 1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare e adottando gli altri atti connessi allo svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. A essi spettano, in particolare:
a)le deliberazioni in materia di atti normativi, nonché l’adozione di circolari;
b)la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione;
c)la quantificazione delle risorse economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità;
d)la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e)le nomine, designazioni e atti analoghi a essi attribuiti da specifiche disposizioni;
f)gli altri atti indicati dal presente decreto.
2.Ai dirigenti spetta la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo. Essi sono responsabili della gestione e dei relativi risultati.
3.Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto a opera di specifiche disposizioni legislative.
4.Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro.».

ARTICOLO 4

1.L’articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 è sostituito dal seguente:
«Articolo 36. (Reclutamento del personale). - 1. L’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
a)tramite concorso pubblico per esami, per titoli ed esami, per corso concorso o per selezione mediante lo svolgimento di prove volte all’accertamento della professionalità richiesta;
b)mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per le quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
2.Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui all’articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 482, come integrato dall’articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento sulla base delle graduatorie stabilite ai sensi del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle forze dell’ordine deceduto nell’espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.
3.Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi:
a)svolgimento con modalità concorsuali idonee all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano l’imparzialità, la tempestività, l’economicità e la celerità di espletamento, nonché pari opportunità tra i sessi, ricorrendo, ove è necessario, all’ausilio di sistemi automatizzati diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b)decentramento delle procedure concorsuali;
c)composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni e organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali;
d)adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti che garantiscano in misura adeguata il reclutamento dall’esterno.
4.Le determinazioni relative all’avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997 n. 449.
5.Per le amministrazioni dello Stato e delle aziende autonome le assunzioni avvengono tramite concorsi pubblici da espletarsi a livello regionale. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali per l’accesso alle varie professionalità.
6.Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le Amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia si applica il disposto di cui all’articolo 26 della legge 1º febbraio 1989, n. 53.
7.Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal Codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa e dai contratti collettivi. Si applicano, con le modalità e i limiti stabiliti dai contratti collettivi, le disposizioni delle leggi 23 ottobre 1960, n. 1369; 18 aprile 1962, n. 230; 19 dicembre 1984, n. 863; 19 luglio 1994, n. 451, e 24 giugno 1997 n. 196 e loro successive modificazioni, e di ogni altra legge riguardante l’assunzione o l’impiego di lavoratori con particolari tipologie contrattuali, salva espressa disposizione contraria.
8.In ogni caso, la prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni al di fuori delle procedure di reclutamento di cui al presente articolo, ferma restando ogni altra responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno per la mancata assunzione conseguente alla applicazione del presente comma. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili dell’assunzione o dell’impiego di personale in violazione della legge, qualora la violazione sia dovuta a negligenza.

ARTICOLO 5

1.All’articolo 37 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nella rubrica e al comma 1 le parole «Comunità economica europea» sono sostituite dalle seguenti «Unione europea».

ARTICOLO 6

1.Dopo l’articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è inserito il seguente:
«Articolo 36-bis - (Norme sul reclutamento per gli enti locali) - 1. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati nell’articolo 36.
2. Nei Comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari modalità di selezione per l’assunzione del personale a tempo determinato per esigenze temporanee o stagionali secondo criteri di rapidità e trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso le disposizioni dei commi 7 e 8 dell’articolo 36».

ARTICOLO 7

1.L’articolo 33 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è sostituito dal seguente:
«Articolo 33 - (Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse) - 1. Nell’ambito del medesimo comparto le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell’amministrazione di appartenenza.
2. Il trasferimento di personale fra comparti diversi avviene a seguito di apposito accordo stipulato fra le amministrazioni con il quale sono indicate le modalità e i criteri per il trasferimento dei lavoratori in possesso di specifiche professionalità.
3. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l’attuazione di quanto previsto dai commi precedenti».

ARTICOLO 8

1.L’articolo 34 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è sostituito dal seguente:
«Articolo 34 - (Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività) - 1. Qualora attività svolte da enti, amministrazioni pubbliche o loro strutture siano conferite ad altri soggetti, pubblici o privati, trova applicazione al personale adibito a tali attività che passa alle dipendenze di tali soggetti l’articolo 2112 del Codice civile, e l’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, e si osservano le relative procedure di informazione e consultazione sindacale.
2. Fatte salve le disposizioni speciali, la disciplina del trasferimento di azienda di cui all’articolo 2112 del Codice civile si applica anche nel caso di passaggio dei dipendenti degli enti pubblici e delle aziende municipalizzate o consortili a società private per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione, che attribuiscono alle stesse società le funzioni esercitate da citati enti pubblici e aziende e in ogni altro caso di dismissioni di attività pubbliche non essenziali da parte di pubbliche amministrazioni. Si applicano in tal caso le disposizioni dei commi da 1 a 4 dell’articolo 44 della legge 27 dicembre 1997, n. 449».

