La Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata
(FIS)

Sintesi

Nel documento vengono presentati gli accordi e i provvedimenti governativi, le trasformazioni della domanda di lavoro qualificato e l'emergere di nuove professionalità, i bisogni di occupazione e dignità delle nuove generazioni, che impongono l'incremento di ordini di grandezza dell'offerta formativa superiore tecnica. Vengono illustrati gli obbiettivi e i lineamenti di un sistema di Formazione Tecnico Professionale Superiore Integrata (FIS) che crei sinergie fra il sistema dei diplomi universitari, l'istruzione scolastica post-diploma, la formazione professionale regionale e la formazione aziendale sistematica, tendendo a costituire un sistema differenziato, governato sulla base di autonomie, ma integrato e complessivamente potenziato. Viene annunciato in particolare l'avvio sperimentale di un nuovo canale formativo post-diploma non universitario e non in continuità con la scuola superiore denominato Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) di cui vengono forniti i primi lineamenti e criteri di attuazione.

Indice

0. Sommario

1. Gli interventi normativi e finanziari a partire dall’accordo sul lavoro del 24 settembre ’96.

1.1. L'offerta formativa successiva alla scuola secondaria nell'accordo sul lavoro del 24 Settembre 1996.

1.2. La formazione e l’istruzione nelle azioni di rilancio produttivo e di riequilibrio territoriale.

2. I quattro assi del nuovo sistema dell’istruzione e della formazione come infrastrutture essenziali per: l’aumento dell’occupazione e il riequilibrio territoriale, il sostegno ai bisogni di pari opportunità e di promozione umana e professionale delle nuove generazioni, l’allineamento del Paese all’economia della conoscenza, il traino di una generale riqualificazione del mondo del lavoro.

2.1. Aumento dell'occupazione, rilancio produttivo e riequilibrio territoriale.

2.2. Pari opportunità e sostegno alla promozione umana e professionale delle nuove generazioni: aumentare la quota di successo scolastico e l’accesso al lavoro di tutte le persone in possesso di una formazione successiva al diploma di scuola media secondaria.

2.3. Allineare l’Italia ai Paesi alla economia della conoscenza: la formazione di "lavoratori della conoscenza" a vari livelli.

2.4. I "lavoratori della conoscenza" come locomotiva di una generale riqualificazione.

3. Le implicazioni per il sistema formativo: riarticolare l’offerta nella situazione italiana.

4. Le innovazioni nella formazione tecnica superiore in Italia.

4.1. L’innovazione nell’Istruzione Pubblica negli anni 90.

4.2. L’esperienza dei Diplomi Universitari.

4.3. La formazione regionale di terzo livello.

5. Il Quadro europeo.

6. Gli elementi costitutivi di un sistema di Formazione Tecnico Professionale Superiore Integrata (FIS).

6.1. Gli obbiettivi di un nuovo sistema.

6.2. Il profilo essenziale della Formazione Tecnico Professionale Superiore Integrata (FIS).

6.3. Gli elementi chiave da progettare e sviluppare.

7. Gli elementi chiave: criteri e opzioni di progettazione.

7.1. Visione condivisa della domanda di elevate professionalità.

7.2. Visione condivisa dei bisogni, valori e vincoli dei vari segmenti della popolazione studentesca e del sistema produttivo.

7.3. Visione comune della Formazione Tecnica- Superiore Integrata (FIS) come nuovo sistema di servizio formativo.

7.4. La trasparenza e la certificazione delle competenze trasportabili e trasferibili nell’ambito dell’U.e.: la identificazione, classificazione e monitoraggio delle tipologie tradizionali e emergenti delle competenze e le professionalità elevate.

7.5. Condizioni di protezione, supporto e mobilità degli allievi e della costruzione di possibilità di percorsi individualizzati.

7.6. Integrazione fra formazione d'aula e formazione sul lavoro.

7.7. I crediti formativi e la loro valorizzazione quali unità formative capitalizzabili in un sistema formativo integrato e flessibile.

7.8. La valutazione.

7.9. Programmi di riequilibrio territoriale.

7.10. Gestione dei finanziamenti.

8. L’offerta di un nuovo ciclo di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS).

9. Responsabilità di indirizzo, programmazione, valutazione e controllo.

 

La Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS)

0. Sommario

Il documento propone due principali innovazioni nel nostro ordinamento:

  1. la promozione, attraverso politiche e azioni a livello nazionale e regionale, di un sistema plurale e policentrico di Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS) destinato a studenti giovani e a lavoratori adulti in possesso di un diploma di scuola media superiore. Tale processo tende a investire e innovare nel sistema dei diplomi universitari, nell'istruzione scolastica post-diploma, nella formazione professionale regionale e nella formazione privata sistematica, rafforzando la capacità di formare fasce intermedie di lavoratori della conoscenza - ossia tecnici, professionisti d’azienda, operatori qualificati - rapidamente inseribili nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni, nel lavoro. Si persegue una forte sinergia fra le diverse componenti curricolari e le diverse istituzioni del sistema di Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata, attraverso una centratura di tutto il programma di intervento sul mercato del lavoro e sul potenziamento delle persone. Verrà assicurato a livello nazionale un impegno al massimo livello istituzionale e tecnico nella concezione del nuovo sistema in linea con gli standard europei, a livello regionale nella programmazione e coordinamento e gestione con la presenza e la valorizzazione di tutti i soggetti formativi attivi nel campo.
  2. Si intende costituire in tre anni un sistema integrato e complessivamente potenziato di ordini di grandezza, dove sia forte l’alternanza fra la formazione in aula e la formazione pratica nei luoghi di lavoro, che sia differenziato e governato, che rispetti le autonomie tecniche e gestionali di tutti i soggetti.
    Tale sistema, di cui l’Italia oggi non dispone, sarà in linea con le esperienze europee, ma si distinguerà sia dai sistemi duali tedeschi e austriaci sia dai sistemi integrati nell’università come quello francese e spagnolo. Esso assume il territorio - nel contesto dell'U.e. - come unità di riferimento dello sviluppo secondo un modello di governo decentrato, che valorizza il ruolo del dialogo sociale;

  3. l’avvio sperimentale di un nuovo percorso formativo post-secondario non universitario, non in continuità con la scuola superiore denominato Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) di cui vengono forniti i primi lineamenti e criteri di attuazione. Esso fornirà corsi della durata da due a quattro semestri, si svolgerà sempre in alternanza fra aula e esperienze pratiche, sarà realizzato attraverso forti collaborazioni istituzionali e da forte aderenza al mondo del lavoro. Esso sarà parte integrante della Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS). Poiché esso è un esperimento nuovo ("green field"), tenderà a rappresentare sia un fattore di esempio e di trascinamento per tutta la più generale promozione del FIS sia un vasto esperimento da inserire nel processo di innovazione didattica, organizzativa e professionale nel sistema della Pubblica Istruzione, della Formazione Regionale e dell’Università.
  1. Gli interventi normativi e finanziari a partire dall’accordo sul lavoro del 24 settembre ’96.

1.1. L'offerta formativa successiva alla scuola secondaria nell'accordo sul lavoro del 24 settembre 1996

"Va istituito, accanto all'offerta universitaria, un sistema di formazione superiore non in continuità rispetto alla scuola secondaria superiore, caratterizzata da:

Alle Regioni spetta, sulla base di indirizzi nazionali, la funzione di programmazione e coordinamento delle esperienze presenti sul territorio, anche ricorrendo ad accordi di programma, secondo quanto previsto dalla l. 236/93, dagli accordi fra le parti e dall'intesa Governo e Regioni.

La gestione delle attività dovrà vedere la partecipazione di tutti i soggetti presenti sul territorio (formazione professionale, università, scuola, mondo del lavoro e delle professioni) nella logica dell'utilizzo ottimale delle risorse esistenti e della valorizzazione delle esperienze d'eccellenza".

1.2 La formazione e l’istruzione nelle azioni di rilancio produttivo e di riequilibrio territoriale.

Il Governo ha predisposto una serie di misure per il rilancio produttivo per le aree a minor sviluppo e per il riequilibrio territoriale, in linea con le politiche della U.e.. L’istruzione e la formazione in tali provvedimenti sono considerate per la prima volta infrastrutture essenziali per lo sviluppo sociale e produttivo del Paese.

Al sistema d’istruzione e di formazione si fa riferimento nelle norme e negli atti seguenti:

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1bisSi fa riferimento al documento 16 aprile 1998 del gruppo di studio del Coordinamento tecnico delle Regioni sulla Formazione Tecnico-Professionale Integrata, coordinato dal dott. Paolo Benesperi, assessore all’istruzione, alla formazione professionale ed al lavoro della Regione Toscana, cosú composto:

Paolo Federighi-docente di educazione degli adulti dell’Universit· degli Studi di Firenze
Antonio Di Paolo- Regione Abruzzo e Molise,
Massimo Pucci -Regione Calabria,
Cristina Bertelli - Regione Emilia Romagna,
Ruggero Cortellino - Regione Friuli Venezia Giulia,
Paola Bottaro - Regione Lazio,
Alessandra Russo - Regione Sicilia,
Miranda Guidi - Regione Toscana,
Aldo Bruni - Regione Umbria,
Elio Carli - Regione Veneto.

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2. I quattro assi del nuovo sistema della formazione tecnico- superiore integrata come infrastrutture essenziali per: l’aumento dell’occupazione e il riequilibrio territoriale, il sostegno ai bisogni di pari opportunità e di promozione umana e professionale delle nuove generazioni, l’allineamento del Paese all’economia della conoscenza, il traino di una generale riqualificazione del mondo del lavoro.

Moltissimi sono i punti di vista attraverso cui può essere affrontato il processo di attuazione dell'accordo sul lavoro e della normativa: la modifica o la costituzione ex-novo di istituzioni scolastiche o agenzie formative, la allocazione di finanziamenti, la modifica dei curricula e dell'offerta formativa, le aspettative degli studenti, le attese del sistema produttivo, la promozione di progetti e programmi consortili, la certificazione e moltissimi altri. Ognuna di queste viste è legittima e deve essere alla fine definita con precisione; ma per avviare tale processo occorre prescegliere, per iniziare, alcuni assi prioritari di problemi e obbiettivi. Ciascuna di esse deve avere il rilievo di definire gli assi di progettazione da cui partire e rispetto a cui polarizzare e ottimizzare tutti i componenti di un sistema innovato, armonizzando e compatibilizzando le esigenze diverse del gran numero di attori che partecipano o sono interessati a tale innovazione rispetto a esigenze superiori del Paese e dei giovani.

2.1. Aumento dell'occupazione, rilancio produttivo e riequilibrio territoriale.

L'intero processo va attivato entro un primo principio fondamentale: l’istruzione e la formazione vanno considerate infrastrutture essenziali per il riequilibrio territoriale, il rilancio produttivo, l’aumento dell’occupazione e lo sviluppo sociale e culturale del Paese. Nella programmazione e realizzazione di tali infrastrutture, esso assume il territorio come unità di riferimento di base dello sviluppo secondo un modello di governo decentrato, che valorizza il ruolo del dialogo sociale all’interno di una visione, di standard e di politiche economico-sociali di respiro nazionale e europeo.

Lo sviluppo di nuovi canali formativi deve consentire prioritariamente l'avvio al lavoro di nuove generazioni soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree a minore sviluppo, in un rapporto molto stretto con le opportunità e i vincoli che la domanda di lavoro presenta in queste zone. La formazione permanente di adulti dovrà consentire processi di riconversione e riadattamento di adulti, di fronte ai cambiamenti tecnologici o ai processi di crisi aziendale e settoriale. Processi nazionali di allocazione di risorse per la formazione dovrebbero favorire il riequilibrio territoriale favorendo lo sviluppo di occupazione e delle imprese nel mezzogiorno e nelle aree a minor sviluppo. In linea con gli sviluppi in corso nell'U.e., la creazione di condizioni di flessibilità nel mercato del lavoro può essere ottenuta anche attraverso la maggior visibilità delle competenze e di vaste "aree professionali" da far valere prioritariamente rispetto a profili e qualifiche che possono costituire elementi di rigidità nelle politiche attive del lavoro.

Il primo punto centrale di questo programma è quindi la lotta alla disoccupazione giovanile in tutto il Paese ma soprattutto nel Mezzogiorno e l’azione per fornire risorse qualificate al sistema produttivo. Il dramma di un elevata disoccupazione di diplomati e di laureati fa formulare un giudizio negativo sull’istruzione superiore come fattore di accesso all’occupazione e allo sviluppo economico, in una varietà di versioni: dalla denigrazione dell’università e delle scuole medie superiori (accusate di essere troppo astratte e poco professionalizzanti) e della formazione professionale (accusata di essere di cattiva qualità) alla affermazione che - in un improbabile trend di fine del lavoro qualificato- l’istruzione non serva per l’accesso al lavoro o addirittura che occorra rinunciare all’idea di accedere al lavoro.

2.2 Pari opportunità e sostegno alla promozione umana e professionale delle nuove generazioni: aumentare la quota di successo scolastico e l’accesso al lavoro di tutte le persone in possesso di una formazione successiva al diploma di scuola media secondaria.

Il secondo asse del progetto è costituito dalla realizzazione di equità e pari opportunità nell'accesso al lavoro. Per questo occorre aumentare il grado di successo scolastico degli studenti di scuola media superiore secondaria che intraprendono un percorso di formazione successivo al diploma universitario o non. Consentire a tutti gli studenti volenterosi di poter percorrere un corso di studi superiori ha rilievo sia per favorire il loro accesso tempestivo al mercato del lavoro sia per superare gli svantaggi sociali.

L'OCSE nel rapporto 1996 fornisce i dati della popolazione fra 25 e 34 anni che sono in possesso di formazione superiore universitaria e non:

• Usa 32%
• Francia 24%
• Danimarca 20%
• Gran Bretagna 23%
• Nuova Zelanda 21%
• Germania 20%
• Italia 8%

Il dato dell'OCSE sulla popolazione da 25 a 54 anni scende per l'Italia al 6%.

L' "Osservatorio per la valutazione del sistema universitario" del MURST riporta per il 1994 che mentre i maturi di ogni ordine di scuola media secondaria rappresentavano il 59% dei 19enni (868.186), con forte aumento dell'accesso alla formazione superiore; i laureati raggiungevano solo l'11,8% (100.372) della stessa popolazione (l'output di laureati non è proporzionale a tale accresciuto afflusso).

Occorre inoltre perseguire l'obbiettivo di limitare i "fuori corso" universitari e i lunghi "parcheggi " degli studenti diplomati di scuola media superiore in scuole di limitata qualità, poiché essi trovano al termine di simili percorsi difficoltà insormontabili di accesso al mercato del lavoro. Inoltre occorre evitare condizioni di discriminazione fra gli studenti provenienti da famiglie di differenti condizioni culturali e di censo: gli studenti più disagiati hanno maggiori ritardi nei cicli scolastici e accedono a percorsi di seconda classe.

