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Stati generali Roma 19 dicembre 2001

Introduzione del Presidente del gruppo Ristretto di Lavoro

Giuseppe Bertagna

 

Il 18 luglio scorso sono stato nominato dal Ministro Presidente del Gruppo Ristretto di Lavoro  incaricato «di fornire concreti riscontri per un nuovo piano di attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici, ovvero per le eventuali modifiche da apportare alla legge 30 del 10 febbraio 2000». Il Ministro ci aveva assegnato quattro mesi di tempo per concretizzare questo compito. Tenendo conto delle ferie costituzionalmente garantite abbiamo ottemperato all’impegno: 18 luglio-18 dicembre.

Come richiesto dal Ministro, per sollecitare una discussione nella scuola, nell’opinione pubblica, tra le parti sociali, nel mondo associativo dei docenti e dei genitori, nelle altre istituzioni della Repubblica (regioni, province, città metropolitane, comuni) prima degli Stati generali, ho personalmente consegnato in data 26 novembre l’Introduzione firmata dall’intero Gruppo e la Parte I redatta a cura del sottoscritto del Rapporto di documentazione ora edito a tempo di record sul numero speciale di Annali della P.I. che vi è stato distribuito. Questa Parte è stata messa in rete, nel sito www.istruzione.it, il mattino del 28 novembre.

In data 3 dicembre, ho consegnato al Ministro anche la Parte II del Rapporto di documentazione, redatta a cura dei vari membri del Grl, parte che trovate sempre nel numero di Annali in cartella. Questa Parte è stata messa in rete per arricchire il dibattito nell’apposito Forum sulla riforma, il mattino del 5 dicembre.

Il Rapporto di sintesi dei lavori del Grl, con le annesse Raccomandazioni per l’attuazione della riforma, redatte anche tenendo conto del dibattito nel frattempo intervenuto e dei risultati dell’indagine Istat, resi noti il 12 dicembre, è stato, infine, da noi trasmesso al Ministro il 14 dicembre sera.

L’impianto strutturale dell’ipotesi di progetto di riforma è condiviso da tutto il Grl. Ciascuno di noi, tuttavia, ha la propria firma, la propria storia e le proprie sensibilità. Nessuno di noi vive in un esilio cosmico. Per questo conviene sempre sottolineare più quanto unisce che quanto differenzia. Del resto, meglio dire sempre tutto, anche i particolari, con esplicitezza e trasparenza, piuttosto che sfumarli nella reticenza e nell’equivoco.

Da questo punto di vista, mi pare allora importante sottolineare, sebbene in sintesi, rimandando gli approfondimenti alla copiosa documentazione scritta che mi auguro tutti abbiano già letto o intendano leggere, alcuni aspetti utili per impostare un dibattito produttivo.

 

Primo aspetto: gruppo di servizio

 

Il nostro è stato un Gruppo tecnico di servizio. Non avevamo mandati politici. Per questo abbiamo lavorato in prospettiva prepolitica, cercando solo di mettere a disposizione degli organi della Repubblica (stato, regioni, province, città metropolitane, comuni)  elementi e materiali per le decisioni riformatrici che vorranno prendere.

Né avevamo mandati pedagogici di nessun genere. In questo senso, non abbiamo voluto, né avremmo potuto, immaginarci depositari di qualsiasi ipotesi o proposta da socializzare e sulla quale cercare o creare noi consenso. In questa prospettiva, per esempio, non siamo nemmeno intervenuti a correggere evidenti distorsioni delle nostre proposte: essendo state pubblicate dal 28 novembre, bastava andare a leggerle per accorgersi che erano molto diverse da come spesso sono state presentate.

Il nostro è stato, al contrario, un lavoro, ci auguriamo attendibile, di recensione critica delle esigenze e delle opinioni di riforma del «sistema educativo di istruzione e di formazione» (art. 1, c. 1 della legge 30/2000) presenti nella società civile del nostro Paese; in secondo luogo, sulla base delle Raccomandazioni del Ministro e delle esigenze e delle opinioni di riforma incontrate, il nostro è stato un primo tentativo di mettere insieme proposte di riforma non solo e non tanto maggiormente condivise, ma anche e soprattutto compatibili tra loro.