ARTICOLO 9

1.L’articolo 56 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è sostituito dal seguente:
«Articolo 56 - (Disciplina delle mansioni) - 1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti dalla classificazione professionale prevista dai contratti collettivi ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni superiori non comporta l’inquadramento del lavoratore nella qualifica superiore, salvo che nel caso di inosservanza dei termini di cui al comma 2 lettera a). In ogni caso, non ha effetti sull’inquadramento del lavoratore e sull’assegnazione di incarichi di direzione l’esercizio di fatto di mansioni dirigenziali.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni superiori:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogati fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4.
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.
3. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica nella quale rientrano le mansioni superiori. Costituisce esercizio di mansioni superiori, ai fini precedenti, solo l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Qualora l’utilizzazione del dipendente per lo svolgimento di mansioni superiori sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2 l’indebita assegnazione a mansioni superiori non comporta per il lavoratore il diritto al trattamento previsto per la qualifica nella quale rientrano le mansioni, salvo il risarcimento del danno. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione, risponde personalmente se ha agito con negligenza.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina dell’inquadramento professionale prevista dai contratti collettivi. Questi ultimi possono regolare diversamente le materie di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 per coordinare le disposizioni del presente articolo con l’attuazione del nuovo inquadramento professionale».

ARTICOLO 10

1.L’articolo 13 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni e come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 18 novembre 1993, n. 470, è sostituito dal seguente:
«Articolo 13 - (Amministrazioni destinatarie) - 1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo».

ARTICOLO 11

1.L’articolo 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni è sostituito dal seguente:
«Articolo 14 - (Indirizzo politico-amministrativo) - 1. Il ministro esercita le funzioni di cui all’articolo 3, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all’articolo 16:
a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione;
b) effettua l’assegnazione delle risorse ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni, nonché le relative variazioni, con le modalità previste dall’articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti attribuiti, del personale e delle risorse materiali assegnati a ciascun centro di responsabilità, e adotta gli altri provvedimenti previsti dal medesimo decreto.
2. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il ministro può avvalersi di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dei commi 2 e 4-bis dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni. A tali uffici possono essere assegnati dipendenti pubblici entro i limiti stabiliti dallo stesso regolamento anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando cui si applica la procedura di cui all’articolo 17, comma 14 della legge 15 maggio 1997, n. 127, nonché esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato. Con decreto adottato dall’autorità di governo competente, di concerto con il ministro del Tesoro e del Bilancio, è determinato, in attuazione dell’articolo 12 comma 1 lettera n) della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino a una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere ai dipendenti assegnati ai predetti uffici consistente in un unico emolumento sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e la qualità della prestazione individuale.
3. Il ministro non può annullare, revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o di ritardo o di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente che determinino pregiudizio per l’interesse pubblico, il ministro, previa contestazione salvo nei casi di assoluta urgenza, può nominare un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri del relativo provvedimento. Resta salvo quanto previsto dall’articolo 2, comma 3, lettera p) della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì salvo quanto previsto dall’articolo 6 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni ed integrazioni, e dall’articolo 10 del relativo regolamento approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635».

ARTICOLO 12

1.Il primo periodo del comma 1 dell’articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, è sostituito dal seguente:
«1. Nelle amministrazioni pubbliche la dirigenza è ordinata in un’unica qualifica, ferma restando l’articolazione in due fasce del ruolo unico dirigenziale di cui all’articolo 23».

ARTICOLO 13

1.L’articolo 16 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni è sostituito dal seguente:
«Articolo 16. — (Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali). - 1. I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell’ambito di quanto stabilito dall’articolo 3 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri al ministro, nelle materie di sua competenza;
b) curano l’attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dal ministro, anche delegando ai dirigenti la responsabilità di specifici progetti e gestioni, con attribuzione delle corrispondenti risorse umane, finanziarie e materiali;
c) adottano tutti gli atti relativi all’organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale;
d) adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi ed esercitano i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti;
e) dirigono, coordinano e controllano l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l’adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure previste dall’articolo 21;
f) promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di transigere;
g) richiedono direttamente pareri agli organi consultivi dell’amministrazione e rispondono ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza;
h) svolgono le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro;
i) decidono sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i provvedimenti amministrativi dei dirigenti subordinati.
2. I dirigenti di uffici dirigenziali generali riferiscono correntemente al ministro sull’attività da essi svolta e in tutti i casi in cui il ministro lo richieda o lo ritenga opportuno.
3. L’esercizio dei compiti e dei poteri di cui al comma 1 può essere conferito anche a dirigenti preposti a strutture organizzative comuni a più amministrazioni pubbliche, ovvero alla attuazione di particolari programmi, progetti e gestioni.
4. Gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice dell’amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali di cui al presente articolo non sono suscettibili di ricorso gerarchico, salvo quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 14.
5. Nelle amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un segretario generale, o altro dirigente generale comunque denominato, con funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali generali, a lui spettano i compiti e i poteri previsti dal comma 1, salvo che non sia diversamente stabilito dall’ordinamento particolare dell’amministrazione e salvo l’esercizio di tali compiti e poteri anche mediante delega ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali».

ARTICOLO 14

1.L’articolo 17 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, è sostituito dal seguente:
«Articolo 17 — (Funzioni dei dirigenti). - 1. I dirigenti, nell’ambito di quanto stabilito dall’articolo 3 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali;
b) curano l’attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi, esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;
c) svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali;
d) dirigono, coordinano e controllano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimento amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;
e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici.