Il dropout è elevato. Si consideri in proposito che nel 1994 gli studenti universitari immatricolati erano 373.830 mentre i laureati raggiungevano solo 100.372. Questo numero rappresenta il 27,7% degli immatricolati del 1988 che erano 279.000. Essendo il trend delle immatricolazioni all'Università in fortissima e continua ascesa (dal 22,8% del 1970 siamo giunti al 42,1% del 1994, con solo il 16,9% di studenti che non proseguono oltre il diploma), occorre notare che la percentuale dei laureati è destinata a crescere marcatamente,, quand'anche si dovesse malauguratamente mantenere l'attuale tasso di dropout universitario. Tuttavia permane l'esigenza di recuperare ad una formazione superiore una forte quota di chi non si è iscritto o chi si è disperso.

Accelerare l'accesso al mercato del lavoro ed evitare discriminazioni fra gli studenti sono questioni di democrazia ed equità, non meno che questioni di lotta alla disoccupazione. Ciò può essere ottenuto migliorando la qualità dei servizi educativi offerti dai corsi attuali (lauree, diplomi universitari, corsi post-diploma offerti dal sistema scolastico e dalla formazione professionale) e sviluppandone di nuovi che non si differenzino in basso ("scuole di seconda classe") ma che si qualifichino per l'innovazione nei metodi e nei curricula incontrando attitudini e interessi differenziati della popolazione studentesca.

Proposte qualitativamente forti per offrire maggiore e migliore occupazione ai giovani non si oppongono ai processi di formazione umana, culturale e sociale delle nuove generazione: il rafforzamento delle persone diviene componente chiave -non una alternativa alla- scuola che professionalizza e che dà strumenti di accesso al mercato del lavoro. La educazione superiore oggi invece rischia di allontanarsi dai giovani quando rinuncia ad offrire servizi e quando propone un’arrogante idea autoreferenziata di cultura. Per conseguenza i giovani si disaffezionano all’educazione superiore. Gli effetti di distorsione culturale e di effetti economico-sociali a cascata sono gravi: i giovani spesso diffidano dell’università e della formazione superiore perché "non aiuta a trovare lavoro", come oggi avviene nel caso del nord-est; i giovani hanno una idea distorta del mercato del lavoro (l'aspirazione al posto fisso dell'ultimo rapporto IARD); i giovani in assenza di prospettive prolungano la permanenza e famiglia e questo -come un circolo vizioso- attenua il loro impegno nello studio; la percezione delle nuove generazioni dei percorsi lavoro-non lavoro offusca programmi e progetti; le pulsioni alla fuga verso avventure geografiche e o fisiche da questa civiltà sono sempre più frequenti.

2.3. Allineare l’Italia ai Paesi dell’economia della conoscenza: la formazione di "lavoratori della conoscenza" a vari livelli.

Occorre allineare il nostro Paese ad uno standard europeo e internazionale: quello per cui solo i "lavoratori della conoscenza" sono dal 27% (visione restrittiva) fino al 50% (visione estesa e tendenziale) del totale della popolazione lavorativa: essi sono coloro i quali nel lavoro dipendente o autonomo ricoprono ruoli di managers intermedi e quadri, professionals, tecnici, operai e impiegati con responsabilità e competenze di processo, venditori qualificati.

Il terzo asse del progetto è la necessità in Italia di aumentare di ordini di grandezza il numero di soggetti forniti di quella formazione superiore universitaria e non universitaria che è necessaria per ricoprire tali ruoli.

Una tendenza di fondo che connota la sviluppo delle economie industrializzate è la crescita costante, sul medio-lungo periodo, delle alte professionalità all’interno della popolazione degli occupati. Con la rottura del paradigma organizzativo taylor-fordista e il superamento della divisione verticale del lavoro che ha caratterizzato per oltre un secolo la natura e la struttura della grande impresa e della P.A., i "lavoratori della conoscenza" crescono progressivamente mentre diminuiscono le tradizionali figure gerarchiche intermedie e le figure operaie dequalificate. Lavoratori della conoscenza sono tecnici, ricercatori, professionisti, manager occupati sia nel lavoro dipendente che nel lavoro autonomo. In una accezione più estesa- lavoratori della conoscenza sono anche quegli impiegati che hanno la responsabilità di un processo di servizio, gli operai controllori di processo, i venditori qualificati e molti altri. Sono lavoratori a scolarità medio-alta che hanno responsabilità di innovazione e gestione di processi complessi. Sono lavoratori che operano su informazioni, segni simboli, che non eseguono procedure prescritte ma lavorano su ruoli o "copioni" più o meno ampi. Essi nei processi produttivi inseriscono prevalentemente l'input delle loro conoscenze e competenze e producono output immateriali come servizi, integrazione, coordinamento, innovazione. Hanno gradi di autonomia elevati e una relativa forza sul mercato del lavoro. Le persone in possesso di una preparazione tecnica superiore (laurea o diplomi di vari natura) sono quelle destinate a ricoprire tali ruoli.

L’evoluzione quantitativa di questa popolazione è da anni oggetto di attenzione in tutto il mondo. Barley riferiva che in USA nel 1988 i technicians e i professionals costituivano da soli il 16% della popolazione: la stima per il 2000 era che sarebbero saliti al 20% della forza lavoro divenendo la categoria centrale della popolazione lavorativa degli Stati Uniti. Essi più i craft, i service labour e i managerial labour ammontavano già nel 1988 al 42%. Considerando anche che fra gli addetti alle vendite (che rappresentavano un altro 16%) sono presenti alcuni lavoratori ad alta qualificazione, si può stimare che nel 1988 i "knowledge workers" rappresentavano, in una misura da meglio definire, un aggregato pari al 58% della popolazione lavorativa degli Stati Uniti: in questa attesa occorre notare che lo stesso aggregato nel 1900, periodo in cui si sono costituiti i sistemi di istruzione e formazione occidentali come noi li conosciamo, costituiva solo il 16%.

La realtà odierna ha superato di gran lunga le previsioni. Da una ricerca recente (Butera, Donati, Cesaria, 1997) emerge che:

1. Negli USA le "alte qualificazioni" (includenti in modo restrittivo solo manager, professional e tecnici) sono cresciute significativamente, passando dal 25,8% degli occupati nel 1977 al 31,4% nel 1995, mentre, nello stesso lasso di tempo, le "basse qualificazioni" sono scese dal 21% al 19,9%.

2. In Francia i dati indicano una tendenza analoga a quella riscontrata negli Usa: nel periodo che va dal 1982 al 1995, la crescita della forza lavoro ad "alta qualificazione" è passata dal 24% al 29% della popolazione totale. Nello stesso periodo la fascia dei lavoratori a bassa qualificazione è diminuita del 34%, portandosi dal 18% al 14%.

3. In Germania le "alte qualificazioni", che costituivano il 18,3% della popolazione totale nel 1976, diventano il 24,7% nel 1995. Le basse qualificazioni calano invece dal 24% al 22%.

Un simile trend interessa anche l'Italia: secondo i dati ISTAT la popolazione delle figure afferenti alle classi delle professioni intellettuali e delle professioni tecniche è pari al 27% del totale delle forze di lavoro. Questi numeri cambiano se vengono incluse quelle rilevanti quote (oggi non note) di lavoro dipendente qualificato presente fra gli operai, gli impiegati, i venditori, un insieme che in Italia include fino al 68% della popolazione del lavoro dipendente.

Lo sviluppo quantitativo e qualitativo dei "knowledge workers" in tutti i Paesi industrializzati è il risultato di profondi mutamenti tecnologici, economici e sociali:

Lo sviluppo di conoscenze, capaci di generare valore per le imprese e le amministrazioni sta divenendo uno dei più potenti fattori dello sviluppo delle economie occidentali e della loro relazione con i Paesi a basso costo della manodopera.

Per l’Italia, l’obiettivo di misurarsi con i Paesi economicamente più forti e competitivi del mondo, richiederà investimenti sempre più alti e qualificati nella formazione delle risorse umane. La capacità del Paese di "tenere il passo" dipenderà in misura crescente dalla qualità e dalla quantità delle persone ad elevata professionalità che il sistema educativo italiano sarà in grado di generare. La formazione universitaria e professionale superiore, in particolare, diventa una leva strategica fondamentale per mantenere la competitività delle imprese e in conclusione per lo sviluppo sociale ed economico del Paese.

2.4. I "lavoratori della conoscenza" come locomotiva di una generale riqualificazione.

Il quarto asse del progetto è la risposta a domande di welfare e di estensione della qualificazione.

C'è chi prevede che vi sarà una polarizzazione e discriminazione del mondo del lavoro, come Jeremy Rifkin: da una parte un gruppo ristretto di persone ad alta specializzazione il cui reddito continuerà a crescere e dall’altra un gruppo ampio di lavoratori contingenti, sottoccupati, part-time o a bassa qualificazione.

C'è chi prevede cooperazione e "pacifica coesistenza" fra i diversi tipi di lavoratori della conoscenza. Ad esempio Nonaka attribuisce il successo delle imprese giapponesi e coreane alla capacità di far cooperare persone e gruppi nel far circolare e nel creare diversi tipi di conoscenza (tacit, explicit) con le più diverse modalità (socialization, internalization, externalization, combination). Tutti i lavoratori, per Nonaka, tendono a divenire in qualche misura knowledge workers.

C'è chi più esplicitamente prevede un effetto "attrattore" o "locomotiva": Thurow prevede che i knowledge workers saranno figure in grado di raccogliere una grande quantità di conoscenze sulle reti telematiche e di reimpiegarle creativamente con gli altri nei propri processi: prevede quindi una spinta delle persone e delle organizzazioni ad accedere a nuove competenze, una generalizzata diffusione delle conoscenze, una alleanza fra scuola e sistema delle conoscenze residente sulle reti telematiche.

In recenti ricerche in 35 grandi organizzazioni italiane che occupano 670.000 lavoratori, Butera e i suoi colleghi hanno rilevato la riduzione del numero di "knowledge providers" (professional e tecnici "puri" che sono il 23 %) e la fortissima crescita di "knowledge integrators" (che sono il 77%), ossia esperti in determinati campi ma capaci anche di integrare altre conoscenze, di integrarsi con gli altri, "di far avvenire le cose". Oltre il 70% di essi inoltre impiega oltre che competenze cognitive anche quelle sociali e emotive: essi mettono in uso non solo conoscenze teoriche e scientifiche ma anche quelle del "saper fare pratico", della conoscenza tacita, della "conoscenza contestuale" della propria organizzazione. Oltre il 50% di essi operano in gruppi "faccia- a -faccia" o remoti e i loro ruoli sono il fattore costitutivo primario di teams, gruppi di lavoro, ossia quelle forme organizzative flessibili, creative, ad alto livello di comunicazione rese possibili e promosse dalle nuove tecnologie dell'informazione. Essi ricevono la loro formazione non solo dalla scuola ma anche nell'azienda o nell'amministrazione in cui lavorano. Ciò conferma che il sistema educativo non deve formare lavoratori della conoscenza che siano specialisti isolati, "teste d'uovo" ma figure di "nuovi professionisti" e "nuovi manager" operanti entro e attraverso le organizzazioni, "know-net-workers" come li ha battezzati Butera.

I lavoratori della conoscenza si differenziano in base alla combinazione delle conoscenze piuttosto che in base alla segmentazione e separazione delle conoscenze (quelle teoriche e astratte versus quelle pratiche e applicative, quelle di concezione versus di replicazione, di coordinamento e controllo versus di esecuzione).

3. Le implicazioni per il sistema formativo: riarticolare l’offerta nella situazione italiana.

Ciò ha implicazioni rilevanti per la formazione. Le università e gli istituti di istruzione superiore dovranno offrire a tutti i tipi dei futuri e attuali "lavoratori della conoscenza" -in una composizione differenziata- una preparazione multidisciplinare di tipo non esclusivamente cognitivo e con una grande ampiezza di opportunità esercitativa: l'apprendimento delle competenze pratiche e delle capacità di integrazione nelle comunità di lavoro saranno determinanti al pari dell'apprendimento continuo di conoscenze.

La formazione dovrà poi essere differenziata per le diverse tipologie di lavoratori della conoscenza indicati, per settore merceologico, per aree di economia regionale, per grandi aree professionali, per livello e tipo di attitudini degli studenti, per durata necessaria e desiderata degli studi.

Oggi diverse istituzioni si occupano di formazione dei lavoratori della conoscenza: le università (con i diplomi, le lauree, i corsi di perfezionamento e di specializzazione etc), gli Istituti secondari superiori (con i corsi post-diploma), gli enti privati (scuole e società di consulenza), le imprese e le amministrazioni (che hanno loro programmi e scuole).

Il relativo isolamento di molte università italiane dai contesti economico-produttivi più vitali del Paese ha fatto sì che nel corso degli anni crescesse la distanza tra imprese e mondo universitario. I dottori di ricerca (PhD) italiani, ad esempio, faticano a trovare sbocchi nelle imprese. Iniziative recenti stanno cercando di colmare questa distanza. Un esempio positivo invece è rappresentato dai diplomi universitari, dai diversi tipi di corsi di specializzazione, master, scuole di eccellenza, che nel loro insieme costituiscono le aree di innovazione su cui si sta misurando l'Università italiana. Il Progetto Campus rappresenta una apprezzata sperimentazione delle potenzialità di un più stretto rapporto delle università con il mondo delle imprese, con vantaggi reciproci da entrambe le parti. Altri progetti sono in corso.

L'istruzione pubblica è stata spesso autoreferenziata e ha avuto pochi stimoli e strumenti per rispondere alle modifiche della domanda del mercato. Fra le 1500 esperienze di formazione scolastica post-diploma vi sono tuttavia casi esemplari di formazione.

I corsi di formazione di 2° livello erogati dalle Regioni sono molto numerosi ma di qualità molto variabile. Vi è in questo pianeta tuttavia molto da salvare e da innovare.

Molte sono le iniziative delle imprese e delle amministrazioni di formazione interna.

La formazione universitaria e la formazione superiore tecnico-professionale dovranno cooperare e offrire canali formativi differenziati ma integrati. Formazione pubblica e formazione aziendale dovranno coordinarsi fra loro come non hanno fatto finora.

In tutti i casi manca però un disegno e un piano di realizzazione sistemici. Vi è diffidenza e competizione fra i vari attori e i diversi sistemi. Come generare invece cooperazione fra questi diversi agenti formativi? Come fare piani che valorizzino la competenza distintiva di ciascuno? Come generare competizione sul prestigio e la qualità del servizio? Come allocare risorse pubbliche?

