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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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INTERVENTO DEL MINISTRO MORATTI

Gubbio, 31 agosto 2002

Quando poco più di un anno fa, all'inaugurazione della legislatura, dichiarammo di fronte al nuovo Parlamento che un grande progetto per l'istruzione e la formazione avrebbe dovuto ispirare profondamente il più ampio disegno di sviluppo e di innovazione della società italiana, sapevamo che questo impegno programmatico avrebbe richiesto un grande sforzo politico ed organizzativo alle forze della maggioranza. Uno sforzo al quale chiamare tutte le componenti di Governo centrale ma anche i quadri dei partiti e gli amministratori locali.

Il nostro progetto ha come obiettivo, infatti, quello di arricchire le offerte formative nei percorsi di studio, offrendo, tra l'altro, opportunità di alternanza tra studio e formazione professionale, lo studio e la pratica delle lingue e dell'informatica ed inoltre stage e tirocini in realtà culturali, sociali e produttive in Italia o all'estero, con l'acquisizione di titoli e certificazioni spendibili come crediti scolastici e formativi.

Questo è soltanto un esempio degli strumenti che intendiamo introdurre per accrescere la flessibilità del sistema educativo e per dare agli studenti di oggi ed a quelli che entreranno nella scuola nei prossimi anni la possibilità di compiere scelte culturali, professionali e di vita sempre più consapevoli e responsabili, più personalizzate e rispondenti alle vocazioni e attitudini di ognuno.

Agli amministratori locali, dei Comuni, delle Province e delle Regioni, presenti oggi in gran numero a Gubbio, che sono così vicini alle famiglie ed agli studenti dico che onoreremo fino il fondo l'impegno preso per migliorare l'amministrazione della scuola, portando al massimo lo spirito di collaborazione tra Ministero ed Enti locali. In questo nuovo sistema educativo, lo Stato abbandonerà progressivamente i propri compiti tradizionali di gestione ed organizzazione per assumere compiti di indirizzo e di governo. Allo Stato spetterà il ruolo di costruire un'architettura di sistema. Lo Stato stabilirà i principi di qualità didattica, di equità sociale e di garanzia del diritto all'istruzione. Lo Stato dovrà assicurare criteri uniformi per la definizione dei piani di studio e stabilirà i requisiti di accreditamento delle offerte educative e formative, e provvederà alla valutazione dei livelli di apprendimento, con l'obiettivo di una crescita della qualità complessiva del sistema. I piani di studio saranno integrati a livello regionale e dai singoli istituti scolastici; mezzi e strumenti didattici saranno ideati e definiti sempre più a livello locale; orientamento e formazione saranno modellati localmente per aderire alle esigenze e alle opportunità del lavoro nel tessuto produttivo del territorio. Allo Stato spetteranno funzioni di programmazione, di regolazione e di controllo degli standard organizzativi e di qualità che non siano un freno, piuttosto un supporto, all'autonomia delle scuole, alle loro capacità di sperimentazione didattica, alle opportunità di innovazione. Alle Regioni spetta l'importante ruolo di organizzazione e gestione delle risorse finanziarie, strumentali, nel rispetto del principio di autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il modello di scuola per il quale dobbiamo lavorare é una scuola veramente libera, aperta, integrata che si ispira ai principi di sussidiarietà e di pluralismo che sono alla radice dell'intera tradizione liberale della nostra società e che annoverano illustri padri storici, da Antonio Rosmini a Luigi Einaudi, da Gaetano Salvemini a Luigi Sturzo. il quale affermò: "Ogni scuola deve poter dare i suoi diplomi non in nome della Repubblica, ma in nome della propria autorità.

L'EUROPA

Per quanto riguarda la prima missione della scuola, quella europea, stiamo dando vita ad un grande progetto per l'educazione e la formazione professionale che si ispiri al patrimonio di valori comuni, alle tradizioni di cultura e di civiltà che ci legano profondamente gli uni agli altri. I sistemi educativi e formativi dei paesi europei saranno chiamati nei prossimi anni a formare gli uomini e le donne ed a fornire loro conoscenze e competenze tecniche necessarie per i grandi cambiamenti che ci aspettano: dall'allargamento degli attuali confini dell'Unione Europea alla rifondazione ed al consolidamento delle istituzioni che presiedono al suo sistema democratico.