ARTICOLO 15

1.All’articolo 23 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sono premessi i seguenti commi:
«01. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il ruolo unico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato; anche ad ordinamento autonomo, articolato in due fasce in relazione al livello di professionalità e di responsabilità. La distinzione in fasce ha rilievo agli effetti del trattamento economico e limitatamente a quanto previsto dall’articolo 19, ai fini del conferimento degli incarichi di dirigenza generale.
02. Nella prima fascia del ruolo unico sono inseriti in sede di prima applicazione del presente decreto i dirigenti generali in servizio all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma successivo e, successivamente, i dirigenti che abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali ai sensi dell’articolo 19 per un tempo pari ad almeno a cinque anni, senza essere incorsi nelle misure previste dall’articolo 21, comma 1 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale. Nella seconda fascia sono inseriti gli altri dirigenti in servizio alla medesima data e i dirigenti reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all’articolo 28.
03. Con regolamento da emanare, entro il 31 luglio 1998, ai sensi dell’articolo 17, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni e integrazioni, sono disciplinate le modalità di costituzione e tenuta del ruolo unico, articolato in modo da garantire la necessaria specificità tecnica, nonché le modalità dei concorsi per l’accesso alla dirigenza di cui all’articolo 28».

ARTICOLO 16

1.L’articolo 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, è sostituito dal seguente:
«Articolo 19 — (Incarichi di funzioni dirigenziali) - 1.Per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse si tiene conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, delle attitudini e della capacità professionale del singolo dirigente, anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza, applicando di norma il criterio della rotazione degli incarichi.
2.Tutti gli incarichi di direzione degli uffici delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti a tempo determinato, secondo le disposizioni seguenti. Gli incarichi hanno una durata non superiore ai cinque anni, con facoltà di rinnovo. Il trattamento economico è regolato ai sensi del successivo articolo 24 ed ha carattere onnicomprensivo.
3.Gli incarichi di segretario generale di ministeri, di direttore generale di enti pubblici non economici nazionali, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia del ruolo unico di cui al successivo articolo 23 o con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal successivo comma 6.
4.Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia del ruolo unico di cui al successivo articolo 23 o, in misura non superiore ad un terzo, a dirigenti del medesimo ruolo unico ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal successivo comma 6.
5.Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale di ciascuna amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti con decreto del ministro, su proposta del dirigente preposto all’ufficio di livello dirigenziale generale competente, a dirigenti appartenenti al ruolo unico interministeriale di cui all’articolo 23.
6.Gli incarichi di cui ai commi precedenti possono essere conferiti con contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure, entro il limite del 5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo unico e del 5 per cento di quelli appartenenti alla seconda fascia, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro, o provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.
7.Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai commi precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione, disciplinate dall’articolo 21, ovvero, nel caso di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui al comma 2 dell’articolo 24.
8.Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui al comma 3 possono essere rinnovati, all’inizio di ogni legislatura, dal Governo che entra in carica in base ai risultati elettorali, entro novanta giorni dalla sua costituzione. Decorso tale termine, gli incarichi per i quali non si sia provveduto al rinnovo, si intendono confermati fino alla loro scadenza.
9.Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati, allegando una scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti. Le competenti commissioni parlamentari, ove ritengano di dover esprimere un loro motivato parere, possono invitare le persone designate agli incarichi di cui al comma 3 a partecipare ad una seduta pubblica, nel corso della quale si procede all’esame delle loro competenze ed esperienze professionali.
10.I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali, svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive di consulenza, studio e ricerche. La modalità per l’utilizzazione dei predetti dirigenti, sono stabilite con il regolamento di cui all’articolo 23 comma 03.
11.Per la Presidenza del Consiglio, per il ministero degli Affari esteri nonché per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti.
12.Per il personale di cui all’articolo 2 comma 4 il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuerà ad essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore».

ARTICOLO 17

1.L’articolo 21 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, è sostituito dal seguente:
«Articolo 21 - Responsabilità dirigenziale - 1. L’inosservanza da parte del dirigente delle direttive generali di cui al comma 1 dell’articolo 14 o i risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione, valutati con i sistemi e le garanzie che saranno determinati con i decreti legislativi di cui all’articolo 17 della legge n. 59 del 1997, e previa contestazione e contraddittorio con il dirigente interessato, comportano;
a) la revoca dell’incarico, con conseguente perdita del trattamento economico accessorio connesso alle funzioni e ai risultati, fatta salva la possibilità di destinazione a diverso incarico;
b) in casi di maggiore gravità, l’esclusione dal conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello revocato, per un periodo non inferiore a due anni o il recesso secondo le disposizioni del Codice civile e dei contratti collettivi.
2.In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi di cui all’articolo 17 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ai fini di cui al presente comma la valutazione dei risultati negativi viene effettuata nelle forme previste dall’articolo 20.
3.Le misure di cui alla lettera a) sono adottate con le procedure previste dall’articolo 19 per il conferimento degli incarichi.
4.Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle qualifiche dirigenziali delle forze di polizia, delle carriere diplomatica e prefettizia e delle Forze armate».