L'allocazione delle funzioni alle attuali strutture formative pubbliche (come le Università e le scuole pubbliche), private (come le Università e le scuole private), interne (come i programmi e le scuole delle aziende e delle pubbliche amministrazioni) non dovrebbe essere fissata in astratto ma in base a:

Il ridisegno sistemico della formazione tecnica superiore per formare i lavoratori della conoscenza pare così un grande progetto e richiede un processo di analisi, progettazione e sviluppo dell'intero sistema di servizio educativo post-secondario sia a livello nazionale che regionale. Le scelte allocative sui programmi e sui fondi e l’attribuzione delle competenze ai vari attori educativi non può essere fatta solo sulla base di durate e contenuti predeterminati dei corsi, né sulla base di competenze istituzionali definite a tavolino, ma principalmente, dall’apprezzamento del mercato e dalla competenza dei vari attori: la Formazione Tecnica Superiore Integrata è soprattutto un processo di generazione di una offerta formativa adeguata ai bisogni occupazionali e di welfare degli studenti e dai bisogni del sistema produttivo realizzata attraverso forme di partnership tra gli attori del mondo educativo fra loro e con gli attori del sistema produttivo .

4. Le innovazioni nella formazione tecnica superiore in Italia.

4.1. L’innovazione nell’Istruzione Pubblica negli anni 90.

Negli anni '90 gli ordinamenti della scuola secondaria superiore sono stati profondamente innovati. Nei settori dell'istruzione tecnica e professionale le innovazioni -introdotte inizialmente in via sperimentale - sono state generalizzate in via amministrativa con l'adozione di appositi regolamenti. In particolare, nell'istruzione tecnica sono stati soppressi gran parte degli indirizzi previsti dal D.P.R. 30.9.1961, n.1222 e da norme successive che all'inizio degli anni '80 avevano raggiunto il numero di 44, di cui 28 nell'area industriale.

I nuovi ordinamenti prevedono:

a) la ricomposizione in filoni unitari delle molteplici specializzazioni dell'istruzione tecnica, al fine di assicurare ai giovani il conseguimento di un'ampia professionalità di base, da "rifinire" in successivi corsi di specializzazione post-diploma, strutturati in modo articolato, flessibile ed integrato con la formazione aziendale e/o regionale, ma non coincidenti né sostituibili con quest'ultima;

b) il superamento della divisione tra la formazione teorica e quella pratica;

c) il potenziamento della formazione scientifico-tecnologica;

d) l'utilizzazione di nuove metodologie didattiche, quali l'analisi tecnica e la progettazione, finalizzate a potenziare l'autonoma iniziativa degli allievi;

e) l'introduzione di tecnologie avanzate nei piani di studio e nella didattica;

f) l'articolazione della specializzazione professionale a livello post-secondario attraverso progetti integrati con la formazione aziendale, con quella delle Regioni o di altri soggetti istituzionali.

La linea di tendenza che essi affermano è quella di aumentare la qualità e la quantità dell’offerta formativa per i giovani neo-diplomati attraverso corsi post-diploma di diversa durata, intesi come occasione di ulteriore formazione in alternativa agli studi universitari per favorire il loro inserimento diretto nel mondo del lavoro. Strettamente connessa a questa, è la questione della formazione continua, superando la tripartizione tradizionale tra istruzione, formazione e lavoro.

Ci si attende che una maggiore articolazione nelle tipologie di formazione di livello post-secondario provochi una serie di effetti indotti sia sul sistema di istruzione, sia sulla sfera dell'occupazione. Questa possibilità è stata prevista esplicitamente nell'istruzione tecnica sin dalla legge istitutiva n.889/31 per alcuni specifici settori, quali quello industriale ed agrario.

Negli anni '80 l'interesse per la formazione post-diploma è andato crescendo nell'istruzione tecnica. Allo stato attuale, presso non pochi istituti tecnici funzionano corsi di formazione post-diploma deliberati dai Consigli d'Istituto.

I corsi interessano quasi tutti i settori produttivi, con un'assoluta prevalenza per il settore terziario. Le tipologie più ricorrenti sono le seguenti:

a) corsi liberi autofinanziati con le quote di iscrizione degli alunni;

b) corsi realizzati in convenzione con le Regioni o con gli Enti da queste delegati, con il finanziamento del Fondo Sociale Europeo;

c) corsi finanziati da Enti, Imprese, Associazioni di categoria;

d) corsi realizzati da consorzi di scuole con finanziamenti provenienti da diversi soggetti istituzionali e dalle quote di iscrizione degli allievi.

Negli ultimi tre anni sono stati realizzati alcuni programmi promossi dal ministero della Pubblica Istruzione, soprattutto nel Mezzogiorno e nei settori dell'istruzione tecnica e professionale e, di recente, anche in quello classico, scientifico e magistrale, quali:

La certificazione rilasciata a conclusione dei corsi comprende sia gli attestati "liberi" (ovvero valutati liberamente dall'eventuale datore di lavoro) sia gli attestati utili per il collocamento secondo la normativa regionale (L. n. 845/78).

Il settore della formazione post-diploma assume sempre più rilevanza, anche nel confronto di altri Paesi dell’U.e., per la necessità di diversificare le offerte formative, aumentando il raccordo della scuola con il mondo del lavoro mediante l'istituzione di corsi brevi (inferiori ai due anni).

In Italia manca una normativa che disciplini organicamente la materia. Nel frattempo, l'amministrazione scolastica ha assunto varie iniziative per proporre nelle sedi adeguate soluzioni atte a dare il dovuto spazio alla formazione post-diploma. Nel T.U. delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione è stata richiamata, all'art. 205 la possibilità di istituire corsi di specializzazione di durata annuale negli istituti tecnici ad indirizzo agrario e corsi di perfezionamento negli istituti tecnici ad indirizzo industriale.

"In base alla direttiva 92/51/CEE – recepita con il decreto legislativo 2 maggio 1994, n.319 – possono essere accreditate nell’ambito dell’Unione Europea soltanto le formazioni professionali di durata non inferiore ad un anno, dopo il conseguimento di un titolo di istruzione secondaria superiore.

Corsi di formazione post-secondaria sono in atto sul territorio nazionale anche nei licei e negli istituti magistrali, seppure in numero piuttosto contenuto, nell’ambito del programma "Plurifondo" cofinanziato dall’U.e.. Essi riguardano tre fondamentali aree di intervento:

Queste aree concernono le "nuove attività nei campi sociale, culturale, sanitario, ambientale della qualità della vita in generale", e i "nuovi servizi legati alla comunicazione e ai rapporti sociali", citati nel Libro bianco Delors o le "professioni del turismo e della protezione dell’ambiente attualmente in pieno sviluppo", indicate dal Libro bianco Cresson. Esse hanno anche la caratteristica di prestarsi bene ad accogliere una pluralità di profili professionali elaborati a livello locale.

4.2. L’esperienza dei Diplomi Universitari.

L’introduzione in Italia dei Diplomi Universitari (D.U.), con la legge 341 del 1990, è una innovazione nella struttura del sistema di istruzione e formazione italiana.

Il sistema universitario ha realizzato negli ultimi cinque anni attraverso l’introduzione dei D.U. un aumento di offerta formativa. Ciò è avvenuto prevalentemente attraverso risorse delle Università e delle comunità locali, del sistema economico e con il contributo dell’Unione Europea. Nell’Anno Accademico 1996/97, a fronte di 1143 Corsi di Laurea (CdL), le Università italiane offrivano 603 Corsi di Diploma Universitario (CdD) (oltre a 21 Corsi di Diploma dell’ISEF), vale a dire che su 100 CdL ci sono in Italia 53 CdD. Nelle grandi sedi universitarie il numero dei D.U. ha ormai raggiunto quello dei Corsi di Laurea.

L’articolazione formativa delle Università italiane è significativamente aumentata. I D.U. hanno raccolto, sempre nell’A.A. 1996/97, 27.980 studenti pari allo 8,4% degli immatricolati all’Università. Questa cifra è in moderata crescita ed è destinata ad aumentare ancora. Il numero medio di studenti per corso oscilla, per i Gruppi di Corsi più significativi, da 35 a 70 consentendo una didattica assistita di buona qualità. Lo scarto fra il 35% dei titoli e lo 8,4% degli immatricolati è spiegabile dal numero chiuso che caratterizza l’accesso alla grande maggioranza dei D.U.. Inoltre può incidere una ancora scarsa conoscenza di questa opportunità formativa e una sua immagine a volte negativa che allontana i potenziali studenti. E’ da rilevare comunque come il tasso di conseguimento del titolo di Diploma sia destinato a crescere fisiologicamente rispetto a quello di conseguimento della Laurea, per evidenti ragioni di durata dei titoli e di minore selezione nel percorso didattico.

Disaggregando i dati per gruppi disciplinari e per tipologia di Diploma, si può meglio comprendere la diffusione differenziata dei Diplomi Universitari. Gli studenti iscritti ai D.U. del Gruppo Medico si avviano a raggiungere e superare il 50% degli immatricolati totali. I D.U. sono 218 pari al 61% dell’offerta didattica e sono molto richiesti malgrado che i percorsi didattici sono separati dalla laurea e non è previsto, attualmente, il loro riconoscimento come crediti formativi al fine del suo conseguimento.

I D.U. del Gruppo Ingegneria, a fronte di una offerta didattica di corsi praticamente costante negli ultimi 2 anni (153 corsi pari al 34% dell’offerta didattica complessiva), hanno una richiesta in crescita (4.487 pari al 12% degli immatricolati) e un buon successo, in particolare nel Centro Nord e dove maggiore è stato il loro sviluppo legato alle realtà territoriali ed al mondo delle imprese. La occupabilità dei primi diplomati si è rivelata migliore dei laureati, soprattutto per la funzione dello stage come strumento di conoscenza e di collocamento dei giovani nelle imprese.

Il Gruppo economico presenta 78 D.U. pari al 40% dell’offerta didattica complessiva e una domanda di 5.647 studenti pari all’11% degli immatricolati. Esso è in crescita sia come offerta didattica che come domanda.

Gli altri Gruppi hanno uno sviluppo numerico meno rilevante e presentano una situazione di luci ed ombre, con forti richieste soprattutto per i Diplomi in Informatica nel Gruppo Scientifico e del Diploma in Servizio Sociale per il Gruppo Politico Sociale.

Meno buona è la situazione nel Sud e dove il tessuto produttivo è più debole e non consente, in molte situazioni, quella formazione che è determinante nei processi di professionalizzazione. In questi casi il D.U. si riduce a uno strumento rivolto soprattutto a chi non riesce a proseguire nel Corso di Laurea.

Nel processo di avviamento e di miglioramento dei Diplomi Universitari ha assunto una importanza di tutto rilievo il Progetto CAMPUS. Il Progetto CAMPUS (Corsi Avanzati Mirati alla Preparazione Universitaria per Sbocchi Lavorativi) per la promozione dei Diplomi Universitari nelle Regioni dell’Italia centro-settentrionale è stato progettato e attuato dalla C.R.U.I., dalla Confindustria, dalla Unioncamere, dal Coordinamento delle Regioni Italiane e dall’ENEA ed è stato finanziato dal Fondo Sociale Europeo (Obiettivo 3).

Esso può ormai essere considerato un modello che ha realizzato le potenzialità dei D.U. evitandone gran parte dei limiti per varie ragioni. La prima è che ha raggiunto l’obiettivo principale, quello di migliorare il contenuto professionalizzante dei D.U.. La seconda è che ha consentito di migliorare complessivamente il modello e il processo didattico complessivo dei D.U., anche attraverso l’introduzione di procedure di autovalutazione e di valutazione esterna, sconosciute nelle università italiane. Ha infine introdotto in molte università metodologie amministrative di valutazione dei costi secondo norme di rendicontazione europee.

Il Progetto CAMPUS prende in considerazione i Diplomi Universitari nei seguenti 3 settori: Ingegneria, Scienze Tecnologiche, Terziario Avanzato.

Il Progetto ha riguardato:

ANNO

N. UNIVERSITA’

N. D.U.

STUDENTI

1995

24

51

3862

1996

28

69

5109

1997

29

69

6214

CAMPUS ha i seguenti obiettivi e metodologie:

I Diplomi Universitari "CAMPUS" prevedono:

Il processo innescato da CAMPUS è stato seguito da alcune Regioni del Centro Nord. Per quelle del Sud, rientranti nelle zone ad Obiettivo 1 dell’Unione, il finanziamento europeo segue criteri diversi ma, sostanzialmente, anche per quelle Regioni molti principi del modello CAMPUS sono seguiti.

Le Regioni che sostengono i D.U. richiedono alle Università di sviluppare caratteristiche di professionalizzazione sostanzialmente simili a quello di CAMPUS: si può dunque constatare lo sviluppo di Diplomi che possiamo definire CAMPUS LIKE. Essi adottano sostanzialmente il modello "CAMPUS DOC" e sono stati finanziati sempre a valere sul Fondo Sociale Europeo.

Alle condizioni tipo CAMPUS le Regioni richiedono, per poter accedere al finanziamento, caratteristiche aggiuntive del tipo:

La strategia regionale di supporto qualificato ai D.U. ha permesso di sperimentare numerose e interessanti forme di integrazione fra i sistemi formativi, nell’ambito dei vari Obiettivi e Assi del Fondo Sociale Europeo.

La realizzazione dei D.U sul territorio nazionale è a macchia di leopardo sia per quanto riguarda la qualità che le prospettive di inserimento nel mercato del lavoro: e questo spiega l’immagine non sempre positiva dei D.U.. Esistono un gran numero di D.U. che vanno bene e garantiscono un impiego rapido e, per quanto riguarda i primi diplomati, anche di massima adeguato alla preparazione fornita. Sono ad esempio i Diplomi che seguono il metodo CAMPUS, cioè i D.U. di CAMPUS e i D.U. "CAMPUS LIKE". Questi D.U. sono un reale percorso universitario che sta assumendo pari dignità rispetto alla laurea e che viene sempre di più scelto come una opportunità nuova e valida e non come una scelta di ripiego.

Ci sono invece i D.U. che non sono riusciti a legarsi al tessuto sociale e produttivo locale, che non hanno potuto perciò inserire nel percorso didattico "docenza laica" qualificata, significativi contenuti professionalizzanti, stage aziendali: di conseguenza essi hanno mancato il loro obiettivo principale e diventano appetibili solo per il dropout degli studenti che non riescono a completare i Corsi di Laurea. Esiste comunque per molti di questi D.U. una possibilità di miglioramento: proprio il Progetto CAMPUS ha dimostrato che, con risorse finanziarie limitate e, soprattutto, con un metodo "europeo" di regole, di gestione e verifica del processo didattico, si sia potuto realizzare una integrazione con le aziende, con il territorio che ha fortemente migliorato il processo didattico.

E’ indubbio che i D.U. dovranno essere rivisti nel quadro della complessiva riorganizzazione della didattica universitaria che incomincia a prendere finalmente corpo, ma è altrettanto indubbio che l’università dovrà sempre più fornire titoli di formazione terziaria breve di qualità con buona preparazione di base e contenuto professionalizzante, collegato attraverso il riconoscimento dei crediti formativi alla laurea riformata.