Attuare questo progetto educativo e formativo significa consolidare le prospettive di stabilità politica e di sviluppo sociale di un'Europa allargata e porta ad accrescere le opportunità legate ad un ciclo di crescita economica internazionale ormai indissolubilmente legato alle capacità di produrre conoscenza. Ci sono infatti ancora rischi di disuguaglianze e di esclusioni sociali che l'Europa non ha affatto scongiurato, se guardiamo all'effettivo livello di partecipazione all'istruzione di base. Nel 2000 la proporzione di cittadini europei compresi tra i 24 e i 64 anni di età che avevano raggiunto almeno un livello di istruzione secondaria superiore era soltanto del 60,3%. Quasi 150 milioni di persone nell'Unione Europea, prive di un livello di istruzione di base, sono ancor oggi esposte ad un alto rischio di emarginazione.

Nelle discussioni che si sono aperte tra i Ministri europei dell'istruzione e dell'università vengono proposti traguardi molto ambiziosi:

  • migliorare i sistemi di istruzione e formazione dell'Unione Europea con l'obiettivo di fare dell'Europa un termine di riferimento mondiale per qualità e pertinenza educativa;

  • dare ad ogni cittadino europeo libero accesso a tutti i sistemi di istruzione e formazione nell'intero arco della vita;

  • aprire i sistemi di istruzione e formazione europei al resto del mondo, in modo che l'Europa diventi meta favorita di studenti, studiosi e ricercatori di altre regioni;

  • sostenere una visione dei processi educativi e formativi che tenda a superare le antiche contrapposizioni tra equità sociale e competizione individuale, tra partecipazione e responsabilità, riconducendo ad un principio unitario e condiviso i concetti della qualità e della solidarietà.

Si tratta, come potete capire, di obiettivi di medio e lungo termine che richiederanno un eccezionale impegno politico ed organizzativo. La nostra convinzione di poter riuscire in questo sforzo sta nel constatare che lo spazio europeo dell'istruzione e della formazione - alla cui formazione l'Italia intende partecipare a pieno titolo - é oggi il punto ideale di raccordo dei progetti culturali, tecnologici e scientifici e punto di partenza di ogni progetto sociale ed economico.

Scuola, università e strutture di formazione costituiscono il "luogo" ove potranno confluire i progetti che tendono a migliorare le opportunità di lavoro e la mobilità degli studenti, a facilitare la circolazione dei saperi e l'integrazione delle professioni, internazionalizzando gli studi e i corsi di formazione, a migliorare i processi di acquisizione delle conoscenze e delle competenze e, infine, a potenziare i sistemi di riconoscimento delle qualifiche professionali e dei titoli di studio.

I Progetti europei

Per quanto riguarda i progetti europei ci siamo associati a tutte le iniziative che vanno in questa direzione perché siamo convinti che vi sia in Europa un urgente bisogno di nuove competenze qualificate, soprattutto nel campo tecnico-scientifico, coerentemente con le richieste che emergono dal mercato del lavoro e dalle nuove esigenze in relazione alla qualità della vita, della salute, dell'ambiente.

I due progetti-pilota finora approvati riguardano settori di forte interesse per il nostro Paese, come il turistico-alberghiero e la logistica nell'industria dell'automobile. Progetti realizzati insieme alla Francia, Germania e Grecia.

L'Italia è leader in un altro progetto sperimentale, che riguarda la creazione di poli formativi di eccellenza per la costruzione di qualifiche professionali reciprocamente riconoscibili sulla base di percorsi costruiti consensualmente dai paesi partecipanti, in aree come:
design industriale, moda, restauro, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, ristorazione e valorizzazione delle produzioni locali tipiche.

Con questo primo atto, destinato a facilitare la mobilità di studenti e lavoratori, diventa più concreto e vicino il traguardo della definizione di qualifiche e titoli professionali nazionali reciprocamente riconoscibili a livello europeo sulla base di percorsi formativi costruiti di comune accordo e ciò ci fa pensare che sia possibile puntare in tempi non troppo lunghi anche alla creazione di uno "spazio europeo di apprendimento continuo per l'intero arco della vita".

Oggi siamo ancora ben lontani da questo obiettivo. La partecipazione all'educazione e alla formazione resta ad un livello troppo basso: nell'Unione Europea soltanto l'8% delle persone comprese tra i 25 e i 64 anni di età ha preso parte nel 2000 ad attività educative e formative. Un'idea di Europa fondata sulla cultura, sull'istruzione e sulla formazione delle competenze pone dunque una sfida di importanza storica: progettare e realizzare tutti insieme un quadro radicalmente nuovo dell'apprendimento permanente. La formazione permanente deve diventare uno strumento centrale nelle nuove politiche del lavoro, garantendo un costante aggiornamento e riqualificazione di chi sta nel mondo del lavoro che cambia continuamente e richiede aggiornamenti continui. Per noi la formazione permanente è il vero ammortizzatore sociale.