ARTICOLO 18

1.L’articolo 24 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 è sostituito dal seguente:
«Articolo 24 - (Trattamento economico) - 1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità. La graduazione delle funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita con decreto ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di Governo per le altre amministrazioni ed enti, ferma restando comunque l’osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro del Tesoro.
2.Per i dirigenti incaricati di uffici dirigenziali di livello generale ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 19, il trattamento economico fondamentale è determinato dai contratti collettivi per la corrispondente area dirigenziale. Con contratto individuale sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione e ai risultati conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione, e i relativi importi. Alla cessazione dell’incarico, anche prima della scadenza, nelle ipotesi disciplinate dall’articolo 19 e dall’articolo 21, il contratto individuale si intende risolto di diritto, salvo il riconoscimento di una specifica indennità per la risoluzione anticipata.
3.Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato dal comma 4 dell’articolo 1, la retribuzione è determinata ai sensi dei commi 5 e 7 dell’articolo 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216.
4.Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell’ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di personale di cui all’articolo 2, commi 4 e 5 del presente decreto, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato, nonché dei professori e ricercatori universitari, con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto Ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi di trattamento comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell’articolo 1, comma 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334.
5.I fondi di cui all’articolo 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334 destinati al personale di cui all’articolo 2 comma 5 del presente decreto sono assegnati alle università e da queste utilizzati per l’incentivazione dell’impegno didattico dei professori e ricercatori universitari con particolare riferimento al sostegno dell’innovazione didattica, delle attività di orientamento e tutorato, della diversificazione dell’offerta formativa. Le università possono destinare allo stesso scopo propri fondi, utilizzando anche le somme attualmente stanziate per il pagamento delle supplenze e degli affidamenti».

ARTICOLO 19

1.Dopo l’articolo 27 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. è inserito il seguente:
«Articolo 27-bis. - (Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali). - 1. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti ai principi stabiliti, in materia di ordinamento della dirigenza e di distinzione tra compiti e responsabilità di direzione politica e compiti e responsabilità di direzione delle amministrazioni e di gestione, dall’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
2. Le Regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell’articolo 3 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali provvedono a tale adeguamento anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano. Resta salvo quanto stabilito, per il ruolo sanitario, dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
3. Le pubbliche amministrazioni di cui ai commi 1 e 2 trasmettono, entro due mesi dalla adozione, al Dipartimento della funzione pubblica della presidenza del Consiglio dei ministri le deliberazioni, le disposizioni e i provvedimenti adottati in attuazione dei commi medesimi. Il citato Dipartimento ne cura la raccolta e la pubblicazione.».

ARTICOLO 20

1.L’articolo 35 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 è sostituito dal seguente:
«Articolo 35 (Eccedenze di personale e mobilità collettiva) - 1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute a informare preventivamente le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e a osservare le procedure previste dall’articolo 4 commi da 2 a 6 e 11 e dell’articolo 5 commi 1 e 2 della legge 23 luglio 1991 n. 223 e successive modificazioni, salvo quanto previsto dai commi seguenti.
2. Il presente articolo trova applicazione alle pubbliche amministrazioni che occupino più di quindici dipendenti quando l’eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti.
3. La comunicazione preventiva di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 23 luglio 1991 n. 223 viene fatta alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto e area. La comunicazione deve contenere l’indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all’interno della medesima amministrazione, del numero, della collocazione, delle qualifiche del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione delle proposte medesime.
4.Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3 si procede all’esame delle cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L’esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire a un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell’ambito della Provincia o in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all’esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall’amministrazione, le informazioni necessarie a un utile confronto.
5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica della presidenza del Consiglio, con l’assistenza dell’Aran, e per le altre amministrazioni, presso le strutture regionali di cui all’articolo 3 e 4 D.Lgs 23 dicembre 1997 n. 469. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell’ambito della Provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell’articolo 34.
7. Conclusa la procedura di cui ai commi 4 e 5, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.
8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro, non decorre l’anzianità e il lavoratore ha diritto a una indennità pari a quella spettante ai sensi dell’articolo 7 della legge 23 luglio 1991 n. 223 e successive modificazioni, con le cadenze ivi previste, per la durata massima di ventiquattro mesi.».

ARTICOLO 21

1. Dopo l’articolo 35 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è aggiunto il seguente articolo 35-bis.
"Articolo 35-bis (gestione del personale in disponibilità) 1. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi elenchi.
2. Per le amministrazioni dello stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il dipartimento della funzione pubblica della presidenza del consiglio forma e gestisce l’elenco avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e della ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle strutture regionali e provinciali di cui al dlgs 23 dicembre 1997, n. 469. Nell'ambito della programmazione triennale del personale di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell'apposito elenco.
3. Per le altre amministrazioni, l'elenco è tenuto dalle strutture regionali e provinciali di cui all'art. 3 e 4 dlgs 23 dicembre 1997 n. 469, alle quali sono affidate i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale, Le leggi regionali previste dal dlg. 23 dicembre 1997 n. 469, nel provvedere all'organizzazione del sistema regionale per l'impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2.
4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all'indennità di cui al comma 8 dell'articolo 35 per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell'amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione ovvero al periodo massimo di fruizione dell'indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando quanto previsto all'art. 35., Gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall'amministrazione di appartenenza all'ente previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità.
5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi del precedente articolo o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale.
6. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa per effetto del collocamento in disponibilità restano a disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzati nell'esercizio successivo.
7. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 e successive modificazioni e integrazioni, relative al personale in disponibilità presso gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto".

ARTICOLO 22

1.L’articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è sostituito dal seguente:
"Articolo 68 (Controversie relative ai rapporti di lavoro) - l. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 comma 2, ad eccezione di quelli di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti la selezione e l'accesso al lavoro e le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica se illegittimi. L'impugnazione, davanti al giudice amministrativo, dell'atto amministrativo rilevante nella controversia, non è causa di sospensione del processo.
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all'assunzione ovvero accerta che l'assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.
3 Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300 e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all'art. 45 e seguenti del presente decreto.
4. Restano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'art. 2 commi 4 e 5 del presente decreto, ivi comprese quelle attinenti alla selezione e all'accesso al lavoro e quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi".