I dati, come si è potuto constatare, indicano improbabile un forte aumento dell’offerta formativa dei Diplomi Universitari con le sole forze dell’Università. Esistono già alcune esperienze molto positive di collaborazione-integrazione riguardanti il contributo della scuola secondaria allo sviluppo dei D.U.. In parecchie università italiane alcuni D.U. hanno potuto contare su un supporto da parte degli Istituti Secondari espresso in termini di locali ed attrezzature di laboratorio messi a disposizione dei D.U. (soprattutto nello sviluppo delle sedi decentrate) e su una attività di docenza "laica" e di tutoraggio che ha dato ottimi risultati. Questa collaborazione andrebbe ulteriormente sviluppata, rivolgendola in particolare alla creazione sul territorio di poli di formazione superiore integrata, dove possano svilupparsi in sinergia sia attività universitarie che non. Ciò, fra l’altro, permetterebbe di rendere fruibili in forma decentrata ed articolata territorialmente rispetto alle sedi universitarie, una offerta formativa rivolta in particolare ai giovani di aree periferiche ed ai lavoratori, al fine di favorirne un loro rientro nel sistema universitario o, in generale, attività di formazione continua.

Non è spesso sufficientemente valutato che i D.U. sono il canale più utile e importante attraverso il quale l’Università può comunicare con gli altri sistemi formativi. L’importanza del D.U. è, in questo senso, strategica per l’università aperta.

4.3. La formazione regionale di secondo livello.

Negli ultimi anni si è assistito ad una modificazione dell’offerta di formazione professionale dalle Regioni. Infatti, le attività formative, inizialmente focalizzate sul segmento della prima qualificazione, attualmente comprendono in misura considerevole corsi rivolti a giovani diplomati, denominati di secondo livello.

Se si osservano i dati relativi al periodo 1984-95 si nota una netta riduzione della percentuale delle attività di formazione di base, che passa dal 58% al 45% sul totale delle attività; in crescita appare, invece, il segmento formativo di secondo livello, che aumenta di 14 punti percentuali, passando dal 4% al 18% sul totale delle attività, quota rilevata anche per l’anno formativo 1995-96.

Nel 1995-96 i corsi di livello post-secondario sono stati in totale 4.228 ed hanno coinvolto 72.483 allievi. La maggioranza dei corsi sono relativi al settore delle attività terziarie (70,7% del totale), seguito da quelli dell’industria e dell’artigianato (23,7%); in particolare l’offerta si presenta numericamente più considerevole negli ambiti del lavoro d’ufficio, dell’informatica, del turismo e ristorazione, dell’ambiente e dei servizi sociali.

In relazione alla distribuzione sul territorio, sul totale dei corsi il 43,8% si è tenuto al Sud, il 37,5% al Nord e solo il 18,7% al Centro; in totale gli allievi si suddividono tra il Sud (40,9%) e il Nord (39,1%) e il 20% al Centro.

La crescita di questo segmento dell’offerta è in parte dovuta ad una diversificazione dell’investimento in formazione che le Regioni hanno operato in funzione delle necessità di sviluppo e di supporto alle dinamiche occupazionali, in parte agli orientamenti espressi dalle politiche dei fondi strutturali e dai relativi assi di finanziamento previsti per le attività formative. Tale incremento origina da alcune Regioni, tra le quali appare di rilevante importanza la progressiva perdita di professionalizzazione dei percorsi dell’istruzione secondaria di secondo grado, in particolare del comparto tecnico-professionale. Le veloci trasformazioni dei processi lavorativi nei contesti produttivi richiedono tipi di professionalità adeguate alle innovazioni tecnico-produttive, rispetto alle quali la formazione professionale può ricoprire un ruolo chiave.

I giovani diplomati si trovano ad affrontare un mercato del lavoro molto competitivo e poco ricettivo, con un bagaglio di strumenti privo di esperienze di preprofessionalizzazione e di orientamento al lavoro, con un patrimonio di cultura organizzativa e di competenze trasversali piuttosto esiguo.

Per quanto riguarda l’analisi qualitativa delle attività formative di secondo livello, si può innanzitutto affermare che emerge una notevole disomogeneità dei corsi: l’immagine che si ricava da una lettura dei dati disponibili è quella di un settore molto articolato in quanto a proposte formative, ma il cui sviluppo appare poco organico e sistematico. Si tratta in genere di interventi brevi finalizzati alla specializzazione e ad una spendibilità immediata sul mercato del lavoro, per lo più locale.

La durata delle azioni formative varia da un minimo di 400 ad un massimo di 1000-1200 ore; tale differenza è in parte correlata ai differenti obiettivi formativi. E’ da tenere presente, infatti, che l’offerta di secondo livello comprende sia corsi per l’acquisizione di competenze, generalmente brevi, sia corsi di vera e propria qualificazione professionale.

L’esame dei casi eccellenti, alcuni dei quali condotti nell’ambito di progetti di formazione integrata tra scuola, formazione professionale e azienda, pone in evidenza come i fattori di successo siano riassumibili nei seguenti aspetti:

5. Il Quadro europeo.

Nel confronto con il quadro europeo occorre partire da alcune semplici riflessioni:

a) non esiste un modello omogeneo nell’articolazione dei sistemi di educazione superiore tecnico-professionale;

b) non è possibile assumere in modo netto come riferimento l’esperienza di altri Paesi, perché ognuno è partito negli ultimi trenta anni da situazioni differenziate e ha seguito un percorso proprio;

c) l’Italia è tuttavia l’ultimo dei Paesi della U.e. ad assumere a livello politico e di governo l’iniziativa di potenziare e riarticolare l’offerta formativa in questo settore. In questo senso è attualmente in una situazione di relativa disomogeneità rispetto al sistema U.e., che va colmata;

d) alcune dinamiche comuni ai Paesi U.e. che hanno sistemi fortemente articolati e di grande incidenza nel settore sono visibili, e vanno comunque considerate nel definire l’architettura e gli obiettivi del sistema italiano. In particolare, occorre rilevare la presenza di dinamiche di integrazione tra i vari canali e attori dei percorsi formativi, o l’handicap provocato dalla carenza di tali dinamiche laddove si è istituito un modello più rigidamente binario tra università e istituti superiori di formazione tecnico-professionali.

Per un quadro rapido, utilizziamo un rapporto di D. Capaldi su I percorsi formativi tecnico-professionali in Europa (MPI, 1997).

Sulla base dell’indicatore della durata della formazione possiamo distinguere:

a) ciclo breve terziario, che in molti sistemi europei corrisponde a titoli di 1 ciclo universitario o integrati nel sistema universitario della durata di 4-6 semestri (terziario universitario);

b) formazione superiore tecnico-professionale non universitaria, che rientra nell’educazione terziaria, ma è inscritta in un sistema binario, parallelo all’università e con rilascio di titoli propri, della durata di 6-7 semestri + 1-2 di stage aziendale (terziario non universitario);

c) altri percorsi professionalizzanti successivi al diploma di scuola secondaria, con una scelta di qualifica di 2-4-6 semestri (postsecondario).

I canali fondamentali sono dunque: l’università; istituti equivalenti che offrono formazione tecnico-professionale superiore della durata di almeno tre anni, come stabilisce la direttiva comunitaria 21/12/88-89/48/CEE per il riconoscimento internazionale dei titoli, trasferita nel D. L.vo 27/1/1992, n.115, o sotto i 3 anni, per una durata dai 3 ai 6 semestri, riconoscibili dall’Unione Europea, secondo la direttiva 92/51/CEE, recepita in Italia dal D. L.vo 2/5/1994 n. 319.

Una percentuale di disoccupazione nell’Unione di quasi l’11% della popolazione attiva, comprendente oltre due milioni di giovani sotto i 25 anni, ha indotto i governi a rafforzare le politiche occupazionali, con particolare riguardo all’offerta formativa e alla qualifica professionale. Aggiornare rapidamente i curricula alle esigenze del mercato del lavoro, potenziare gli stage professionali in ambito educativo superiore, consentire un’efficace spendibilità dei crediti anche a livello internazionale, intensificare l’educazione continua e a distanza sono le istanze prioritarie allo studio dei governi europei per valorizzare e incrementare il know-how e le risorse produttive, soprattutto riguardo un’istruzione superiore di qualità da usufruire in tempi abbreviati rispetto i consueti percorsi accademici.

Le strategie formative dei diversi Paesi in campo tecnico-professionale hanno individuato e consolidato due modelli organizzativi dell’educazione superiore:

  1. un modello binario, come per es. le Fachhochschule tedesche, che prevede strutture formative orientate verso un sapere applicato e la prassi aziendale, in alternativa all’università, concentrata maggiormente sull’attività di ricerca;
  2. un modello integrato all’università, con diverse "sfumature istituzionali" che prevedono un servizio fornito direttamente dalle strutture accademiche o a loro collegato (come in Francia), o inserito come corpo indipendente nella filiera universitaria (v. le new universities-Polythecnics inglesi).

Si tratta di due sistemi ben distinti, non senza una certa contiguità, con cui da anni si confrontano le esperienze formative europee.

Il sistema binario.

Il sistema binario determina un percorso parallelo tra la formazione superiore di tipo universitario e la formazione superiore a carattere tecnico-professionale, programmata sulle esigenze concrete dell’industria, dei servizi e del terziario avanzato (Fachhochschule e HBO).

La prima caratteristica da rilevare nella sua traduzione tedesca è l’accentuato decentramento delle autorità formative, rappresentate dai singoli Länder che provvedono in una conferenza comune all’equipollenza a livello nazionale di titoli ed esami. Il riferimento regionale garantisce maggiore agilità nell’introduzione di nuovi profili professionali, proposti in autonomia dalle Fachhochschule in accordo con le tendenze di mercato locale, e uno scambio più efficace con il mondo imprenditoriale, ossia tra la richiesta delle istituzioni educative di formare i giovani in azienda con contratti di stage e le esigenze di aggiornamento dei curricula avanzate dagli imprenditori. Un tale sistema, dalla durata di 4 anni, che il governo federale intende implementare fino all’assorbimento del 40% della istruzione superiore, ha un’alta produttività e facilita l’inserimento professionale dei giovani diplomati, a volte assunti dalle imprese dove hanno sostenuto lo stage, fino a riqualificarli per l’educazione continua.

Altro elemento da segnalare è l’intensa collaborazione tra le Fachhochschule e gli istituti di formazione esteri, non solo nel quadro dei progetti U.e., ma nell’elaborazione comune dei curricula e dei piani di studio, creando unità didattiche intercambiabili che prevedono la scambiabilità di docenti e studenti.

Il problema delle Fachhochschule tedesche è la struttura rigidamente binaria del sistema: non è infatti agevole per il diplomato raggiungere il titolo universitario, solitamente viene iscritto al 3°-4° semestre del 2° ciclo.

La didattica non possiede un assetto modulare, e non ha sviluppato il sistema dei crediti, ancora allo stato sperimentale. Solo agli inizi sono poi le pratiche di valutazione della qualità. Le Fachhochschule interpellate avevano da poco introdotte pratiche di evaluation interna ed esterna. Si tratta di alcune debolezze che il governo con il progetto di legge in discussione sulla riforma degli studi superiori ha intenzione di correggere.

L’Austria ha introdotto solo dal 1993 (legge-quadro 5/93) gli istituti di formazione tecnico-professionale superiore, concentrandosi su un modello di Fachhochschule della durata di 4 anni in grado di consentire maggiore flessibilità riguardo a istituzione, curricula e passaggio alla filiera universitaria. Il piano, studiato dal governo austriaco con l’OCSE, stabilisce la totale autonomia degli istituti dallo stato fin dalla loro creazione, che avviene con la fondazione di consorzi da parte di enti, pubblici e/o privati, radicati nella realtà economica regionale e strettamente connessi alle esigenze delle imprese locali del Land; queste, dal canto loro, sono chiamate a programmare le proprie richieste di tecnici superiori per assicurare lo sbocco professionale dei diplomati e a fornire posti di stage professionali per il tirocinio pratico degli studenti. Tale autonomia permette una rapida modifica dei curricula secondo i bisogni del mercato, il continuo aggiornamento dei profili, il reclutamento dei docenti dal mondo delle professioni, e piani di studio che sappiano conciliare specializzazione e conoscenze generali capaci di fornire la base per una veloce riconversione della preparazione, in sintonia con le nuove necessità del mondo del lavoro nazionale e internazionale.

L’efficienza e la qualità dell’organizzazione e degli insegnamenti vengono testati da una ricorrente valutazione interna ed esterna da parte della Fachhochschule e misurate da un meccanismo di esperti, il Fachhochschule, nominato in parte dal ministero della Scienza, ma indipendentemente da esso nelle sue scelte. Le sue funzioni sono quelle di valutare i progetti di fondazione di un nuovo istituto, giudicandone l’effettivo andamento formativo, e proporlo al ministero per il finanziamento, che avviene secondo certi parametri per posto-studente. Altro compito basilare del Fachhochschule è compiere ogni 5 anni una valutazione di tutte le Fachhochschule del Paese, per controllare il rendimento e la produttività, avvalendosi anche di esperti stranieri, e con facoltà di chiudere gli istituti che non migliorano le loro prestazioni.

Un altro aspetto interessante del sistema austriaco è la possibilità del passaggio del diplomato delle Fachhochschule all’università: con soli due semestri aggiuntivi può conseguire il titolo superiore di ricerca di Doktor.

La formazione terziaria tecnico-professionale erogata in Olanda dalle Hogescholen nel sistema HBO riesce ad assorbire quasi il 60% della popolazione studentesca superiore: un risultato dettato dalle buone prospettive di impiego per i diplomati e dall’equivalenza di questi corsi al 1° ciclo universitario, con possibilità di iscriversi al 2° e continuare gli studi. Del tutto autonomi come statuto e configurazione curricolare, gli HBO (durata 4 anni) si autoregolamentano secondo la legge quadro nazionale che stabilisce i criteri generali in fatto di programmi e esami, sotto il controllo dell’ispettorato del ministero.

Garantire la funzionalità del sistema è fondamentale per essere finanziati dal ministero, che pretende l’alta qualità delle prestazioni, didattiche e scientifiche, come la produttività tra immatricolati e diplomati. Anche nel sistema olandese, come nell’austriaco, la valutazione gioca un ruolo decisivo: non solo l’interna, ma specialmente l’esterna a cura dell’ispettorato che stabilisce il grado di rendimento delle strutture e collabora nell’analisi con esperti internazionali.

La didattica è organizzata secondo i crediti formativi e contempla periodi di stage aziendali per un miglior inserimento nel mondo del lavoro. A questo proposito gli HBO organizzano un monitoraggio annuale delle tendenze e del mercato del lavoro, per un’eventuale riqualifica professionale, possibile nell’offerta della formazione.

Il sistema integrato.