Tutti sappiamo, infatti, che difficilmente, prese a una a una, per sé, esistono  ipotesi di riforma del sistema educativo di istruzione e di formazione che non siano portatrici di preoccupazioni condivisibili. Il problema nasce quando si mettono insieme e si cerca di costruire un’architettura di sistema. In questo caso, capita spesso che alcune proposte singolarmente condivisibili siano, messe insieme, tra loro confliggenti e costringano, perciò, per elementari ragioni di coerenza, a fare qualche opzione. Quindi anche a vedere abbassare il livello di consenso.

In questa situazione, tuttavia, o ci si arrende e si lasciano andare le cose come stanno, o si decide di imboccare una strada precisa. Noi abbiamo scelto, dopo adeguate discussioni interne ed esterne, unitariamente, una strada precisa, quella riassunta nella slide n. 1, del tutto consapevoli, però, che non solo tale strada è e deve essere discutibile, ed in effetti è stata criticata in più punti di cui abbiamo cercato di dare conto nel Rapporto di sintesi, ma che può benissimo anche essere abbandonata a vantaggio di altre vie alternative o integrative che poi ciascuno deciderà se percorrere più o meno integralmente. Può anche darsi, d’altra parte, che la strada da noi scelta adesso, quella del 5+3+4, possa sfociare tra qualche anno in altre, tipo il 6+6 o 4+4+4, oppure si corregga anche subito con altre geometrie variabili.

 

Secondo aspetto: i cardini della nostra ipotesi di lavoro 

 

Abbiamo considerato cardini della nostra strada i seguenti:

- innalzamento della qualità e del livello complessivo del sistema scolastico da realizzarsi attraverso l’obbligo di istruzione e/o formazione per almeno 12 anni (o, comunque, nell’ipotesi minima, fino all’ottenimento di una Qualifica di formazione secondaria entro i 18 anni); andando in questa direzione, il nostro Paese si colloca all’avanguardia nell’Ue (slide n. 2);

- esclusione di qualsiasi scelta, per i ragazzi, ancorché reversibile, tra il percorso dell’istruzione e della formazione secondaria prima dei 14 anni; esclusa la scelta tra diverse tipologie di Licei ipotizzata dalla legge 30/2000 a tredici anni, docenti e genitori interpellati dall’Istat, d’altra parte, si sono trovati in gran parte d’accordo (63,9% i primi e 65,9% i secondi) nell’offrire ai ragazzi che concludono la scuola media la responsabilità di optare tra questi due percorsi; più imbarazzati sono gli studenti: il 45,2% di loro non si esprime; il 44,8%, però, è favorevole, solo 10% è contrario;

- articolazione del ciclo dell’obbligo di istruzione in una scuola primaria, che resta ordinamentalmente quinquennale, e in una scuola secondaria di I grado, che rimane triennale, fortemente collegate tra loro piano in un percorso, continuo e progressivo, articolato in cicli biennali; la riscoperta del segmento secondario di I grado, del resto, è un tratto molto europeizzante, visto che quasi tutti i Paesi europei ne sono provvisti (slide n. 3).

- potenziamento educativo, culturale e, in senso aggiornato ed innovativo, professionale del percorso della formazione secondaria, sia essa a tempo pieno o in alternanza;

- interconnessione tra il sistema dell’istruzione e della formazione, nella consapevolezza che è sempre più difficile separare la dimensione propriamente operativa del sapere, che fa riferimento al “mostrare” più che al “dire”, da quella più specificamente riflessiva, astratta e critica;

- istituzione, accanto al sistema universitario, di un sistema di formazione superiore, che generalizzi gli attuali IFTS, ancora agli inizi, e li faccia evolvere verso assetti istituzionali meglio definiti e più stabili, e preveda itinerari differenziati per durata e terminalità (da 1 a 6 semestri a tempo pieno o da 1 a 8/9 se posti in alternanza scuola-lavoro); da notare che l’82,8% dei docenti, il 64,4% dei genitori ed il 54,3% degli studenti risulta favorevole a questo cardine;

- organizzazione della didattica in cicli di sviluppo biennali, sia per favorire una maggiore flessibilità,  sia per assumere, nei confronti dei cosiddetti debiti formativi, un atteggiamento che permetta di combinare e contemperare, in modo coerente, rispetto delle differenze dei diversi ritmi di apprendimento e rigore;