ARTICOLO 23

l. Dopo l'articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è inserito il seguente:
"Articolo 68-bis (Giudizio incidentale sull'efficacia, validità ed, interpretazione dei contratti collettivi) - l. Quando per la definizione di una controversia individuale di cui all'art. 68, è necessario risolvere una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale di lavoro sottoscritto dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni Aran - ai sensi dell'art. 45 e seguenti del presente decreto legislativo, la questione viene rimessa alla Corte di cassazione, che decide a titolo pregiudiziale.
2. Il giudice rimette gli atti alla Corte di cessazione con ordinanza motivata, disponendone la notificazione, a cura della cancelleria, alle parti, all'Aran e alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il contratto collettivo. La pronuncia dell'ordinanza determina la sospensione del processo fino alla definizione della questione pregiudiziale, salvi gli atti che il giudice ritiene urgenti e l'emanazione di provvedimenti cautelari.
3. Entro 30 giorni dalla notificazione, dell'ordinanza, l'Aran e le organizzazioni sindacali firmatarie si incontrano per verificare la possibilità di un accordo sull'interpretazione autentica di cui all'art. 53, comma 1 ovvero sulla modifica della clausola controversa. Qualora intervenga l'intervenga l’interpretazione autentica o la modifica della clausola controversa, la Corte di cassazione si pronuncia in via pregiudiziale solo se la controversia riguarda il periodo anteriore all'accordo, e comunque limitatamente a tale periodo. Negli altri casi, ovvero se viene espresso il consenso di cui allo stesso articolo 53, comma 2, dichiara con ordinanza l'improcedibilità del giudizio incidentale relativamente alle materie regolate dall'accordo.
4. Le parti del processo sospeso, l'Aran e le organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il contratto collettivo si possono costituire nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, con memoria, entro 60 giorni dalla notificazione dell'ordinanza di rimessione. La memoria è notificata agli altri soggetti destinatari della notificazione dell'ordinanza e depositata nella cancelleria della Corte, a pena dì inammissibilità, nel termine di giorni dieci dall'ultima notificazione.
5. Per la decisione della questione pregiudiziale, la Corte ammette anche di ufficio ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento e dell'interrogatorio formale. Può altresì richiedere ad Organismi pubblici informazioni ed osservazioni sia scritte che orali. ché il testo di contratti e accordi collettivi di lavoro. Si applica l'articolo 184, terzo comma del codice di procedura civile.
6. Quando in altri processi è richiesta l'applicazione delle clausole dei contratti o accordi collettivi sulle quali la Corte di cessazione si è pronunciata ai sensi del presente articolo, il giudice dove rimettere gli atti ai sensi del comma 2 se non ritiene di uniformarsi alla decisione resa a titolo pregiudiziale sulla medesima questione. Se pende il giudizio davanti alla Corte di cessazione, il giudice, se non ritiene di rimettere la questione a norma del comma 2, può sospendere il processo. Intervenuta la pronuncia a titolo pregiudiziale della Corte di cessazione, il giudice fissa anche d'ufficio il termine per la prosecuzione del processo.
7. La riassunzione della causa può essere fatta da ciascuna delle partì del giudizio sospeso entro il termine perentorio di giorni 60 dalla pubblicazione della sentenza ovvero dalla comunicazione dell'ordinanza della Corte di cessazione. In caso di estinzione del processo per qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione che ha definito la questione a titolo pregiudiziale conserva i suoi effetti.
8. La sentenza della Corte di cassazione che definisce a titolo pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione di un contratto o accordo collettivo di lavoro sottoscritto dall'Aran è pubblicata, a soli fini conoscitivi, sulla Gazzetta Ufficiale della repubblica Italiana".

ARTICOLO 24

l. L'art. 69 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è sostituito dal seguente:
"Articolo 69 (Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali) I. Per le controversie individuali di cui all'art. 68, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'art. 410 codice di procedura civile si svolge con le procedure previste dai contratti collettivi ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all'art. 69-bis, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.
2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi 90 giorni dalla presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione.
3. Il giudice che rileva l'improcedibilità della domanda sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di 30 giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Si applica il comma secondo e quinto dell'art. 412-bis codice di procedura civile ' Espletato il tentativo di conciliazione o decorso il termine di 90 giorni, il processo può essere riassunto entro i successivi 180 giorni. La parte contro la quale è stata proposta la domanda in violazione dell'art. 410 c.p.c., con l'atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d'ufficio".
2. Dopo il terzo comma dell'art. 669-octies del codice di procedura civile è aggiunto il seguente:
"Per le controversie individuali di cui all'art. 68 del decreto legislativo 9 febbraio 1993, n. 29, e successive integrazioni e modificazioni, il termine decorre dalla scadenza di quello di cui al secondo comma dell'articolo 69 del medesimo decreto"