Dobbiamo, inoltre, fare sì che ogni giovane europeo possa arricchire il proprio bagaglio culturale decidendo di intraprendere un nuovo ciclo di studi in un diverso paese oppure di impegnarsi in un periodo di formazione, in un'attività di volontariato o di insegnamento lontano dal proprio luogo d'origine. Su questa strada vi sono tuttora numerosi ostacoli giuridici e amministrativi e limiti finanziari che dobbiamo superare sia nell'ambito dei programmi comunitari - "Erasmo", "Socrate", "Leonardo", "Gioventù" - sia al di fuori di questi.

Penso alla necessità di promuovere lo sviluppo di dispositivi di sostegno finanziario alla mobilità degli studenti, come indennità, borse di studio, sovvenzioni, prestiti. Oppure alla necessità di realizzare un'effettiva trasferibilità delle borse di studio e degli aiuti nazionali. E, infine, di facilitare il trasferimento dei crediti universitari e il riconoscimento a fini accademici, nello Stato membro d'origine, del periodo di studi intrapreso in un altro paese.

In questo contesto, l'Italia é fortemente impegnata nel dibattito in corso in sede comunitaria per la creazione di uno "spazio dell'istruzione superiore" che verta su 5 punti:

  • l'adozione in tutti i paesi dell'Unione Europea di un sistema di titoli basato essenzialmente su due cicli, rispettivamente di primo e secondo livello;

  • il consolidamento di un sistema unificato di crediti didattici acquisibili anche in contesti diversi;

  • la promozione della cooperazione europea nella valutazione della qualità dei sistemi educativi e formativi;

  • la definizione di un sistema di titoli di semplice leggibilità e comparabilità;

  • la promozione di una dimensione europea dell'istruzione con particolare riguardo allo sviluppo dei piani di studio, alla cooperazione fra istituzioni scolastiche e universitarie, agli schemi di mobilità ed ai programmi integrati di studio.

Anche su questo fronte l'Italia é oggi in prima linea. Al progetto europeo stiamo infatti dando un'adesione non solo formale, ma sostanziale ed offriamo l'importante contributo delle riflessioni che stanno maturando in questi mesi all'interno del nostro contesto nazionale grazie al processo di ampia consultazione che abbiamo aperto con docenti, studenti, genitori e con tutte le componenti della società civile impegnate attivamente nel campo dell'istruzione e della formazione.

L'ITALIA

I nostri progetti di riforma del sistema educativo e formativo nazionale sono perfettamente allineati agli obiettivi che si vanno definendo per una politica europea dell'istruzione e della formazione ed anzi rappresentino, per alcuni aspetti, una frontiera avanzata in questo faticoso e irrinunciabile processo di cambiamento. Basti citare i punti fondamentali che hanno ispirato la nostra riforma in via di approvazione in Parlamento:

  1. Migliorare la formazione degli insegnanti e dei formatori nella consapevolezza che la formazione dei docenti é fattore determinante per il miglioramento della qualità educativa e formativa e per l'attuazione dei processi di riforma.

  2. Rafforzare i legami tra sistema educativo/formativo e mercato del lavoro, con particolare attenzione al tema dell'orientamento.

  3. Promuovere un apprendimento più attraente e più utile con specifico riguardo alla necessità di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica e degli abbandoni.

  4. Incentivare gli studi nel campo scientifico e tecnologico anche per valorizzare i profili professionali legati a settori economici in rapido sviluppo e con grandi possibilità occupazionali.

  5. Assicurare una maggiore utilizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione come strumenti didattici e formativi sin dai primi livelli di studio.

  6. Potenziare l'apprendimento delle lingue straniere con l'introduzione dello studio obbligatorio di una lingua comunitaria fin dai 6 anni e di una seconda lingua comunitaria dall'età di 11 anni.

Il Patto per l'Italia

Il Patto per l'Italia sottoscritto dal Governo e dai sindacati il 5 luglio 2002 ha assunto in pieno, sotto il titolo "Educazione per l'occupabilità", lo spirito ed i contenuti del nostro progetto di riforma della scuola, quando dice testualmente che "L'arricchimento permanente delle risorse umane deve essere promosso mediante la riforma dell'istruzione fondata su una più elevata preparazione culturale ed un più stretto rapporto tra scuola e lavoro- ed un migliore coordinamento delle risorse pubbliche e private per la formazione permanente, attraverso il negoziato e la collaborazione tra Governo (Ministeri del Lavoro e dell'Istruzione), Regioni, Province e parti sociali."