- piena attuazione dell’art.6, c.1, del D.M. 509/99 che obbliga l’università a verificare la preparazione iniziale necessaria per frequentare il corso di laurea prescelto. Nell’ipotesi del Grl, questo obbligo si estende anche ai corsi di formazione superiore, che debbono verificare l’effettivo possesso, da parte di chi desidera l’accesso, delle conoscenze, delle abilità  e delle competenze stabilite. All’uno e all’altro canale, università e formazione superiore, si può accedere indifferentemente sia dal percorso dell’istruzione secondaria (Licei), sia da quello della formazione secondaria.  Viene altresì proposta l’attivazione di un servizio di attività formative propedeutiche, da un mese ad un anno, svolte in collaborazione con istituti della scuola superiore di II grado, da docenti di quest’ultima appositamente selezionati dai diversi corsi di laurea, che provveda ad “allineare”  la preparazione dello studente ai livelli qualitativi richiesti per l’accesso;

- affidamento al Servizio Nazionale per la Qualità del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione, all’inizio della 1°, 3° e 5° primaria, della 2° media, della 1° e della 3° secondaria, nonché alla fine della 3° media e dell’ultimo anno della  secondaria, del compito di predisporre verifiche sistematiche sulle conoscenze e sulle abilità degli allievi, richieste dai piani di studio nazionali;

- riorganizzazione dell’attività didattica per ridurre il numero delle discipline, mantenendolo entro una soglia che sia compatibile con la reale possibilità, da parte dello studente, di assimilare il linguaggio, la trama concettuale, i contenuti essenziali e lo statuto epistemologico di ciascuna di esse e di assicurare, nel contempo, l’attivazione di uno spazio di lavoro interdisciplinare che permetta l’acquisizione concreta di tutte quelle conoscenze, abilità e competenze che non rientrano nei confini delle discipline prescelte e sono, tuttavia, da considerarsi irrinunciabili ai fini di una formazione completa degli studenti;

- articolazione unitaria delle ore annuali di lezione in due sottoinsiemi: uno di 25 ore settimanali (825 annuali), a loro volta distinte in 20 ore settimanali (660 annuali) a quota nazionale e 5 settimanali (165 annuali) a quota locale, pensate non tanto come aggiuntive, bensì come intensive rispetto alle precedenti; e il secondo di 300 ore annuali;

- istituzione dei Laboratori di Informatica, Attività motorie e sportive, Attività espressive, Lingue, Attività di progettazione e, soprattutto, di Recupero e sviluppo degli apprendimenti (Larsa), la cui funzione risulta strategica alla scopo non solo di concretizzare il diritto, appunto, al recupero o allo sviluppo in discipline e attività previste nei rispettivi piani di studi, ma anche alla transizione reciproca tra il sistema educativo di formazione e quello di istruzione e viceversa;

- una formazione iniziale dei docenti di pari dignità e durata per tutti gli ordini e gradi di scuola, fra l’altro portando maggiormente il nostro Paese nella media europea  e consentendo nei prossimi dieci anni una forte riqualificazione del personale docente in servizio.

 

Terzo aspetto: opportunità  da non perdere

 

Accanto a questi cardini, abbiamo considerato opportunità a nostro avviso da non perdere, senza per questo attribuire ad esse lo stesso valore strategico dei cardini su cui si regge il modello proposto, le seguenti scelte:

- riqualificazione e generalizzazione della scuola dell’infanzia che, pur rimanendo, secondo la propria tradizione ed identità pedagogica, non obbligatoria e unitariamente triennale nell’articolazione delle attività educative, entrerebbe a far parte a pieno titolo, grazie al credito formativo di un anno cui darebbe diritto l’iscrizione ad essa per la sua intera durata e con effettiva frequenza, del complessivo sistema educativo di istruzione e di formazione, predisposto dalla Repubblica, e del percorso di 12 anni valido ai fini della soddisfazione del diritto/dovere di istruzione e/o formazione;

- identificazione in ogni gruppo docente di un docente coordinatore che, fatto salvo il ruolo insostituibile dell’équipe pedagogica nei compiti di insegnamento, assuma una funzione di garanzia dell’unità degli interventi didattici e di tutoraggio per allievi e famiglie; nel I biennio dell’istruzione primaria proponiamo che il coordinatore svolga 21 ore di insegnamento frontale settimanale in un solo gruppo classe che può giungere a 34,2 ore, e ne svolga 15 nel II biennio dell’istruzione primaria;

- articolazione del percorso dei Licei in otto indirizzi: Classico, Linguistico, Scientifico, Tecnologico, Economico, Umanistico, Musicale, Artistico, con ogni  istituzione scolastica che può prevedere anche la coesistenza di più Licei;

- articolazione dei percorsi della formazione secondaria in percorsi triennali mirati  che portano al conseguimento di una Qualifica professionale; percorsi triennali polivalenti, che portano al conseguimento di una Qualifica professionale a banda più larga; percorsi annuali di specializzazione postqualifica che permettono di conseguire il titolo di specialista nel settore già approfondito con la Qualifica e che hanno lo stesso valore del Diploma di formazione secondaria; percorsi quadriennali di tecnico polivalente (2 anni +2), che portano al conseguimento del Diploma secondario di formazione; con questo Diploma è possibile, oltre che l’uscita nel mondo del lavoro, proseguire nei percorsi corrispondenti (con una banda più larga) della  formazione superiore; l’accentuata polivalenza di questo percorso rende tuttavia fortemente consigliabili momenti ulteriori di professionalizzazione per il completamento, in uno, due o tre anni, della preparazione;

- istituzione, a partire dai 15 anni,  dei percorsi, per adesso di formazione secondaria e superiore, in prospettiva anche di istruzione secondaria e superiore, in alternanza scuola-lavoro, prolungando di un anno il tempo necessario per l’ottenimento delle Qualifiche e dei Diplomi secondari e superiori;

- messa a regime del “Portfolio delle competenze”, dai 3 ai 18 anni, che comprende la scheda di valutazione e la scheda di orientamento.  La scheda per l’orientamento assume un particolare significato nei due anni terminali della scuola media e in quelli dell’istruzione/formazione secondarie.

 

Quarto aspetto: una scelta molto simbolica che fa discutere

 

L’ipotesi della riduzione a 4 anni del percorso della scuola secondaria di II grado non è, per noi, né un cardine del modello proposto, né una un’opportunità che sarebbe a nostro avviso controproducente perdere.

È, invece, una soluzione che scaturisce automaticamente dalla combinazione di due delle Raccomandazioni avanzate dal Ministro: quella di fissare a 12 anni la durata del percorso di istruzione/formazione obbligatorio per tutti i giovani e quella di riportare da 7 a 8 anni il percorso che precede il ciclo dell’istruzione e della formazione secondarie.

Due Raccomandazioni peraltro fortemente condivise anche dagli interpellati dell’indagine Istat. Riguardo alla prima, infatti, ben il 71,3% dei docenti ritiene che gli studi secondari di istruzione e di formazione debbano concludersi a diciotto anni; solo il 16,6%, appartenenti più ai ruoli delle scuole dell’infanzia ed elementari che a quelli della secondaria, sceglie i 13 anni di studio per giungere al Diploma a 19 anni. Riguardo alla seconda,  basti menzionare che solo il 18,7% dei docenti, il 18,3% degli studenti ed il 20,5% dei genitori condivide la scelta della legge 30/2000 di istituire un unico ciclo di base di 7 anni.

È il combinato disposto delle preferenze sull’articolazione del ciclo primarie-medie e dell’età finale del  Diploma, dunque, che porta a ipotizzare come obbligata l’idea di una secondaria di secondo grado di durata quadriennale.

Dal momento però che si tratta, com’è del tutto evidente, di una scelta particolarmente delicata, che ha un rilevante significato simbolico e politico per la nostra tradizione, il Grl pensa di limitarsi a sottoporla, senza imbastirvi sopra una questione di principi, alle istituzioni della Repubblica, al mondo della scuola, alla cultura, alle forze politiche e sociali.

A queste stesse forze, tuttavia, il Grl ritiene di dover sottoporre anche alcuni dati empirici.

- Non va trascurata la circostanza che l’ipotesi di articolare l’istruzione e la formazione secondarie in due bienni con un ultimo anno cogestito con l’università e la formazione superiore è preferita dal 55% dei docenti intervistati dall’Istat, mentre solo il 39,6% opta per l’ipotesi di una secondaria organizzata tradizionalmente su un biennio seguito da un triennio.

- Così come non va ugualmente trascurata la circostanza segnalata nelle slide n. 4 la quale  informa che pochi Paesi entrano in università e tantomeno alla formazione superiore a 19 anni: solo Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca e Polonia, ma anche perché cominciano la scuola primaria dopo di noi.

- Così come, in terzo luogo, non sembra sia opportuno tacere che, storicamente, la secondaria quinquennale basata sulla formula biennio-triennio è una mutuazione per espansione del modello del Ginnasio Liceo classico.

- Così come, infine, non andrebbe dimenticato che uno dei pochi punti fermi dell’attuale legislazione sull’istruzione è la riforma universitaria del tre più due, con le lauree specialistiche quinquennali. Va valutato se è possibile chiedere ai giovani di poter acquisire una laurea specialistica a 24 anni invece che a 23.

Al di là di queste osservazioni empiriche, tuttavia, il Grl riconosce che la scelta della secondaria sul modello due più due più anno cogestito non è incompatibile con soluzioni anche diverse, tipo il mantenimento di alcuni corsi della secondaria di durata ordinamentalmente quinquennale.

L’eventuale scelta di mantenere a 5 anni la durata dei Licei, riducendo a 4 quella degli Istituti della formazione, tuttavia, avrebbe il chiaro sapere, che il Grl ha cercato in tutti i modi di evitare, di una gerarchia qualitativa tra i due sottosistemi. Il rischio sarebbe cioè quello di certificare, in modo implicito ma non per questo meno netto, che la formazione costituisce un canale di serie B, rispetto all’eccellenza rappresentata dalla istruzione liceale.

All’eventuale mantenimento di un percorso secondario di II grado di 5 anni (scelta da estendere, per le ragioni appena dette, anche alla formazione) si potrebbe arrivare, è vero, in due modi:  lasciando invariata agli attuali 13 anni la durata dell’itinerario complessivo dell’istruzione/formazione e posticipando al 19° anno di età l’iscrizione all’università o alla formazione superiore, oppure anticipando al 18° anno questo evento e, contestualmente, al 5° anno di età l’ingresso nel mondo della scuola. Entrambe le opzioni, tuttavia, si prestano a controindicazioni, puntualmente emerse nei Gruppi Focus, nella consultazione dei sessanta consigli di classe e di istituto, e nel questionario cui hanno risposto gli enti, le associazioni, i centri di ricerca e le riviste consultati.

Anche la riduzione a 4 anni del percorso degli studi liceali  ha però scatenato una tempesta di reazioni preoccupate.

Il Grl, comunque, ha ritenuto di dover far propria l’ipotesi di questa riduzione puntando, però, sulla riuscita di una difficile scommessa: quella di una riorganizzazione dell’attività didattica, che ne migliori l’efficacia attraverso le misure e gli interventi proposti, e, contestualmente, di un innalzamento verso l’alto della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado, tale da compensare, attraverso una migliore preparazione in ingresso, gli effetti negativi della contrazione della durata.

 

Quinto aspetto: dati empirici su cui riflettere

 

Scuola dell’infanzia. Nel gradimento, la scuola dell’infanzia è al primo posto tra tutte quelle esistenti. L’Istat ci avverte che i docenti le assegnano un voto di 7,9 decimi e i genitori un  8 tondo. Essa, a livello nazionale, è ormai frequentata da 102 residenti su 100 nati (slide n. 5). Per quanto rimanga ancora, quindi, in qualche caso, il problema della sua generalizzazione quantitativa, sembra prioritario quello della sua generalizzazione qualitativa. Da qui, l’opportunità di non escluderla dal novero delle scuole coinvolte negli almeno 12 anni di istruzione/formazione per tutti. Non si può del resto dimenticare che alcuni Paesi hanno già collocato parte del segmento prescolare nella formazione obbligatoria (slide n. 6) ed altri hanno offerto alle famiglie anche l’opportunità di collocarla, per un anno, facoltativamente nella formazione obbligatoria (slide n. 7).

 

Scuola primaria. Si è detto e scritto che nella nostra ipotesi sarebbe saltato il tempo pieno. La slide n. 8 dimostra esattamente il contrario e documenta come i ragazzi e le famiglie della scuola primaria possono addirittura contare su 873 ore di lezione in più, nell’intero quinquennio, rispetto alla situazione attuale. L’ipotesi poi che queste ore dovessero essere a pagamento è del tutto fantasiosa e non trova alcun riscontro nelle nostre ipotesi.

 

Scuola secondaria di I grado. La slide n. 9 sviluppa un discorso analogo per la scuola media. I dati parlano da soli.

 

Istruzione e formazione secondarie. Non c’è il tempo per dimostrare come un discorso analogo si riproponga per l’istruzione e la formazione secondarie che possono contare la prima su 825 ore di lezione annue obbligatorie più 300 obbligatorie per le scuole ma facoltative per gli allievi e la seconda, se mai dovesse realizzarsi, su 990 ore di lezione annue obbligatorie più 300 come le precedenti. La slide n. 10 si limita ad impostare il discorso per i Licei classici. All’apparente contrazione dell’offerta formativa, tuttavia, fa riscontro l’aumentata offerta oraria da considerare nell’anno di riallineamento, nonché, negli istituti della formazione, nella formazione superiore, dove i corsi secondari si completano con moduli da 6 mesi a tre anni. 

 

Passaggi. La slide n. 11 informa sulla distribuzione della popolazione scolastica nelle scuole superiori. La successiva dà conto dei passaggi da un istituto all’altro. Come si vede sono pochissimi e si concentrano soprattutto al primo anno. Per questo, nella nostra ipotesi abbiamo cercato di rendere molto permeabile il 15° anno di corso degli studi. È utile ricordare, inoltre, che il 79% dei ragazzi interpellati dall’Istat rifarebbe la stessa scuola; solo il 18,5% cambierebbe tipologia di studio. Le scelte, dunque, non sono affatto state compiute in maniera  superficiale, a 14 anni. In ogni caso, per chi desidera i passaggi, la nostra ipotesi ha consolidato le attuali più precarie ‘passerelle’ in veri e propri Larsa territoriali, che si spera gestiti da personale molto qualificato e anche incentivato contrattualmente.

 

Alternanza e apprendistato. Nella nostra ipotesi apprendistato (contratto di lavoro) e alternanza (non contrattualizzata, ma basata su borse di studi, tirocini formativi, incentivi aziendali ecc.) cominciano a 15 anni. Siamo in linea con l’Europa (slide n. 12). Non siamo affatto in linea con l’Europa ed i Paesi avanzati, invece, sia per il numero dei giovani in apprendistato, un lillipuziano 1%, sia, soprattutto, per i percorsi formativi in alternanza: da noi non esistono, mentre sono consistenti negli altri Paesi industrializzati.

 

Carenze di informazione. L’indagine Istat ci dice che solo il 30,8% dei docenti , il 24,6% degli studenti e il 17,5% dei genitori sa che l’obbligo scolastico si conclude attualmente a 15 anni. Una quota non secondaria di genitori ( 24,7%) risponde che si colloca a 14 anni. I docenti con questa disinformazione sono il 17,9% del totale.

Equivoci pure sull’obbligo formativo. Il 36,2% dei docenti, il 14,3% degli studenti, il 21% dei genitori lo colloca a 18 anni, ma sono molto forti le percentuali di coloro che lo fanno concludere a 15 e a 16 anni. Altissima la percentuale di coloro che non sanno rispondere (21,3% dei docenti, 55,3% degli studenti, 43% dei genitori).

 

Notizie inventate. Prima ancora di decidere la struttura del sistema di istruzione e di formazione che il Paese intende costruire, molti giornali hanno scritto che, secondo la nostra ipotesi, scomparirebbe matematica dal Liceo classico, latino dal Liceo  scientifico, educazione fisica, artistica, musicale perfino lingue straniere da tutti gli ordini e gradi di scuola. Lasciamo ovviamente a chi le ha scritte queste invenzioni. Da parte nostra ribadiamo che i piani di studio non possono che seguire le decisioni che voi in questi due giorni contribuirete a far maturare.

Altri organi di informazione hanno poi seminato il panico tra i docenti parlando prima di 100 mila, poi di 50 mila, poi ancora di 23 mila soprannumerari. Anche in questo caso, lasciamo questa lotteria a chi la pratica. Da parte nostra, ribadiamo che contro un organico attuale costruito su 12.700 ore di lezione in 13 anni, la nostra ipotesi ne garantisce 13.500 in 12.


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