ARTICOLO 25

1. Dopo l'art. 69 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è inserito il seguente:
"Articolo 69-bis (Collegio di conciliazione) l. Ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentati o obbligatorio di conciliazione di cui all'art. 69 - si svolge dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore è addetto ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Il collegio di conciliazione è composto dal direttore dell'Ufficio e da un suo delegato, che la presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione.
2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è consegnata all'ufficio presso il quale è istituito il collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnai a o spedita a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione di appartenenza.
3. La richiesta deve precisare:
a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è addetto;
b) il luogo dove gli devono essere effettuate le comunicazioni inerenti alla procedura;
c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad un'organizzazione sindacale;
4. Entro 30 giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita presso l'ufficio osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione, il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare.
5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo per espropriazione forzata per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Alla conciliazione non si applicano le disposizione dell'articolo 2113 del codice civile.
6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conc41iazione non riuscito. Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.
8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al primo comma, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'art. 420 terzo comma codice di procedura civile, non può dar luogo 'a responsabilità amministrativa.
9. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, alle controversie che le pubbliche amministrazioni intendano promuovere nei confronti dei dipendenti".

ARTICOLO 26

Dopo l'art. 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è inserito il seguente:
"Art. 59-bis (Impugnazione delle sanzioni disciplinari ) l. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di cui all'articolo 68-bis del presente decreto, con le modalità e con gli effetti di cui all'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 20 maggio 1970, n. 300.
2. Con l'entrata in vigore del primo contratto collettivo successivo al presente decreto, cessano di produrre effetti, nell'ambito di applicazione del contratto collettivo, commi 7, 8, 9 dell'art. 59 del presente decreto".

ARTICOLO 27

l. Dopo il quarto comma dell'articolo 413 del codice di procedura civile sono inseriti i seguenti:
"Competente per territorio per le controversie di cui all'art. 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto.
Nelle controversie nelle quali è parte una amministrazione dello stato non si applicano le disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611".

ARTICOLO 28

l. Dopo l'ultimo comma dell'articolo 415 del codice di procedura civile è aggiunto, infine, il seguente comma:
"Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, il ricorso è notificato direttamente presso l'amministrazione destinataria ai sensi dell'articolo 144, secondo comma, del codice di procedura civile, anche quando trattasi di amministrazione dello stato".

ARTICOLO 29

l. Dopo l'articolo 417 del codice di procedura civile è inserito il 'seguente:
"Articolo 417-bis (Difesa delle pubbliche amministrazioni). - Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, limitatamente al giudizio di primo grado, le amministrazioni stesse possono essere rappresentate da propri funzionari muniti di mandato generale o speciale per ciascun giudizio".
Le amministrazioni statali e gli enti pubblici che si avvalgono del patrocinio dell'avvocatura dello stato sono tenuti a trasmettere immediatamente copia degli atti introduttivi dei giudizi di cui al comma precedente agli uffici dell'avvocatura dello stato competente per territorio.
L'avvocatura dello stato può assumere direttamente la trattazione della causa, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, dandone contestuale comunicazione all'amministrazione interessata, nonché al dipartimento della funzione pubblica per l'eventuale emanazione di direttive sulla gestione del contenzioso".

ARTICOLO 30

l. Dopo l'articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è inserito il seguente:
"Articolo 12-bis (Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro). - l. Le amministrazioni pubbliche provvedono nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l'efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune".

ARTICOLO 31

La rubrica e il primo comma dell'art. 410 del codice di procedure civile sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 410 (Tentativo obbligatorio di conciliazione)
Chi, intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo 409 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione nella cui circoscrizione si trova l'azienda o la dipendenza alla quale il lavoratore è addetto o era addetto al momento dell'estinzione del rapporto.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per tutto il tempo di espletamento del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza".

ARTICOLO 32

l. Dopo l'art. 410 del codice di procedura civile è inserito il. seguente:
Art. 410-bis (Termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione)
Il tentativo di conciliazione, anche se nelle forme previste dai contratti e accordi collettivi deve essere espletato entro 60 giorni dalla presentazione della richiesta.
Trascorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si considera comunque espletato ai fini dell'art. 412-bis".

ARTICOLO 33

l. L'art. 412 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
"Art. 412 (Verbale di mancata conciliazione)
Se la conciliazione non riesce si forma processo verbale con l'indicazione delle ragioni del mancato accordo; in esso le parti possono indicare la soluzione anche parziale sulla quale concordano, precisando, quarido è possibile, l'ammontare del credito che spetta al lavoratore: In quest'ultimo caso il processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le disposizioni di cui all'art. 411.
L'ufficio provinciale del lavoro rilascia alla parte che ne faccia richiesta copia del verbale entro cinque giorni dalla presentazione della richiesta medesima.
Le disposizioni del primo comma si applicano anche al tentativo di conciliazione in sede sindacale.
Delle risultanze del verbale di cui al primo comma il giudice tiene conto in sede di decisione sulle spese del successivo giudizio"

ARTICOLO 34

l. Dopo l'art. 412 del codice di procedura civile è inserito il seguente:
"Art 412-bis (Procedibilità della domanda)
L'espletamento, del tentativo di conciliazione costituisce dizione di procedibilità della domanda.
L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto nella memoria difensiva di cui all'art. 416 e può essere rilevata d'ufficio dal giudice e non oltre l'udienza di cui all'art. 420.
Il giudice ove rilevi la improcedibilità della domanda sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di 60 giorni per la proposizione della richiesta del tentativo di conciliazione.
Trascorso il termine di cui al primo comma dell'art. 410 bis, il processo può essere riassunto entro i successivi 180 giorni.
Il mancato preventivo espletamento del tentativo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedimenti speciali d'urgenza e di quelli cautelari previsti nel capo III del titolo I del libro IV".