La riforma del sistema educativo - ecco un'altra precisa indicazione contenuta nel Patto - deve produrre l'innalzamento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione ad una durata di almeno 12 anni, il potenziamento dell'alfabetizzazione informatica, la possibilità ricorrente di alternare scuola e lavoro, la comunicabilità tra percorsi scolastici e formativi. Un particolare sostegno sarà rivolto alle attività formative correlate ai contratti di apprendistato in relazione all'assolvimento dell'obbligo formativo fino a 18 anni."

Un pilastro del Patto per l'Italia ha riguardato inoltre l'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e l'Educazione degli Adulti che hanno dimostrato di essere strumenti validi per favorire l'occupabilità. Pertanto, stiamo lavorando per superare il divario rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea, potenziando il sistema dell'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore con l'obiettivo di corrispondere alle richieste espresse dal mondo del lavoro.

Ugualmente si pone quale obiettivo prioritario l'acquisizione diffusa di un più alto livello di competenze di base (linguistiche, matematiche, tecnologiche, sociali), mediante iniziative di educazione permanente degli adulti.

In questo senso stiamo predisponendo tutti i mezzi e le risorse tali da soddisfare le richieste per 700.000 persone l'anno a partire dal 2003. Siamo fermamente convinti infatti che l'educazione permanente degli adulti rappresenta uno strumento efficace per favorire l'occupabilità e l'adattabilità delle risorse umane e professionali nonché l'inclusione sociale.

Il Patto per l'Italia ha inoltre rilanciato l'impegno ad investire nell'Istruzione e formazione tecnica superiore per favorire l'occupabilità e, nel contempo, superare il divario esistente rispetto al numero delle persone in possesso di un'elevata formazione negli altri paesi dell'Ue.

Le potenzialità di questo settore sono avvalorate dalle indagini condotte dalle Parti sociali; se consideriamo, ad esempio, i dati contenuti nell'indagine di Unioncamere, risulta insoddisfatto un fabbisogno di almeno 80.000 tecnici superiori per il solo anno 2002. Con le risorse nazionali e comunitarie del decorso anno è stato possibile programmare la formazione per poco più di 12.000 persone.

Il crescente impegno, in questo ambito, delle Regioni e la forte sinergia che si è stabilita tra questo Ministero ed il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, di cui il Patto per l'Italia ed il DPEF costituiscono una importante testimonianza, stanno dimostrando che ci sono le condizioni per rendere stabile e ben organizzato il sistema dell'Istruzione e Formazione Tecnica superiore.

In proposito vorrei richiamare l'importante accordo sancito dalla Conferenza unificata il 1° agosto u.s. con il quale sono state definite le prime 37 figure professionali, che ho prima citato, individuate sulla base delle priorità contenute nei documenti di programmazione economica delle Regioni. Esse sono accompagnate dalla descrizione delle relative attività lavorative. L'accordo ha, inoltre, definito le modalità per favorire la partecipazione degli adulti occupati, anche part-time, ai percorsi dell'IFTS nel quadro dello sviluppo del lifelong learning, i dispositivi per l'accreditamento in ingresso ai corsi in modo da valorizzare le competenze comunque possedute da coloro che intendono frequentarli.

Vorrei, infine, sottolineare che l'accordo raggiunto con le Regioni e le Autonomie locali avvia la costruzione di un sistema che consente di coniugare la dimensione globale, nazionale ed internazionale, con quella locale, attraverso la determinazione degli standard minimi nazionali necessari non solo per presidiare la qualità dei percorsi e la spendibilità della relativa certificazione in ambito nazionale, e potenzialmente Ue, ma anche di favorire la mobilità delle persone sul territorio.

A) La sperimentazione

Una buona riforma ha bisogno di una buona sperimentazione. Ecco perché stiamo avviando un Progetto Nazionale di sperimentazione con caratteristiche molto precise.

1. Partecipano un numero limitato di scuole statali: non più di due circoli didattici per ogni provincia nonché due scuole paritarie per ogni capoluogo di Regione.

2. La sperimentazione, da attuarsi nell'anno scolastico 2002/2003, è volta ad attivare e a favorire laboratori di ricerca sui temi attinenti alla riforma degli ordinamenti scolastici nelle scuole dell'infanzia e nelle scuole elementari e, per quest'ultime, limitatamente alla prima classe.