Il sistema integrato collega o include nelle filiere universitarie il ciclo breve di formazione tecnico-professionale: l’università diviene la struttura di riferimento, direttamente come nel caso della Spagna, e con ampi margini di autonomia, come in Francia e Gran Bretagna, in cui l’università raccoglie esperienze formative molto composite.

La Gran Bretagna ha abbandonato nel 1992 il sistema binario e ha inserito Polythecnics e Colleges, erogatori dell’offerta tecnico-professionale nel sistema universitario, per aumentare la competitività tra le strutture terziarie e la qualità delle prestazioni. Tali istituti (ora new universities) hanno mantenuto la loro autonomia e forniscono i titoli undergraduated della durata di due anni o di tre anni, che conducono al titolo di primo ciclo di bachelor. Le new universities offrono un’ampia gamma di corsi e di soluzioni di frequenza, a tempo pieno, o parziale, corsi sandwich con alternanza di periodo di lavoro e di studio e per lavoratori. Come le old universities (le università tradizionali), le new rientrano nel capillare sistema di valutazione per ottenere il finanziamento, basato su produttività, sulla qualità dei curricula attivati e dell’andamento della didattica, che prevede tre fasi: l’interna a cura dell’istituto, l’esterna, che si articola in un controllo compiuto da un’agenzia autonoma della Conferenza dei Rettori e due, sulle strutture e sui docenti, dello Higher Education Funding Council, che eroga i fondi governativi dell’università.

Il piano di studi comprende un impianto modulare che consente agli studenti di scegliere e combinare le unità didattiche a vantaggio della flessibilità e della possibilità di cambiamento del percorso formativo. Molto sviluppato nelle old e new universities è il sistema dei crediti, il CATS, accumulati e per le cognizioni acquisite e per l’esperienza professionale svolta, che assicurano allo studente una sorta di "capitale" formativo che può essere speso nel disegno del corso come per la ripresa degli studi interrotti.

La Francia annovera nella filiera universitaria una variegata scelta di opzioni tecnico-professionali, che in breve riportano al 1° ciclo universitario propriamente detto del DEUG-DEUST e allo IUT, Institut Universitaire Professionnalisé, (altamente selettivo e della durata di 2 anni estendibili a 3, preferito al 7% degli studenti del terziario) autonomo ma collegato all’università. Per il loro finanziamento è prevista l’erogazione di fondi dello stato per posto-studente, non senza un contributo delle imprese, la taxe d’apprentissage, lo IUT può anche autofinanziarsi mediante convention stipulate con l’industria per progetti comuni, oltre che usufruire in azienda di periodi di stage.

L’ordinamento francese è costruito su una serie di passaggi formativi ad incastro, che determinano una rete di percorsi formativi possibili: per es. lo IUT con il titolo di DUT (2 anni), passa dopo un anno integrativo al DNTS (Diplome national de technologie spécialisé) e accedere al 2° ciclo per alcuni maîtrise di scienza tecnica.

Dal 1989 il sistema francese ha intensificato la sua politica di autonomia delle istituzioni formative, arrivando a concepire un contratto di 4 anni tra stato e istituzioni in cui queste si impegnano ad elaborare un piano di sviluppo che coincida con gli obiettivi nazionali e le esigenze formative locali. Una tale autonomia degli istituti comporta un efficace sistema di valutazione, interna da parte degli istituti per misurare l’efficacia dell’insegnamento, e una esterna che viene espressa dal CNE, Comité national d’evaluation, un organismo autonomo formato da esperti che esaminano la qualità dei curricula e delle attività svolte, con un giudizio globale sulle strutture e non sugli individui.

Un fenomeno non trascurabile è il successo dello STS, section de techniciens supérieurs, di tipo postsecondario e altamente specialistico della durata di due anni, scelto da più del 25% degli studenti. Gli IUT e gli STS trovano sbocchi immediati nel mondo del lavoro, il 90% è impiegato massimo dopo un anno.

Con la progressiva sostituzione del DEUST con lo IUP, che porta a 3 anni la formazione tecnico-professionale della filiera universitaria dopo un anno di orientamento propedeutico, e il disegno governativo di incrementare gli IUT, il governo francese intende adattare la formazione tecnico-professionale ai bisogni dell’economia e iscriverla nelle dinamiche economiche locali e internazionali.

La Spagna concentra l’offerta formativa tecnico-professionale essenzialmente nel canale universitario del 1° ciclo (3 anni) che si chiude con il titolo di Diplomado e consente il proseguimento nel 2° ciclo per il titolo di Licenciado (2 anni). Il Ministero è l’organismo erogatore del finanziamento dei corsi, a sua volta controllato nel suo impiego dal Consejo social di ogni università, costituito da rappresentanti dell’amministrazione universitaria e dalle parti sociali. Il Consejo de Universidades ha invece elaborato uno strumento valutativo generale sulla qualità delle istituzioni superiori, che si basa anche sull’autovalutazione dei servizi compiuta dalle stesse università. Il Consejo de Universidades valida anche i curricula che per l’autonomia vengono concepiti dalle singole università.

Caratteristica del sistema spagnolo è l’organizzazione della didattica secondo i crediti formativi, che comprendono anche crediti accumulati da attività professionali e unità formative organizzate accademicamente.

Sviluppato è anche la rete post-secondaria dei FPII (Formación profesional II) di tipo modulare della durata di 1-2 stage in azienda che consentono l’immediato ingresso nel mondo professionale.

6. Gli elementi costitutivi di un sistema di Formazione Tecnico Professionale Superiore Integrata (FIS).

6.1. Gli obbiettivi di un nuovo sistema.

L'offerta di formazione successiva alla scuola media secondaria superiore deve essere innovata profondamente per giungere a costituire un nuovo sistema integrato di Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS), destinato a studenti giovani e a lavoratori adulti in possesso di un diploma di scuola media superiore. Tale processo tende a valorizzare, investire e innovare il complesso - oggi non integrato e non comunicante- dei diplomi universitari, dell'istruzione scolastica post-diploma, della formazione professionale regionale e della formazione privata di media durata, portandolo i vari canali formativi ad un vero e proprio sistema integrato, potenziato di diversi ordini di grandezza.

Si intende rafforzare la capacità di formare lavoratori della conoscenza rapidamente inseribili nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni, nel lavoro. L’intervento verrà centrato sul mercato del lavoro per l’aumento dell’occupazione e per il potenziamento delle persone.

Verrà assicurata la presenza, la valorizzazione e la titolarità di tutti i soggetti formativi attivi nel campo: le scuole della Pubblica Istruzione, le università, i centri di formazione professionali, le imprese e le pubbliche amministrazioni. Il nuovo sistema sarà oggetto di cooperazione fra Stato e Regioni con una continua concertazione con le forze sociali e in particolare con le rappresentanze delle imprese e dei lavoratori. Sarà ricercata in tutti i modi l’alternanza fra la formazione in aula e la formazione pratica nei luoghi di lavoro, che sia differenziato e governato, che rispetti le autonomie tecniche e gestionali di tutti i soggetti.

Tale sistema, di cui l’Italia oggi non dispone, sarà in linea con le esperienze europee, ma si distinguerà sia dai sistemi duali tedeschi e austriaci sia dai sistemi integrati nell’università come quello francese e spagnolo. Esso assume il territorio - nel contesto dell'U.e. - come unità di riferimento dello sviluppo secondo un modello di governo decentrato, che valorizza il ruolo del dialogo sociale.

6.2. Il profilo essenziale della Formazione Tecnico Professionale Superiore Integrata (FIS) .

Viene introdotto quale nuovo percorso formativo non in continuità rispetto alla scuola secondaria superiore la Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) - che viene integrato con i percorsi universitari, scolastici e di formazione professionale esistenti che vengono parallelamente innovati: il sistema complessivo viene denominato Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS).

Il modello di cambiamento previsto, quindi, non è quello di una impervia immediata riforma di tutto il sistema di formazione tecnico superiore e del suo governo, ma della definizione di un paradigma tendenziale dell’intero sistema di Formazione Tecnico-Professionale superiore integrata e dell’azione su 12 leve , fra cui l’avvio dell’IFTS . Il modello di cambiamento previsto considera il nuovo percorso formativo IFTS oggetto di una progettazione green-field; ad essa verranno conferiti caratteri (modello di professionalizzazione, caratteristiche curricolari, percorso formativo scuola-lavoro, partenariato) tali da promuovere, senza imporla, una visione unitaria e partecipata della formazione terziaria con concrete realizzazioni.

Tuttavia il progetto definisce il paradigma dell’intero sistema di Formazione Tecnica superiore integrata, agendo su 12 leve di cui l’avvio dell’IFTS è una di esse.

IL FIS nel suo complesso ha per oggetto la formazione di figure di tecnici e di professionisti nelle organizzazioni nonché di operatori qualificati in settori industriali e di servizio ad alta complessità tecnologica ed organizzativa, curando la più stretta vicinanza alle esigenze del mercato del lavoro soprattutto locale e regionale.

Si vuole sviluppare un sistema complesso, policentrico, che ponga in sinergia l’insieme dell’offerta formativa, statale e regionale. Esso è caratterizzato da un ampio ricorso all’alternanza, da flessibilità nei metodi e nei contenuti e da possibilità di passaggi dalla formazione al lavoro e viceversa. Ciò si realizza attraverso l’integrazione fra formazione teorica e formazione pratica, riconoscendo particolare rilevanza alla funzione formativa del lavoro, da valorizzare attraverso continue attività di stage/tirocinio e momenti di inserimento nel lavoro, assistiti da apposite azioni di tutorship, ed attraverso la certificazione delle esperienze di apprendimento sul lavoro. Questo comporta altresì la costruzione di un impianto di certificazione dei percorsi e dei crediti, fondato su standard formativi omogenei, condiviso dalla scuola, dalla formazione professionale, dall’università, da realizzare con il coinvolgimento del sistema delle imprese e delle professioni.

Al sistema di Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS) possono accedere, di norma, coloro che sono in possesso di titolo di studio di scuola media superiore. Nel suo ambito essi possono conseguire certificazioni relative ad una pluralità di professioni e specializzazioni.

Il sistema di Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS), oltre a includere un nuovo canale di formazione non universitario, denominato Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS), porta a sinergia le attuali articolazioni del sistema formativo:

  1. la formazione professionale regionale di secondo livello;
  2. la formazione professionale post-diploma realizzata nel sistema della Pubblica Istruzione;
  3. i diplomi Universitari (i DU in quanto tali, i DU Campus, i DU integrati con la formazione professionale.

La FIS, incluso il nuovo canale di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS), si sviluppa, d’intesa con le Regioni, prevalentemente attraverso accordi di progetto, che integrino diversi soggetti del territorio (Scuole Medie Superiori, Università, Centri e Agenzie di Formazione Professionale, Imprese). Tali accordi sono stabiliti secondo le modalità procedurali e gestionali dalle singole Regioni. Attraverso tali strumenti i soggetti incaricati provvederanno ad una gestione concordata delle risorse messe a disposizione dall’Unione europea, dallo Stato, dalle Regioni, dagli Enti locali e da soggetti pubblici e privati.

6.3. Gli elementi chiave da progettare e sviluppare

La progettazione del nuovo assetto della FIS , fino dalla sua prima sperimentazione, riguarderà i seguenti elementi:

1. elaborazione di una visione e di una lettura comune condivisa della evoluzione nella domanda di professionalità alte ed intermedie (lavoratori della conoscenza) e, in generale, della evoluzione del mercato del lavoro in una economia della conoscenza;

2. elaborazione di una visione condivisa dei bisogni, dei valori e dei vincoli dei vari segmenti della popolazione studentesca, che renda conto delle ragioni della dispersione e dell’insuccesso scolastico per rimuoverle e che consideri i bisogni di formazione, di professionalizzazione e di sviluppo delle carriere dei lavoratori occupati;

3. elaborazione di una visione comune della Formazione Tecnica-Superiore Integrata (FIS) come nuovo sistema di servizio:

4. costruzione di un sistema condiviso di identificazione, classificazione, apprezzamento e monitoraggio registrazione e certificazione delle competenze (cognitive, decisionali, integrative, comunicative, di problem solving etc) e del patrimonio professionale acquisito (ossia le tipologie di professionalità alte e intermedie conseguibili, definite per livello professionale finale di riferimento, per approccio professionale, per settore, per contenuto etc). Molto importante è l’avvio di una sistematica rilevazione, sulla base di desk analysis, che utilizzi le indagini - realizzate dalle parti sociali - dei fabbisogni di formazione di tecnici intermedi da parte delle imprese e dei servizi, secondo bacini territoriali. I risultati di questa rilevazione vanno considerati come prerequisito per l’avvio della progettazione curricolare di corsi di Formazione Tecnico-Professionale Superiore.

5. concezione e sviluppo delle condizioni di protezione, supporto e mobilità degli allievi e della costruzione di possibilità di percorsi individualizzati. Il modello strutturale sarà centrato sulle condizioni di partecipazione degli iscritti, sull’obbiettivo di ridurre al minimo gli abbandoni; deve permettere l’ingresso in formazione anche di soggetti adulti come supporto alla crescita e alla protezione della persona. Inoltre il nuovo sistema deve fondarsi su solidi e permanenti servizi di accompagnamento affidati a personale dedicato e altamente specializzato. Tali servizi sono necessari in particolare nei seguenti campi: a. informazione, b. motivazione; c. orientamento; d. certificazione; e. valutazione delle competenze acquisite; f. consulenza formativa e professionale.
Ad ogni corsista deve essere assicurata la possibilità di costruire un percorso formativo adeguato alle proprie aspirazioni culturali e professionali, capace di tener conto dei livelli formativi di ciascun soggetto. Si consentiranno e si favoriranno percorsi formativi anche individualizzati. Tale orientamento riguarderà la scelta del tipo di contenuti, la loro composizione curricolare, la scelta dei tempi e dei ritmi di studio;

6. concezione e attuazione di nuovi sistemi per promuovere l’integrazione fra formazione d'aula e formazione sul lavoro in accordo fra sistema della formazione di ogni canale e mondo della produzione, nonché valorizzazione e certificazione delle esperienze di apprendimento sul lavoro, inclusi stages, formazione-lavoro, percorsi di alternanza scuola-lavoro, "training-on-the job", corsi aziendali e più in generale delle competenze acquisite in esperienze di lavoro precedenti, parallele o successive all'istruzione formale.