ARTICOLO 35

l. Dopo l'art. 412-bis del codice di procedura civile è inserito il seguente:
"Art. 412-ter (Arbitrato previsto dai contratti collettivi)
Se il tentativo di conciliazione non riesce o comunque è decorso il termine previsto nel primo comma dell'art. 410bis, le parti possono concordare, anche tramite l'organizzazione sindacale alla quale aderiscono o abbiano conferito mandato, di deferire ad arbitri la risoluzione della controversia, se tale facoltà è prevista dai contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro.
Tali contratti e accordi debbono prevedere la disciplina dell'arbitrato e, in ogni caso, stabilire:
a) le modalità della richiesta di devoluzione della controversia al collegio arbitrale e il termine entro il quale l'altra parte può aderirvi;
b) la composizione del collegio arbitrale e la procedura per la nomina del presidente e dei componenti;
c) le forme e i modi di espletamento dell'eventuale istruttoria;
d) li termine entro il quale il collegio deve emettere il lodo, dandone comunicazione alle parti interessate.
I contratti e accordi collettivi possono, altresì, prevedere l'istituzione di collegi o camere arbitrali stabili, composti e distribuiti sul territorio secondo criteri stabiliti in sede di contrattazione nazionale.
L'art. 429, comma 3 si applica al lodo arbitrale.
Salva diversa previsione della contrattazione collettiva per la liquidazione delle spese della procedura arbitrale si applicano altresì gli artt. 91, prime comma e 92".

ARTICOLO 36

Dopo l'art. 412-ter del codice di procedura civile è inserito il seguente:
"Art. 412-quater (Impugnazione del lodo arbitrale)
Il lodo arbitrale è impugnabile davanti alla Corte d'appello, in funzione di giudice del lavoro, per violazione di disposizioni inderogabili di legge e per difetto assoluto di motivazione, con ricorso depositato entro il termine di 30 giorni dalla ricezione della comunicazione del lodo da parte degli arntri. Nel giudizio di impugnazione del lodo non sono sindacabili gli accertamenti di fatto e le valutazioni di merito operate dal collegio arbitrale.
Trascorso tale termine o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, il lodo acquista efficacia di titolo esecutivo osservate le disposizioni di cui all'art. 411, comma 3.
La Corte d'appello decide con sentenza provvisoriamente esecutiva ricorribile in Cassazione".

ARTICOLO 37

1. Il secondo e terzo comma dell'art. 5 della legge 11 agosto 1973, n. 533, sono abrogati.

ARTICOLO 38
(Determinazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie riguardanti pubblici servizi)

l. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie:
a) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori, comunque denominati, dei pubblici servizi;
b) aventi per oggetto gli atti e i provvedimenti di istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le aziende speciali, le istituzioni o le società di capitali anche di trasformazione urbana;
c) tra le amministrazioni pubbliche e i soci di società miste e quelle riguardanti la scelta dei soci;
d) in materia di provvedimenti di vigilanza o di controllo nei confronti dei gestori dei pubblici servizi;
e) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti di lavori, di forniture e di servizi svolte da amministrazioni pubbliche o da soggetti comunque tenuti all'applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale;
f) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nonché dell'istruzione e dei servizi pubblici;
2. All'art. 5, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. l034, sono soppresse le parole "o di servizi pubblici",

ARTICOLO 39
(Determinazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia)

l. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia.
2. Agli effetti del presente decreto legislativo, la materia dell'urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio, compresi la protezione dell'ambiente e dei valori artistici, storici e paesaggistici e gli aspetti della trasformazione e della salvaguardia del suolo, anche in relazione ai vincoli di qualsiasi natura imposti sulla proprietà privata.
3. Nulla è innovato in ordine:
a) alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque, prevista dalle 'leggi attualmente in vigore;
b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa od ablativa.

ARTICOLO 40
(Disposizioni comuni)

1. Il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva in materia di pubblici servizi, urbanistica ed edilizia, conosce anche delle domande proposte per la rimozione, ove possibile, degli effetti dell'atto illegittimo o del comportamento illecito, ovvero volte ad ottenere, in presenza dei relativi presupposti, una indennità o il risarcimento del danno da parte delle pubbliche amministrazioni o dei gestori.
2. Nei casi previsti dal comma 1 qualora lo ritenga opportuno, il giudice amministrativo può stabilire i criteri in base ai quali l'amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, col ricorso previsto dall'art. 24, n. 4, del Testo unico approvato col regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, può essere chiesta la determinazione della somma dovuta.
3. Il giudice amministrativo, nelle controversie previste dal comma-1 può disporre l'assunzione dei mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento.
4. L'articolo 30 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n, 157, è abrogato.
5. L'articolo 7, terzo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 è sostituito dal seguente:
"Il tribunale amministrativo regionale nelle materie deferite alla sua giurisdizione esclusiva conosce anche di tutte le Questioni relative a diritti. Restano, tuttavia, sempre riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso".