3. Nelle suddette scuole, ove esistano le condizioni, può essere sperimentata anche l'anticipazione della frequenza, limitatamente ad un circolo didattico per ciascuna provincia e a una scuola paritaria per ciascun capoluogo di Regione:

  1. nella scuola dell'infanzia, per le bambine ed i bambini che compiono i tre anni di età entro il 28 febbraio 2003;

  2. nelle classi prime della scuola elementare, per le bambine ed i bambini che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2003.

4. Il progetto di sperimentazione riguarda tutti gli aspetti pedagogici e metodologico-didattici.

5. Nella scuola elementare la possibilità di attivare l'insegnamento della lingua straniera (inglese) e l'alfabetizzazione informatica rappresenta la condizione essenziale per l'adesione alla sperimentazione.

6. Le innovazioni sperimentali possono essere realizzate tenendo conto delle disponibilità di bilancio delle singole istituzioni scolastiche interessate, delle risorse acquisibili in ambito regionale e di finanziamenti mirati a livello nazionale, comunque attualmente presenti in bilancio.

7. La sperimentazione è assistita e sostenuta da strutture di supporto, consulenza e monitoraggio di livello locale e nazionale. Ecco perché al fine di sostenere le iniziative di sperimentazione e di dare sviluppo al processo di qualificazione della scuola dell'infanzia e della scuola elementare, vengono istituiti un Osservatorio nazionale ed un Osservatorio regionale.

  1. L'Osservatorio Nazionale è istituito presso il Dipartimento per lo sviluppo dell'istruzione del MIUR, con la funzione di definire criteri per l'attuazione ed il monitoraggio del progetto nazionale di sperimentazione. La composizione dell'Osservatorio Nazionale è definita con decreto del Ministro.

  2. L'Osservatorio regionale è istituito, con provvedimento del Direttore Generale presso ogni Ufficio scolastico regionale, per lo svolgimento dei compiti indicati al comma precedente. Il predetto Osservatorio è composto dal Direttore Generale regionale, che lo presiede, dai responsabili dei Centri di Servizi Amministrativi, da un rappresentante dell'I.R.R.E., degli Enti Locali interessati e delle scuole paritarie. L'Osservatorio si avvale di gruppi tecnici di supporto alle istituzioni scolastiche coinvolte nella sperimentazione per la realizzazione della iniziativa.


B) I Protocolli con le Regioni

Anche nel campo della formazione professionale abbiano attivato iniziative di sperimentazione. I protocolli di intesa per quanto riguarda l'istruzione professionale sono stati sottoscritti dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca insieme al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed hanno riguardato Piemonte, Lombardia, Puglia, Lazio, Molise oltre che la Provincia di Trento. La sperimentazione, attraverso protocolli di intesa comporta un impegno concreto che ritengo di grande importanza: porre sempre la formazione professionale al centro dei nostri sistemi educativi e fare della formazione lo strumento di integrazione delle politiche nazionali. Solo tutti insieme, Stato, Regioni, è possibile attuare il dettato costituzionale che affida a livello centrale il compito di dettare le norme generali e i criteri generali di valutazione e dà alle Regioni la missione di programmare e gestire la formazione e l'istruzione professionale nel rispetto delle tradizioni e degli interessi locali.

Con i protocolli le Regioni, il Miur ed il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali si sono impegnati ad avviare, definire e sostenere in via sperimentale un processo finalizzato alla individuazione di soluzioni innovative relative al sistema di istruzione e formazione professionale secondo modalità e tempi atti ad assicurare la necessaria gradualità alle diverse fasi operative e in consonanza con i tempi dell'anno scolastico.

Per realizzare queste finalità ci si è impegnati ad attuare le seguenti forme di intervento:

  • sperimentazione di percorsi triennali di qualifica e degli eventuali successivi percorsi, collocati in un organico processo di sviluppo nella formazione professionale superiore

  • ridefinizione di aspetti teorici e pratici dell'orientamento, finalizzata alla valorizzazione dei processi di scelta dello studente in ingresso ed in uscita dei percorsi

  • localizzazione delle sedi formative e programmazione degli interventi che tengano conto delle strutture e delle offerte formative presenti a livello territoriale

  • reciproca messa a disposizione di sedi, attrezzature e servizi

  • programmazione congiunta di progetti in alternanza scuola - lavoro finalizzati ad un'offerta personalizzata

  • programmazione di interventi comuni di formazione dei formatori, per lo scambio di esperienze tra i vari sistemi e l'acquisizione di competenze utili ai fini dell'orientamento e dell'alternanza

  • individuazione di modalità di accompagnamento, monitoraggio e valutazione di tale sperimentazione.