7. sviluppo di un sistema di crediti formativi a livello nazionale e possibilmente europeo che favorisca la mobilità lungo percorsi formativi differenti. Il potere di accreditamento spetta a ciascuno dei diversi tipi di soggetti cui è affidata l’attuazione delle attività e ciò avviene al termine di ogni modulo;

8. sviluppo ed estensione del sistema di valutazione a tutte le fasi e componenti dell'offerta formativa. Occorrerà valutare l'efficacia, l'efficienza e la qualità delle singole iniziative formative e creare un sistema di monitoraggio che sia utilizzato anche per il miglioramento continuo e la riprogettazione di strutture formative e di strutture consortili e associate;

9. misure e programmi per il riequilibrio territoriale, attraverso gli strumenti della programmazione contrattata previsti dalla legge n. 662/96, art. 2, comma 203;

10. visibilità dell'intera disponibilità di finanziamenti, indipendentemente dalla provenienza (U.e., Ministeri, Regioni, Enti locali, privati) e dei destinatari dei finanziamenti, salve le responsabilità e le prerogative di ciascun attore, e costituzione di un master plan nazionale della Formazione Tecnico-Professionale Superiore (FIS). In particolare, per quanto concerne la IFTS la gestione delle risorse finanziarie ai diversi livelli –nazionale, regionale e locale- persegue la trasparenza delle modalità di integrazione e di complementarietà delle risorse sia nella fase di previsione, che in quella di amministrazione e rendicontazione;

11. Lo sviluppo della parte istituzionale prevede:

E’ opportuno che fin d’ora tuttavia essi non siano trattati come tre sistemi fra loro impermeabili . Al contrario attraverso il riconoscimento dei crediti ed un sistema integrato di certificazioni, tali tre sistemi dovranno divenire culturalmente e operativamente permeabili e ogni studente deve essere facilitato a muoversi tra l’uno e l’altro fino ai livelli più alti dell’educazione tecnico-professionale.

Non dovranno inoltre essere tre sistemi con una competenza distintiva definita rigidamente sulle durate dei corsi o sui destinatari o sugli enti erogatori, né caratterizzata da una standardizzazione dei corsi a livello nazionale. La Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata rinuncia all’idea di un assetto istituzionale rigido. La continua evoluzione del mercato del lavoro nei diversi contesti regionali da una parte e la effettiva realizzazione del nuovo canale IFTS, le evoluzione dell’offerta universitaria, l’innalzamento dell’offerta della Formazione Professionale dall’altra, creeranno una situazione dinamica di arricchimento e di crescente pluralità dell’offerta formativa di qualità: ciò consentirà la ridefinizione in un breve arco di tempo l’offerta formativa, in base al mercato e alle competenze dimostrate.

Infatti Istituti formativi tradizionali potranno e dovranno essere innovati e altri ne dovranno sorgere. La formazione regionale dovrà essere meglio qualificata, i diplomi universitari dovranno essere migliorati nelle facoltà non tecniche e nel sud, i corsi erogati dagli Istituti Secondari superiori non dovranno essere una estensione delle scuole superiori né dovranno essere autoreferenziati. Il nuovo ciclo IFTS non universitario non sarà un canale concorrenziale con gli altri ma premierà marcatamente iniziative associate, e talvolta anche consortili, fra diverse istituzioni e iniziative che prevedano alternanza fra aula e esperienza pratica nelle imprese e nelle Amministrazioni; esso avrà un ruolo propulsivo nel cambiamento di tutte le forme di formazione terziaria. Quindi- come è già avvenuto nel progetto Campus che ha rappresentato un benchmark per tutta l’educazione terziaria - esso sarà una innovazione "green field" che favorirà un altro modo di fare formazione di qualità, che promuoverà gli altri canali e irrobustirà tutti i soggetti formativi (scuola, università, centri di formazione professionale), Avrà luogo in sintesi uno sviluppo quantitativo e qualitativo di nuove offerte per lo più integrate di cicli di terziario formativo, di qualità e quantità di ordini di grandezza superiore all’attuale..

12. All’interno del punto precedente la innovazione maggiore è quindi la progettazione, sviluppo e gestione di un nuovo canale formativo non in continuità rispetto alla scuola secondaria superiore che si aggiunge ai canali universitari, scolastici e di formazione professionale esistenti. Tale nuovo canale verrà denominato Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) e avrà le seguenti caratteristiche

7. Gli elementi chiave: criteri e opzioni di progettazione.

7.1. Visione condivisa della domanda di elevate professionalità.

Aumentare di ordini di grandezza il numero di soggetti forniti di quella formazione superiore universitaria e non universitaria che è necessaria per ricoprire ruoli di "lavoratori della conoscenza" nel lavoro dipendente o autonomo implica il passaggio 6-10% di diplomati superiori o laureati a al 27-30% sul totale della popolazione lavorativa, per allinearsi agli standard europei e americani. Ma occorre avere un criterio di lettura del mercato del lavoro e dei destinatari della formazione.

Lavoratori della conoscenza sono ovviamente i ricercatori, i docenti, gli scienziati. Essi, dotati del più elevato apparato formativo disponibile fanno parte di "International visible and invisible colleges": i loro standard formali e di contenuto sono molto elevati, dovrebbero essere soggetti alle valutazioni più severe. Nell'organizzazione moderna della scienza e della formazione, anch'essi lavorano in cooperazione, devono possedere competenze non solo intellettuali, sono tenuti a fornire risultati al pubblico e non solo alla loro comunità. Essi sono generati dalle fasi più alte della formazione universitaria (diplomi di specializzazione, diplomi di dottorato). Sul rapporto fra figure di riferimento e sistema educativo sappiamo quasi tutto (pregi e difetti) perché su questo modello è modellata in gran parte la nostra Istituzione Universitaria. Essi non sono i destinatari del presente progetto.

Lavoratori della conoscenza sono certamente i professionals (o "esperti dotti"), ossia figure dotate di conoscenze teoriche e tecnologiche strutturate e spesso certificate, oltre che di significative esperienze e competenze applicative: contribuiscono allo sviluppo o all'integrazione di conoscenze rilevanti per i processi dell'ente in cui operano, si assumono responsabilità professionali verso l'organizzazione e verso la clientela. Essi sono generati dalla formazione universitaria (lauree, master, diplomi di perfezionamento e di specializzazione, diplomi di dottorato ad orientamento professionale). In questo campo sappiamo molto per quanto riguarda il rapporto fra università e professioni liberali (medici, avvocati, notai, ingegneri progettisti, architetti etc). Sappiamo molto meno sulle nuove "professioni nelle organizzazioni" (ad esempio computer scientists, esperti di marketing, figure tecnico-commerciali ad alta qualificazione, ricercatori, engineers, esperti di finanza e controllo, esperti legali e tributari, consulenti interni, project managers, process managers etc.) e sul tipo e qualità dell'offerta formativa che l'università o le scuole superiori dovrebbero proporre, che include conoscenze teoriche e capacità cliniche, decisionali, integrative etc. Essi potrebbero essere in alcuni casi i destinatari di una formazione post-secondaria di qualità non terminale, ossia quella che è una prima fase per proseguire nei successivi stadi della formazione (laurea, master, specializzazione etc): essa potrebbe essere utile per conseguire una completezza e concretezza tipica dell’attività professionale individuale e nelle organizzazioni.

Lavoratori della conoscenza sono anche i tecnici o "esperti pratici", ossia figure con formazione meno teorica ma con elevata formazione e esperienza pratica. Essi hanno sia conoscenze tecniche e metodologiche che conoscenze del contesto applicativo aziendale. Essi svolgono attività di risoluzione di problemi o di realizzazione di processi incerti anche attraverso l'uso di specifica strumentazione. Fra questi ricordiamo tecnici di progettazione, tecnici di prodotto, venditori qualificati, tecnici di assistenza cliente, programmatori, etc.. Essi sono generati dalla formazione tecnica superiore (diplomi di formazione superiore tecnico-professionale superiore: quelli offerti dalla FP e quelli nuovi proposti da questo progetto come AS), dalla formazione universitaria (diplomi universitari ma anche in alcuni casi lauree), dalla formazione entro l'azienda e l'amministrazione (scuole aziendali). La qualità delle competenze che vanno sviluppate si estendono da quelle solutorie, sensorio-motorie tipiche del Faussone che Primo Levi descrive nella "La chiave a Stella", a quelle diagnostiche e interpretative che richiedono una conoscenza generale e un paradigma indiziario come lo Sherlock Holmes descritto da C. Ginzburg in "Spie", a quelle tacite e contestuali di cui parla Barley analizzando manutentori, tecnici di progettazione e operatori dei servizi tecnici. La qualità dell'esperienza di lavoro, che è importantissima anche per le tipologie prima menzionate, è in questo caso assolutamente fondamentale e in alcuni casi equipollente alla formazione scolastica. Questa è la categoria centrale che si vuole supportare e sviluppare con il FIS.

Lavoratori della conoscenza potranno essere sempre di più considerati anche gli operativi qualificati o "operatori di processo". Essi sono figure di operativi che hanno conoscenze, esperienze idonee e sufficienti a controllare e regolare processi di produzione di beni e servizi risolvendo problemi e minimizzando varianze, che operano in cooperazione con i gruppi di lavoro in cui sono inseriti e impiegano frequentemente tecnologie informatiche: il processo sta "nelle loro teste". Sono figure che evolvono da un livello di formazione medio-bassa riqualificate da appositi programmi formativi aziendali a figure con formazione di diploma di scuola secondaria superiore e con formazione professionale post-secondaria. Fra questi troviamo conduttori di impianti, operatori di processo, operatori di front-line, case managers, etc: sono i casi dei conduttori di laminatoi, raffinerie, treni automatizzati, alcuni operai delle UTE della Fiat di Melfi, gli operatori dei call centers dell'Omnitel, gli operatori del "telefono azzurro". Essi saranno sempre più frequentemente diplomati di scuola media superiore e potranno essere destinatari di corsi post-diploma come quelli descritti in questo documento.

Lavoratori della conoscenza tendono a diventare anche quelle figure di quadri e management intermedio che ormai non svolgono più tanto ruoli di comando e di coordinamento ma piuttosto di immissione di conoscenze e esperienze nelle strutture operative e di garanzia di raggiungimento di risultati nei processi complessi. Essi necessitano oltre alla formazione scolastica e universitaria di base nel dominio principale di applicazione (economia, ingegneria, diritto etc) e alla formazione di tipo manageriale tradizionale (che aveva per oggetto abilità solutorie, decisionali, integratrici e si avvaleva di metodi attivi), anche l'utilizzazione delle conoscenze nelle grandi reti di Internet e Intranet e nuove forme di apprendimento sul lavoro. Per le piccole imprese non è escluso che i migliori corsi potranno formare figure manageriali intermedie.

7.2. Visione condivisa dei bisogni, valori e vincoli dei vari segmenti della popolazione studentesca e del sitema produttivo.

Le Università, le scuole superiori, il sistema della formazione professionale devono conoscere nel modo più preciso possibile i fabbisogni dei destinatari dei propri servizi.

E’ fondamentale un ripensamento dei sistemi di lettura del mercato del lavoro: questo non può essere fatto né in un unico colpo né da un unico ente. Si tratta invece, cominciando nella fase di progettazione del nuovo sistema, di raccogliere , richiamare e valorizzare i molti studi e metodi che si sono succeduti negli ultimi anni in Italia e in Europa, proponendo una serie di approcci semplici e comprensibili da tutti i soggetti partecipanti che poi verranno selezionati e utilizzati dai vari progetti e nelle varie Regioni.

I bisogni di apprendimento, occupazione e welfare degli studenti e della comunità , che sono la stella polare del FIS, dovranno essere costantemente monitorati a livello delle realtà locali, rilevando anche dimensioni soggettive come aspirazioni e culture delle nuove generazioni e dimensioni oggettive come ostacoli e vincoli sociali e ambientali relativi alla crescita professionale e umana.

Fondamentale è anche la rilevazione dei fabbisogni delle imprese e delle pubbliche amministrazioni che daranno lavoro agli studenti del FIS. Nel processo formativo occorre coinvolgere attivamente le imprese e le amministrazioni nella rilevazione di tali fabbisogni e nel coinvolgimento nelle fasi successive attraverso metodologie e banche dati che si sono già cominciate a sperimentare per esempio nel progetto Campus.

Andrà studiato e attuato in ogni regione un sistema di rilevazione permanente della qualità del servizio formativo reso, del grado di "customer satisfaction" della destinazione professionale degli studenti, della efficacia del percorso formativo nei processi di lavoro va predisposto per monitorare gli effetti della formazione che verrà impartita nell’ambito del FIS.

7.3. Visione comune della Formazione Tecnica- Superiore Integrata (FIS) come nuovo sistema di servizio formativo

Occorre guardare a tre elementi: a) l'utenza o mercato; b) il contenuto del servizio educativo proposto; c) il sistema di offerta, ossia organizzazione, professionalità, tecnologia della scuola.

  1. La segmentazione dell'utenza o del mercato della formazione tecnico-professionale superiore. La prima operazione che occorre fare è quella di segmentare il mercato di riferimento: ossia identificare le diverse classi, tipi e forme di tipologie o aree occupazionali dei lavoratori della conoscenza che si vogliono formare.
  2. Una prima segmentazione è quella relativa alla tipologia di lavoratori della conoscenza, partendo da quella che abbiamo illustrato nel precedente . Una particolare attenzione per il FIS va prestata ai ruoli dei "professionisti locali" , dei "nuovi tecnici" e degli "operativi qualificati" la cui carenza viene percepita come critica in tutte le aree del nord e che potrebbe supportare la crescita dello sforzo di enterprise e job creation nel Sud. La formazione delle figure manageriali e dei professional dovrebbe essere riservate ai corsi di laurea e alle successive scuole di perfezionamento e specializzazione post laurea .

    Un secondo livello di segmentazione è quello relativi ai diversi settori industriali e di servizio (chimica, metalmeccanica, tessile, terziario avanzato etc.), ai settori di amministrazione (PA centrale, PA locale, Sanità etc) ai settori del lavoro autonomo e imprenditoriale. Su di essi occorrerà fin dall’inizio selezionare settori che possono più probabilmente avvalersi di studenti formati nel FIS con effetti più visibilmente positivi sull’occupazione e sul funzionamento delle organizzazioni.

    Un terzo livello di segmentazione è quello dei macroprocessi e delle grandi aree professionali in cui questi lavoratori sono o verranno inseriti: processi imprenditoriali, processi di coordinamento e controllo, processi di innovazione e gestione del cambiamento, processi di gestione produttiva, processi commerciali, processi amministrativi e finanziari, etc.. Ipotizziamo che il FIS irrobustirà sopratutto quei processi di coordinamento e controllo basati sulla competenza (nuove figure di coach, team leader, project leaders, soprattutto nelle medie e piccole imprese), i processi di innovazione sopratutto quelli basati sul miglioramento continuo (quali quelli su cui sono impegnati tecnici di prodotto e di processo, system integrator, esperti di qualità etc) , processi tecnico commerciali , processi di assistenza ( soprattutto quelli che richiedono ruoli supportati da tecnologie come addetti ai call centers, tecnici di assistenza post-vendita etc. ), etc. .