ARTICOLO 41

l. L’articolo 58-bis del decreto legislativo 3 febbraio 19931 n. 29 è sostituito dal seguente:
"Art. 58-bis (Codice di comportamento)
l. Il dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis del presente decreto, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le dette amministrazioni rendono ai cittadini.
2. Il codice viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione.
3. I comitati di settore formulano all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni indirizzi, ai sensi dell'articolo 46 comma 2 del presente decreto, perché il codice venga recepito nei contratti, in allegato e perché i suoi principi 'vengano coordinati con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.
4 Per ciascuna magistratura e per l'avvocatura dello stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano, entro il termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore, del presente decreto, un codice etico che viene sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. Decorso inutilmente detto termine; il codice è adottato dall'organo di autogoverno.
5. Entro il 31 dicembre 1998 l'organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentiti anche i rappresentanti dei dipendenti e delle associazioni di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice; di cui al comma 1, anche per apportare le eventuali integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell'adozione del codice di ciascuna amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di, cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei codici di cui al presente articolo".
2. Il comma 3 dell'art. 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n 29 è sostituito dal seguente:
"3. Salvo quanto previsto dagli articoli 20, comma 1 e 58 comma 1 e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 58-bis, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi".

ARTICOLO 42

1, Nell'articolo 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, i commi 6 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:
"6. I dipendenti pubblici, ai quali si applicano le disposizioni di cui ai commi da 6 a 15 del presente articolo, sono i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del presente decreto, compresi quelli di cui all'art. 2, commi 7 e 8 dello stesso decreto legislativo, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e do veri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma un compenso, non derivante dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, nonché dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali o dalla partecipazione a convegni e seminari, con esclusione degli incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate e di quelli per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo.
7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto; del permettere, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal modo l'importo previsto come, corrispettivo dell'incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, è trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'art. 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 1997, n. 140. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il ministero delle finanze, avvalendosi della guardia di finanza, secondo le. disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del ministero delle finanze.
10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta, stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il, termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro, caso, si intende definitivamente negata.
11. Entro il 30 giugno di ciascun anno le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al dipartimento della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizza ti ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto del l'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco è accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità: le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati. o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.
12. 1 soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a darne comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi entro il mese di febbraio di ciascun anno.
13. Entro il 30 giugno di ciascun anno le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al dipartimento, della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, 1 Compensi da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 12. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti.
14. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi 11, 12 e 13 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. 1 soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 12 incorrono nella sanzione di cui il comma 9.
15. Il dipartimento della funzione pubblica entro il 31 dicembre di ciascun anno riferisce al parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi".

ARTICOLO 43
(Disposizioni transitorie e finali)

1. Le controversie di cui all'art. 68 del dlgs n. 29 del 1993, come modificato dal presente decreto legislativo, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno,1998 sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice e del lavoro. Resta ferma la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data.
2. A partire dal 30 giugno 1998 sono devolute al giudice amministrativo le controversie di cui agli arti. 38 e 39 del presente decreto legislativo. Resta ferma la giurisdizione prevista dalle norme attualmente in vigore per i giudizi pendenti alla medesima data.
3. Sono abrogati gli articoli 5, 81 40, 41 42, 43, 57 e 62 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e ogni altra disposizione incompatibile con quelle del presente decreto.
4. Il comma 2 dell'art. 74 del decreto legislativo 3 febbraio 1-993, n. 29, è sostituito dal seguente:
"2. Sono abrogate le disposizioni del capo I del decreto del presidente della repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni e integrazioni, nonché le altre disposizioni dei medesimo decreto n. 748 del 1972 incompatibili con quelle del presente decreto legislativo".
5 . Sono abrogati:
a) il comma 2 dell'art. 27 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29;
b) i commi 9, 10 e 11 dell'art. 20 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni previgenti che conferiscono, agli organi di governo, l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti.
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni previgenti riferite ai dirigenti generali si intendono riferite ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.
8. Per la presidenza del consiglio dei ministri, in attesa del riordino di cui all'articolo. 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, resta fermo che le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni, ivi comprese quelle apportate dal presente decreto, si applicano esclusivamente nei limiti in cui esse risultino compatibili con i principi e le disposizioni della legge 23 agosto 1988, n. 400, come integrata dall'articolo 8 del dl 543/96, convertito con modificazioni dalla legge 639196.
9. Al comma 5 dell'articolo 73 del dlgs 29/1993 dopo le parole "legge 31 gennaio 1992, n. 138" sono aggiunte le parole "legge 5 gennaio 1957, n. 33, e legge 23 agosto 1988, n. 400".
10. Le disposizioni contenute nell'art. l della legge 2 ottobre 1997 n. 334, riguardanti l'indennità di posizione per i dirigenti generali e qualifiche equiparate delle amministrazioni statali sono prorogate con le stesse modalità e misure fino al 31 dicembre 1998. Tale termine non trova applicazione nei confronti del personale di cui all'art. 2 commi 4 e 5 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'articolo 1 del presente decreto.
11. E’ abrogato, con riferimento ai rapporti di lavoro di cui all'art. 2 comma 3 dei decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 come modificato dal presente decreto legislativo, l'art. 199 del Testo unico per gli impiegati civili dello stato è approvato con dpr 10 gennaio 1957 n. 3.
12. Fino all'attuazione dell'articolo 21, commi 16 e 17 della legge 15 marzo 1997, n. 59, rimane in vigore l'art. 57, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nella formulazione vigente prima dell'entrata in vi ore del presente decreto legislativo.
13. Le disposizioni del presente decreto legislativo si applicano al personale della scuola. Restano ferme le disposizioni del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 35, e dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.