CONCLUSIONE

Una scuola europea, nazionale e locale. E' la scuola che il nuovo ordinamento dello Stato ci chiede di progettare.

Siamo da secoli un insostituibile "laboratorio" di saperi tecnico-scientifici e di culture umanistiche e i molti fattori di eccellenza che possiamo oggi vantare in questi campi testimoniano della posizione assolutamente strategica che il nostro Paese ricopre nello spazio europeo dell'istruzione e della formazione che si sta delineando.

Eppure, appare oggi evidente che il nostro più grave handicap è quello di trasformare questo patrimonio di saperi e di cultura in innovazione, in maggiore occupazione, in posti di lavoro più qualificati e meglio retribuiti. In una parola, la sfida che ci attende è quella di trasformare le competenze tecniche e intellettuali di cui il paese dispone in nuova ricchezza. Obiettivo che sarà possibile perseguire soltanto se sapremo ridare all'istruzione un grado di qualità e di innovazione che ci porti agli standards europei dai quali ci siamo pericolosamente allontanati.

Non pensiamo, tuttavia, ad una scuola votata unicamente ad assolvere un ruolo "professionalizzante" per gli studenti. Il nostro progetto ha al centro in senso molto più ampio i bisogni, gli interessi, le aspirazioni dei giovani, delle loro famiglie, degli insegnanti. Vogliamo che gli studenti si formino come persone e come cittadini per realizzare i loro progetti di vita. Vogliamo progettare una scuola dei valori prima ancora che degli interessi professionali ed economici.

Come ho avuto modo di spiegare in più occasioni, il nostro progetto di riforma punta ad innescare un circolo virtuoso che consenta ai giovani italiani delle future generazioni di "sapere, saper fare, saper essere".

La scuola negli ultimi tempi ha privilegiato più il sapere, il sapere nozionistico e ha perso la sua funzione educatrice che deve recuperare rapidamente. Ciò è tanto più importante perché vi è una diffusa forma di disagio giovanile meno legata a situazioni sociali ed economiche di quanto accadeva un tempo: riguarda la fragilità delle personalità individuali, la precarietà delle identità personali, le difficoltà a trovare motivazioni ed interessi, il forte relativismo presente nella nostra società che rende ogni decisione reversibile ed ogni opinione discutibile. E' un disagio che nasce da un rapporto più difficile tra adulti e ragazzi, da un inserimento più difficile in un mondo dove le relazioni umane sono meno profonde e più dispersive e avvengono nel silenzio affettivo di molte famiglie e nella proiezione sui ragazzi delle paure e delle incertezze avvertite dagli stessi genitori e spesso anche dagli insegnanti.

La scuola deve dunque saper ascoltare e motivare i ragazzi. Dunque, il suo compito cambia. Gli insegnanti vengono chiamati a diventare dei veri e propri "tutor" capaci di aiutare i giovani nel loro processo di crescita e nello sviluppo della propria personalità; di sostenerli nei momenti delicati del loro percorso educativo e formativo, prima di un esame oppure quando si tratta di scegliere tra diversi indirizzi di studio.

Solo una scuola che saprà educare ai fondamenti etici della vita - la solidarietà, il rispetto per gli altri, la giustizia, la responsabilità personale - potrà dare risposte ad un numero crescente di giovani sui quali pesa oggi un grande senso di difficoltà e di estraneità di rapporti col mondo degli adulti.

L'analfabetismo di base è un fenomeno che appartiene al passato, ma oggi corriamo il rischio di vedere aumentare l'analfabetismo dei valori e dei sentimenti. La scuola deve aiutare i giovani, in stretto raccordo con le famiglie, a costruire personalità forti e libere. Senza rivendicare egemonie o primogeniture, la scuola può diventare un luogo di raccordo e di integrazione di diverse competenze e risorse, un punto di collegamento tra i molti operatori del privato sociale, del non profit, del volontariato che già oggi sono impegnati nel campo del disagio giovanile.

Siamo consapevoli delle difficoltà che ci attendono, all'interno della scuola come nella società civile per realizzare la missione che ci è stata affidata. Ma sono convinta che lavorando insieme a voi, avendo come unico, centrale, punto di riferimento il destino dei giovani, il disegno di cambiamento della scuola potrà avere successo.


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