    Un quarto livello di segmentazione sono le tipologie di studenti: ad esempio studenti portatori di svantaggi sociali che richiedono strutture supportive, studenti particolarmente dotati che richiedono strutture di eccellenza, etc.. In particolare il FIS deve affrontare in modo non assistenziale di recuperare e valorizzare studenti le cui attitudini di tipo puramente cognitivo si sono rivelate inferiori a capacità di tipo pratico-realizzativo e relazionali e che la scuola superiore e le prospettive di studi universitari possono aver penalizzato. Una sfida importante è offrire incoraggiamento a studenti del SUD che assumono una attitudine fatalistica sulle possibilità di trovare lavoro, aumentando il grado di orientamento imprenditivo e la propensione a spostarsi in altre aree d’Italia e d’Europa.

  3. Il contenuto del servizio educativo proposto è l'altro elemento che va definito e differenziato. Rispetto ai temi che stiamo trattando il servizio di base è quello della formazione degli studenti, la quale si differenzia per:

I servizi per l’apprendimento cognitivo, pratico, emotivo non consistono solo in erogazione di attività formative d’aula. Vi sono altri servizi educativi che sono altrettanto e più importanti per l’apprendimento:

Vi sono poi servizi non formativi ma essenziali per sostenere il percorso di apprendimento degli studenti: l’informazione, l'orientamento, consulenza formativa e professionale, la certificazione, l'integrazione didattica e altri .

Lo studente è una persona integrale che ha bisogni molto più ampi di quelli relativi all'apprendimento: bisogni di supporto finanziario, di alloggio, di convivialità, di attività fisica e sportiva, di svago. La scuola può fornire o facilitare l'accesso a servizi che soddisfano bisogni della persona.

Vi sono servizi destinati primariamente non agli studenti ma all’organizzazione scolastica

Infine devono prevedere servizi che facilitino e alleggeriscano gli utenti nei loro inevitabili adempimenti (iscrizioni, registrazioni, tasse).

Le caratteristiche distintive del FIS sono quelle superare una visone puramente scolasticistica della formazione: momenti di aula saranno intercalati da esperienze di laboratorio e stage in azienda o nelle pubblica amministrazione. Essi prevederanno un adeguato mix tra conoscenze di base, conoscenze tecnico-specialistiche, tecniche per le applicazioni operative, conoscenze organizzative e competenze decisionali, relazionali e diagnostiche.

La struttura del modello organizzativo della IFTS – a cui la FIS tende – sarà di tipo associativo, anche a carattere consortile, in modo da coinvolgere scuole, università, centri di formazione professionale, imprese ed altri soggetti pubblici e privati.

I programmi del nuovo canale richiederanno una progettazione del sistema tecnico-organizzativo, ossia dal sistema d'offerta : esso è dato dall'insieme della struttura organizzativa, del sistema professionale, del sistema tecnologico, delle metodologie adottate per fornire il servizio che può essere rappresentato come segue

In generale, qualunque sia la struttura dell’ente erogante, la capacità di fornire una gamma di servizi specifici ad un segmento specifico dell'utenza dipende dalla competenza distintiva del sistema d'offerta.

Il sistema comprende innanzitutto la struttura organizzativa formale, naturale e sistemica (Scott) dell'ente che fornisce il servizio. Non solo la struttura che fornisce il processo principale (per esempio l'insegnamento e la ricerca) ma anche quella che fornisce i servizi di supporto (amministrazione, servizi tecnici, servizi di supporto etc.). L’MIT è migliore della migliore università italiana forse non perché i professori sono migliori ma certamente perché tutte le strutture sono migliori e meglio integrate fra loro. L'Università e le scuole, nel dibattito sulle riforme e sulle competenze, sono viste sempre in base alla loro organizzazione esperta (pedagogia, contenuto e organizzazione del sistema degli insegnanti): ma senza cambiare l'organizzazione della ricerca (di cui fanno parte solo in parte gli insegnanti) o quella amministrativa o quella dei servizi logistici, molte delle idee di riforma rischiano di essere frustrate.

Il sistema professionale delle diverse componenti è parte del sistema d'offerta: ruoli, aree professionali, carriere, retribuzione, sistemi di valutazione di insegnanti, ricercatori, tecnici, personale di supporto fanno parte del sistema d'offerta: quanto più integrati e capaci di generare impegno e motivazione sono, tanto più ci si potranno attendere buoni risultati nella concezione e erogazione dei diversi servizi.

Il FIS ha l’ambizione di contribuire ad accelerare il processo già in atto di sviluppo di una architettura del nuovo sistema professionale degli insegnanti delle scuole, delle Università e della formazione professionale . Esso fornisce alcune linee guida a partire dalle quali sviluppare gli strumenti e le procedure di gestione e sviluppo, ad esempio in materia di :

Inoltre sono previsti apporti da docenti esterni al sistema educativo formale: operatori provenienti dal mondo della produzione, dei servizi , delle professioni e della pubblica amministrazione.

Le tecnologie fanno parte anch’esse del sistema d'offerta: laboratori, sistemi informativi, tecnologie didattiche non rimandano solo allo sforzo finanziario per acquistarle ma anche a quello (finanziario e culturale) per usarle e farle funzionare.

Le strutture materiali (edifici, biblioteche etc.) e quelle simboliche (prestigio, immagine etc.) fanno parte del sistema d'offerta. Esse non si improvvisano.

Infine occorre notare che nessuna analisi dei servizi è completa senza un sistema di valutazione economica e delle prestazioni adatto a rendere disponibili informazioni sui costi e a pianificare (e valutare) gli investimenti necessari.

Il sistema "socio-tecnico" dei consorzi andrà progettato per essere efficace e efficiente; quello delle singole scuole della Pubblica Istruzione, delle Università, dei centri di formazione professionale dovrà cambiare. Esso può evolvere e trasformarsi partendo però dalle caratteristiche di partenza dell'unità organizzativa che eroga il sistema d'offerta. Il "legacy system" ossia l'eredità culturale e operativa del sistema d'offerta è un vincolo che definisce la traiettoria possibile del cambiamento: FIS non si propone di creare sistemi "eccellenti" ma sistemi migliori.

In sintesi: non si può fare tutto e tutto bene: la selezione delle aree di eccellenza nei servizi, dell’organizzazione e delle tecnologie è ciò che determina l'esito della competizione fra i vari agenti formativi dello stesso tipo: ciò dovrebbe guidare i processi allocativi di risorse disponibili fra i vari ordini e gradi di formazione, sia attraverso gare che attraverso assegnazioni.

7.4. La trasparenza e la certificazione delle competenze trasportabili e trasferibili nell’ambito dell’U.e.: identificazione, classificazione e monitoraggio delle tipologie tradizionali e emergenti delle competenze e delle professionalità elevate.

Occorre orientare i percorsi formativi in relazione alla "domanda" proveniente dal sistema delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. Occorre abbandonare presto l'idea di operare sulla base di qualifiche, profili, mansioni troppo ristretti che divengono obsoleti prima ancora che il processo formativo sia terminato. Occorre privilegiare la identificazione delle competenze professionali maggiormente richieste e di alcune grandi aree e tipologie professionali.

Bisogna disporre di un sistema che sia in grado di rilevare quantità e qualità della domanda di alte professionalità espressa dalle imprese e dalle pubbliche amministrazioni nel breve e medio periodo, sia a livello nazionale (aggregato) che regionale (disaggregato).

Il primo strumento da sviluppare su base nazionale è uno strumento per "rileggere il mercato del lavoro" dotato di una metodologia efficace per l’analisi e la descrizione delle competenze, dei profili professionali, delle aree professionali sia tradizionali che emergenti. Esso va sviluppato valorizzando esperienze esistenti anche se non concluse come il progetto dell’Unioncamere, il progetto europeo condotto dall’Ente Bilaterale CGIL-CISL-UIL/Confindustria, le rilevazioni dell’ISFOL, il progetto professioni dell’ISTAT, le elaborazioni del CNEL oltre che molti lavori scientifici italiani e internazionali.

Affinché tale tentativo di rilettura del mercato del lavoro risulti realmente efficace, esso non deve fermarsi alla descrizione delle singole figure e qualifiche professionali, così come esse si trovano ad essere di fatto impiegate dalle imprese: ciò determinerebbe in breve tempo una frammentazione eccessiva e un irrigidimento dell’offerta formativa. Occorre che essa abbia la capacità di operare sia disarticolazioni (conoscenze e competenze) che aggregazioni superiori (professioni, "famiglie professionali", archetipi etc .). L’oggetto della progettazione dei percorsi formativi della FIS, infatti, non può essere rappresentato profili professionali tradizionali.

Da una parte occorre rilevare sia la grande varietà di competenze cognitive, sia su base disciplinare (ad es. biologia molecolare, laser industriale, etc.) che di integrazione di discipline (per es. pianificazione e controllo, system integration, gestione dell’innovazione e del cambiamento) sia la grande varietà di competenze sociali (comunicare, integrarsi, motivare, etc.) ed emotive (mantenere la calma, potenziare la determinazione a conseguire risultati, etc.). Fra le conoscenze a base cognitiva oltre alle conoscenze teoriche e scientifiche occorre rilevare quelle del "saper fare pratico", della conoscenza tacita, della "conoscenza contestuale" della propria organizzazione.

Per rilevare professioni o "aree professionali" conviene riferirsi alle seguenti variabili-chiave:

 

Figura, da Butera 1990

Si dovrebbe, con questo o con altri modelli simili, tendere ad avere una grammatica e una sintassi comune per descrivere e progettare realtà professionali altamente differenziate e in continuo mutamento: essa dovrebbe soprattutto aiutare il dialogo tra istituzioni formative, datori di lavoratori e futuri lavoratori.

In sintesi non si deve lanciare un altro progetto di ricerca della durata di anni né ricercare una mappa esaustiva ma si suggerisce di utilizzare quello che c'è nella prospettiva e con gli scopi presentati e costruire una "tavola di Mendeleev" (in cui ci sono competenze e professioni mancanti) che divenga uno strumento condiviso di lavoro per tutti gli attori dei piani.

La ricerca di una corrispondenza flessibile fra i) domanda di lavoro così rappresentata e ii) l’offerta formativa differenziata (in termini non solo di materie ma anche di proposte esercitative, esperienziali, certificative, etc.) comporta anche una serie di cambiamenti nell’organizzazione interna delle istituzioni formative, che vanno progettati, pianificati e gestiti.

7.5. I percorsi: condizioni di protezione, supporto e mobilità degli allievi possibilità di percorsi individualizzati.

Come indicato dal Gruppo di Studio del coordinamento tecnico delle Regioni sulla Formazione Tecnica Superiore Integrata, occorre costruire percorsi formativi individuali fondati alta qualità e elevata varietà per contenuti, per durata, per modalità (residenziali, corsuali, a distanza, miste, etc.), etc..

Il percorso deve essere organizzato per moduli e deve prevedere la possibilità di ingressi ed uscite nei diversi momenti dell’anno, alla fine o all’inizio dei diversi moduli. A questo fine, si deve garantire una gestione che assicuri il massimo di flessibilità negli orari e nei periodi di attività (fine settimana, periodi estivi, etc.).

Esse dovranno riguardare

1. L’informazione

Il servizio di informazione e consulenza ha carattere permanente ed assolve a diverse funzioni nel corso dell’anno. Le funzioni primarie consistono nelle seguenti:

2. L’orientamento in entrata e la valutazione iniziale e continua

L’azione di orientamento in entrata e di valutazione iniziale e continua deve avere carattere permanente ed assolvere alle seguenti funzioni:

3. Moduli

4. Orientamento per la differenziazione dei percorsi di studio.

Il servizio di orientamento in questa fase è rivolto a facilitare la scelta da parte degli interessati del futuro percorso di studio verso le tre direzioni indicate.

5. Percorsi.

In ogni percorso formativo del FIS, i partecipanti si suddividono a seconda della loro opzione di eventuale orientamento verso la prosecuzione dello studio universitario, il lavoro dipendente o il lavoro autonomo.

5.1. Passaggio all’Università

Il passaggio all’Università avverrà attraverso il riconoscimento dei crediti acquisiti (disciplinari e di attività pratica e di tirocinio) nei moduli frequentati.

5.2. Lavoro dipendente

I soggetti che intendono orientarsi verso il lavoro dipendente usufruiscono in misura maggiore degli altri dell’offerta di moduli formativi quali, ad es.:

  1. lo svolgimento di attività pratiche guidate presso un’impresa, con l’assistenza di un tutor aziendale
  2. lo svolgimento di esercitazioni pratiche guidate attraverso laboratori interni o esterni al sistema formativo
  3. lo studio teorico prevalentemente volto alla progettazione delle proprie attività formative secondo modalità sperimentali e di ricerca applicata ed alla sistematizzazione delle conoscenze acquisite attraverso le attività e le esercitazioni

5.3. Lavoro autonomo

I soggetti che intendono orientarsi verso il lavoro autonomo usufruiscono dell’offerta di moduli formativi quali, ad es.:

  1. lo svolgimento di attività di tirocinio presso un’impresa analoga a quella prospettata e sotto la guida di professionisti, eventualmente d’intesa con gli ordini professionali corrispondenti
  2. l’elaborazione assistita di progetti di impresa attraverso modalità tipiche dell’incubazione di impresa
  3. lo studio teorico prevalentemente volto alla progettazione dei rispettivi percorsi formativi e delle attività di studio secondo modalità sperimentali e di ricerca applicata e, inoltre, alla sistematizzazione delle conoscenze acquisite attraverso il tirocinio e la progettazione di impresa.

7.6. Integrazione fra formazione d'aula e formazione sul lavoro

Progetti di alternanza scuola-lavoro sono sviluppati in tutta Europa. Ora anche in Italia esperienza come il progetto Leonardo tende a avvicinare l'impresa e il mondo dell'istruzione superiore e universitaria, proponendo percorsi misti di istruzione d'aula da una parte e dall'altra stages, tirocini, apprendistati.

Non si tratta solo di progettare i curricoli e sviluppare percorsi formativi didatticamente efficaci ma anche di intervenire su fattori organizzativi molto concreti. La presenza di studenti nell’ambiente di lavoro per esempio comporta per le imprese costi finanziari e un pesante impegno di risorse umane qualificate: occorre organizzare e incentivare le imprese a svolgere questo ruolo. Occorre formare i tutor. Occorre ridurre la macchinosità delle procedure burocratiche. Occorre riconoscere la formazione sul lavoro nella certificazione e nella assegnazione di attestati. Occorre sviluppare il partenariato che formula proposte condivise fin dall’inizio tra sistema educativo e sistema produttivo

7.7. I crediti formativi e la loro valorizzazione quali unità formative capitalizzabili in un sistema formativo integrato e flessibile

Vi sono due dimensioni del credito, quello didattico e quello formativo.

Il credito didattico riguarda le "conoscenze-competenze" acquisite frequentando un insegnamento disciplinare, dove l’apprendere avviene studiando. La carta di credito didattico -se validata- può essere spesa dall’allievo in comparti scolastici e universitari differenti. Per esempio, molte discipline (o loro strutture interne "moduli") potrebbero essere riconosciute con valore di "credito", quindi transitabili e spendibili tra il "canale" della formazione professionale e quello secondario, nonché tra diplomi postsecondari e percorsi di formazione universitaria. I crediti didattici (disciplinari) possono essere validati per l’intera struttura cognitiva di una materia di insegnamento -oppure- per sue frazioni cognitive interne (per alcune sue identità morfologiche: per i suoi contenuti, linguaggi, ermeneutiche, metodologie della ricerca, dispositivi euristici, etc.).

Il credito formativo, da parte sua, si riferisce alle "abilità-competenze" acquisite a attraverso esperienze pratiche: attività di lavoro e di volontariato, visite all’estero, ricerche su campo, studi personali, esperienze nelle quali campeggia l’apprendere-facendo. La carta di credito formativo -se validata- può essere negoziata (e spesa) tra percorsi formativi differenti. Per esempio, molte esperienze empiriche formalizzate (come stages) accumulate nella formazione professionale potrebbero essere riconosciute con valore di "credito", quindi transitabili e spendibili tra il "canale" della formazione professionale e quello secondario, nonché tra i percorsi professionali post-secondari e i percorsi di istruzione universitaria. Tutto ciò è più complesso che non il credito didattico ma è una frontiera fra le più affascinanti della comprensione e valorizzazione del lavoro.

Il nuovo sistema di FIS dovrà garantire la certificazione dei percorsi e il riconoscimento dei crediti su standard formativi nazionali e omogenei, condiviso dalla scuola, dalla formazione professionale, dall’università e dal sistema delle imprese e delle professioni.

Attraverso un impianto di unità formative modulari capitalizzabili, frutto dell’integrazione dei diversi sistemi formativi concorrenti (scolastico, universitario, professionale, ...), viene introdotto l’uso del libretto formativo individuale che registra il livello di formazione raggiunto e certificato.

Il sistema di crediti deve essere operativo ai seguenti livelli:

  1. interno: al fine di abbreviare i percorsi e passare ad altre specializzazioni, certificando anche esperienze lavorative
  2. esterno, rispetto al sistema universitario, al fine di garantire la possibilità di riconoscimento totale o parziale delle competenze acquisite con la conseguente possibilità di riduzione dei percorsi a livello di diploma o di laurea. Nel contempo, i crediti formativi conseguiti nelle università saranno oggetto di valutazione ai fini della riduzione del percorso formativo negli altri canali della FIS.
  3. esterno, rispetto al mondo del lavoro in vista di un riconoscimento dei crediti formativi anche ai fini di un riconoscimento delle competenze e del potenziale in fase di assunzione, di sviluppo e di valutazione

La funzione di accreditazione spetta a ciascuno dei soggetti cui è affidata l'attuazione delle attività e ciò avviene al termine di ogni modulo. Nel caso di accreditazione di competenze acquisite all’esterno del sistema di FIS, tale funzione È assolta da appositi soggetti specializzati nella valutazione e nel rilascio di certificazioni che convalidino le competenze acquisite in attività formative a carattere formale, non formale e informale.

Sulla base degli standard fissati a livello nazionale, devono essere individuate delle articolazioni di percorso formativo cui viene riconosciuta una convalida che apre possibilità di rientro nei sistemi.

Per ottenere la prima certificazione È necessario conseguire crediti corrispondenti a due semestri in modo da poter accedere al riconoscimento dell’Unione Europea, secondo la direttiva 92/51/CEE

7.8. La valutazione

Essa dovrà costituire un vero sistema di governo, ossia un sistema di pianificazione e valutazione, in cui sia strutturalmente prevista e intenzionalmente progettata la relazione a due vie tra momento della pianificazione (sia didattica che organizzativa) nella quale vengono determinati gli obiettivi da perseguire, e il momento della valutazione nella quale viene verificato l’effettivo conseguimento degli obiettivi definiti dalla pianificazione (o si verificano i motivi di mancato conseguimento degli obiettivi medesimi) e si forniscono gli input per un nuovo ciclo decisionale.

Il sistema di pianificazione e valutazione deve essere pluridimensionale: deve cioé tenere sotto osservazione tutte le dimensioni indicate dalla figura qui riprodotta:

L’introduzione di un sistema di pianificazione e valutazione basato su simili princìpi dovrà essere introdotto, quando non lo sia già, :

7.9. Programmi di riequilibrio territoriale

Si farà riferimento alle misure e programmi per lo sviluppo economico e sociale attraverso gli strumenti della programmazione contrattata previsti dalla legge n. 662/96, art. 2, comma 203: essa prevede programmazione negoziata, intese istituzionali di programma, accordi di programma quadro, patti territoriali, contratti di area.

Particolare rilievo assumeranno i patti territoriali quali strumenti prioritari per collegare istruzione - formazione - lavoro con il concorso delle rappresentanze sociali ed economiche per l'attuazione di interventi strutturali finalizzati al riequilibrio territoriale.

7.10. Gestione dei finanziamenti

Il sistema viene sostenuto finanziariamente dalle risorse messe a disposizione dallo Stato e con altri pertinenti fondi dell’U.e. Il sistema di FIS, inoltre, si fonda sull’utilizzazione delle risorse strumentali e umane provenienti dai diversi sistemi che concorrono alla sua attivazione ed al suo funzionamento.

Ogni ente partecipante acquisisce e amministra i fondi di cui è titolare. Un eventuale Consiglio Nazionale per la Formazione Tecnico Professionale Integrata (FIS) e gli Organismi Regionali di promozione e coordinamento definiranno indirizzi e modalità per definire sinergie e coesione fra le varie fonti di finanziamento e i vari programmi, sviluppando master plan che visualizzino la domanda e le disponibilità finaziarie.

8. L’offerta di un nuovo ciclo di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS)

La Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) è parte integrante della Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS), di cui rappresenta la parte di assoluta innovazione. La sua progettazione e gestione deve poter consentire quel superamento di vincoli e quello sviluppo esemplare che permetterà all’intero sistema FIS di affermarsi quantitativamente e qualitativamente .

La IFTS è il nuovo canale integrato fra la scuola, la formazione professionale e l’università. Essa fa parte, in attuazione del dlgs n.112/98, della programmazione regionale e si sviluppa tramite accordi con le Regioni, che assicurano l’integrazione dei diversi soggetti (scuole, università, centri ed agenzie di formazione, imprese e luoghi di lavoro), la destinazione concertata delle risorse, l’incentivazione della costituzione di forme consortili al fine di garantire il rapporto istruzione-formazione-lavoro. Deve essere assicurata la corrispondenza dei contenuti e delle modalità dei corsi alla domanda di formazione, quale emerge dall’analisi dei fabbisogni di competenze, sia in relazione ai giovani in prima formazione sia ai lavoratori occupati ed in mobilità, a partire dall’utilizzo delle indagini già realizzate dalle parti sociali. A tal fine, la Regione assicura il raccordo anche con le strutture deputate al governo delle politiche per il lavoro ed i servizi per l’impiego, in attuazione del dlgs n.469/97, nonché la concertazione con le parti sociali a livello territoriale.

L’intera disponibilità dei finanziamenti, indipendentemente dalla provenienza (U.e., Ministeri, Regioni, Enti locali, soggetti privati) e dai destinatari, sarà oggetto di pianificazione pluriennale nazionale (master plan) e di programmazione regionale, nonché di sperimentazione verificata e monitorata ai diversi livelli.

In particolare la IFTS avrà le seguenti caratteristiche:

I curricoli dei corsi IFTS avranno queste caratteristiche specifiche:

I corsi di IFTS hanno una durata minima di due semestri, in modo da poter accedere al riconoscimento internazionale dell’Unione europea, secondo la direttiva 92/51/CEE e una durata massima di quattro semestri, in modo da facilitare l'eventuale prosecuzione degli studi nei corsi universitari di diploma e di laurea, con particolare riferimento a quelli attivati nei politecnici.

Gli stage aziendali e i tirocini formativi sono obbligatori per non meno del 30 - 40 % della durata dei corsi, da svolgersi preferibilmente -almeno in parte- in altri Paesi, anche non appartenenti all’U.e..

La docenza deve essere reclutata per non meno del 50% dal mondo della produzione, delle professioni e del lavoro.

I corsi di Formazione Tecnica Superiore non devono essere legati alle tradizionali scansioni temporali dell’anno scolastico e accademico. E’ anzi opportuna una concentrazione delle date di inizio in coincidenza con l’inizio del secondo semestre universitario per favorire i passaggi.

Sarà realizzato un sistema integrato di certificazione come previsto nell’Accordo per il lavoro. A conclusione dei percorsi formativi IFTS si potranno conseguire –attraverso accordi con le singole Regioni– attestati validi nel sistema di istruzione e accreditabili in sede internazionale nonché al tempo stesso qualifiche professionali di 2° livello riconosciute dalla Regione. Tali riconoscimenti avranno lo scopo di non penalizzare la possibile mobilità internazionale di coloro che abbiano seguito tali percorsi e che aspirino ad essere occupati in un altro Paese dell’U.e.. Tali certificazioni rafforzeranno la comunicabilità internazionale e nazionale dei percorsi formativi . Ovviamente la singola impresa o la singola pubblica amministrazione sono chiamate a completare il percorso formativo con esperienze di lavoro tali da consentire una piena acquisizione di quelle competenze professionali praticate e provate che diano ulteriore valore alla persona sul mercato del lavoro.

Gli attestati finali dovranno rendere trasparenti le conoscenze e le competenze effettivamente acquisite a conclusione dei corsi.

La sperimentazione.

A partire dal 1998, si avvierà un piano di sperimentazione controllata di ogni progetto pilota di IFTS, nel quadro delle norme contenute nel d.lgs. n. 112/97 e secondo le prospettive di sviluppo delineate nel documento di programmazione economico-finanziaria 1999-2001.

Con le Regioni interessate, verrà redatto un protocollo nel quale saranno specificati:

I progetti pilota contenuti nei piani di sperimentazione dovranno prevedere la definizione degli obiettivi, l’indicazione delle risorse impegnate, dei soggetti coinvolti e delle loro responsabilità, la programmazione dei corsi in funzione degli obiettivi, un preciso dispositivo di monitoraggio e valutazione dei singoli interventi locali e del sistema di programmazione, gestione e organizzazione a livello regionale.

I progetti pilota saranno finalizzati alla definizione degli standard delle competenze che dovranno essere acquisite a conclusione dei corsi di IFTS nonché delle linee guida che dovranno presiedere alla progettazione, all’organizzazione e alla valutazione dei curriculi, in modo da facilitarne il loro accreditamento internazionale.

Le Regioni interessate sono invitate a segnalare entro il 15 settembre 1998 la disponibilità ad avviare progetti pilota da realizzare nel corrente anno in base a specifici accordi, dandone comunicazione al ministero della Pubblica Istruzione, ufficio Studi e Programmazione. Essi saranno finanziati con le risorse del bilancio del ministero della Pubblica Istruzione, oltre a quelle che le Regioni e gli Enti locali e gli altri soggetti interessati metteranno a disposizione. Nell’indicazione delle risorse potrà farsi riferimento anche a quelle strutturali, umane e materiali.

La sperimentazione dovrà essere condotta in modo da consentire la generalizzazione dei risultati nell’arco di tempo previsto dal Comitato di Progettazione di cui al successivo paragrafo 7. Alla Conferenza Stato-Regioni spetta la valutazione conclusiva del primo biennio di sperimentazione.

9. Responsabilità di indirizzo, programmazione, valutazione e controllo.

Per la progettazione ed il lancio della Formazione Tecnico-Professionale Superiore Integrata (FIS) verrà costituito un Comitato di Progettazione con incarico a termine. Esso includerà tre rappresentanti del ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, tre del ministero della Pubblica Istruzione, tre del ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (compresivi della rappresentanza della Conferenza dei Rettori delle Università italiane), che riferiranno - per le opzioni generali- direttamente ai Ministri competenti e da sei rappresentanti delle Regioni, designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, e tre rappresentanti delle autonomie designati dal competente organismo, oltre alle Parti Sociali (i Sindacati Confederali CGIL, CISL e Uil e Confindustria). Ai lavori del Comitato parteciperanno inoltre i rappresentanti delle Amministrazioni centrali dello Stato individuate dal Comitato stesso in base alle tematiche trattate.

Altri soggetti quali – ad esempio- l’ISTAT, il CNEL, l’Unioncamere, gli Ordini professionali, il CEDE potranno offrire importanti contributi di consulenza e di assistenza tecnica su specifiche esigenze.

Il Comitato di Progettazione, in particolare, dovrà formulare:

Il Comitato di Progettazione inoltre esaminerà i progetti pilota presentati dalle Regioni. I compiti amministrativi relativi al funzionamento del Comitato saranno curati dal ministero della Pubblica Istruzione secondo modalità concordate con il ministero del Lavoro e con il MURST.

E’ molto importante che il Comitato di Progettazione sia supportato da una struttura professionale ad alto livello di competenza e di indipendenza che lavori su base temporanea sul "project management" del progetto e su progetti attuativi della prima fase, coordinando a tal scopo contributi che verranno forniti da altre competenze istituzionali, da centri portatori di provate competenze professionali e eventualmente dalla stessa suddetta struttura.

La configurazione permanente di governo e promozione della FIS e della IFTS sarà elaborata in sede istituzionale ed anche in base alle risultanze delle proposte avanzate dal Comitato di Progettazione. Tale configurazione si riferisce sia alle funzioni di una struttura nazionale di promozione indirizzo e coordinamento FIS e della IFTS sia alle attribuzioni delle Regioni.

Queste ultime, in base al dlgs 112/98 svolgono le funzioni di programmazione e coordinamento. In particolare, alle Regioni spettano i seguenti compiti:

  1. adeguare gli standard nazionali alle esigenze regionali;
  2. garantire la corrispondenza agli standard nazionali dell’attività formativa realizzata;
  3. sovrintendere ai compiti di certificazione di qualità del sistema nella sua articolazione regionale;
  4. elaborare proposte di sperimentazione per l’innovazione del sistema;
  5. pianificare il numero di attività da realizzare sul proprio territorio, a partire dalle conoscenze sui fabbisogni professionali e formativi locali, nonché sull’offerta formativa superiore disponibile ed integrabile.

Le Regioni assicureranno il coinvolgimento e la più ampia partecipazione dei soggetti presenti nella logica dell’utilizzo ottimale delle risorse esistenti e della valorizzazione delle esperienze d’eccellenza: oltre alle competenti strutture delle Regioni, strutture territoriali dei Ministero P.I. e dell’Università, rappresentanze delle università del territorio, le agenzie del lavoro, delegati dalle Parti Sociali e altri. Ad esempio, analogamente a quanto previsto in altri Paesi dell’U.e. (es. in Inghilterra, il FEFCE e il HEFCE), si raccomanda che vengano istituiti a cura delle Regioni organi di programmazione, promozione e controllo a livello regionale per attuare nel contesto di economia regionale sia la nuova Formazione Tecnico Professionale Integrata (FIS) sia il nuovo canale di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS).