Sintesi del libro bianco
Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva
di Édith Cresson
1995

Premessa di Édith Cresson Pàdraig Flynn

Mondializzazione degli scambi, società dell'informazione, progresso scientifico e tecnico....: ogni giorno possiamo renderci conto dei cambiamenti prodotti da questi fenomeni. In seno all'impresa essi conducono a nuove forme di lavoro. A scuola esigono nuove forme del sapere. Nella vita di tutti i giorni modificano le abitudini. Queste mutazioni non sono una semplice parentesi, ma preannunciano la società del domani.
Per l'Europa, per ciascuno di noi ciò che conta è assumere il controllo di tali trasformazioni, per evitare di subirle. Non avendo saputo prevederle i nostri paesi conoscono un livello drammatico di disoccupazione ed esclusione sociale.
Per quanto indispensabile, un ritorno dello sviluppo non potrà risolvere la situazione. Ci si rende conto che, se dieci milioni di posti di lavoro fossero immediatamente disponibili, le imprese avrebbero enormi difficoltà a reperire la totalità dei candidati idonei ad occuparli per via della mancanza di qualifiche sufficienti, mentre d'altro canto in Europa si contano diciotto milioni di disoccupati?
In tale contesto, l'istruzione e la formazione svolgono evidentemente un ruolo chiave.
Come formare lavoratori qualificati, in possesso delle necessarie competenze ed in grado di adattarle rapidamente a nuove esigenze ?
Come dotare l'individuo di conoscenze e qualifiche di base suscettibili di aiutarlo nel corso della sua esistenza?
Come contribuire al reinserimento sociale degli esclusi o di coloro corrono il pericolo di esserlo ?
Sono questi i quesiti che affronta il presente libro bianco. Non si tratta affatto di proporre un modello educativo. Il contenuto degli insegnamenti, la realizzazione di politiche dell'istruzione e della formazione rientrano nell'esclusiva competenza degli Stati Membri.
Tuttavia conformemente al principio di sussidiarietà, questo non esclude minimamente un'azione comune sul piano europeo. Tale azione potrebbe fornire un innegabile plusvalore al trattamento di alcune questioni: garantire per esempio la mobilità degli studenti e dei lavoratori, indispensabile per elevare il livello generale delle qualifiche in Europa; avvicinare la scuola all'impresa con l'ausilio di un programma di mobilità dei tirocinanti e grazie ad uno statuto europeo del tirocinante; sostenere nel rispetto della diversità linguistica e culturale, lo sviluppo di una vera e propria industria europea del software educativo e multimediale, effettivo strumento pedagogico di domani. Sostenere qualsivoglia iniziativa nazionale o locale intesa a offrire, grazie ad un insegnamento adattato che si valga delle nuove tecnologie dell'informazione, una seconda possibilità educativa ai giovani che non hanno avuto successo nel sistema scolastico classico.
Ecco alcune idee proposte dal libro bianco.
Nel corso del 1996 , che è stato l'anno europeo dell'istruzione e della formazione lungo tutto l'arco della vita , si è svolto un vasto dibattito con tutti i principali interessati: autorità nazionali competenti, insegnanti, imprese, parti sociali...... A tale concertazione hanno fatto e faranno seguito proposte più specifiche, che avranno tutte un solo ed unico obiettivo: preparare gli europei ad una transizione morbida verso una società fondata sull'acquisizione di conoscenze e nella quale non si smetta di apprendere ed insegnare per tutta la vita. In altri termini, verso una società conoscitiva.
Édit Cresson - Pàdraig Flynn

Introduzione

I numerosi sforzi che vengono compiuti da anni sono risultati incapaci di arginare l'aumento della disoccupazione in Europa. La creazione di posti di lavoro risultante da un ritorno ad una fase di maggiore crescita non ha permesso un'inversione di tendenza a lungo termine. La disoccupazione di lunga durata persiste e l'esclusione, in particolare far i giovani, assume proporzioni tal da diventare il problema principale della nostra società.
L'istruzione e la Formazione appaiono come l'ultima possibilità di rimedio al problema dell'occupazione. Ci si può stupire che l'attenzione loro prestata sia così tardiva e che sia stata necessaria una recessione economica per stimolarla. Non si può peraltro chiedere alle sole iniziative in materia di istruzione di risolvere problemi collettivi che ne oltrepassano le competenze. L'Istruzione e la Formazione non possono evidentemente risolvere da sole il problema dell'occupazione e più in generale quello della competitività delle industrie e dei servizi. Inoltre, pur aprendo alla Comunità un campo d'azione in tali settori, il trattato sull'Unione Europea ha esplicitamente previsto che l'Europa può intervenire soltanto a sostegno e completamento delle azioni degli Stati Membri.
Rimane comunque assodato che oggi i paesi Europei non hanno più scelta. Per mantenere le loro posizioni e continuare ad essere un punto di riferimento nel mondo essi devono completare i progressi compiuti in sede di integrazione economica con maggiori investimenti nel sapere e nella competenza.
La Commissione ha delineato il contesto generale della propria analisi nel libro bianco "Crescita, competitività, occupazione " elaborato su iniziativa di Jacques Delors, sottolineando che lo sviluppo dell'istruzione e della formazione è una delle condizioni da soddisfare per rendere possibile l'instaurarsi di un nuovo modello di crescita maggiormente foriero di occupazione.
Il Consiglio Europeo ha confermato questo orientamento con le conclusioni adottate ad Essen nel dicembre 1994. Esso ha ribadito tali conclusione nel giugno 1995 a Cannes sulla base del rapporto consultivo sulla competitività.
La posta in gioco è duplice: si tratta innanzi tutto di fornire risposte immediate agli attuali bisogni d'istruzione e di formazione, come pure di preparare l'avvenire ed elaborare una prospettiva globale suscettibile di accomunare gli sforzi degli stati membri e quelli dell'Unione Europea, pur nel rispetto delle rispettive competenze.
L'azione comunitaria nel campo dell'istruzione e della formazione degli anni Sessanta ha già prodotto risultati estremamente importanti in termini di cooperazione, di scambi di esperienze di sostegno all'innovazione e all'elaborazione di prodotti e materiali di formazione. Essa ha inoltre impartito un impulso decisivo alla mobilità Europea degli studenti e delle persone in formazione, nonché contribuito alla promozione dell'apprendimento delle lingue comunitarie e allo sviluppo della comunicazione fra cittadini Europei.
Il presente libro bianco parte deliberatamente dalla situazione del cittadino europeo, giovane o adulto che si trova davanti al problema del suo adattamento a nuove condizioni di accesso all'occupazione e all'evoluzione del lavoro.
Questo problema riguarda tutti i gruppi sociali, tutte le professioni, tutti i mestieri.
La mondializzazione degli scambi, la globalizzazione delle tecnologie, in particolare l'avvento delle società dell'informazione, hanno aperto agli individui maggiori possibilità di accesso all'informazione e al sapere. Ma nello stesso tempo questi fenomeni comportano una modificazione delle competenze acquisite e dei sistemi di lavoro. Questa evoluzione ha comportato per tutti una maggiore incertezza, creando per alcuni situazioni intollerabili di esclusione.
E' ormai chiaro che sia le nuove possibilità offerte agli individui che lo stesso clima d'incertezza chiedono a ciascuno uno sforzo di adattamento, in particolare per costituire da sé le proprie qualifiche, raccogliendo e ricomponendo conoscenze elementari acquisite in svariate sedi. La società del futuro sarà quindi una società conoscitiva. E' in questa prospettiva che si profila il ruolo centrale dei sistemi di istruzione e quindi in primis, degli insegnanti, di tutti gli operatori della formazione e in particolare delle parti sociali nell'esercizio delle rispettive responsabilità, ivi compresa la contrattazione collettiva.
Un coinvolgimento attivo delle parti sociali in tale evoluzione è tanto più importante in quanto quest'ultima condizione rappresenta il mondo del lavoro di domani.
L'istruzione e la formazione diventeranno sempre più i principali vettori d'identificazione, di appartenenza, di promozione sociale e di sviluppo personale. E' attraverso l'istruzione e la formazione, acquisite in seno al sistema d'istruzione istituzionale, all'impresa o in maniera più informale, che gli individui si renderanno padroni del loro futuro e potranno realizzare le loro aspirazioni.
Istruzione e formazione sono sempre stati fattori determinanti della parità di opportunità. I sistemi educativi hanno già svolto un ruolo fondamentale in materia di emancipazione e promozione sociale e professionale delle donne. Lo sforzo educativo può e deve contribuire ulteriormente all'indispensabile parità fra uomini e donne.
L'investimento nelle risorse immateriali e la valorizzazione delle risorse umane incrementeranno la competitività globale, svilupperanno l'occupazione e permetteranno di salvaguardare le realizzazioni sociali. Quanto ai rapporti sociali fra gli individui, essi saranno sempre più guidati dalle capacità di apprendimento e dalla padronanza delle conoscenze fondamentali.
La posizione di ciascuno nello spazio del sapere e della competenza sarà decisiva. Questa posizione relativa, che si può qualificare come << rapporto conoscitivo >>, strutturerà sempre più intensamente la nostra società.
La capacità di rinnovarsi e l'innovazione stessa dipenderanno dai nessi fra la produzione del sapere con la ricerca e la sua trasmissione attraverso l'istruzione e la formazione. La comunicazione svolgerà infine un ruolo indispensabile, sia per la produzione delle idee che per la loro diffusione.
L'avvenire dell'Unione Europea e il suo prestigio dipenderanno notevolmente dalla capacità di accompagnare il movimento verso la società conoscitiva che dovrà essere una società di giustizia e di progresso, fondata sulla propria ricchezza e diversità culturale. Occorrerà darsi i mezzi per incoraggiare il desiderio d'istruzione e di formazione sull'arco di tutta la vita, aprire e generalizzare in maniera permanente l'accesso a più forme di conoscenza. Occorrerà inoltre fare del livello di competenza raggiunto da ciascuno uno strumento di misurazione dei risultati individuali, la cui definizione e il cui uso garantiscano il più possibile la parità dei diritti dei lavoratori.
Non tutti possono evolvere in maniera analoga nella vita professionale. Quale che sia l'estrazione sociale, l'istruzione iniziale, ciascun individuo deve poter cogliere tutte le occasioni che gli permetteranno di migliorare il suo posto nella società e favorire la realizzazione delle sue aspirazioni.
Ciò vale in particolare per i più sfavoriti, che non possono approfittare di un contesto familiare e sociale che permetta loro di usufruire della formazione generale impartita a scuola. Essi debbono poter beneficiare di possibilità non solo di recupero, ma anche di accesso a nuove conoscenze che consentano loro di valorizzare in seguito al meglio le proprie capacità
Vista la diversità delle situazioni nazionali e l'inadeguatezza delle soluzioni globali in materia, non è affatto questione di proporre un modello, peraltro destinato all'insuccesso per via del ruolo centrale dell'iniziativa individuale nella costruzione della società conoscitiva e della diversità sociale e culturale degli Stati Membri.
Scopo del presente libro bianco è di additare la via verso tale nuova società individuando le linee d'azione accessibili all'Unione Europea nei settori dell'istruzione e della formazione. Si tratta di proposte, orientamenti e obiettivi a sostegno e ad integrazione di politiche d'istruzione e di formazione di precipua competenza delle autorità nazionali, regionali e locali. Non si tratta tanto di imporre regole comuni quanto, sulla base di un ampio dibattito, di individuare convergenze e strumenti adeguati alle poste in gioco.
Al di là della diversità dei sistemi di istruzione dei paesi dell'Unione, esiste comunque un approccio europeo all'istruzione fondato su radici storiche comuni, e questo spiega ad esempio il successo della cooperazione fra istituti d'istruzione superiore, in particolare grazie al programma ERASMUS che ha permesso la mobilità di 500.000 giovani studenti.
Nel nuovo contesto di mondializzazione dell'economia, di diffusione di nuove tecnologie e di rischio di uniformazione culturale, l'Europa rappresenta più che mai un livello pertinente di riflessione e d'intervento. Le conseguenze della libertà di circolazione delle persone e delle idee non mancheranno di confermarlo in futuro, rendendo indispensabile un inserimento della dimensione europea nei sistemi nazionali d'istruzione e di formazione.
Considerare l'istruzione e la formazione in relazione con il problema dell'occupazione non significa che l'istruzione e la formazione debbano ridursi ad un'offerta di qualificazioni. La funzione essenziale dell'istruzione e della formazione è l'inserimento sociale e lo sviluppo personale, mediante la condivisione dei valori comuni, la trasmissione di un patrimonio culturale e l'apprendimento dell'autonomia.
Ma oggi questa funzione essenziale risulta minacciata se non è accompagnata dall'apertura di una prospettiva di occupazione. Ogni famiglia, ogni giovane in formazione iniziale, ogni persona attiva conosce ormai gli effetti distruttivi della disoccupazione sotto il profilo sia personale che sociale. Una risposta convincente a tale preoccupazione è per il sistema educativo il mezzo più sicuro per poter esercitare la sua funzione di inserimento sociale. Una società europea che pretenda di insegnare ai propri giovani i valori della cittadinanza senza che tale insegnamento offra loro prospettive di occupazione si vedrebbe minacciata nelle sue stesse fondamenta.
Di fronte alla disoccupazione e agli sconvolgimenti tecnologici il bisogno di formazione supera il contesto dell'istruzione iniziale. Esso pone il problema di una capacità permanente di evoluzione delle persone attive attraverso un rinnovamento delle conoscenze tecniche e professionali fondato su una solida cultura generale.
Il presente libro bianco ritiene che nella società europea moderna i tre obblighi rappresentati dall'inserimento sociale, dallo sviluppo dell'attitudine al lavoro e dallo sviluppo personale non sono incompatibili, non sono di segno opposto e devono piuttosto essere strettamente associati. La ricchezza dell'Europa nel campo scientifico, la profondità della sua cultura, la capacità delle sue imprese e delle sue istituzioni devono nello stesso tempo consentirle di trasmettere i suoi valori fondamentali e di preparare il lavoro. Questo presuppone che la società europea interpreti correttamente le tendenze fondamentali della propria evoluzione.

Verso la società conoscitiva

Il libro bianco parte da una constatazione: le mutazioni in corso hanno incrementato le possibilità di ciascun individuo di accedere all'informazione ed al sapere. Al tempo stesso questi fenomeni comportano una modifica delle competenze necessarie e dei sistemi di lavoro che necessitano di notevoli adattamenti.
Per tutti questa evoluzione ha significato più incertezza. Per alcuni si è venuta a creare una situazione di emarginazione intollerabile. Sempre più la posizione di ciascuno di noi nella società verrà determinata dalle conoscenze che avrà acquisito. La società del futuro sarà quindi una società che saprà investire nell'intelligenza, una società in cui si insegna e si apprende, in cui ciascun individuo può costruire la propria qualifica.
In altri termini, una società conoscitiva.

 

I tre fattori di cambiamento

Fra i numerosi e complessi mutamenti che travagliano la società europea, tre grandi tendenze, tre grandi <fattori di cambiamento> sono particolarmente percettibili: si tratta dell'estensione a livello mondiale degli scambi, dell'avvento della società dell'informazione e del rapido progresso della rivoluzione scientifica e tecnica.
La società dell'informazione: la sua conseguenza principale è quella di trasformare le caratteristiche del lavoro e l'organizzazione della produzione. Lavori di routine e ripetitivi, lavori cui era destinata la maggior parte dei lavoratori dipendenti, vanno scomparendo a vantaggio di un'attività più autonoma più variata. Il risultato è un diverso rapporto nell'impresa. Il ruolo del fattore umano assume più importanza, ma nel tempo stesso il lavoratore è più vulnerabile rispetto ai cambiamenti dell'organizzazione del lavoro, perché è diventato un semplice individuo confrontato ad una rete complessa. Sorge quindi la necessità per tutti di adattarsi non solo ai nuovi strumenti tecnici, ma anche alla trasformazione delle condizioni di lavoro.
L'estensione a livello mondiale degli scambi: questo fattore sconvolge i dati sulla creazione di posti di lavoro. Dopo un primo momento in cui ha interessato soltanto lo scambio di merci, di tecnologia e gli scambi finanziari , l'estensione degli scambi a livello mondiale cancella le frontiere fra i mercati del lavoro, a un punto tale che il mercato globale dell'occupazione è una prospettiva più vicina di quanto non si creda. Nel libro bianco "Crescita, competitività, occupazione ", la Commissione ha chiaramente accolto la sfida dell'apertura mondiale, sottolineando al tempo stesso l'importanza di mantenere il livello sociale Europeo, il che comporterà un miglioramento generale delle qualifiche, altrimenti l'onere sociale rischia di essere tale da diffondere fra i cittadini una sensazione di insicurezza.
La civiltà scientifica e tecnica: lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, la loro applicazione ai metodi di produzione, i prodotti sempre più sofisticati che sono il risultato di questa applicazione danno origine ad un paradosso: malgrado un effetto generalmente benefico, il progresso scientifico e tecnico fa sorgere nella società un sentimento di minaccia, addirittura una paura irrazionale. Ne consegue la tendenza a conservare della scienza soltanto un'immagine violenta e preoccupante. Numerosi paesi Europei hanno cominciato a reagire a questa situazione di disagio: promuovendo la cultura scientifica e tecnica sin dai banchi di scuola; definendo regole etiche , in particolare nei settori della biotecnologia e delle tecnologie dell'informazione; ovvero ancora favorendo il dialogo fra gli scienziati e i responsabili politici, se necessario tramite istituzioni create appositamente.

Le risposte: cultura generale e attitudine all'occupazione

Quali sono le risposte che possono fornire l'istruzione e la formazione per eliminare gli effetti nocivi previsti causati da questi tre fattori ? Il libro bianco propone due risposte

 

a) rivalutare la cultura generale
La prima risposta consiste nella rivalutazione della cultura generale. In una società in cui l'individuo dovrà essere in grado di comprendere situazioni complesse che evolvono in modo imprevedibile, in cui dovrà affrontare un cumulo di informazioni di ogni genere, esiste un rischio di separazione fra coloro che possono interpretare, coloro che possono utilizzare e coloro che non possono fare né l'una né l'altra cosa. In altri termini, tra coloro che sanno e coloro che non sanno. Lo sviluppo della cultura generale, cioè della capacità di cogliere il significato delle cose, di capire e di creare, è la funzione di base della scuola, nonché l primo fattore di adattamento all'economia e all'occupazione.
Inoltre si osserva sempre più un ritorno della cultura generale nei centri di formazione professionale, nei programmi di riconversione dei lavoratori con poche qualifiche o molto specializzati; essa diventa un passaggio obbligato verso l'acquisizione di nuove competenze tecniche.

b) sviluppare l'attitudine all'occupazione
Secondo orientamento: sviluppare l'attitudine all'occupazione. In che modo l'istruzione e la formazione possono aiutare i paesi Europei a creare occupazioni durevoli, in quantità paragonabile ai posti di lavoro scomparsi a causa delle nuove tecnologie?
Il sistema tradizionale, quello che generalmente segue l'individuo, è la conquista del titolo di studio. Ne risulta una tendenza generale, a livello Europeo, di prolungare gli studi e una forte pressione sociale per ampliare l'accesso agli studi superiori. Il diploma resta ancora oggi il miglior passaporto per l'occupazione, il fenomeno tuttavia ha un rovescio della medaglia: una svalutazione dei settori professionali, ritenuti opzioni di seconda categoria; una sovraqualificazione dei giovani, rispetto alle occupazioni che vengono proposte loro quando entrano nella vita attiva; infine un'immagine del diploma come riferimento quasi assoluto di competenza, che permette di filtrare le élite al vertice e, più generalmente, di classificare i lavoratori in una determinata occupazione. Da questo deriva una maggiore rigidità del mercato del lavoro e un enorme spreco dovuto all'eliminazione di persone dotate di talento, ma che non corrispondono al profilo standard.
Senza rimettere in questione questa via tradizionale in quanto tale, il libro bianco suggerisce di associarvi un'impostazione di tipo più aperto, più flessibile. Essa consiste in particolare nell'incoraggiare la mobilità dei lavoratori.- dipendenti, insegnanti, ricercatori - e degli studenti. Al giorno d'oggi sorprende dover constatare che in Europa le merci, i capitali, e i servizi circolano più liberamente delle persone e delle conoscenze.
Tuttavia perché questa mobilità venga veramente attuata bisogna passare da un riconoscimento delle conoscenze acquisite all'interno dell'Unione Europea: non solo per quanto riguarda i diplomi, ma anche per le varie materie che li compongono. In altri termini, uno studente che abbia effettuato un semestre di studio in un altro paese europeo dovrebbe ottenere automaticamente il riconoscimento dall'università di origine, senza dover ripetere gli esami corrispondenti.
Attualmente questo è possibile solo se le due università interessate hanno già stipulato un accordo fra loro. Una vera mobilità comporta l'eliminazione degli ostacoli amministrativi e giuridici (legati al diritto di soggiorno e al regime di protezione sociale), oppure fiscali (imposizione delle borse di studio).
Un'altra idea - impulso: l'accesso alla formazione deve essere sviluppato nell'arco di tutta la vita.
Visto che tutti, autorità o imprese, ne sottolineano la necessità, i progressi compiuti in questo senso sono molto scarsi. Nell'Unione Europea, un lavoratore dipendente beneficia mediamente di una settimana di formazione continua su un periodo di tre anni. Questo è tanto più insufficiente se si tiene conto dei cambiamenti dell'organizzazione del lavoro, imputabili in particolare a questi nuovi strumenti, e ha un carattere urgente.
L'Anno Europeo 1996, dedicato all'istruzione e alla formazione nell'arco di tutta la vita , deve aiutarci a prendere coscienza di questa esigenza.
Ma la società dell'informazione non modifica soltanto il funzionamento dell'impresa. Essa offre nuovi orizzonti per l'istruzione e le formazione, ma bisogna essere attrezzati per sfruttare pienamente questo potenziale. Orbene, la frammentazione del mercato europeo del settore multimediale, la qualità ancora scarsa dei prodotti multimediali disponibili, la scarsa disponibilità di elaboratori nelle classi (1 ogni 30 alunni in Europa, 1 ogni 10 alunni negli Stati Uniti) hanno come conseguenza una penetrazione molto lenta di questi strumenti nelle scuole. Per questo motivo la Commissione attribuisce priorità allo sviluppo di software multimediale per l'istruzione coordinando ancor più gli sforzi di ricerca compiuti in questa direzione dall'Unione Europea. Peraltro è questo il compito affidato ad una " task force " che raggruppa le risorse della sig.ra Cresson e del sig Bangemann.

Mobilità, formazione continua, ricorso ai nuovi strumenti tecnologici

Questa maggiore flessibilità nell'acquisire conoscenze ci invita a riflettere sui nuovi modi per il riconoscimento delle competenze acquisite, sia che siano sancite da un diploma , che in caso contrario. Questa impostazione è già stata messa in pratica: il TOEFL, che consente di valutare le conoscenze della lingua inglese di chiunque, i test "canguro " per la matematica sono dispositivi che hanno dimostrato la loro validità.
A questo punto perché non immaginare una "tessera personale delle competenze" sulla quale figurerebbero le conoscenze del titolare, che siano di base (lingue, matematica, diritto, informatica, economia, ecc....) o tecniche, ovvero addirittura professionali (contabilità , tecnica finanziaria ..... )? In questo modo un giovane non munito di diploma potrebbe candidarsi ad un posto di lavoro munito della tessera sulla quale figurerebbero le sue competenze per quanto riguarda l'espressione scritta, le conoscenze linguistiche, il trattamento testi.
Tale formula permetterebbe di valutare istantaneamente le qualifiche di ognuno in ogni momento della propria vita, contrariamente ai diplomi che, nel corso degli anni - e sempre più rapidamente - perdono il loro valore.

 

Orientamenti per l'azione

La costruzione della società cognitiva non sarà oggetto di un decreto, ma sarà un processo continuo. Questo libro bianco non ha l'ambizione di presentare un programma di provvedimenti, la Commissione non propone toccasana. Essa intende soltanto proporre una riflessione e tracciare linee d'azione. Senza in alcun modo volersi sostituire alle responsabilità nazionali, il libro bianco suggerisce che vengano raggiunti cinque obiettivi generali per un'azione e per ciascuno di loro, uno o più progetti di sostegno svolti a livello comunitario.

1) Favorire l'acquisizione di nuove conoscenze: in altre parole, innalzare il livello generale delle conoscenze. In questa prospettiva, la Commissione invita anzitutto a riflettere su nuovi sistemi di riconoscimento delle competenze che non sono necessariamente sancite da un diploma. A livello Europeo il libro Bianco propone un nuovo sistema di riconoscimento delle competenze tecniche e professionali.
Come attuare questa impostazione? Anzitutto creando delle reti Europee di centri di ricerca e di centri di formazione professionale, di imprese, di settori professionali che permetteranno di identificare le conoscenze più richieste, le competenze indispensabili. Si tratterà quindi di definire i metodi migliori di riconoscimento (test, programmi di valutazione, addetti alla valutazione...). Alla fine il risultato potrebbe essere una tessera personale delle competenze che permetterebbe a chiunque di far riconoscere le proprie conoscenze e competenze in tutta l'Unione Europea.
Il Libro bianco vuole inoltre facilitare la mobilità degli studenti. La Commissione proporrà di autorizzare uno studente che abbia ottenuto una borsa di studio nel proprio paese a utilizzarla, qualora lo desideri, per seguire dei corsi in un istituto superiore di un altro Stato membro. Essa proporrà inoltre di diffondere il riconoscimento reciproco delle " unità di valore " dell'insegnamento (sistema ECTS - Sistema di trasferimento di crediti accademici ), vale a dire delle varie conoscenze di cui è composto il diploma. Infine la Commissione proporrà di eliminare gli ostacoli amministrativi, giuridici e relativi alla protezione sociale che frenano gli scambi di studenti, di partecipanti a corsi di formazione, insegnanti e ricercatori. Infine verranno pubblicati bandi di gara comuni ai vari programmi comunitari che si interessano allo sviluppo di materiale didattico informatizzato multimediale.

2) Avvicinare la scuola e l'impresa: sviluppare l'apprendimento in Europa sotto tutti gli aspetti; il libro bianco propone di collegare tramite una rete i centri di apprendimento dei vari paesi Europei, favorire la mobilità degli apprendisti nel quadro di un programma del tipo ERASMUS e mettere a punto uno statuto Europeo dell'apprendista, facendo seguito al prossimo libro verde sugli ostacoli alla mobilità transnazionale delle persone in corso di formazione.

3) Lottare contro l'emarginazione: offrire una seconda opportunità tramite la scuola. I giovani esclusi dal sistema scolastico sono a volte decine di migliaia nei grandi agglomerati urbani. Sempre più le scuole che si trovano in quei quartieri particolarmente sensibili vengono riorientate verso dispositivi che offrano una seconda opportunità. Si tratta per queste scuole di migliorare l'accesso alle conoscenze facendo ricorso a migliori insegnanti, pagati meglio che altrove, nonché a ritmi di insegnamento adattati, a tirocini nelle aziende, disponibilità di materiale multimediale, classi composte da un numero ridotto di alunni,. Inoltre la scuola deve svolgere il ruolo di centro d'animazione del contesto in cui crollano i riferimenti sociali e familiari. Come fare? Il libro bianco propone di sviluppare i finanziamenti complementari Europei, a partire da programmi esistenti quali i programmi Socrates o Leonardo, appoggiando i finanziamenti nazionali e regionali. Si suggerisce anche di sviluppare la concertazione e il partenariato con il settore economico: si potrebbe ad esempio, immaginare che ogni impresa sponsorizzi una scuola, eventualmente con promessa di assunzione qualora il riconoscimento delle competenze sia soddisfacente. Le famiglie sarebbero anch'esse coinvolte direttamente nel funzionamento del dispositivo di formazione. Infine, il ricorso a nuovi metodi pedagogici, tecnologie dell'informazione e tecnologie multimediali verrebbe fortemente incoraggiato

4) Possedere Tre lingue comunitarie: un marchio di qualità. La conoscenza di più lingue è diventata oggi una condizione indispensabile per ottenere un lavoro e questo è ancor più necessario in un mercato Europeo senza frontiere. Inoltre costituisce un vantaggio che permette di comunicare più facilmente con gli altri, scoprire culture e mentalità diverse, stimolare l'intelletto. Il plurilinguismo, elemento di' identità e caratteristica della cittadinanza Europea, è inoltre un elemento di base della società conoscitiva. Pertanto il libro bianco propone di istituire un marchio di qualità "classi Europee ", che verrebbe attribuito, in base ad un certo numero di criteri, alle scuole che abbiano sviluppato meglio l'apprendimento delle lingue. Gli istituti che otterranno questo marchio saranno collegati fra di loro mediante una rete. Peraltro verrebbe sistematicamente favorita la mobilità dei professori di lingua materna verso gli istituti di altri paesi.

5) Trattare sullo stesso piano l'investimento a livello fisico e l'investimento a livello di formazione. Non basta portare l'istruzione e la formazione a livello di priorità per la competitività e l'occupazione. Bisogna inoltre incoraggiare, grazie a provvedimenti concreti, le imprese o le autorità pubbliche che hanno compiuto grandi sforzi a favore di questo investimento " non materiale ", a proseguire sulla stessa strada. Ciò comporta, in particolare, un evoluzione del trattamento fiscale e contabile delle spese destinate alla formazione. Sarebbe quindi auspicabile che venissero adottate disposizioni a favore delle imprese che attribuiscono particolare attenzione alla formazione, affinché una parte degli stanziamenti impegnati a questo scopo vengano iscritti in bilancio all'attivo, come beni non patrimoniali. Parallelamente dovrebbero essere sviluppate formule del tipo "risparmio formazione ", destinate a persone che desiderino rinnovare le loro conoscenze o riprendere una formazione dopo aver interrotto gli studi.

Queste raccomandazioni non hanno la pretesa di risolvere l'insieme delle questioni sospese. Il libro bianco ha un obiettivo più modesto: contribuire, tramite le politiche dell'istruzione e della formazione degli Stati Membri, a orientare l'Europa sulla strada della società cognitiva. Esso intende inoltre avviare, nel corso dei prossimi anni, un dibattito più vasto, poiché sono necessarie trasformazioni profonde. Come ha dichiarato la sig.ra Cresson, "i sistemi d'istruzione e di formazione hanno troppo spesso l'effetto di tracciare una volta per tutte il percorso professionale. C'è troppa rigidità , troppi ostacoli tra i sistemi d'istruzione e di formazione, manca la comunicazione, mancano le possibilità di ricorrere a nuovi tipi di insegnamento nell'arco di tutta la vita".
Il libro bianco può contribuire a dimostrare che, per garantire il futuro dell'Europa e il suo posto nel mondo, occorre attribuire un'attenzione prioritaria allo sviluppo personale dei suoi cittadini, un'attenzione almeno pari a quella accordata finora alle questioni economiche e monetarie. In questo modo l'Europa dimostrerà che non è soltanto una semplice zona di libero scambio, ma un insieme politico organizzato, in grado, non già di subire, ma di controllare l'espansione a livello mondiale.

Conclusioni generali

Il mondo attraversa un periodo di transizione e di profondi cambiamenti. Tutto indica che la società europea, al pari delle altre, sta per entrare in una nuova era, probabilmente più mutevole ed imprevedibile delle precedenti.
Certo, questa nuova era della mondializzazione degli scambi, della società dell'informazione, degli sconvolgimenti scientifici e tecnici suscita interrogativi e timori soprattutto perché non è agevole precisarne i contorni.
Questi interrogativi e timori sono probabilmente più forti in Europa che altrove. La civiltà Europea è antica e complessa. Essa è oggi divisa fra una sete di ricerca e di conoscenza molto forte, eredità di una storia che ha visto l'Europa compiere la prima rivoluzione tecnica industriale e cambiare così il mondo, e una fortissima domanda di stabilità e di sicurezza collettiva. Questa aspirazione è perfettamente comprensibile in un continente così a lungo devastato dalle guerre e dilaniato dai conflitti politici e sociali, ma può andare fino ad alimentare riflessi conservatori nei riguardi del cambiamento.
Eppure, questa epoca di trasformazioni è opportunità storica per l'Europa perché tali periodi di mutamenti, in cui una società genera quella che le succederà, sono i soli propizi a profonde riforme che permettono di evitare bruschi cambiamenti. L'incremento degli scambi attraverso il mondo, le scoperte scientifiche, le nuove tecnologie aprono di fatto nuove potenzialità di sviluppo e di progresso.
Leggiamo quanto scrive un grande storico europeo per comparare questo periodo di mutazioni con quelli precedenti, in particolare il periodo del passaggio dal Medioevo al Rinascimento:

"L'Europa del Medioevo e dei tempi moderni ha dovuto far fronte al mondo bizantino, al mondo arabo, all'impero turco. Oggi si tratta per fortuna di un confronto più pacifico; ma l'esistenza dei protagonisti della storia giganteschi per estensione o per la forza economica, o per entrambe nello stesso tempo, impone all'Europa di raggiungere una dimensione paragonabile alla loro se vuole esistere, evolversi e conservare la sua identità. Di fronte all'America, al Giappone, domani alla Cina, l'Europa deve avere la massa economica, demografica e politica capace di garantire la sua indipendenza.
Essa ha per fortuna dalla sua la forza della sua civiltà e dei suoi patrimoni comuni. L'abbiamo visto nel corso di venticinque secoli, in strati sempre rinnovati, la civiltà Europea è stata creatrice; e ancora oggi, come dice lo slogan, la principale materia prima dell'Europa è probabilmente la materia grigia."

(Jacques le Goff, La vecchia Europa e la nostra, Parigi, 1994)

E' proprio sulla dimensione Europea che potrà essere edificata una società di progresso capace nello stesso tempo di contribuire a modificare la natura delle cose su scala planetaria e preservare una piena coscienza di sé.
Il presente libro bianco ha difeso il punto di vista secondo il quale è costruendo il più rapidamente possibile la società conoscitiva Europea che tale obiettivo potrà essere raggiunto.
Questo passo in avanti comporta trasformazioni profonde. I sistemi d'istruzione e di formazione hanno infatti troppo spesso l'effetto di tracciare una volta per tutte gli iter professionali Esistono troppe rigidità troppe barriere fra i sistemi di istruzione e di formazione, non abbastanza vi sono interconnessioni, possibilità di cogliere nuovi metodi d'insegnamento nell'arco di tutta la vita.
L'istruzione e la formazione trasmettono i capisaldi necessari all'affermazione di qualsivoglia identità collettiva, consentendo nel contempo nuovi progressi scientifici e tecnologici. L'autonomia conferita agli individui, se condivisa da tutti, consolida il senso della coesione e radica il sentimento di appartenenza. La diversità culturale dell'Europa, la sua antichità, la mobilità fra culture diverse sono grandissime opportunità di adattamento al nuovo mondo che si profila all'orizzonte.
Essere europei significa beneficiare di conquiste culturali di una varietà e di una profondità ineguagliate. Deve peraltro anche comportare la possibilità di beneficiare di tutte le opportunità di accesso al sapere e alla competenza. Lo scopo del libro bianco è quello di permettere un maggiore sfruttamento di tali possibilità; le raccomandazioni che vi figurano non possono pretendere di esaurire l'argomento.
Esse hanno un obiettivo più modesto: contribuire con le politiche dell'istruzione e della formazione degli Stati membri a collocare l'Europa sul cammino della società conoscitiva. Esse mirano inoltre ad avviare nei prossimi anni un dibattito più vasto. Possono contribuire infine a mostrare che l'avvenire dell'Europa e il suo posto nel mondo dipendono dalla capacità di conferire oggi all'evoluzione delle donne e degli uomini che la compongono un ruolo almeno altrettanto grande di quello attribuito finora agli aspetti economici e monetari. In questo modo l'Europa potrà mostrare di non essere una semplice zona di libero scambio, ma un complesso politico organizzato, nonché uno strumento idoneo a padroneggiare, e non già a subire, la mondializzazione.


Indice

INTRODUZIONE

PARTE PRIMA - LE POSTE IN GIOCO

I - I tre capisaldi trainanti

A - La società dell'informazione

B - La mondializzazione

C - La civiltà scientifica e tecnica

II - Una prima risposta incentrata sulla cultura generale

A - Cogliere il significato delle cose

B - La comprensione e la creatività

C - La valutazione e la decisione

III - Una seconda risposta: lo sviluppo dell'attitudine al lavoro e all'attività

A - Quali sono le attitudini richieste?

B - Come può l'individuo acquisire un'attitudine al lavoro?

IV - Le vie del futuro

A - La fine dei dibattiti di principio

B - La questione centrale: verso una maggiore flessibilità

C - Le risposte in corso di elaborazione negli Stati membri

D - Nuovi sviluppi

PARTE SECONDA - COSTRUIRE LA SOCIETA' CONOSCITIVA

I - PRIMO OBIETTIVO GENERALE: incoraggiare l'acquisizione di nuove conoscenze

A - Il riconoscimento delle competenze

B - La mobilità

C - I programmi informatici educativi multimediali

II - SECONDO OBIETTIVO GENERALE: avvicinare la scuola all'impresa

A - L'apprendistato

B - La formazione professionale

III - TERZO OBIETTIVO GENERALE: lottare contro l'esclusione

A - Le scuole della seconda opportunità

B - Il servizio volontario europeo

IV - QUARTO OBIETTIVO GENERALE: promuovere la conoscenza di tre lingue comunitarie

V - QUINTO OBIETTIVO GENERALE: porre su un piano di parità gli Investimenti materiali e gli investimenti nella formazione

CONCLUSIONI GENERALI


 

Livre blanc sur l'éducation et la formation
(29 novembre 1995)

ENSEIGNER ET APPRENDRE
***
VERS LA SOCIETE COGNITIVE

 

"Il faut oser tout examiner, tout discuter, tout enseigner même"
Condorcet

 

PREAMBULE

Le présent Livre blanc s’inscrit dans une démarche qui vise, à la fois, à proposer une analyse, et des orientations d'action dans les domaines de l’éducation et de la formation. Il met en oeuvre le Livre blanc "Croissance, compétitivité, emploi", qui a souligné l'importance pour l'Europe de l'investissement immatériel, en particulier dans l'éducation et la recherche. Cet investissement dans l'intelligence joue en effet un rôle essentiel pour l'emploi, la compétitivité et la cohésion de nos sociétés. La présentation de ce Livre blanc a été rappelée en vue du Conseil européen de Madrid dans les conclusions du Conseil européen de Cannes qui a souligné que "les politiques de formation et d'apprentissage, éléments fondamentaux pour l'amélioration de l'emploi et de la compétitivité, doivent être renforcées, et en particulier la formation continue".

Il convient de rappeler que les articles 126 et 127 du traité instituant la Communauté européenne précisent, pour le premier, que "la Communauté contribue au développement d’une éducation de qualité en encourageant la coopération entre Etats membres et, si nécessaire, en appuyant et en complétant leur action", et, pour le second, que "la Communauté met en oeuvre une politique de formation professionnelle, qui appuie et complète les actions des Etats membres".

Ces articles cadrent clairement le débat que la Commission, en présentant ce Livre blanc, entend lancer en 1996, dont le Parlement et le Conseil ont décidé de faire l'Année européenne de l'éducation et de la formation tout au long de la vie.

Le présent Livre blanc, après une description des enjeux et une analyse des évolutions à envisager, distingue, dans le respect du principe de subsidiarité, des actions à mener au niveau des Etats membres et des mesures de soutien à mettre en oeuvre au niveau communautaire. Parmi les mesures à mettre en oeuvre dès 1996 sur le plan européen, les principales initiatives proposées visent à:

- encourager l'acquisition de connaissances nouvelles;

- rapprocher l'école et l'entreprise;

- lutter contre l'exclusion;

- maîtriser trois langues européennes;

- traiter sur un plan égal l'investissement physique et l'investissement en formation.

 

SOMMAIRE

INTRODUCTION

PREMIERE PARTIE: LES ENJEUX

I. Les trois chocs moteurs

A. Le choc de la société de l'information

B. Le choc de la mondialisation

C. Le choc de la civilisation scientifique et technique

II. Une première réponse centrée sur la culture générale

A. Saisir la signification des choses

B. La compréhension et la créativité

C. Le jugement et la décision

III. Une deuxième réponse: le développement de l’aptitude à l’emploi et à l'activité

A. Quelles sont les aptitudes requises?

B. Comment chacun peut-il acquérir une aptitude à l’emploi?

IV. Les voies de l'avenir

A. La fin des débats de principe

B. La question centrale: vers une plus grande flexibilité

C. Les réponses en cours dans les Etats membres

D. De nouvelles évolutions

DEUXIEME PARTIE: CONSTRUIRE LA SOCIETE COGNITIVE

I. PREMIER OBJECTIF GENERAL: "Encourager l'acquisition de connaissances nouvelles"

A. Reconnaissance des compétences

B. La mobilité

C. Les logiciels éducatifs multimédia

II. DEUXIEME OBJECTIF GENERAL: "Rapprocher l'école et l'entreprise"

A. L'apprentissage

B. La formation professionnelle

III. TROISIEME OBJECTIF GENERAL: "Lutter contre l'exclusion"

A. Les écoles de la deuxième chance

B. Le service volontaire européen

IV. QUATRIEME OBJECTIF GENERAL: "Maîtriser trois langues communautaires"

V. CINQUIEME OBJECTIF GENERAL: "Traiter sur un plan égal l'investissement physique et l'investissement en formation"

Conclusion générale

Annexe 1 - Quelques données et chiffres

Annexe 2 - Exemples de programmes européens dans le domaine de l'éducation et la formation

Annexe 3 - Le modèle éducatif de l'Alyat Hanoar

Annexe 4 - L'expérience des "Accelerated Schools" aux Etats Unis

 

INTRODUCTION

Depuis plusieurs années, beaucoup d'efforts se sont révélés vains pour endiguer le chômage en Europe. Les créations d'emplois résultant de périodes de retour à une croissance plus forte n'ont pas permis d'inverser la tendance sur une longue période. Le chômage de longue durée persiste et l'exclusion, parmi les jeunes notamment, se développe de telle façon qu'elle devient le problème majeur de notre société.

L'éducation et la formation font figure d'ultimes recours face au problème de l'emploi. On peut s'étonner que l'attention portée à leur égard soit si tardive, et qu'il ait fallu une récession économique pour la stimuler. Pour autant, on ne peut demander au seul effort éducatif de suppléer à des défaillances collectives qui le dépassent. L'éducation et la formation ne peuvent évidemment pas à elles seules résoudre la question de l'emploi et, plus généralement, celle de la compétitivité des industries et des services. En outre, même si le Traité sur l'Union européenne a ouvert à la Communauté un champ d'action dans ces domaines, il a expressément prévu que l'Europe ne peut intervenir qu'en soutien et complément des actions des Etats membres.

Il n'en est pas moins vrai qu'aujourd’hui les pays européens n’ont plus le choix. Pour maintenir leur place, continuer à être une référence dans le monde, ils doivent compléter les progrès réalisés dans l'intégration économique par un investissement plus important dans le savoir et la compétence.

La Commission a établi le cadre général de son analyse dans le Livre blanc "Croissance, compétitivité, emploi", élaboré à l'initiative de Jacques Delors. Elle a souligné que le développement de l'éducation et de la formation était l'une des conditions de l'émergence d'un nouveau modèle de croissance enrichie en emplois.

Le Conseil européen a confirmé cette orientation par les conclusions qu'il a adoptées à Essen en décembre 1994. Il a réaffirmé ces conclusions, en s'appuyant sur le rapport du groupe consultatif sur la compétitivité, en juin 1995 à Cannes.

L’enjeu est double: il est d'abord d'apporter des réponses immédiates aux besoins d'éducation et de formation actuels. Il est aussi de préparer l'avenir, et de tracer une perspective d'ensemble dans laquelle pourraient s'investir les efforts des Etats membres et ceux de l’Union européenne, chacun agissant dans sa sphère de compétences.

L'action communautaire dans le domaine de l'éducation et de la formation depuis les années 60 a déjà apporté des résultats très significatifs en termes de coopération, d'échanges d'expériences, d'appui à l'innovation et à l'élaboration de produits et matériels de formation. Elle a aussi donné une impulsion décisive à la mobilité européenne des étudiants et des personnes en formation. Elle a enfin contribué à la promotion de l'apprentissage des langues communautaires et au développement de la communication entre les citoyens européens (voir Annexe 2).

Le présent Livre blanc part délibérément de la situation du citoyen européen, jeune ou adulte, confronté au problème de son adaptation à de nouvelles conditions d'accès à l'emploi et à l'évolution du travail. Ce problème touche tous les groupes sociaux, toutes les professions, tous les métiers.

La mondialisation des échanges, la globalisation des technologies et, en particulier, l'avènement de la société de l’information ont augmenté les possibilités d’accès des individus à l’information et au savoir. Mais, en même temps, tous ces phénomènes entraînent une modification des compétences acquises et des systèmes de travail. Pour tous, cette évolution a accru l’incertitude. Pour certains, elle a créé des situations d’exclusion intolérables.

Il est désormais clair que les potentialités nouvelles offertes aux individus demandent à chacun un effort d'adaptation en particulier pour construire soi même sa propre qualification, en recomposant des savoirs élémentaires acquis ici ou là. La société du futur sera donc une société cognitive. C'est dans cette perspective que se place le rôle bien évidemment central des systèmes éducatifs - et donc au premier chef des enseignants - et de tous les acteurs de la formation et en particulier des partenaires sociaux, dans l'exercice de leurs responsabilités, y compris par la négociation collective. La participation active des partenaires sociaux à cette évolution est d'autant plus importante que celle-ci conditionne ce que sera, demain, le monde du travail.

L’éducation et la formation deviendront encore davantage les principaux vecteurs d’identification, d’appartenance, de promotion sociale et d'épanouissement personnel. C’est par l’éducation et la formation, acquises dans le système éducatif institutionnel, dans l’entreprise, ou de façon plus informelle, que les individus maîtriseront leur avenir et assureront leur épanouissement.

Education et formation ont toujours été des facteurs déterminants de l'égalité des chances. Les systèmes éducatifs ont déjà pris une part essentielle dans l'émancipation, puis dans la promotion sociale et professionnelle des femmes. L'effort éducatif peut et doit contribuer encore à l'indispensable égalité entre femmes et hommes.

Investir dans l'immatériel et valoriser la ressource humaine augmenteront la compétitivité globale, développeront l'emploi, permettront de préserver les acquis sociaux. Ce seront les capacités à apprendre et la maîtrise des savoirs fondamentaux qui situeront de plus en plus les individus les uns par rapport aux autres dans les rapports sociaux.

 

La position de chacun dans l’espace du savoir et de la compétence sera donc décisive. Cette position relative, que l’on peut qualifier de "rapport cognitif", structurera de plus en plus fortement nos sociétés.

La faculté de renouvellement et l’innovation dépendront des liens entre la production du savoir dans la recherche et sa transmission par l’éducation et la formation. La communication, enfin, y sera indispensable, autant pour la production des idées que pour leur circulation.

L’avenir de l’Union européenne, son rayonnement, résulteront en grande partie de sa capacité à accompagner le mouvement vers la société cognitive. L’enjeu est d’en faire une société de justice et de progrès appuyée sur sa richesse et sa diversité culturelles. Il faudra se donner les moyens d’y développer l’appétit d’éducation et de formation tout au long de la vie et d'ouvrir et généraliser de façon permanente l’accès à plusieurs formes de connaissance. Il faudra aussi faire du niveau de compétence atteint par chacun un instrument de mesure de la performance individuelle, dont la définition et l'usage garantissent le plus possible l'égalité des droits des travailleurs.

Tout le monde ne peut évoluer dans sa vie professionnelle de la même façon. Quelle que soit l'origine sociale, l'éducation de départ, chacun doit pouvoir saisir toutes les occasions qui lui permettront d'améliorer sa place dans la société et favoriser son épanouissement. C'est notamment vrai pour les plus défavorisés qui n'ont pas le cadre familial et social qui leur permet de profiter de la formation générale dispensée à l'école. Il faut qu'ils puissent bénéficier de possibilités, non pas seulement de rattrapage, mais d'accès à de nouvelles connaissances qui leur permettront ensuite de mieux révéler leurs capacités.

Au vu de la diversité des situations nationales et de l’inadéquation des solutions globales en cette matière, il ne s’agit nullement de proposer un modèle. Celui-ci serait d’ailleurs voué à l’échec, étant donné le rôle central de la démarche individuelle dans la construction de la société cognitive et la diversité sociale et culturelle des Etats membres. L’objet du présent Livre blanc est de dessiner le chemin vers cette société nouvelle, en identifiant les lignes d’action ouvertes à l’Union européenne, dans les domaines de l’éducation et de la formation. Il s'agit de suggestions, d'orientations et objectifs, en appui et complément des politiques d'éducation et de formation qui sont d'abord et essentiellement du ressort des autorités nationales, régionales et locales. Il ne s'agit pas d’imposer des règles communes, mais bien, sur la base d'un large débat, de dégager des convergences et des outils à la mesure des enjeux actuels.

Au delà de la diversité des systèmes éducatifs des pays de l'Union, il existe bien une approche européenne de l'éducation, fondée sur des racines historiques communes: c'est ce qui explique, par exemple, la réussite de la coopération entre établissements d'enseignement supérieur, en particulier avec le programme ERASMUS, qui a permis la mobilité de 500.000 jeunes étudiants.

Dans le nouveau contexte de mondialisation de l'économie, de diffusion des nouvelles technologies et de risque d'uniformisation culturelle, l'Europe est plus que jamais un niveau pertinent de réflexion et d'intervention. Les conséquences de la liberté de circulation des personnes et des idées ne manqueront pas de le confirmer dans l'avenir, en rendant indispensable la prise en compte de la dimension européenne par les systèmes nationaux d'éducation et de formation.

Considérer l'éducation et la formation en relation avec la question de l'emploi ne veut pas dire que l'éducation et la formation se réduiraient à une offre de qualifications. L'éducation et la formation ont pour fonction essentielle l'intégration sociale et le développement personnel, par le partage de valeurs communes, la transmission d'un patrimoine culturel et l'apprentissage de l'autonomie.

Mais, aujourd'hui, cette fonction essentielle est menacée si elle ne s'accompagne pas de l'ouverture d'une perspective en matière d'emploi. Chaque famille, chaque jeune en formation initiale, chaque actif a désormais à l'esprit l'effet destructeur du chômage, d'un point de vue personnel comme du point de vue social. Tenter de répondre d'une façon convaincante à cette crainte est pour le système éducatif le moyen le plus sûr de pouvoir exercer sa fonction d'intégration sociale. Une société européenne qui prétendrait enseigner à ses enfants la citoyenneté sans que cet enseignement leur offre de perspective d'emploi verrait ses fondements mêmes menacés.

Face au chômage et aux bouleversements techniques, l'exigence de formation déborde du cadre de l'éducation initiale. Elle pose le problème d'une capacité permanente d'évolution des actifs, à travers un renouvellement des connaissances techniques et professionnelles fondé sur un socle solide de culture générale.

Le présent Livre blanc considère que dans la société européenne moderne ces trois obligations que sont l'insertion sociale, le développement d'aptitudes à l'emploi et l'épanouissement personnel ne sont pas incompatibles, ne sauraient être opposées et doivent au contraire être étroitement associées. La richesse de l'Europe dans le domaine scientifique, la profondeur de sa culture, la capacité de ses entreprises et de ses institutions doivent lui permettre à la fois de transmettre ses valeurs fondamentales et de préparer à l'emploi. Cela suppose que la société européenne interprète correctement les tendances lourdes de sa propre évolution.

A partir de ce constat, le Livre blanc aborde successivement :

- les enjeux que représentent l'éducation et la formation pour l'Europe, à la lumière du contexte des mutations technologiques et économiques actuelles;

- des orientations pour l'action autour d'objectifs visant à développer une éducation et une formation de grande qualité.

 

PREMIERE PARTIE: LES ENJEUX

En cette fin de siècle, les causes de changement de la société ont été diverses et toutes ont des conséquences, à un degré ou à un autre, sur les systèmes d’éducation et de formation. L’évolution démographique a accru la durée de vie en même temps qu’elle a profondément modifié la pyramide des âges, augmentant le besoin de formation tout au long de la vie. L'augmentation considérable du nombre de femmes exerçant un emploi a modifié la place traditionnelle de la famille, par rapport à l'école, dans l'éducation des enfants. Les innovations technologiques se sont multipliées dans tous les domaines, nécessitant de nouveaux besoins de connaissance. Les modes de consommation ont évolué, de même que les styles de vie. Egalement, une prise de conscience s'étend sur les problèmes d'environnement et l'utilisation des ressources naturelles, qui touche à la fois nos systèmes d'éducation et de formation et nos activités industrielles.

Trois chocs moteurs plus transversaux émergent, cependant. Ils transforment profondément et durablement le contexte de l’activité économique et le fonctionnement de nos sociétés. Ce sont l'avènement de la société de l’information ainsi que le développement de la civilisation scientifique et technique et la mondialisation de l'économie. Ces trois chocs contribuent à l'évolution vers la société cognitive. S'ils peuvent représenter des risques, ils peuvent également apporter des chances, qu'il faut saisir.

La construction de cette société dépendra de la capacité à apporter deux grandes réponses aux implications de ces chocs: une première, centrée sur la culture générale; une seconde, visant à développer l'aptitude à l'emploi et à l'activité.

Elle dépendra, aussi, de la façon dont les acteurs et institutions de l'éducation et de la formation sauront poursuivre une évolution déjà engagée dans les Etats membres.

I. Les trois chocs moteurs

L'Europe, comme le reste du monde, est confrontée aux effets de la diffusion massive des technologies de l’information, à la pression du marché mondial et à un renouvellement scientifique et technique accéléré. Ces défis sont porteurs de progrès: ils mettent davantage les individus en rapport avec les autres.

La confrontation à l’universalité technologique et économique a lieu dans un contexte où l'Europe connaît un taux de chômage plus élevé que d’autres parties du monde. Les phénomènes d’exclusion se sont développés. Cette situation a conduit les uns à penser que la technologie était désormais une limitation intrinsèque et définitive à la croissance de l’emploi. Elle a mené d’autres à croire que le niveau de la protection sociale dans les pays les plus touchés générait des coûts fixes qu’il fallait remettre en cause. Enfin, elle a poussé certains à un repli nationaliste qui peut être interprété comme une incapacité à concevoir et à construire un nouveau modèle de société.

Le présent Livre blanc part de l’idée que la société européenne est entrée dans une phase de transition vers une nouvelle forme de société, au delà des aspects conjoncturels de la situation actuelle.

A.Le choc de la société de l’information

Comme l'a souligné le rapport sur "l'Europe et la société de l'information planétaire" du Groupe à haut niveau présidé par M. Bangemann (mai 1994) : "dans le monde entier, les technologies de l'information et des télécommunications engendrent une nouvelle révolution industrielle, qui apparaît d'ores et déjà aussi importante et radicale que celles qui l'ont précédée."

Cette révolution ne peut manquer d'avoir, comme les précédentes, des conséquences pour l'emploi et le travail.

En fait, il n’est pas démontré que les nouvelles technologies fassent baisser le niveau de l'emploi. Des pays technologiquement avancés ont su créer autour des nouvelles activités touchant à l’information un nombre d’emplois comparable, voire dans certains cas supérieur, à celui qu'ils avaient supprimé dans les autres activités.

Il est certain, en revanche, que les technologies de l’information ont transformé la nature du travail et l’organisation de la production. Ces transformations sont en train de modifier en profondeur la société européenne.

La production de masse s’efface au profit d’une production plus différenciée. La tendance longue au développement du travail salarié permanent, c'est-à-dire à temps plein et à durée indéterminée, paraît se renverser. Les rapports de production et les conditions d’emplois changent. L’organisation de l’entreprise évolue vers plus de flexibilité et de décentralisation. La recherche de la souplesse, le développement de coopérations en réseau, le recours accru à la sous-traitance, le développement du travail en équipes, sont quelques unes des conséquences de la pénétration des technologies de l’information.

Désormais, les technologies de l’information contribuent à faire disparaître ceux des travaux routiniers et répétitifs qui peuvent être codifiés et programmés par les machines automatiques. Le travail aura un contenu de plus en plus chargé en tâches nécessitant initiative et adaptation.

Mais les technologies de l’information, en facilitant la décentralisation des tâches, les coordonnent dans des réseaux interactifs de communication en temps réel qui fonctionnent aussi bien entre les continents, qu’entre les bureaux d’un même étage. Il en résulte, à la fois, une plus grande autonomie individuelle du travailleur dans l’organisation de son activité et une moins bonne perception du cadre général de cette activité. L’effet des nouvelles technologies est double: d’une part, elles accroissent sensiblement le rôle du facteur humain dans le processus de production, d’autre part, elles rendent le travailleur plus vulnérable aux changements de l’organisation du travail parce qu’il est devenu un simple individu confronté à un réseau complexe.

Les technologies de l'information pénètrent de manière massive aussi bien les activités liées à la production que les activités liées à l'éducation et à la formation. En ce sens, elles opèrent un rapprochement entre les "manières d'apprendre" et les "manières de produire". Les situations de travail et les situations d'apprentissage tendent à devenir proches sinon identiques du point de vue des capacités mobilisées.

Cette mutation liée aux technologies de l’information a des incidences économiques et sociales plus générales: développement du travail individuel indépendant, des activités tertiaires et de nouvelles formes d'organisation du travail, dites "qualifiantes", pratiques de décentralisation de la gestion, horaires variables.

La société de l'information amène enfin à se poser la question de savoir, si, au delà des nouvelles techniques de connaissances qu'elle offre, le contenu éducatif qu'elle véhicule sera ou non pour l'individu un facteur d'enrichissement culturel. Jusqu'à maintenant, l'attention a été focalisée sur les potentialités offertes par les autoroutes de l'information, par la révolution du quasi-instantané qu'opère, par exemple INTERNET, dans les relations entre entreprises, chercheurs, universitaires. Mais on peut aussi craindre que la qualité, des programmes éducatifs notamment, du monde du multimédia amène à une culture "bas de gamme" dans laquelle l'individu perdrait tous repères historiques, géographiques, culturels.

C'est la raison pour laquelle, en particulier lors de la réunion du G7 à Bruxelles en février 1995 sur la société de l'information, la Commission a tant insisté sur la nécessité d'un encouragement à la production européenne de logiciels éducatifs. La société de l'information va modifier les modes d'enseignement en substituant au rapport trop passif de l'enseignant et de l'enseigné le nouveau rapport, a priori fécond, de l'interactivité. Cependant la modification des formes de l'enseignement ne peut suppléer la question de son contenu.

B.Le choc de la mondialisation

La mondialisation de l'économie, deuxième choc moteur, s'est traduit par une libre circulation sans précédent des capitaux, des biens et des services.

Demain se créera, plus vite que l’on ne le croit généralement, un marché global et différencié de l’emploi. Ainsi, de grandes firmes, mais aussi de petites entreprises, voire des professions libérales, utilisent des téléports pour faire exécuter des travaux en temps réel dans des pays à bas salaires.

Dans son Livre blanc "Croissance, Compétitivité, Emploi", la Commission a clairement fait le pari de l'ouverture sur le monde tout en soulignant la nécessité de donner une dimension européenne à cette évolution. Elle a en particulier mis l'accent sur l'importance du maintien du modèle social européen. La mondialisation ne fait donc que renforcer la pertinence de l'Europe comme niveau d'intervention. Dans un monde mouvant et incertain, l'Europe est un facteur d'organisation. C'est ce qui a été montré au travers de la politique commerciale, de l'harmonisation technique, de la protection de l'environnement, de la solidarité entre régions, mais aussi par des avancées concrètes en matière d'éducation et de formation, comme le programme ERASMUS, par exemple. Encore faut-il que l'Europe fasse savoir et percevoir aux citoyens qu'elle ne sert pas seulement à produire des réglementations, mais qu'elle est proche de leurs préoccupations quotidiennes.

Le choix de l’ouverture, qui pousse à développer la compétitivité générale de nos économies augmente le bien-être général en rendant plus efficace l'allocation mondiale de ressources. Elle nécessite cependant des ajustements importants dans tous les pays.

Le risque d’une fracture sociale existe, avec toutes les conséquences négatives, voire dramatiques, qui peuvent en découler.

C. Le choc de la civilisation scientifique et technique

Le développement des connaissances scientifiques et la production d'objets techniques s'accélèrent de même que leur diffusion.

Un nouveau modèle de production de savoirs et de savoir-faire émerge qui allie extrême spécialisation et créativité. L'industrie recourt de plus en plus à la science pour mettre au point de nouveaux produits (les alliages spéciaux pour les articles de sport, les procédés biologiques pour les industries de l'environnement, etc.). La recherche scientifique exige de disposer d'équipements d'une grande sophistication technique (supercalculateurs, réseaux de communication à hautes performances, génome humain, etc.).

Mais, au lieu de célébrer le progrès comme au siècle dernier, l'opinion publique perçoit souvent l'entreprise scientifique et le progrès technologique comme une menace.

La montée du sentiment d'insécurité est une donnée majeure de cette fin de siècle. Et paradoxalement, alors que les progrès de la science sont considérables (recul de la famine et de nombreuses maladies, prolongation de la durée de la vie, mais aussi rapidité accrue des déplacements, etc.), se développe vis à vis du progrès une peur qui n'est pas sans rappeler le décalage entre progrès et conscience collective qui a déjà existé lors du passage du Moyen Age à la Renaissance.

Le contexte de la médiatisation, donnant du monde une vision mouvante et violente, contribue à renforcer ces inquiétudes.

Face à cette crise, une meilleure information, indispensable, ne suffit plus. C'est par la diffusion de la connaissance que ce climat irrationnel disparaîtra. C'est en montrant le lien entre science et progrès humain, en ayant conscience de ses limites que la civilisation scientifique et technique sera acceptée et que pourra mieux se diffuser une culture de l'innovation.

Dans de nombreux pays européens, la réponse s'organise à deux niveaux: culturel et éthique.

- La promotion de la culture scientifique et technique fait l'objet d'une attention soutenue des pouvoirs publics. Les activités menées sur ce thème au niveau national sont, depuis 1993, amplifiées et complétées par une action proprement européenne: la "Semaine européenne de la culture scientifique" dont le succès va croissant dans chacun des Etats de l'Union. Mais le véritable enjeu réside à l'école. On profite d'autant plus de l'information scientifique et technique que l'on dispose d'une base de connaissances scientifiques scolaires solide.

- Le deuxième niveau concerne l'éthique. Le développement des biotechnologies, la relation avec des machines intelligentes, de nouvelles approches de la procréation, la prise en compte de notre coexistence avec d'autres espèces, la protection de l'environnement sont autant de problèmes inédits que l'Europe doit se préparer à affronter. La question se pose également pour la société de l'information. Les "autoroutes de l'information" auxquelles les jeunes, les enfants mêmes, auront de plus en plus facilement accès, risquent d'être submergées par des messages attentatoires à la dignité humaine. Le problème de la protection de la jeunesse est clairement posé. L'éducation de base et la formation des chercheurs se doivent d'intégrer cette dimension d'une éthique de la responsabilité.

 

A travers toute l'Europe, dans tous les Etats membres, la prise en compte de ces trois chocs moteurs et de leurs conséquences pour l'industrie et l'emploi se manifeste et s'étend. On peut citer, à titre d'exemple national, le rapport du gouvernement fédéral allemand (Bundesministerium für Wirtschaft) sur "l'avenir du site industriel Allemagne" de septembre 1993. Au niveau européen, le Livre blanc "Croissance, compétitivité, emploi" et les conclusions du Conseil européen d'Essen, réaffirmées à Cannes, illustrent cette prise en compte, en insistant sur le lien entre compétitivité, emploi, éducation et formation.

Les réponses à ces trois chocs sont multiples et elles nécessitent des adaptations profondes de la société européenne.

La finalité ultime de la formation, qui est de développer l'autonomie de la personne et sa capacité professionnelle, en fait l'élément privilégié de l'adaptation et de l'évolution. C'est pourquoi les deux réponses principales qu'a choisi de retenir le présent Livre blanc sont, d'abord, de permettre à chacun et à chacune d'accéder à la culture générale et, ensuite, de développer son aptitude à l'emploi et à l'activité.

 

II. Une première réponse centrée sur la culture générale

Dans l'avenir, l’individu devra, de plus en plus, comprendre des situations complexes qui évoluent de façon imprévisible, mais dont la maîtrise devrait malgré tout être plus grande grâce aux progrès de la science. Chacun sera confronté à une variété croissante d’objets physiques, de situations sociales, de contextes géographiques ou culturels. Il sera soumis, enfin, à une profusion d'informations parcellaires et discontinues faisant l'objet d'un grand nombre d’interprétations et d’analyses partielles.

Il existe, dès lors, un risque que la société européenne se divise entre ceux qui peuvent interpréter, ceux qui ne peuvent qu’utiliser, et ceux qui sont marginalisés dans une société qui les assiste: autrement dit, entre ceux qui savent et ceux qui ne savent pas.

L’enjeu pour la société cognitive est de réduire l’écart entre ces groupes, tout en permettant la progression et le développement de l’ensemble des ressources humaines.

La compréhension du monde est possible, si l’on peut percevoir son sens, comprendre son fonctionnement et y trouver son chemin. Là se trouve la fonction principale de l’école. On pourrait particulièrement appliquer cette observation à la construction européenne. En donnant aux jeunes une culture générale leur permettant à la fois d'en démêler la complexité et d'en discuter la finalité et la dimension historique, c'est l'école qui dressera les fondations de la conscience et de la citoyenneté européenne.

De même, le développement de la culture générale, c'est à dire de la capacité à saisir la signification des choses, à comprendre et à porter un jugement, est le premier facteur d'adaptation à l'évolution de l'économie et à celle de l'emploi. Le rapport de la Table Ronde des industriel européens (février 1995) a insisté sur la nécessité d'une formation polyvalente fondée sur des connaissances élargies, développant l'autonomie et incitant à "apprendre à apprendre" tout au long de la vie: "la mission fondamentale de l'éducation est d'aider chaque individu à développer tout son potentiel et à devenir un être humain complet, et non un outil pour l'économie; l'acquisition des connaissances et des compétences doit s'accompagner d'une éducation du caractère, d'une ouverture culturelle et d'un éveil à la responsabilité sociale".

Cette exigence d'une base culturelle solide et large, littéraire et philosophique, scientifique, technique et pratique, ne concerne pas que la formation initiale. De nombreux exemples montrent que la reconversion professionnelle des salariés, peu qualifiés ou très spécialisés par la taylorisation du travail, implique l'acquisition d'une telle base, point de passage nécessaire vers l'acquisition de nouvelles compétences techniques. Les centres de formation professionnelle sont de plus en plus amenés, lors d'actions de reconversion des travailleurs, à redonner à ceux-ci une culture générale avant de leur apprendre un nouveau métier.

On observe d'ailleurs une convergence de plus en plus forte entre les entreprises et les acteurs de l'éducation quant à l'utilité de concilier les enseignements généraux et les formations spécialisées.

De manière beaucoup plus générale, on assiste à un retour en force de la culture générale comme instrument de compréhension du monde en dehors des cadres de l'enseignement.

 

A. Saisir la signification des choses

Dans la société du savoir, par essence universelle, une identité sociale et culturelle n’est que partiellement transmissible. Celle doit être construite non seulement par l'école, dont la fonction demeure irremplaçable, mais aussi par l’individu lui même, en puisant dans la mémoire collective, en assimilant des informations diverses en provenance du monde, à travers son immersion dans différents milieux, professionnel, social, familial, culturel.

L’avenir de la culture européenne dépend de sa capacité à donner des clés aux jeunes pour leur permettre de tout remettre en cause de façon permanente, sans toucher aux valeurs de la personne. Tel est le fondement même de la citoyenneté dans une société européenne ouverte, pluriculturelle et démocratique.

De ce point de vue, il faut souligner l’importance d’une culture scientifique suffisante - à ne pas réduire à une culture mathématique - pour le bon exercice de la démocratie. Nos démocraties fonctionnent suivant la règle de la prise de décision majoritaire sur de grands problèmes, qui, étant donné leur complexité, réclament de plus en plus de culture. Ce sont, notamment, des problèmes d’environnement ou des problèmes d’éthique. Ils ne pourront être tranchés sainement que si nous formons des jeunes dotés d'un certain bon sens scientifique. De nos jours, les décisions qui touchent à ces domaines sont prises le plus souvent sur des critères subjectifs et émotionnels, sans que la majorité ait véritablement les connaissances requises pour faire des choix réfléchis. Il ne s'agit évidemment pas de transformer chaque citoyen en expert scientifique, mais de lui permettre de jouer un rôle éclairé dans les choix concernant son environnement et d'être en mesure de comprendre le sens général et les implications sociales des débats entre experts. Il s'agit également de donner à chacun les moyens de s'orienter dans ses choix de consommateur.

La profonde transformation en cours du paysage scientifique et technique nécessite que l'individu soit en mesure, même s'il ne vise pas une carrière de chercheur, de mieux saisir la signification des choses. Il doit également apprendre à penser davantage en termes de système et à se situer comme utilisateur et citoyen, à la fois au niveau individuel et comme membre d'un groupe.

La culture littéraire et philosophique joue le même rôle vis-à-vis des "éducateurs sauvages" que sont les grands média et que seront, bientôt, les grands réseaux informatiques. C’est elle qui permet le discernement, développe le sens critique de l'individu, y compris contre la pensée dominante. Elle peut protéger l’individu contre la manipulation, en lui permettant de décrypter l'information qui lui parvient.

Il convient néanmoins de souligner le rôle éducatif que peuvent jouer les grands médias. Ainsi, des chaînes de télévision généralistes, comme la BBC au Royaume-Uni, par exemple, ou spécialisées, comme "La Cinquième" en France, proposent-elles des programmes éducatifs - et notamment des programmes à heures fixes - qui offrent de véritables menus de formations aux téléspectateurs.

Les grands médias permettent aussi, en association avec les authorités publiques, d'atteindre des objectifs pédagogiques qui ne seraient pas réalisables avec des moyens classiques. C'est ainsi que, par exemple, la BBC a mené récemment, avec grand succès, une campagne ciblée ("Read and Write") visant la lutte contre l'illettrisme. Cette campagne destinée au renforcement de la pratique de la lecture et de l'écriture s'adressait aux familles défavorisées, aux parents comme aux enfants.

Une base solide de culture générale donne au citoyen le moyen de se repérer dans la société de l'information, c'est à dire d'être capable de situer et de comprendre, de façon critique, les images et les données qui lui parviennent de multiples sources.

B. La compréhension et la créativité

Le pouvoir de comprendre, c’est la capacité à analyser la façon dont les choses se construisent et se défont. Le présent Livre blanc souhaiterait attirer l’attention sur la question cruciale de la pédagogie de l’innovation.

En effet, la normalisation du savoir qui prévaut encore largement est excessive. Elle conduit à penser que tout doit être enseigné dans un ordre strictement logique, et privilégie la maîtrise d’un système déductif, fondé sur des notions abstraites, où les mathématiques jouent un rôle prédominant. Dans certains cas, le système déductif peut aller jusqu'à faire de l’élève un sujet passif et brider l'imagination.

L’observation, le bon sens, la curiosité, l’intérêt pour le monde physique et social qui nous entoure, la volonté d’expérimentation, sont des qualités négligées et peu considérées. Ce sont pourtant elles qui permettront de former des créateurs et pas seulement des gestionnaires de la technologie.

Dans la société d'hier, qu'elle ait été à dominante rurale ou manufacturière, l'effort d'instruction se portait naturellement en priorité sur l'acquisition de notions abstraites, venant compléter une culture pratique assimilée dans la vie quotidienne, hors de l'école. Cette culture pratique s'est transformée, appauvrie, dans une société urbanisée, automatisée, médiatique. Il faut la réintégrer dans la culture générale, comme moyen de préparation de l'individu à la maîtrise des outils techniques qu'il aura à employer, pour lui permettre de dominer la technique au lieu de la subir.

Pour développer ces aptitudes, il faut faire percevoir la richesse de l’invention, le chemin qui y a conduit. De ce point de vue, toutes les actions qui se développent, aujourd’hui, dans les Etats membres, visant à introduire des enseignements d’histoire des sciences et de la technique dans l’éducation scolaire, à renforcer les liens entre la recherche et l’enseignement de base, doivent être encouragées.

C. Le jugement et la décision

La capacité de juger et de choisir est la dernière capacité indispensable à la compréhension du monde. Elle suppose des critères de choix, la mémoire du passé et l'intuition du futur.

Les critères de choix se forment à partir des valeurs de la société, des méthodes acquises pour dénouer la complexité du monde, de l’éthique personnelle des individus.

La mémoire et la compréhension du passé sont indispensables pour porter un jugement sur le présent. La culture historique (intégrant l'histoire scientifique et technique) et géographique a une double fonction d'orientation, dans le temps et dans l'espace, essentielle à la fois pour l'appropriation par chacun de ses racines, le développement du sens d'appartenance collective et la compréhension des autres. Il est a contrario très révélateur que tous les régimes autoritaires et dictatoriaux se soient signalés par l'appauvrissement et la falsification de l'enseignement historique. L'amnésie historique se paye socialement par la perte de références et de points de repère communs. Il n'est pas étonnant que, faute de connaissances de l'histoire de la civilisation européenne, des expressions telles que "la traversée du désert", "un chemin de croix", "Eurêka !", "le Jugement de Salomon" ou, "la tour de Babel" tendent à se perdre.

Enfin, c’est en présentant le monde non pas comme un monde construit, mais à construire, que sera cultivée l'intuition du futur.

L’école doit non seulement laisser se développer l’esprit critique à tous les niveaux, chez les jeunes et chez les enseignants, elle doit l'encourager. Son ouverture, les coopérations qu’elle devra nécessairement mener, la préparation à l’emploi, ne sauraient lui interdire d’accomplir sa fonction principale, qui est de guider les jeunes gens dont elle a la charge dans leur développement personnel et social. Le présent Livre blanc soutient que dans la société future ces deux exigences sont encore davantage compatibles qu’auparavant.

III. Une deuxième réponse: le développement de l’aptitude à l’emploi et à l'activité

Une des questions centrales aujourd’hui, à laquelle le présent Livre blanc veut contribuer à répondre, est de savoir comment s'appuyer sur l'éducation et la formation pour engager les pays européens dans un processus de création d’emplois et d'activités, en prenant toute la mesure de la mondialisation de l'économie et de l'apparition de nouvelles technologies.

Deux questions se posent alors. Quelles sont les aptitudes requises? Comment peut-on les acquérir?

A. Quelles sont les aptitudes requises?

Dans le monde moderne, la connaissance au sens large peut être définie comme une accumulation de savoirs fondamentaux, de savoirs techniques et d'aptitudes sociales. C’est une combinaison équilibrée de ces savoirs , acquis dans le système d’enseignement formel, dans la famille, dans l’entreprise, par divers réseaux d’information, qui donne la connaissance générale et transférable la plus propice à l’emploi.

Les connaissances de base constituent le socle sur lequel se construit l’aptitude individuelle à l’emploi. Il s’agit du domaine du système éducatif et de formation formel par excellence. Dans l’éducation de base, il convient de trouver un bon équilibre entre l’acquisition des savoirs et les compétences méthodologiques qui permettent d’apprendre soi même. Ce sont celles-ci qu’il convient aujourd’hui de développer.

Les pays européens, ces dernières années, ont choisi de recentrer l’enseignement de base sur la lecture, l’écriture et le calcul, de façon à éviter l’échec scolaire qui joue un rôle majeur dans la marginalisation sociale.

Le démarrage de l'éducation très tôt, c’est-à-dire au niveau pré-scolaire, soit dans les jardins d'enfants, se développe. On observe que les élèves qui ont bénéficié d’une éducation pré-scolaire réussissent en moyenne mieux leur scolarité que les autres, poursuivent des études plus longues et semblent s’insérer plus favorablement.

Il convient également de soutenir l'apprentissage des langues. On peut citer à cet égard l'expérience d'Euroling, projet soutenu par le programme SOCRATES, qui a permis de développer un matériel d'enseignement en trois langues (italien, espagnol, néerlandais) destiné aux niveaux d'éducation élémentaire et primaire. L’enseignement précoce des langues dès l'école maternelle devrait faire partie des connaissances de base. La Commission estime qu'il faudrait faire une priorité de la maîtrise d'au moins deux langues étrangères au cours de la scolarité, comme le propose le présent Livre blanc dans sa seconde partie.

Les connaissances techniques sont les savoir-faire qui permettent l’identification la plus claire à un métier. Ils peuvent être acquis, pour partie, dans le système éducatif et la formation professionnelle, pour partie, dans l’entreprise. Ils se sont fortement modifiés avec les technologies de l’information et, de ce fait, leur relation au métier est aujourd’hui moins nette. Parmi ces connaissances, certaines, "les compétences clés", sont au coeur de plusieurs métiers et sont donc centrales pour pouvoir changer de travail. De ce point de vue, une initiation généralisée aux technologies de l’information est devenue une nécessité.

Il ne faut pas, cependant, réduire la question de l'acquisition de connaissances techniques aux seuls secteurs de pointe ou d'apparition récente. Dans des industries très anciennes, mais performantes, il existe une vraie tradition de compétence d'une grande qualité, parfois dans le droit fil du compagnonnage. Cette tradition est une source d'inspiration toujours valable, qui produit des travailleurs maîtrisant pleinement leurs savoir-faire et les transmettant.

Les aptitudes sociales concernent les capacités relationnelles, le comportement au travail et toute une gamme de compétences qui correspondent au niveau de responsabilité occupée: la capacité de coopérer, de travailler en équipe, la créativité, la recherche de la qualité. La maîtrise de telles aptitudes ne peut être pleinement acquise qu’en milieu de travail, donc essentiellement dans l’entreprise.

L’aptitude à l’emploi d’un individu, son autonomie, sa possibilité d’adaptation, sont liées à la façon dont il pourra combiner ces différentes connaissances et les faire évoluer. Ici, l'individu devient l'acteur et le constructeur principal de sa qualification: il est apte à combiner les compétences transmises par les institutions formelles et les compétences acquises par sa pratique professionnelle et par ses initiatives personnelles en matière de formation.

C’est donc en diversifiant les offres éducatives, les passerelles entre filières, en multipliant les expériences pré-professionnelles, en ouvrant toutes les possibilités de mobilité, qu’on lui permettra de construire et développer son aptitude à l’emploi et de mieux maîtriser son parcours professionnel.

B. Comment chacun peut-il acquérir une aptitude à l’emploi?

• 1. La voie traditionnelle: le diplôme

L’individu choisit souvent aujourd’hui de s’en remettre aux formations les plus attractives par le diplôme, et de rester le plus longtemps possible dans le système éducatif. Il fait de même en choisissant les cycles offrant des diplômes dans les formations professionnelles qui lui sont offertes.

On observe, en effet, dans tous les Etats membres, un mouvement de prolongation des études et une forte pression sociale pour élargir l’accès aux études supérieures et élever ainsi le niveau atteint par le plus grand nombre. Ce phénomène concerne également les jeunes qui ont choisi une filière professionnelle et même ceux qui ont eu une première expérience professionnelle. Il en résulte des problèmes d’attractivité pour les filières professionnelles qui, dans de nombreux Etats membres, sont perçues comme des options de second choix offrant des perspectives de carrière limitées. Les jeunes préfèrent souvent se tourner vers les formations générales, au risque de se sentir surqualifiés dans leur emploi.

Ce comportement de la jeunesse est aujourd’hui rationnel, parce que le niveau d'études et le diplôme sont encore, de loin, les meilleurs passeports pour l’emploi. Cependant, du point de vue social, il crée des difficultés. Les jeunes qui ont des niveaux de qualification inférieurs se trouvent repoussés vers des emplois moins qualifiés que ceux auxquels ils pensaient pouvoir prétendre. Cet effet "file d'attente" finit par toucher les moins diplômés et ceux qui en sont dépourvus, et devient un facteur important d’exclusion sociale. La surqualification des emplois freine également la promotion sociale dans l'entreprise.

Dans la plupart des systèmes européens, les diplômes sont conçus dans la perspective de filtrer, au sommet, les élites dirigeantes de l’administration et des entreprises, les chercheurs et les professeurs. Ce sont même, dans certains pays, les références quasi-absolues de compétence, ce qui constitue une puissante incitation à poursuivre des études longues et à tenter sa chance dans des formations très sélectives. Presque partout, la classification du travailleur dans son emploi est largement définie par le niveau du diplôme qu'il possède. Cette correspondance entre "grille" de diplômes et "grille" statutaire, pour logique qu'elle soit, accentue la rigidité interne du marché du travail.

La société peut "éliminer" ainsi des talents s'écartant des profils moyens, mais innovateurs. Elle produit donc souvent une élite assez peu représentative du potentiel de ressource humaine disponible. Ce point de vue est confirmé par plusieurs enquêtes récentes qui montrent que sur longue période, les formations les plus élitistes sont le plus souvent suivies par ceux ou celles issus des couches supérieures dirigeantes ou intellectuelles.

Il ne s'agit évidemment pas de contester la voie du diplôme: il demeure bien entendu nécessaire de poursuivre les efforts importants consentis par les Etats membres, et soutenus par la Communauté à travers SOCRATES et LEONARDO, pour renforcer la formation initiale. Mais, parallèlement, il convient d'adopter une démarche qui valorise les qualifications, quelles qu'en soient les modalités d'acquisition, et qui accroît les potentialités de chacun en répondant plus étroitement aux besoins des individus et des entreprises. Une approche plus ouverte et plus souple est nécessaire: une approche qui encourage la formation tout au long de la vie et l'acquisition continue de compétences.

2. La voie moderne: l’insertion dans un réseau qui coopère, qui éduque, forme et apprend

Pour que chacun puisse exercer davantage sa responsabilité dans la construction de sa qualification, il faut d'abord qu'il puisse s'insérer plus facilement dans les systèmes de formation institutionnels. Cela suppose qu'il les connaisse, que leur accès soit plus largement ouvert et que la mobilité entre les différentes filières soit accrue.

Deux solutions sont envisageables: soit l'on maintient le niveau des diplômes et dans ce cas le nombre de jeunes sans diplôme augmente, soit l'on élargit largement le nombre de diplômes ou le nombre de jeunes qui en bénéficient et se posent inévitablement des questions sur la qualité des diplômes.

Dans tous les Etats membres ces questions se posent à intervalles réguliers. Dans tous les Etats membres aussi, l'on observe qu'un nombre significatif de jeunes sortent du système éducatif sans diplômes, ressentent cette situation comme un échec personnel et sont fragilisés sur le marché du travail parce qu'ils n'ont aucune compétence reconnue.

Le présent Livre blanc suggère d'expérimenter une troisième voie, qui existe déjà dans certains Etats membres.Cette solution, qui ne remet pas en cause les diplômes et permet, au contraire, d'en maintenir la qualité, consiste à reconnaître des compétences partielles, à partir d'un système d'accréditation fiable. Celui ou celle que le système formel d'enseignement rebute sera encouragé à développer ses compétences. Il ne s'agit plus ici de qualification au sens large mais de compétences sur des savoirs fondamentaux ou professionnels particuliers (la connaissance d'une langue, un certain niveau en mathématiques, en comptabilité, la connaissance d'un tableur, d'un traitement de texte etc.). On peut noter que cette recherche de compétence partielle pourra concerner également les adultes qui ont développé une connaissance approximative apprise de façon autodidacte (en informatique, par exemple) et les pousser à l'approfondir. Bien évidemment un tel système d'accréditation pourrait permettre de faire reconnaître sur une base plus large les savoirs techniques acquis dans l'entreprise, que celle-ci évalue le plus souvent de façon interne.

Néanmoins, que le savoir et la compétence soient acquis dans un système formel d'enseignement ou de façon moins formelle, l'individu doit être assisté dans sa démarche. Les processus éducatifs et de formation les plus performants sont de ceux qui fonctionnent en réseau. Ces réseaux peuvent être des réseaux d'institutions (institutions d'enseignement et de formation coopérant avec les familles ou les entreprises) ou des réseaux de savoirs informels qui semblent se développer aujourd'hui rapidement (universités populaires, collèges coopératifs, etc.).

a) Favoriser l'accès à l'éducation et à la formation

Une fois acquis les éléments de connaissances de base, deux conditions principales paraissent nécessaires pour que l’individu soit en mesure d’exercer sa responsabilité dans la construction de sa qualification:

• une information et une orientation suffisante,

• un accès à la formation, avec toutes les possibilités de mobilité,

i) L’information et l'orientation sont la première condition.

Le jeune qui cherche à s’orienter, l’adulte en formation professionnelle ou permanente, sont confrontés à une offre multiple, présentée de façon institutionnelle, voire administrative. L’Européen a, aujourd’hui, une meilleure information pour choisir un hôtel, ou un restaurant, que pour choisir une formation.

Progresser vers une meilleure information implique de disposer, au préalable, de capacités de recensement de l'offre de formation. C'est ce qu'a souligné le rapport du Groupe consultatif sur la compétitivité, en proposant la création de "Centres de ressources en connaissances" assurant l'interface entre l'offre et la demande d'information sur la formation.

Cela suppose également la mise en oeuvre d’une évaluation des formations indépendante, donc réalisée à l'extérieur des systèmes éducatifs. Cette évaluation doit être simple. Elle doit hiérarchiser et comparer clairement, et permettre de connaître la contribution réelle des formations à l’aptitude à l’emploi. Il est aussi important d'évaluer comment la formation contribue à diminuer la segmentation du marché du travail en encourageant les femmes à s'insérer davantage dans les professions traditionnellement occupées par les hommes (domaines technologiques en particulier). Une telle évaluation permettra de lever le premier obstacle à l'orientation.

Le second obstacle à l’orientation est la difficulté à prévoir l’évolution des métiers et des compétences requises. Se poser cette question au niveau de l’espace européen permettrait d’avoir une perspective comparative plus large qui pourrait contribuer à la résoudre.

Le troisième obstacle réside dans les mentalités elles mêmes. Des progrès importants ont été accomplis, mais l'origine sociale continue à marquer, voire à conditionner l'orientation choisie par les individus, aux dépens de la promotion sociale.

ii) Un accès large et ouvert, en fonction des aptitudes et des besoins individuels, est la seconde condition.

• Remplir celle-ci implique la mobilité entre les institutions éducatives. Cette dernière s'est fortement accentuée dans les Etats membres: ce mouvement est à encourager.

La mobilité s'est également développée à l'échelle européenne, et la Communauté y a fortement contribué, notamment grâce au programme ERASMUS. Mais elle demeure insuffisante.

Deux obstacles principaux s'opposent à la mobilité professionnelle des personnes, qu'il s'agisse des travailleurs -les salariés, les enseignants, les chercheurs, mais aussi les chômeurs- ou des personnes en formation, notamment des étudiants.

C'est d'abord la très grande difficulté d'assurer une reconnaissance véritable des savoirs à l'intérieur de l'Union. La reconnaissance mutuelle des diplômes est garantie pour les professions réglementées, et a été confirmée par la jurisprudence communautaire. Mais elle se heurte encore à des limitations pour les autres professions. La reconnaissance des éléments qui composent le diplôme -la reconnaissance académique- n'est pas encore assurée, sauf lorsqu'elle est encouragée par la Communauté, à travers la coopération entre établissements d'enseignement supérieur et donc en contrepartie d'un financement communautaire... On peut citer à titre d'exemple la coopération entre plus de quarante écoles européennes de traduction/interprétation dans le réseau Tradutech, qui assure depuis 1986 la mobilité des enseignants et des étudiants en appliquant le système européen de transfert des crédits de cours (ECTS), dans le cadre d'ERASMUS.

La validation des acquis professionnels, en dehors d'un diplôme, d'un Etat membre à l'autre est encore plus difficile à faire prévaloir.

Le second obstacle, tout aussi important, réside dans les entraves juridiques et administratives à la mobilité transnationale. Selon les situations et les Etats membres, ces entraves proviennent des dispositions relatives à la protection sociale (notamment en ce qui concerne les régimes complémentaires de retraite), au droit de séjour - en particulier pour les résidents légaux des Etats membres aynt la nationalité d'un pays tiers -, voire même à la fiscalité (par exemple celle appliquée aux bourses d'étude ou aux allocations de recherche). Le fait, par ailleurs, que les bourses nationales d'études d'enseignement supérieur ne soient pas transférables d'un Etat membre à l'autre est un obstacle additionnel à la mobilité.

La marche vers la société cognitive implique la levée de ces blocages de la mobilité des Européens, alors même que les nouvelles technologies de la communication permettent une mobilité immatérielle instantanée.

L'accès à la formation doit être développé tout au long de la vie

Les conclusions du Conseil européen d'Essen et de celui de Cannes ont insisté sur le développement de la formation continue. Toutes les autorités publiques des Etat membres, tous les partenaires sociaux ont souligné cette nécessité.

Or il ne semble pas que des progrès sensibles aient été réalisés dans cette direction ces dernières années, bien au contraire. Les contraintes financières provoquées par la récession, l'existence d'une réserve de main d'oeuvre sur le marché du travail, l'entrée de jeunes surqualifiés sur ce même marché ne contribuent pas à encourager l'effort de formation des entreprises, en direction notamment des salariés les plus âgés ou les moins qualifiés. On constate toujours qu'il existe une inégalité d'accès à la formation entre types d'entreprises et catégories de salariés, au détriment des PME et des travailleurs peu ou pas qualifiés, malgré certaines avancées, ainsi que des femmes, soit parce qu'ellesn'exercent pas des fonctions d'encadrement, soit parce qu'elles sont moins présentes dans des secteurs à forte intensité technologique, soit enfin parce qu'elles ont fréquemment des conditions d'emploi particulières (par exemple, le travail à temps partiel). Ainsi, un projet soutenu par le programme communautaire Applications télématiques, IDEALS, a permis, par la coopération entre PME et institutions d'enseignements techniques, le développement de formations pour les PME (base de données de modules de cours, adaptés aux besoins des différentes PME concernées), ces formations étant accessibles sur le poste de travail ou dans des centres locaux d'enseignement.

L'effort général de formation demeure trop maigre. L'avènement de la société de l'information et les transformations du contenu comme de l'organisation du travail qu'elle implique rendent pourtant urgente l'amélioration des conditions d'accès des travailleurs à la formation. Elles nécessitent également un enrichissement du contenu de celle-ci, qui ne peut plus se réduire à une simple adaptation au nouveau poste de travail.

Toutes les possibilités offertes par la société de l'information doivent être saisies.

L'enjeu est à la fois éducatif et industriel. Actuellement, un constat s'impose: la concurrence des Etats-Unis est particulièrement vive dans le multimédia en général et dans le multimédia éducatif en particulier. La faiblesse de l'Europe n'est pas liée à une insuffisance de créativité, bien au contraire. Mais les créateurs et les industriels européens sont confrontés à l'obstacle sérieux de la très grande fragmentation du marché qui résulte de la diversité culturelle et linguistique de l'Europe. De ce fait, les investissements consentis au niveau local, régional ou national sont difficiles à rentabiliser. Il convient donc de stimuler la conception de produits susceptibles d'atteindre une diffusion non seulement européenne mais aussi mondiale.

Il convient également que les enseignants soient mis en situation de pouvoir s'adapter aux nouvelles technologies et à ce qu'elles apportent en terme d'approches pédagogiques. Le rythme de pénétration du multimédia éducatif dans les écoles est encore trop lent. Il y a à cela de nombreuses raisons. La qualité pédagogique des produits aujourd'hui disponibles n'est pas encore suffisante pour inciter les enseignants à recourir aux multimédias. D'où l'importance du développement de logiciels éducatifs multimédia, que la Commission européenne soutient avec la mise en place de la Task-force "Logiciels éducatifs multimédisa". En outre, les enseignants ne disposent pas toujours des équipements suffisants en puissance et en quantité. Enfin, les enseignants ne sont pas, dans l'ensemble, suffisamment bien formés à l'utilisation du multimédia éducatif.

Dans la société de l'information, une autre question se trouve également posée. Comme l'a souligné le Comité des régions de l'Union européenne dans son avis sur "L'éducation et la formation face aux défis technologiques et sociaux: premières réflexions" (septembre 1995), l'enjeu est bien de "promouvoir l'égalité des chances en matière d'accès à l'éducation, en particulier entre hommes et femmes, et pour faire en sorte que les groupes défavorisés (tels que ceux des communautés rurales, les personnes âgées, les minorités ethniques et les immigrés) ne deviennent pas des citoyens de seconde classe par rapport aux possibilités d'accès aux nouvelles technologies et aux possibilités d'apprentissage".

La Commission considère qu'il existe encore trop d'inégalités dans l'accès à la formation et sur le marché du travail, et que les possibilités offertes par la société de l'information doivent être pleinement utilisées pour les réduire.

Il faut relever que les technologies de l’information permettront une croissance considérable de toutes les formes d’enseignement à distance, comme l'observait le Parlement européen dans sa résolution d'initiative de juillet 1993 sur l'apprentissage ouvert et à distance, sur la base du rapport de Madame D. Pack.  

Il faut évoquer à ce sujet l'expérience de l'Open University, qui a permis depuis plusieurs années le développement, à une grande échelle, de l'enseignement à distance.

• Enfin, des accès particuliers permettant à des populations marginales, ou exclues, de retrouver ensuite, soit un cycle de formation normal, soit une activité, doivent encore être développés. Le présent Livre blanc considère qu’il s’agit désormais d’une priorité. De nombreux efforts ont été réalisés dans les Etats membres pour mettre en place des filières spécialisées ou des mécanismes de rattrapage par l’action sociale. L’observation des résultats, en particulier, les difficultés de réinsertion sociale des jeunes et adultes concernés, conduit maintenant à penser qu’il convient de favoriser des dispositifs de deuxième chance, que l'Union européenne peut contribuer à soutenir, comme le propose, dans sa seconde partie, le présent Livre blanc.

b) Reconnaître la compétence acquise

Dans la société cognitive, l'individu doit pouvoir faire valider des compétences fondamentales techniques ou professionnelles, indépendamment du fait qu'il passe ou non par une formation diplômante, la pratique que l'on observe, par exemple, pour le permis de conduire, l'anglais (le test TEFL), les mathématiques (tests Kangourou). Chacun devrait pouvoir disposer, s'il le désire, d'une carte personnelle de compétences où seraient portées les connaissances ainsi validées.

Cela peut concerner certains savoirs fondamentaux dont la décomposition en niveaux est aisée (les langues, les mathématiques, des éléments de gestion, d'informatique, de droit, d'économie, etc.). cela peut concerner aussi des savoirs techniques qui sont évalués dans les entreprises (comptabilité, techniques financières, techniques de l'exportation, etc.) et même des savoirs professionnels plus transversaux (le sens de l'organisation, certaines capacités de décision, etc.). Le but est de permettre, par exemple, à une personne dépourvue de diplôme de se présenter devant un employeur en justifiant d'une compétence accréditée en expression écrite, en langue, en traitement de texte et en tableur et de susciter un intérêt pour la combinaison de compétences partielles bien maîtrisées qu'elle a su construire, même si elle ne dispose pas de la sanction qualifiante que donne le diplôme de secrétariat. D'autres exemples pourraient être donnés, par exemple pour les connaissances en gestion ou en informatique.

Pourraient également être généralisés, après expertise, certains dispositifs d'évaluation et d'accréditation des compétences adaptés à leurs besoins que de nombreuses entreprises européennes ont développés.

Ce système d'accréditation sur base volontaire, qui devrait être largement disponible en Europe et associer les universités, les chambres consulaires, les branches professionnelles, est bien entendu complémentaire au système du diplôme et ne saurait lui être substitué.

La mise en place de nouveaux modes de validation des compétences, telle qu'elle est proposée dans la seconde partie du présent Livre blanc, permettrait un certain nombre d'avancées vers la société cognitive.

c) Placer l'individu dans un réseau coopératif qui le soutient

Si l'individu peut de moins en moins s'en remettre à une institution unique pour développer son aptitude à l'emploi, il ne peut non plus être livré à lui-même. Toutes les expériences montrent que c'est par son insertion dans un réseau d'acteurs qui coopèrent qu'il trouvera le plus grand profit éducatif.

i) La coopération des institutions et des acteurs concernés.

Aujourd’hui, l'adaptation et l'amélioration des systèmes d'éducation et de formation doit être renforcée dans le cadre de partenariats: aucune institution et, en particulier, même pas l’école ou l’entreprise, ne peut prétendre à elle seule développer les compétences nécessaires à l’aptitude à l’emploi.

Au plus jeune âge, c’est la coopération entre l’école et la famille qui assurera le mieux l’acquisition des connaissances de base. De ce point de vue, une attention particulière doit être apportée au rôle de la famille, en particulier dans les milieux défavorisés. Les familles devraient être associées étroitement au fonctionnement des dispositifs de deuxième chance et bénéficier de programmes de soutien.

Plus tard, cette coopération doit se faire entre les établissements d'enseignement et l’entreprise. Dans de nombreux Etats membres se développent des formations en alternance, en particulier l’apprentissage, qui est la forme encore la plus performante de cette coopération. L’apprentissage devra être encouragé au niveau européen et des parcours d’apprentis rendus possibles entre les Etats membres. Dans ce but, le présent Livre blanc propose, dans sa seconde partie, de développer l'apprentissage au niveau européen.

D’une façon générale, il est souhaitable que puissent se développer des partenariats entre les entreprises et les établissements d'éducation.

De telles coopérations se développent, notamment grâce au concours de l'action communautaire (COMETT). On peut évoquer ECATA, projet transnational de formation aux technologies avancées dans le domaine de l'aéronautique, qui associe sept universités et onze constructeurs européens pour former des jeunes ingénieurs, cette formation étant validée par un diplôme. Le réseau Biomerit, quant à lui, regroupe trente-trois partenaires de sept pays européens-universités, entreprises, PME/PMI notamment- dans le domaine de la formation à la biotechnologie.

L’enjeu de la coopération entre les établissements d’enseignement et les entreprises est d’accepter que les entreprises soient des partenaires à part entière du processus de formation. Aujourd’hui, il n’est plus possible de considérer que le rôle de l’entreprise est uniquement celui de demandeur d’individus formés, ou de fournisseur d’un complément de formation. L’entreprise est désormais un producteur important de connaissances et de nouveaux savoir-faire.

Il faut enfin remarquer que l'évolution des processus éducatifs (notamment dans les domaines transversaux: environnement, santé, consommation) est de plus en plus accompagnée et soutenue par un partenariat très large: associations, collectivités territoriales, mouvements de consommateurs, agences spécialisées (tourisme, énergie, environnement).

ii) Un réseau qui enseigne et qui apprend.

Comme l'ont souligné Carnoy et Castells ("Sustainable Flexibility: A prospective Study on Work, Family and Society in the Information Age". School of Education Université de Stanford, Université de Berkeley, avril 1995), il s'agit aussi bien des coopérations qui se forment à l’intérieur des organisations, que des réseaux de coopération qui se constituent entre elles, ou sur des espaces localisés.

• Les réseaux de formation interne

On sait désormais que, dans l’entreprise, c’est la coopération au sein d’une équipe de travail responsabilisée qui permet l’amélioration de la qualité de la production. Les cercles de qualité, l’enrichissement des tâches, les conseils réunissant les travailleurs et les cadres gestionnaires et commerciaux, ont permis à ces collectivités de travail restreintes, d’apprendre et d’enseigner, ce qui a profité à chacun. Ces coopérations ont permis, à partir de l’expérience professionnelle, de transformer le savoir-faire automatique en capacité d’autonomie, c’est-à-dire en véritable savoir.

Elles se développent en dehors même du cadre des cercles de qualité. On peut citer le cas d'une grande entreprise de construction automobile européenne, où un problème de cloquage du toit des voitures a été réglé en confiant directement aux ouvriers l'observation statistique, la surveillance et l'analyse du phénomène (programme FORCE).

Ces coopérations commencent à modifier en profondeur la nature des actions de formation professionnelle menées dans l’entreprise, fréquemment dans le cadre de plans de formation à l'élaboration desquels participent les travailleurs et leurs représentants. Dans les entreprises les plus avancées et les plus performantes, elles sont de moins en moins organisées autour de l’acquisition de compétences liées à une tâche spécifique et même à un emploi bien défini. Lorsque cela est le cas, c’est généralement pour compléter la formation de jeunes qui entrent dans l’entreprise en n’ayant connu que le monde académique.

La pédagogie des établissements d’enseignement devrait également évoluer encore davantage dans le sens de la coopération.

Des réalisations sont néanmoins notables dans le domaine de l'éducation. Ainsi, "l'European School Project", qui a été mis en place par le Centre pour l'innovation technique et coopérative de l'Université d'Amsterdam, regroupe aujourd'hui 400 écoles. Il fonctionne suivant le principe du "télétrip" (ou télévoyage), projet éducatif conçu en collaboration par les enseignants et qui implique recherches d'informations, échanges de résultats, solution de problèmes. Depuis sa création, plusieurs centaines de "télétrips" ont eu lieu, dans plusieurs langues, avec la participation de milliers d'élèves.

Les réseaux de coopération externe

On observe, partout en Europe, des dynamiques territoriales (dans les technopôles régionales, les parcs scientifiques, les parcs technologiques, les technopôles multi-sites urbains) fondées sur des coopérations d’échange d’informations et d’apprentissage, entre des institutions de recherche, des entreprises, des établissements d’enseignement, et qui ne passent pas par le marché. Mobilisant tous les acteurs concernés, notamment l’Etat et les collectivités locales, ces réseaux locaux favorisent, là encore, l’aptitude à l’emploi des individus.

De même, les réseaux qui mobilisent tous les agents du développement local, notamment le tissu associatif, permettent souvent de trouver des emplois, certes de faible valeur ajoutée, mais qui permettent d'éviter l’exclusion. D’une façon générale, les réseaux d’insertion cherchent non seulement à donner des activités aux jeunes et aux exclus, mais aussi à leur apprendre à communiquer, à se rendre utiles, à changer de milieu d’appartenance. Ils le font pour des motifs altruistes, le plus souvent en dehors de toute considération professionnelle mais, ce faisant, ils acquièrent des compétences centrales pour la société cognitive.

L’échelon régional et local devient donc un échelon privilégié pour nouer des coopérations qui permettent de développer les aptitudes à l’emploi. Il permet, à la fois, de créer des emplois à forte valeur ajoutée, et de concevoir des politiques permettant de mieux intégrer les populations marginalisées. Enfin, c’est un moyen décisif pour généraliser la formation professionnelle et renforcer la cohésion de l’Union européenne.

On observe également le développement de réseaux locaux d'échanges de savoirs à travers l'Europe: en France, en Allemagne, en Autriche, en Belgique, en Espagne, en Suisse. Ces réseaux permettent à des personnes de partager des compétences et de se former mutuellement, suivant une sorte de "troc des savoirs", chacun étant tour à tour enseignant et élève. Les domaines d'échanges sont très variés et vont de l'informatique aux langues, en passant par les échecs. Il est à noter que ces réseaux sont généralement très impliqués dans des actions d'alphabétisation et de soutien scolaire. Cette expérience a inspiré la mise au point d'une méthode de gestion des compétences, fondée sur l'informatique et visant à développer la formation au sein d'un groupe, que plusieurs entreprises exploitent à titre expérimental.

IV. Les voies de l'avenir

Le problème crucial de l'emploi, dans une économie en mutation permanente, amène inéluctablement les systèmes d'éducation et de formation à évoluer. Il s'agit bien de mettre la recherche d'une formation adaptée aux perspectives de travail et d'emploi au coeur des préoccupations.

La nécessité d'une telle évolution est entrée dans les esprits: la meilleure preuve en est la fin des grandes querelles doctrinales sur la finalité de l'éducation.

La question centrale est d'aller vers une plus grande flexibilité de l'éducation et de la formation, permettant de prendre en compte la diversité des publics et des demandes. C'est sur un tel mouvement que doit, en priorité, s'engager le débat à l'intérieur de l'Union.

D'ores et déjà, des réponses à cette question s'esquissent dans les Etats membres, dans le cadre de la diversité de leurs systèmes éducatifs.

Ces efforts d'adaptation sont voués à se poursuivre et à s'intensifier, en particulier vers trois évolutions majeures: l'autonomie des acteurs de la formation, l'évaluation de l'efficacité de l'éducation, la priorité accordée aux publics en difficulté.

A. La fin des débats de principe

La conception des missions des systèmes éducatifs et de formation, leur organisation, le contenu des enseignements, voire même la pédagogie, ont fait l'objet de débats souvent passionnés.

La plupart de ces débats paraissent aujourd'hui dépassés.

• Culture générale et formation à l'emploi ont cessé d'être opposées ou séparées. L'importance des connaissances générales nécessaires pour maîtriser les savoirs professionnels est de plus en plus reconnue.

• Les passerelles entre l'école et l'entreprise se sont développées. Cela montre que les barrières culturelles ou idéologiques qui séparaient l'institution éducative et l'entreprise se défont au bénéfice des deux institutions. Suivant les Etats membres et leurs traditions, ce rapprochement, ou cette coopération, se manifestent pendant la formation initiale ou à travers la formation permanente.

• Le principe de l'égalité des droits en matière d'éducation est de plus en plus apprécié en termes d'égalité des chances. Des discriminations positives en faveur des publics les plus défavorisés sont maintenant acceptés pour prévenir l'échec scolaire.

• L'avènement de la société de l'information, après avoir inquiété le monde de l'enseignement, a révélé de nouvelles demandes d'éducation et de formation et a commencé à renouveler les approches pédagogiques. Il a aussi permis le développement des contacts et des liens entre enseignants et établissements, notamment à l'échelle européenne.

B. La question centrale: vers une plus grande flexibilité

Les structures actuelles des institutions éducatives et de formation doivent s'adapter pour faire face à la diversité des publics et des besoins.

Faites pour éduquer et former le citoyen ou le salarié destiné à un emploi permanent, ces institutions sont encore trop rigides, même si des établissements et des enseignants tentent des expériences de renouvellement encore trop isolées les unes par rapport aux autres.

Or, c'est bien sur la voie de la flexibilité qu'il leur faut s'engager, pour s'adapter à une demande sociale à la fois toujours plus forte et plus diverse.

Comment y parvenir? Il est urgent d'en débattre, à partir des grandes questions qui se posent aujourd'hui:

• Comment concilier le développement de la scolarisation et l'accès du plus grand nombre à l'enseignement supérieur avec la recherche de la qualité dans l'éducation ?

• Comment adapter les missions de l'éducation à la diversité des demandes, alors que subsistent encore certaines réticences à différencier les publics ?

• Comment défendre et améliorer le statut des enseignants et des formateurs tout en les incitant à satisfaire la multiplicité des besoins de la société cognitive ?

• Comment préparer les enseignants et les formateurs à l'évolution des missions éducatives et à la transformation des outils pédagogiques ?

• Comment créer les conditions de la formation tout au long de la vie, c'est-à-dire l'accès permanent au renouvellement des connaissances et à l'acquisition de nouveaux savoirs?

C. Les réponses en cours dans les Etats membres

Des évolutions significatives se manifestent d'ores et déjà dans toute l'Europe. Les systèmes éducatifs cherchent tous à développer la qualité, à faire évoluer les formations, à rendre continue l'éducation et la formation tout au long de la vie, à améliorer l'affectation des financements.

1. La recherche de la qualité

Dans l'éducation initiale, on observe un recentrage sur l'acquisition et la maîtrise des compétences de base, en particulier sur les trois disciplines fondamentales que sont la lecture, l'écriture et le calcul. L'apprentissage des langues étrangères se généralise, de même que l'initiation aux technologies de l'information.

A l'intérieur ou à l'extérieur du système éducatif institutionnel, des expériences de pédagogies innovantes sont développées par des enseignants et des formateurs. A l'école, il s'agit de méthodes comme, par exemple, celles des mouvements Decroly en Belgique, Steiner en Allemagne, Montessori en Italie, Freinet en France. Pour les adultes, se développent également des actions novatrices, telles que celles conduites par les universités populaires, ou "l'Outdoor Education" développée en Grande Bretagne, qui propose des exercices ou des pratiques transformant le contenu de la formation continue traditionnelle en visant l'adaptation des comportements plutôt que la connaissance abstraite.

Toutes ces expériences montrent qu'une réelle capacité créatrice existe parmi les enseignants et les formateurs, qui ne demande qu'à s'exprimer et à se développer. Les formateurs sont généralement en avance des systèmes éducatifs: c'est parmi eux que l'on trouve les précurseurs de la société cognitive.

Dans les niveaux d'étude plus élevés, la tendance à la prolongation des études, l'élargissement de l'accès aux études supérieures sont un gage manifeste d'augmentation de la qualité d'ensemble du capital humain. Se pose néanmoins dans tous les systèmes d'enseignement supérieur la question de pouvoir traiter cet afflux nouveau tout en maintenant le niveau des diplômes.

2. La recherche de nouveaux modes de qualifications

Tous les Etats membres considèrent comme centrale la question des liens entre l'éducation et la formation professionnelle. Certains Etats membres s'efforcent d'assurer l'acquisition des compétences de base au sein même de l'éducation selon une logique d'éducation professionnelle mettant l'accent sur l'apprentissage. Certains d'entre eux, choisissent un jumelage étroit entre l'école et l'entreprise. Le souci est de placer les jeunes concernés en "situation de travail" tout en maintenant la qualité des enseignements. D'autres Etats membres préfèrent repousser la phase de formation professionnelle initiale au-delà de cette période.

L'implication des entreprises et des partenaires sociaux dans l'organisation de la formation initiale et de la transition des jeunes vers la vie active apparaît comme une tendance établie, notamment sous la forme de formations en alternance (incluant la formation "duale" par exemple).

Certains Etats membres cherchent à développer des dispositifs de rattrapage ou de "garantie formation" dont l'objectif est de redonner aux jeunes accédant au marché du travail sans qualification l'opportunité d'acquérir les compétences de base et professionnelles indispensables.

La question des processus de certification, de validation et de reconnaissance des compétences acquises, notamment de celles acquises en situation de travail, est au centre de débats dans plusieurs Etats membres, les processus traditionnels apparaissant souvent trop formels et rigides.

3. Le développement de la formation continue

La notion de compétences clés se généralise à l'ensemble des formations. Les métiers et les qualifications deviennent plus flexibles. Tous les Etats membres considèrent que la séparation entre l'éducation et la formation professionnelle devient de moins en moins assurée.

Il convient de noter que le développement massif des phénomènes d'exclusion et les perspectives démographiques à moyen terme amènent la plupart des Etats membres à faire de l'éducation des adultes un terrain privilégié d'initiative et de développement, particulièrement au niveau local.

Dans plusieurs Etats membres, des dispositifs de formation se développent selon une approche paritaire de discussion, de négociation et même de gestion des problèmes de la formation entre les partenaires sociaux. Compte tenu de la mixité de certains problèmes - par exemple, formations en alternance, accords sur le temps de travail et possibilité d'y intégrer la dimension formation - la voie d'une approche conventionnelle à différents niveaux se développe dans plusieurs Etats membres.

4. De nouvelles formules de financement et d'évaluation

Certains Etats membres expérimentent de nouvelles formules de financement de l'éducation et de la formation. Des formules expérimentées vont des "bons d'éducation" à des formules de co-financement de la formation continue par le biais d'une prise en charge d'une partie des coûts par les intéressés eux-mêmes (par le biais de déductions fiscales, de prêts bonifiés ou de la mise en place d'un "capital d'épargne formation").

La recherche de nouvelles formes de financement pour l'éducation et la formation se développe dans un contexte où, même si les budgets publics qui leurs sont consacrés occupent une place privilégiée dans les dépenses publiques, on constate un certain tassement de leur évolution ces dernières années.

Ce débat en cours dans les Etats membres sur les ressources et les financements publics à consacrer à l'éducation et à la formation s'accompagne d'une volonté renforcée d'une plus grande transparence des systèmes et, surtout, d'une évaluation de la productivité des dépenses publiques en la matière. Le problème est de disposer d'indicateurs fiables de référence et surtout, de données concernant le financement privé (des ménages, des entreprises, etc.). A une période où les débats sur les transferts de financement se développent dans tous les Etats membres, le souci d'une meilleure appréciation des coûts (et des bénéfices) est de plus en plus marqué chez les responsables.

D. De nouvelles évolutions

A la lumière de ces changements et de ces expériences, trois grandes voies d'évolution se dessinent très nettement.

La première est celle de l'autonomie des acteurs de l'éducation et de la formation.

C'est par une plus grande autonomie d'acteurs responsables clairement informés des missions qui leur sont confiées que les systèmes d'éducation et de formation pourront le mieux s'adapter.

Il s'agit ainsi de donner une plus grande autonomie aux établissements de base. Ce que montre l’expérience, c’est que les systèmes les plus décentralisés sont aussi ceux qui sont les plus flexibles, qui s’adaptent plus vite et qui permettent de développer de nouvelles formes de partenariat à visée sociale.

Dans le domaine de la formation permanente, cette autonomie nécessaire doit relever du processus de négociation entre les partenaires sociaux concernés aux différents niveaux (entreprise, branche, régional, interprofessionnel) - l'objectif premier étant de faire en sorte que tous les travailleurs, et notamment ceux des PME, puissent avoir accès à des actions de formation.

La deuxième évolution nouvelle concerne l'évaluation. Cette évaluation est nécessaire pour justifier l'indispensable augmentation des financements.

L'intérêt de l'évaluation est tout aussi manifeste pour l'appréciation de l'adéquation de l'éducation et de la formation aux besoins des publics concernés et la recherche des moyens d'accroître la réussite scolaire, l'insertion ou la reconversion professionnelle. L'évaluation peut aussi permettre de mieux adapter la formation professionnelle, initiale et continue, à la situation du marché de l'emploi, caractérisée simultanément par l'existence d'un fort taux de chômage et la pénurie de main d'oeuvre dans certains secteurs d'activités ou certains métiers.

L'évaluation peut permettre de faire prendre en compte l'investissement que représente la formation continue pour les entreprises (et les travailleurs). Aussi, les dépenses de formation, par exemple dans des opérations de reconversion interne ou dans l'apprentissage, constituent un actif de l'entreprise, au même titre que les autres immobilisations, par exemple dans la recherche. Elles doivent donc bénéficier du même traitement fiscal, ceci sans préjudice de la liberté de circulation des travailleurs. C'est ce que propose, dans sa deuxième partie, ce Livre blanc.

Enfin, l'évaluation peut contribuer à la connaissance et à la diffusion des expériences et des bonnes pratiques. C'est dans ce sens que ce Livre blanc propose, dans sa seconde partie, la création d'un dispositif d'observation des pratiques innovantes en matière de formation professionnelles.

Enfin, la troisième évolution nouvelle concerne l'attention portée aux publics en difficulté.

Il est de plus en plus manifeste que, pour des populations qui n’ont pas d’autres moyens d'intégration, l'effort éducatif doit être particulièrement intense, pour transmettre à la fois des connaissances de base et des valeurs fondamentales. Le rôle d'intégration de l'école est ici fondamental, comme l'a souligné le Parlement européen, dans sa résolution initiale de mars 1993 sur la scolarisation des enfants d'immigrés, sur la base du rapport de Madame Dührkop-Dührkop.

Les discriminations positives en faveur des publics les moins favorisés socialement deviennent indispensables, en particulier dans les banlieues et les quartiers en difficulté de nos grandes villes. Faute de telles mesures, la fracture sociale ne ferait que s'aggraver. Ces quartiers doivent au contraire bénéficier d'aides publiques accrues et de la concentration des moyens institutionnels, au profit de politiques s'appuyant sur les autorités locales et le tissu social, à travers notamment le milieu associatif. Ils doivent disposer des enseignants les plus qualifiés - et non pas débutants ou intérimaires - utilisant les nouvelles technologies de l'information. Le soutien scolaire doit y être renforcé, en relation étroite avec les familles.

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L'enjeu de l'avancée vers une société cognitive est double.

Il est économique. L'Union européenne, premier exportateur mondial, a choisi très logiquement l'ouverture sur l'économie mondiale: il lui faut donc, en permanence, renforcer sa compétitivité économique. C'est le moyen d'atteindre la "croissance durable et non inflationniste respectant l'environnement" et le "niveau d'emploi et de protection sociale élevé" évoqués dans l'article 2 du Traité instituant la Communauté européenne.

Comme l'a souligné le Livre blanc "Croissance, compétitivité, emploi", les ressources humaines de l'Union constituent son principal atout. Les données du problème ont été clairement résumées dans la Communication sur "Une politique de compétitivité pour l'Europe": "Le principal atout de l'Union européenne pour renforcer sa compétitivité industrielle repose sur sa capacité de créer et exploiter le savoir grâce au potentiel élevé de la main-d'oeuvre et au consensus social sur la base duquel il peut être valorisé".

L'Europe doit investir dans l'éducation pour élever le niveau général de formation et de qualification des salariés et de l'ensemble des actifs, par l'enseignement initial et l'encouragement à l'acquisition de connaissances nouvelles tout au long de la vie. Cet investissement immatériel doit aussi permettre de faire face aux grandes tendances de l'évolution du marché de l'emploi: inadéquation entre les qualifications demandées et les qualifications disponibles, changements démographiques, développement des activités de service, transformation de l'organisation et du contenu du travail.

A cette nécessité économique correspond un impératif social: éviter la fracture sociale. L'exclusion sociale s'est étendue en Europe au cours des dernières années. Il n'est pas nécessaire de revenir longuement sur les conséquences de cette situation, que chacun peut mesurer.

La société européenne doit prendre la pleine mesure du problème. L'exclusion sociale peut être combattue sur deux fronts: il faut la faire reculer, en réinsérant ceux qui sont exclus, et il faut la prévenir, en réduisant la vulnérabilité de ceux qui pourraient le devenir. Il apparaît nettement qu'un effort particulier doit être fait en direction des populations les plus fragiles, notamment dans les secteurs urbains les plus frappés par le chômage. Cet effort concerne la formation initiale comme la formation continue. Il passe également par le développement d'actions permettant de donner une deuxième chance aux jeunes sortis du système scolaire sans diplôme ni qualification.

Car tout commence à l'école. C'est là que s'enracine la société cognitive. Si le présent Livre blanc a insisté sur le rôle de l'individu comme principal acteur de celle-ci, grâce à l'autonomie et au désir de savoir qui lui permettront de maîtriser son avenir, ce n'est que pour faire ressortir le rôle de l'école dans cette évolution. L'école doit s'adapter, mais elle demeure l'instrument irremplaçable du développement personnel et de l'intégration sociale de chaque individu. Il lui est beaucoup demandé, parce qu'elle peut apporter beaucoup.

 

DEUXIEME PARTIE: CONSTRUIRE LA SOCIETE COGNITIVE

Orientations pour l'action

La construction de la société cognitive ne se fera pas d'un seul coup. Elle ne se décrètera pas. Ce sera un processus continu. Le présent Livre blanc n'a pas l'ambition de présenter un programme de mesures. La Commission ne détient ni ne propose aucune recette miracle. Le Livre blanc entend seulement proposer une réflexion et tracer des lignes d'action.

L'ampleur des changements en cours appelle cependant un effort de mobilisation si l'Europe ne veut pas que l'impératif d'investir plus et mieux dans la connaissance reste un slogan.

Un changement dans l'appréhension des problèmes est désormais nécessaire, et cela pour trois raisons:

- la priorité à la qualité de l'éducation et de la formation est devenue essentielle pour la compétitivité de l'Union européenne et pour le maintien de son modèle social : c'est là notamment que se joue l'identité européenne pour le prochain millénaire ;

- la demande d'éducation et de formation ne cesse d'augmenter; en termes d'offre, la réponse connait un renouveau avec le développement de la société d'information ;

- le phénomène d'exclusion sociale atteint aujourd'hui de telles proportions qu'il devient intolérable et impose de réduire la fracture entre ceux qui savent et ceux qui ne savent pas.

Dans tous les Etats membres, beaucoup d'efforts sont entrepris aujourd'hui en Europe pour améliorer le niveau général de qualification, avec, pour commencer, le souci général de redonner à l'école sa place centrale dans la société et la volonté de renforcer le rôle de l'éducation pour l'égalité des chances, en particulier entre les femmes et les hommes. L'Union européenne, pour sa part, n'a pas ménagé ses efforts avec les moyens, au demeurant limités tant sur le plan juridique que budgétaire, dont elle dispose. Personne ne peut contester le succès de programmes comme ERASMUS, COMETT et LINGUA, dont ont bénéficié des centaines de milliers d'Européens, et, qui ont contribué à une profonde évolution des mentalités, en particulier chez les jeunes pour lesquels l'Europe est devenue une réalité.

Les grands principes qui ont inspiré le lancement de ces programmes dans les années 80 trouvent leur continuité dans les programmes LEONARDO et SOCRATES. En outre la réforme des fonds structurels - et en particulier l'objectif n° 4 - a permis le développement d'initiatives communautaires sous forme de programmes spécifiques, tels qu'EMPLOI et ADAPT, qui ont reforcé les efforts de formation et d'éducation. Enfin, le 4ème programme cadre en matière de recherche contient pour la première fois des financements pour la recherche en matière d'éducation et de formation.

Aujourd'hui, il s'agit non pas de faire table rase des acquis locaux, nationaux, européens, encore moins de prôner une réforme des systèmes éducatifs, mais de tenter de mettre d'accord les acteurs : les formateurs, les entreprises, les pouvoirs publics sur des orientations nouvelles qui pourraient rapidement prendre la forme de mesures concrètes.

A cette fin, le présent Livre blanc entend lancer en 1996, "Année européenne de l'éducation et la formation tout au long de la vie", un débat qui, dans la poursuite d'objectifs communs, devra permettre de bien distinguer, conformément au principe de subsidiarité:

- les actions à mener au niveau local et national;

- les actions à entreprendre au niveau européen;

- les actions de coopération et de soutien entre l'Union européenne et ses Etats membres.

La Commission entend présenter les conclusions de ces débats et proposera des orientations pour les actions futures.

Sur le plan des compétences, le respect du principe de subsidiarité est un élément essentiel du débat qui va s'ouvrir pour trois raisons:

* D'une part, les auteurs du Traité ont bien pris soin de préciser aux articles 126 et 127 que l'action de la Communauté a pour but, en matière d'éducation et de formation, de compléter et d'appuyer les actions nationales dans le respect de la responsabilité des Etats membres sur le contenu et l'organisation soit du système éducatif soit de la formation professionnelle.

* D'autre part, le principe de subsidiarité, selon lequel la décision doit être prise au niveau le plus approprié, doit imprégner par excellence toute action dans le domaine de l'éducation et la formation. Il s'agit là d'un principe consacré par le Traité.

* Plus généralement, il s'agit aussi d'un principe de bon sens qui veut que soient exercées au niveau d'organisation politique le plus élevé, donc le plus éloigné du terrain, les seules compétences que les individus, les familles, les autorités politiques intermédiaires ne peuvent exercer. Comme l'analyse la première partie de ce Livre blanc, il convient de centrer sur l'individu la marche vers la société cognitive, d'où la place majeure du principe de subsidiarité. La Commission est par ailleurs pleinement consciente que la compétence pour agir relève dans plusieurs Etats membres de la responsabilité de régions ou de collectivités décentralisées.

Il faut cependant être conscient que promouvoir la dimension européenne de l'éducation et de la formation est devenu, plus que dans le passé, une nécessité pour des raisons d'efficacité, par contrecoup de la mondialisation et du risque de dilution de la société européenne. L'Europe, pour préserver sa diversité, la richesse de ses traditions et de ses structures, va devenir, et plus encore au fur et à mesure des prochains élargissements, un niveau pertinent d'intervention par la nécessaire coopération dans ces domaines entre l'Union européenne et ses Etats membres.

Sur le plan des procédures, la Commission souhaite qu'en 1996, soient établies des enceintes appropriées pour débattre de l'ensemble des problèmes posés par la construction de la société cognitive. Ce pourrait être par exemple des Conseils des ministres "Jumbo" alliant non seulement les ministres de l'Education mais aussi ceux des Affaires sociales et de l'Industrie.

La Commission note d'ailleurs avec intérêt que, dans plusieurs Etats membres, les structures gouvernementales évoluent vers le regroupement des ministères de l'Education et de la Recherche et de la Formation, regroupement également réalisé au sein du Collège des commissaires.

Sur le plan du financement de futures actions, il est clair que la Commission n'entend pas se mêler des choix internes aux Etats membres tout en souhaitant que la priorité donnée à l'éducation et à la formation garde tout son sens.

Sur le plan communautaire, la Commission est également consciente que le respect des perspectives financières ne permet pas de dégager pour l'instant de financement nouveau. Aussi attire-t-elle l'attention sur le fait que les mesures proposées sont peu coûteuses - ce qui n'est nullement antithétique avec leur caractère innovateur - et trouveront leur financement par des redéploiements à l'intérieur des programmes existants. Dans le cadre notamment de SOCRATES et de LEONARDO, un plan d'action sera ainsi présenté dès 1996 autour des objectifs définis dans cette seconde partie du présent Livre blanc.

Dans cet esprit, la deuxième partie du Livre blanc présente les orientations de nature à faciliter la coopération de tous les acteurs ou compléter leurs initiatives, tout en laissant à chacun d'entre eux le plein exercice de ses responsabilités:

- Il revient pleinement aux Etats membres de déterminer et de conduire l'évolution des structures et de l'organisation de leurs systèmes d'éducation et de formation professionnelle, et celle du contenu des enseignements que ceux-ci prodiguent. Leur rôle est donc essentiel pour l'avènement de la société cognitive.

- Les institutions éducatives et de formation doivent être renforcées et participer activement à la constitution de réseaux de coopération avec les autres acteurs.

- L’entreprise devrait prendre une part croissante dans la formation et contribuer à diffuser les nouvelles compétences issues de son expérience.

- L’individu devrait aussi pouvoir avoir accès, en permanence, à une gamme de biens d’éducation et de formation plus ciblés et bien identifiés, complémentaires à un savoir général, de façon à pouvoir les acquérir lui même en dehors de tout système formel.

Pour promouvoir ces orientations d'action et la mise en oeuvre d'actions concrètes, la Commission identifie cinq objectifs généraux:

- Encourager l'acquisition de connaissances nouvelles

- Rapprocher l'école et l'entreprise

- Lutter contre l'exclusion

- Maîtriser trois langues communautaires

- Traiter sur un plan égal l'investissement physique et l'investissement en formation.

Pour chacun de ces objectifs, le présent document propose des orientations et des suggestions, et présente des actions d'appui que la Communauté pourrait conduire en soutien et complément des actions nationales. A titre d'exemple, ce document formule, pour chaque objectif général, dans un encadré, un projet significatif et expérimental, susceptible d'avoir un effet d'entraînement et de démonstration.

Ce projet pourrait donner lieu à une première mise en oeuvre dans le cadre des programmes actuels SOCRATES ou LEONARDO et leur plein développement dans le cadre des initiatives structurelles, en particulier "EMPLOI" (YOUTHSTART) et "ADAPT". Pour ce qui concerne les actions d'appui au niveau européen, les propositions sont regroupées par thèmes plutôt que par domaines (éducation, formation). La base juridique de référence pour chacune de ces propositions sera définie lors de l'éventuelle présentation de la proposition d'instrument approprié, à la lumière des réactions des Etats membres, du Parlement européen et des milieux intéressés au présent Livre blanc.

 

I. Premier objectif général

"ENCOURAGER L'ACQUISITION DE CONNAISSANCES NOUVELLES"

Accroître le savoir - c'est à dire le niveau général de connaissances des individus - devrait être la première priorité. Cela passe par tout un éventail de mesures qu'il appartient d'abord aux Etats membres de mettre en place et qui ont été analysées dans la première partie de ce document.

Un principe général s'impose, que chacun reconnaît: l'avènement de la société cognitive implique que soit encouragée l'acquisition de connaissances nouvelles.

Il convient donc de développer toutes les formes d'incitation à apprendre.

L'amélioration de l'information sur les formations existantes serait facilitée par la création, dans les pays de l'Union, de "centres de ressources en connaissances", comme l'a proposé le rapport Ciampi.

La valorisation du savoir acquis par l'individu tout au long de sa vie suppose d'ouvrir des modes nouveaux de reconnaissance des compétences, au delà du diplôme et de la formation initiale, et ceci d'abord aux niveaux national et local.

Le soutien à la mobilité est également un facteur d'encouragement de l'enrichissement des savoirs. La mobilité géographique élargit l'horizon individuel, stimule l'agilité intellectuelle, accroît la culture générale. Elle ne peut que renforcer l'aptitude à apprendre qu'il est si nécessaire de développer aujourd'hui.

Enfin, les nouvelles technologies de la communication doivent être mises au service de l'éducation et de la formation: toutes les potentialités qu'elles recèlent doivent être exploitées. A terme, chaque classe devrait être dotée des équipements nécessaires pour faire accéder les jeunes à l'informatique. Cela suppose notamment que l'Europe se dote de nouveaux instruments pédagogiques de qualité et adaptés à ses traditions éducatives et culturelles.

C'est pourquoi le présent Livre blanc propose, au niveau européen, les actions d'appui suivantes.

 

A. La reconnaissance des compétences

Dans tous les pays européens, on cherche à identifier les "compétences clés" et à trouver les meilleurs moyens de les acquérir, de les évaluer et de les certifier. Il est proposé de mettre en place un processus européen permettant de confronter et de diffuser ces définitions, ces méthodes et ces pratiques. De quoi s'agit-il?

L'idée de base est, à travers la coopération de tous les acteurs européens concernés:

- Premièrement, identifier un certain nombre de savoirs biens définis, généraux ou plus professionnels (mathématiques, informatique, langues, comptabilité, finance, gestion, etc.);

- Deuxièmement, concevoir des systèmes de validation pour chacun de ces savoirs

- Troisièmement, offrir des nouveaux moyens, plus souples, de reconnaissance des compétences.

En complément des systèmes formels, de qualifications, un système de ce type permettrait d'introduire davantage d'autonomie individuelle dans la construction d'une qualification. Il redonnera le goût de la formation à ceux qui ne veulent ou ne peuvent pas s'insérer dans un système d'enseignement classique.

Si l'on arrive à mettre en place, sur une base par définition volontaire, ce système d'accréditation des compétences au niveau européen, un grand pas en avant aura été fait vers la société cognitive.

Un projet de cartes personnelles de compétences sera réalisé: un tel document doit permettre à chaque individu de faire reconnaître ses connaissances et ses savoir-faire au fur et à mesure de leur acquisition. Il s'agit d'appréhender, grâce à des études et des projets pilotes, quelles sont les données pertinentes et de réfléchir aux modalités d'utilisation d'une telle carte par les individus. Le but de cette action n'est pas de concevoir et d'imposer en Europe une carte unique, mais de contribuer au développement de tels outils, pour aboutir progressivement à la définition de standards communs, y compris trans-professionnels.

Un mode européen d'accréditation des compétences techniques et professionnelles sera mis en place (cf.encadré), à partir d'un travail de coopération entre établissements supérieurs, branches professionnelles, entreprises, chambres consulaires. Les partenaires sociaux seront associés à cette action.

Enfin, un soutien sera apporté au développement d'accords de toute nature, aux niveaux de l'entreprise, de la branche, de la région, etc., intégrant le principe des cartes personnelles de compétences.

 

B. La mobilité

La mobilité des étudiants sera facilitée: conformément à la Résolution du Parlement européen et aux conclusions du Conseil (1993), tout étudiant ayant obtenu une bourse d’études dans son propre pays doit pouvoir, s’il le souhaite, s’en servir pour suivre des cours dans tout établissement d’enseignement supérieur disposé à l’accueillir dans un autre Etat membre. La Commission fera une proposition à cet effet.

De nouveaux cycles d'études de niveau "masters" seront créés, en coopération entre plusieurs établissements d'enseignement supérieur par une mise en commun des ressources humaines et matérielles. Ils déboucheront sur des diplômes mutuellement reconnus et répondant aux besoins en qualifications du marché européen.

La reconnaissance mutuelle académique et professionnelle sera développée par une généralisation du système de transfert "d'unités de valeur" d'enseignement (système ECTS -European Transfer Credit System) et l'application de méthodes équivalentes à la formation professionnelle. Dans ce domaine, l'objectif est d'aboutir à la reconnaissance mutuelle de modules de formation en privilégiant les accords entre établissements d'enseignement et de formation ainsi qu'entre les branches professionnelles.

Les obstacles administratifs, juridiques et liés à la protection sociale qui freinent les échanges d’étudiants, de personnes en formation, d’enseignants et de chercheurs devront être levés: la Commission élaborera des propositions précises à partir des orientations contenues dans le Livre vert sur ces questions, prévu dans son programme de travail.

 

C. Les logiciels éducatifs multimédia

Dans le cadre de l'Année européenne pour l'éducation et la formation tout au long de la vie (1996), et en liaison avec les travaux de la Task Force "Logiciels éducsatif multi-médias", le développement de logiciels éducatifs européens sera soutenu par:

- le lancement d'appels d'offres communs entre les programmes communautaires concernés (SOCRATES, LEONARDO, ESPRIT, TELEMATIQUE, MEDIA II, INFO 2000),

- la mise en place d'un dispositif de valorisation et de labellisation de logiciels éducatifs et des produits européens réalisés en matière d'éducation et de formation pour aider à la diffusion de ces produits.

 

Exemple n° 1

Ouvrir de nouveaux modes de validation des compétences

Objectifs:

• Développer une demande d’éducation et de formation, de la part de jeunes ou d’adultes qui ne peuvent, ou ne souhaitent pas, entrer dans un système formel de délivrance de diplôme ou de formation professionnelle initiale

• Permettre à chaque individu de faire reconnaître des compétences partielles dans un système souple et permanent (pouvant être utilisé par chaque individu autant qu’il le souhaite) de validation d‘unités de savoirs

• Identifier, évaluer et s'accorder en commun sur ces unités de savoir

• Inciter les individus à constituer eux-mêmes leur qualification, en agrégeant, notamment, ces savoirs élémentaires

Méthodes:

• Soutenir la coopération européenne dans la recherche de la division possible des grands domaines disciplinaires en unités élémentaires

• Mettre en place des réseaux européens de centres de formation professionnelle, d’entreprises, de branches professionnelles, permettant d'identifier les savoirs techniques et professionnels les plus demandés, le contenu des "compétences clés" indispensables, ainsi que les parcours pour y accéder.

• Déterminer les meilleures formes d’accréditation des savoirs (progiciels d’évaluation largement répartis, évaluateurs, tests etc.)

• Unifier les expériences conduites en ce sens dans le cadre global d’un mode européen d’accréditation des compétences qui donnera un label européen

• Mettre en place des formules de cartes personnelles de compétences

 

II. Deuxième objectif général

"RAPPROCHER L'ECOLE ET L'ENTREPRISE"

L'école et l'entreprise sont des lieux d'acquisition de savoirs complémentaires, qu'il est nécessaire de rapprocher. Dans certains pays européens, ce rapprochement a eu lieu depuis longtemps. Dans d'autres, soit il n'est intervenu que tardivement et progressivement, soit le cloisonnement subsiste entre le monde de l'éducation et celui de la production.

Elever ou renforcer les passerelles entre école et entreprise ne peut être que bénéfique, pour l'une comme pour l'autre, et de nature à renforcer l'égalité des chances devant l'emploi, ainsi que l'égalité professionnelle entre femmes et hommes. Pour l'école, prise au sens large, du primaire au supérieur, il s'agit d'obtenir une meilleure adéquation des formations dispensées et des possibilités d'emploi. Pour l'entreprise, l'enjeu est de pouvoir compter sur des travailleurs dotés à la fois de qualifications techniques et de bases de culture générale, de capacités d'autonomie et d'évolution. Pour les femmes et les hommes en formation, un tel rapprochement accroît les chances d'accès à l'emploi et d'adaptation aux transformations du travail.

Rapprocher l'école et l'entreprise est donc une priorité, à laquelle les partenaires sociaux doivent prendre toute leur part. La prendre en compte suppose trois conditions:

La première condition est l'ouverture de l'éducation sur le monde du travail. Sans réduire la finalité de l'éducation à l'emploi, la compréhension du monde du travail, la connaissance des entreprises et la perception des changements qui marquent les activités de production sont des éléments que l'école doit prendre en compte.

La seconde condition est l'implication de l'entreprise dans l'effort de formation, non seulement de ses salariés mais aussi des jeunes et des adultes. La formation ne peut être conçue seulement comme un moyen de fournir une main d'oeuvre qualifiée aux entreprises; celles-ci ont elles-même une responsabilité, notamment pour donner une chance - qui est souvent un emploi - à tous ceux qui n'ont pu réussir dans les systèmes traditionnels d'éducation. Les entreprises doivent mieux comprendre cette finalité. Certaines ont fait des efforts considérables pour reconvertir leur personnel face à des innovations technologiques. D'autres ne le font pas, et jettent dans la rue des ouvriers dont la disponibilité à la formation est évidente.

La troisième condition, complémentaire des deux premières, est le développement de la coopération entre établissements d'éducation et entreprises.

Le renforcement des liens entre éducation et entreprise passe d'abord par le développement de l'apprentissage. C'est une méthode de formation adaptée à tous les niveaux de qualification, et pas seulement aux plus bas. L'apprentissage commence du reste à se développer dans l'enseignement supérieur, à l'initiative d'écoles de commerce ou d'ingénieurs. C'est ainsi qu'une grande école de commerce française, l'ESSEC, après avoir introduit l'apprentissage dans ses formations, étend cette démarche à l'échelle européenne, en coopération avec d'autres établissements européens d'enseignement supérieur, comme par exemple la London Business School, l'Università Bocconi de Milan, ou l'Université de Mannheim.

L'apprentissage apporte en effet aux jeunes, simultanément, les connaissances nécessaires et une expérience de vie et de travail dans l'entreprise. En leur donnant un premier contact avec le monde de la production, il leur donne des atouts considérables pour un entrée réussie sur le marché de l'emploi. La promotion de l'apprentissage au niveau européen sera une valeur ajoutée pour les jeunes comme pour les entreprises.

Le rapprochement entre éducation et production doit aussi permettre de renforcer et de renouveler la formation professionnelle, initiale et continue. Ce rapprochement concerne l'ensemble des salariés. Il faut insister sur un point. Pour rester une grande puissance industrielle, l'Europe a besoin d'ouvriers de production qualifiés: il lui faut maintenir sa grande tradition de culture professionnelle ouvrière, en la faisant évoluer en fonction des nouvelles conditions de la production: maîtrise des nouvelles technologies, importance des activités de maintenance, autonomisation des tâches, travail en équipe, implication dans la recherche de la qualité. Elle a besoin, plus généralement, d'une formation professionnelle qui ne soit plus parcellaire et morcelée, et qui permette à chacun de comprendre, et donc de maîtriser, le travail qu'il fait, voire d'évoluer dans ce travail. Il s'agit ainsi, par exemple:

- de permettre à des techniciens de devenir ingénieurs en complétant leur formation par un enseignement plus général de l'organisation, de la gestion, du commandement, etc.

- de permettre à des ingénieurs, comme d'ailleurs aux ouvriers, de comprendre l'ensemble du processus qui va de la production à la vente et à l'utilisation finale du produit (installation, entretien).

Les services, l'artisanat et les petites entreprises ouvrent aujourd'hui des pespectives de création d'emplois, comme l'a montré la communication de la Commission "L'artisanat et les petites entreprises, clés de la croissance et de l'emploi en Europe" (COM (95) 502 final). Il paraît donc nécessaire d'encourager la naissance de nouvelles formations alternées correspondant à de nouveaux profils professionnels du tertiaire, et de soutenir la formation à la création d'entreprise.

Il convient également de stimuler l'innovation dans la formation professionnelle: c'est en innovant elle-même que la formation favorisera l'innovation.

Dans cette voie, le présent Livre blanc propose les actions suivantes.

 

A. L'apprentissage

L'apprentissage au niveau européen sera développé sur le modèle d'ERASMUS (cf.encadré). Le financement de soutien sera assuré par redéploiement des programmes actuels, notamment dans le cadre de LEONARDO.

Il s'agit de donner de meilleures chances aux jeunes en retrouvant en quelque sorte, à l'échelle de toute l'Union et pour les métiers les plus divers, l'esprit du compagnonnage qui a tant contribué à la qualité des produits européens et qui a déjà démontré l'importance de la mobilité pour l'acquisition des connaissances et des savoir-faire.

Un effort tout particulier devra être fait pour disposer de maîtres d'apprentissage et de tuteurs, condition indispensable - mais parfois difficile à remplir - du développement de l'apprentissage.

Enfin, un statut de l'apprenti européen devra être défini, dans le prolongement du Livre vert sur les obstacles à la mobilité transnationale des personnes en formation.

Parallèlement, les possibilités d''accès aux stages en entreprises au niveau européen seront généralisées, au travers d'une convention européenne à laquelle adhèreraient les confédérations d'entreprises.

 

B. La formation professionnelle

La formation à de nouveaux métiers des services sera encouragée, en insistant sur le caractère multidisciplinaire de telles formations. Il convient par exemple d'encourager la formation aux métiers du tourisme et de la protection de l'environnement, en plein développement.

Un soutien sera également apporté à la formation d'ingénieurs et de techniciens du tertiaire. Production, installation, maintenance, entretien, réparation, conseil aux utilisateurs: le service est partout. L'apparition de nouveaux biens de consommation, notamment dans le domaine de l'informatique et des technologies de la communication accroît dans des proportions considérables la demande de services, demande à laquelle les services après-vente des fabricants ou des distributeurs ne peut pas toujours faire face. Dans de tels domaines, la formation au service n'est pas à dissocier de la production: d'où l'intérêt de ces formations. Le but est donc de former des ingénieurs et des techniciens plus spécifiquement adaptés aux activités de service et aux besoins des consommateurs, à travers des formations interdisciplinaires, dispensées en partie dans l'entreprise et débouchant sur un diplôme ou un titre d’ingénieur ou technicien du tertiaire.

 

La formation à la création d'entreprise sera encouragée. Avec les Etats membres et les partenaires sociaux, seront examinées des modalités favorisant la création de micro-entreprises, notamment par des jeunes. Dans cette perspective, le Livre vert sur l'innovation témoignera d'ailleurs que beaucoup reste à faire pour la simplification des formalités de création de telles entreprises.

Un dispositif d'observation européen des pratiques innovantes de formation professionnelle sera mis en place au sein des services de la Commission, afin de permettre les échanges et la diffusion des bonnes pratiques et des expériences novatrices à l'intérieur de l'Union européenne.

Dans le même esprit, seront développés des dispositifs d'anticipation des besoins en compétences, en qualifications et en nouveaux métiers.

 

Exemple n° 2

Développer l’apprentissage en Europe

Objectifs:

• Développer l’apprentissage sous toutes ses formes (alternance, formations duales, etc.) et à tous les niveaux en Europe en facilitant la mobilité entre divers centres d’apprentissage européens pour des périodes significatives

• Restaurer la tradition du compagnonnage qui permet d’avoir, en cours de formation, des expériences professionnelles et éducatives dans des milieux culturels et d’entreprises différents

• Promouvoir de nouvelles formes de tutorat qui prennent en compte la dimension européenne

Méthodes:

• Constitution et consolidation de réseaux de centres d’apprentissage entre différents pays européens

• Promotion de la mobilité des apprentis, sur le modèle d'ERASMUS

• Mise en place d’un statut européen de l’apprenti dans le prolongement du Livre Vert sur les obstacles à la mobilité transnationale des personnes en formation.

 

 

III. Troisième objectif général

"LUTTER CONTRE L’EXCLUSION"

L'évolution de nos économies et les contraintes de compétitivité ont laissé sur le bord de la route plusieurs catégories de population: jeunes sans diplômes, salariés âgés, chômeurs de longue durée, femmes revenant sur le marché du travail. L'analyse présentée dans la première partie du Livre blanc montre que ces populations sont davantage encore exposées, dès lors que l'accès au savoir occupe une place centrale pour le statut social et l'aptitude à l'emploi.

Afin d'endiguer ce processus de marginalisation, les Etats membres ont mis en oeuvre une série de mesures. Elles reposent pour l'essentiel d'une part, sur la multiplication de stages de formation ou de retour vers l'emploi et, d'autre part, sur des formules - au demeurant variées - de réinsertion des personnes les plus en difficulté à travers l'action d'associations locales. On constate ainsi le développement d'entreprises d'insertion, de "workshops", et d'autres modes de réinsertion par l'exercice d'une activité professionnelle, fortement encadrée et à vocation qualifiante. Le financement de ces mesures est extrêmement lourd pour les finances publiques et la Communauté a apporté par les Fonds structurels une contribution importante.

En complément de toutes ces mesures, le présent Livre blanc entend mettre l'accent sur la nécessité de promouvoir de façon exemplaire deux séries d'expériences menées dans certains Etats membres pour lutter contre l'exclusion et développer le sentiment d'appartenance.

Il s'agit d'appuyer les expériences d'école de la deuxième chance et de service volontaire pour les jeunes.

A. Les écoles de la deuxième chance

L'idée est simple: offrir aux jeunes exclus du système éducatif ou en passe de l'être les meilleures formations et le meilleur encadrement pour leur donner confiance en eux.

Si l'école est bien une "première chance" pour tout individu de s'intégrer dans la société, il faut bien constater que cela n'est malheureusement plus le cas pour les plus défavorisés, qui n'ont souvent plus le cadre familial et social permettant de tirer parti de la formation générale dispensée à l'école. Les jeunes exclus du système scolaire se comptent maintenant parfois par dizaines de milliers dans les grandes agglomérations urbaines. Sans qualification, ils n'ont que peu d'espoir de trouver un emploi et donc de s'insérer dans la société.

Sur la base des expériences menées dans les Etats membres, il est clair que le rattrapage ne doit pas s'effectuer dans des "écoles-ghettos". De plus en plus, les écoles situées dans les quartiers sensibles offrent une deuxième chance, ou bien sont mis en place de nouveaux lieux d'éducation, qui ont à leur disposition des moyens supplémentaires en fonction de leur localisation.

Il s'agit, pour ces écoles, d'améliorer l'accès aux connaissances en privilégiant le recours aux meilleurs professeurs, au besoin en payant mieux qu'ailleurs, à des rythmes d'enseignements adaptés, à des motivations nouvelles, à des stages en entreprise, au matériel multimédia et à la mise en place de classes à effectifs réduits (cf.encadré).

Il s'agit également de refaire de l'école, alors que s'effondrent, dans ces quartiers sensibles, les cadres sociaux et familiaux, un lieu communautaire d'animation, en y maintenant, au delà des heures d'enseignement la présence d'éducateurs.

Les expériences de deuxième chance s'adressent à toute la population scolaire d'un quartier en difficulté sans opérer de sélection entre ceux qui sont capables de suivre une scolarité traditionnelle et ceux qui n'en sont pas capables, afin d'éviter toute forme de ségrégation.

Il faut rappeler que de nombreuses expériences visant à donner une "deuxième chance" sont poursuivies depuis longtemps. Aux Etats-Unis, 500 "écoles accélérées" (cf. annexe) ont été mises en place dans certains quartiers urbains et recourent à des rythmes pédagogiques consolidés et accélérés. Lors du G7 sur la société de l'information tenue en février dernier à Bruxelles, les responsables américains ont expliqué que des jeunes exclus rejetés du système de formation classique ont redécouvert le chemin de l'école lorsqu'on a mis à leur disposition des ordinateurs et les meilleurs formateurs. Ils se sont alors éveillés à l'interactivité par contraste avec l'attitude passive qu'ils adoptaient dans le mode d'enseignement habituel. Dans ces écoles, il y a, dans toute la mesure possible, une mixité entre élèves en rupture de scolarité et élèves adaptés à l'enseignement classique.

En Israël, dès avant la création de l'Etat, un système éducatif original s'est développé dans le cadre de "sociétés de jeunes" au sein de communautés villageoises, et a permis d'accueillir et d'insérer des enfants réfugiés d'Europe en rupture de liens familiaux. Ce modèle éducatif de l'Alyat Hanoar (cf. annexe) intègre aujourd'hui avec succès des jeunes venus du Maroc, de Russie, d'Ethiopie etc. Depuis sa création, ce système a permis au total d'éduquer et d'insérer dans la société israélienne plus de 300.000 jeunes avec pour résultat que le pourcentage des "drop outs" (ceux qui abandonnent leur cadre de formation) est beaucoup plus faible que la moyenne nationale.

Dans un contexte totalement différent, mais également pour répondre à une situation de crise, il n'est pas étonnant qu'en Europe des pouvoirs publics locaux, s'appuyant sur des associations, renouent avec l'idée, lancée initialement en Europe dès l'entre-deux guerre, d'offrir par l'école une deuxième chance. Dans les quartiers sensibles des banlieues, des expériences de dispositifs de deuxième chance se développent par une mobilisation de moyens (en professeurs et en infrastructures) - s'inspirant de ces modèles précurseurs de réinsertion. C'est le cas aux Pays-Bas, en Espagne, en France dans le cadre de dispositifs mis en place au niveau local. On peut évoquer à ce sujet, parmi bien d'autres expériences, un projet mené au niveau européen: dans le cadre de COMENIUS, cinq grandes villes européennes (Anvers, Bologne, Bradford, Marseille et Turin) ont mis en place un partenariat éducatif visant à l'intégration sociale, par la réussite scolaire, d'enfants de familles immigrées.

Certains gouvernements ont décidé, non seulement un soutien budgétaire important, mais aussi des mesures de discriminations positives pour des expériences de deuxièmes chance dans les quartiers en difficulté en créant un environnement local dérogatoire du type "zone franches".

 

La Commission a l'intention, dans le cadre notamment des programmes SOCRATES et LEONARDO d'apporter un soutien à de tels dispositifs de deuxième chance à partir de co-financements d'un certain nombre de projets-pilotes, de mise en réseau des expériences en cours et de diffusion des méthodes pédagogiques (cf. encadré). Sur cette base, elle souhaite lancer un débat en vue d'étudier s'il est ou non opportun d'encourager sur une plus grande échelle la mise en place d'écoles de deuxième chance.

 

B. Le service volontaire européen

Des expériences de service volontaire existent dans plusieurs Etats membres. Des jeunes gens peuvent - sans que cela se substitue au service militaire - effectuer des stages pour exercer une activité d'intérêt général soit dans leur Etat, soit dans des pays en voie de développement.

L'Union européenne a également apporté une modeste contribution, jusqu'à présent à titre expérimental, à travers le programme Jeunesse pour l'Europe. Parallèlement, le programme YOUTHSTART prévoit le financement, au titre de la formation professionnelle, d'actions de soutien à des activités d'insertion des jeunes sans qualifications.

Toutes ces expériences, pour intéressantes soient-elles, restent d'une ampleur très limitée. En outre, elles n'ont pas débouché sur de véritables actions multilatérales. Elles se heurtent, faute d'un statut du volontaire, à de nombreux obstacles sur le plan de la libre circulation, de la fiscalité, de la sécurité sociale.

Ces derniers temps, une demande de plus en plus précise du Parlement européen, des ONG, de plusieurs Etats membres se manifeste pour l'adoption de mesures concrètes visant à promouvoir sur le plan européen en complément des actions nationales - et donc dans le respect du principe de subsidiarité - un service volontaire européen.

Tout cela se situe dans le droit fil du rapport du Comité ad hoc "Europe des Citoyens" (Rapport Adonnino, 1985) et des résolutions du Parlement européen des 22 septembre et 5 octobre 1995. L'idée de créer un "service volontaire européen d'action humanitaire" a été reprise par le rapport du Groupe de réflexion sur la Conférence intergouvernementale.

Pour encourager le développement du service volontaire européen, la Commission:

- va lancer, dans le cadre du programme existant "JEUNESSE POUR L'EUROPE", déjà adopté par le Conseil et le Parlement, une action de soutien à un nombre significatif de jeunes volontaires pour des tâches d'intérêt général, hors de leur pays d'origine. Ce service volontaire pourrait s'effectuer à l'intérieur de la Communauté, en particulier dans des quartiers en difficulté, et à l'extérieur, dans des équipes plurinationales, notamment dans des pays en voie de développement;

- examine la possibilité de proposer, sur la base des articles 126 et 127 du Traité instituant la Communauté européenne, d'établir un cadre juridique et financier pour faciliter le développement et la coordination des expériences nationales et communautaires de service volontaire européen, en particulier par l'élimination de certains obstacles à la libre circulation des jeunes volontaires.

 

Exemple N° 3

Ouvrir une deuxième chance par l'école

Objectifs:

• Réinsérer des jeunes sans diplômes des quartiers défavorisés de grandes concentrations urbaines dans le cadre de dispositifs offrant une deuxième chance d'éducation, par réorientation des écoles situées dans ces quartiers ou mise en place de nouveaux lieux d'éducation.

• Assurer ou renforcer un encadrement important par l'envoi de professeurs particulièrement qualifiés et aussi bien rémunérés que dans les établissements les plus réputés.

• Développer chez les jeunes concernés la motivation, les capacités d'apprendre à apprendre, les connaissances de base et les aptitudes sociales.

• Mettre en place des classes à effectifs réduits.

Méthodes:

• Mobiliser des financements complémentaires européens par redéploiement en appui à des financements nationaux ou régionaux pour la mise en place des parcours d'insertion.

• Mettre en place des actions de concertation et de partenariat avec les acteurs économiques afin d'augmenter les chances d'intégration dans l'emploi à l'issue des parcours de formation.

• Intégrer dès le début du parcours une entreprise de parrainage PMI/PME locale ou grande entreprise, si possible avec une promesse d'embauche si les certifications ou la reconnaissance des compétences sont obtenues.

• Utiliser une pédagogie utilisant des rythmes adaptés, et des méthodes pédagogiques faisant appel aux nouvelles technologies éducatives.

• Mise en réseau des dispositifs de deuxième chance et diffusion des méthodes pédagogiques.

• Associer étroitement les familles à la démarche et au fonctionnement du dispositif de formation.

• Utiliser de façon massive (en association avec les entreprises) les technologies de l'information et des multimédia.

• Développer les pratiques sportives et les activités culturelles de façon intensive.

 

 

IV. Quatrième objectif général

"MAITRISER TROIS LANGUES COMMUNAUTAIRES"

La maîtrise de plusieurs langues communautaires est devenue une condition indispensable pour permettre aux citoyens de l'Union de bénéficier des possibilités professionnelles et personnelles que leur ouvre la réalisation du grand marché intérieur sans frontières. Cette capacité linguistique doit se doubler d'une faculté d'adaptation à des milieux de travail et de vie marqués par des cultures différentes.

Les langues sont aussi un point de passage nécessaire pour la connaissance des autres. Leur maîtrise contribue donc à renforcer le sentiment d'appartenance à l'Europe, dans sa richesse et sa diversité culturelle, et la compréhension entre les citoyens européens.

L'apprentissage des langues a une autre portée. L'expérience montre que lorsqu'il est organisé dès le plus jeune âge, c'est un facteur non négligeable de réussite scolaire. Le contact avec une autre langue, non seulement est compatible avec la maîtrise de la langue maternelle, mais encore favorise celle-ci. Il développe les capacités d'éveil et l'agilité intellectuelle. Il élargit, bien entendu, l'horizon culturel. Le plurilinguisme est un élément constitutif tant de l'identité et de la citoyenneté européennes que de la société cognitive.

L'Union européenne contribue d'ailleurs pour sa part au développement de l'apprentissage des langues dans le cadre de LINGUA, action désormais intégrée dans les programmes SOCRATES et LEONARDO.

Il n'est plus possible de réserver la maîtrise des langues étrangères à une élite ou à ceux qui l'acquièrent grâce à leur mobilité géographique. Dans le prolongement de la Résolution du Conseil des ministres de l'éducation du 31 mars 1995, il devient nécessaire de permettre à chacun, quel que soit le parcours de formation et d'éducation qu'il emprunte, d'acquérir et maintenir la capacité à communiquer dans au moins deux langues communautaires autres que sa langue maternelle. La Commission regrette que cet engagement ait été affaibli par l'insertion d'une restriction permettant aux Etats membres d'en limiter la portée par les termes "si possible".

Pour parvenir à la maîtrise effective de trois langues communautaires, il est souhaitable de commencer l'apprentissage d'une langue étrangère dès le niveau pré-scolaire, et il paraît indispensable que cet enseignement devienne systématique dans l'enseignement primaire, l'apprentissage de la deuxième langue étrangère communautaire commençant dans le secondaire. Il conviendrait même que, comme dans les Ecoles européennes, la première langue étrangère apprise devienne la langue d'enseignement de certaines matières dans le secondaire. A l'issue du parcours de formation initiale, c'est bien de deux langues étrangères communautaires que chacun doit avoir la maîtrise.

Quant à la formation professionnelle, initiale et continue, elle doit tout particulièrement faire une large place à l'apprentissage des langues. Celui-ci a une double portée pour la vie active, puisque c'est un élément important de culture générale et, en même temps, un atout pour l'accès à l'emploi, à l'intérieur du pays d'origine ou grâce à la mobilité qu'il permet d'envisager à l'intérieur de l'Union.

Tout cela suppose que soit disponible une offre éducative de qualité, avec des matériels et des méthodes modernes adaptés à la diversité des publics concernés.

Dans cette direction, le Livre blanc propose les actions d'appui suivantes au niveau européen.

La mise en place de systèmes d'évaluation (y compris le développement d'indicateurs de qualité) et de garantie de la qualité des méthodes et des matériels d'apprentissage des langues communautaires fera l'objet d'un soutien communautaire.

Un label de qualité "Classes européennes" sera conçu et attribué aux établissements scolaires qui satisfont à certains critères de promotion de l'apprentissage des langues communautaires (cf. encadré).

Les échanges de matériels de formation aux langues adaptés à différents publics (public adulte, public peu qualifié, jeunes enfants ...) seront soutenus.

L'enseignement précoce des langues communautaires sera encouragé, notamment à travers l'échange de matériels et d'expériences pédagogiques.

 

Exemple n° 4

Un label de qualité pour les classes européennes

Objectifs

• Développer l'enseignement d'au moins deux langues communautaires étrangères pour tous les jeunes

• Encourager les méthodes innovantes d'apprentissage des langues

• Diffuser la pratique quotidienne des langues étrangères européennes au sein des établissements scolaires de tous les niveaux

• Favoriser la sensibilisation aux langues et cultures communautaires, ainsi que l'apprentissage précoce de celles-ci

Méthodes

• Mobiliser les établissements éducatifs pour assurer l'apprentissage d'au moins une langue communautaire dès l'enseignement primaire

• Définir un label de qualité "Classes européennes" qui serait attribué selon les critères suivants:

- pratique effective par tous les élèves d'une langue communautaire au niveau de l'enseignement primaire, de deux langues au niveau secondaire

- participation de personnels éducatifs issus d'autres Etats membres de l'Union

- mise en oeuvre de pédagogies favorisant l'apprentissage autonome des langues

- mise en place d'une organisation favorisant le contact entre les jeunes de différents Etats membres (y compris à travers l'utilisation des technologies de l'information)

La promotion de ce label permettra de mobiliser des financements complémentaires de la part des Etats membres (y compris les collectivités territoriales)

• Mettre en réseau les établissements ayant obtenu ce label

• Encourager systématiquement la mobilité des professeurs de langue maternelle dans les établissements d'autres pays, comme le permet le droit communautaire et les adaptations qui en ont suivi dans les fonctions publiques

 

V. Cinquième objectif général

"TRAITER SUR UN PLAN EGAL L'INVESTISSEMENT PHYSIQUE ET L'INVESTISSEMENT EN FORMATION"

L'investissement dans les compétences est reconnu comme le facteur central de la compétitivité et de l'aptitude à l'emploi par le Livre blanc. Pour mettre cette orientation en pratique, deux catégories d'éléments doivent être analysés et donner lieu à des propositions d'action:

• le niveau des investissements réalisés dans le capital humain

• le traitement comptable et fiscal des dépenses de formation

Concernant le premier aspect, il faut noter que les dépenses d'éducation et de formation sont fortement soumises aux évolutions de la conjoncture et aux variations des niveaux d'activité. Ceci est particulièrement sensible pour les entreprises dont on s'est aperçu avec la récession qu'elles avaient tendance à réduire fortement leur niveau de dépenses. Pour les dépenses publiques, le contexte de rigueur et de réduction des déficits publics impose une attention plus forte au maintien des investissements réalisés par la collectivité dans l'éducation et la formation.

Pour ce qui concerne le traitement fiscal et comptable, le travail n'est pas considéré comme un élément du patrimoine. Il constitue une charge d'exploitation qui figure dans le compte de résultat de l'entreprise, sous forme de rémunérations et de taxes. L'option à étudier consiste à considérer que les savoir-faire et les compétences acquises par les salariés dans l'exercice de leurs fonctions peuvent concourir à ajouter de la valeur de l'entreprise, et donc de traiter une partie des dépenses de formation et des salaires pendant la période de formation comme des immobilisations incorporelles amortissables et de les transférer au compte de bilan.

Il est aujourd'hui prioritaire de consolider les niveaux de financement consentis par tous les acteurs en matière d'éducation et de formation -ce qui suppose de les mesurer - de développer les dispositifs d'incitations directes et indirectes pour la promotion de l'investissement dans les ressources humaines et d'améliorer les dispositifs de comptabilisation et de suivi des dépenses.

Il est en particulier souhaitable, comme la Commission l'avait déjà proposé dans la communication sur "une politique de compétitivité industrielle pour l'union européenne" (COM (94) 319 final), que des dispositions soient prises, sur le plan national, en faveur des entreprises faisant un effort spécial de formation, pour qu'une partie des sommes engagées à cet effet puisse être inscrite à leur bilan au titre des actifs immatériels. Parallèlement, devraient être développées des formules de "plans d'épargne formation", au bénéfice de personnes désirant renouveler leurs connaissances ou reprendre une formation après avoir interrompu leurs études.

Le développement de la société de l'information entraîne d'ores et déjà la mise sur le marché d'une proportion croissante de biens et de services nouveaux qui vont devenir de plus en plus importants pour l'amélioration du savoir. De nombreux Etats membres ont déjà prévu, dans leurs systèmes fiscaux, des modalités d'exemption partielle qui permettent aux individus de déduire de leurs impôts certaines des dépenses qu'ils engagent pour se former. Il convient de se demander si ces systèmes ne doivent pas être revus et étendus rapidement de façon à prendre en compte l'évolution technologique et à permettre aux citoyens de consacrer à l'amélioration continue de leurs connaissances l'investissement le plus élevé possible.

Le Livre blanc propose les actions d'appui suivantes au niveau européen pour:

- mesurer l'investissement dans l'éducation et la formation, d'une part;

- -promouvoir l'investissement en ressources humaines, d'autre part.

Un Tableau de bord général des investissements publics et privés réalisés dans l'éducation et la formation à l'intérieur de l'Union sera mis au point.

Un recensement des dispositifs d'aides et d'incitations à l'investissement dans l'éducation et la formation en Europe sera réalisé, pour permettre la diffusion des différents dispositifs existants.

A partir d'un examen des différentes modalités de traitement fiscal et comptable des dépenses de formation des entreprises et des personnes, une concertation sera lancée avec les Etats membres sur la promotion de l'investissement en ressources humaines comme immobilisation (cf.encadré).

 

Exemple n° 5

Promouvoir l'investissement en ressources humaines

Objectifs

• Promouvoir une conception générale de la formation comme investissement et non comme dépenses courantes

• Inciter les individus à investir dans leur formation sur le modèle des plans d'épargne

• Encourager les concertations entre systèmes nationaux du point de vue du traitement comptable et fiscal des dépenses de formation.

• Rapprocher le traitement fiscal et comptable des investissements immatériels, notamment au niveau des dépenses de recherche et des dépenses de formation.

Méthodes

• Identification de la diversité des modalités de traitement fiscal et comptable des dépenses de formation des entreprises et des individus

• Evaluer les implications financières pour les Etats et les entreprises

• Expertise communautaire de modalités différentes permettant de traiter les dépenses de formation comme investissement pour les entreprises et les individus

• Examen concerté avec les Etats membres et les partenaires sociaux des dispositions juridiques et administratives pour que les dépenses de formation des entreprises soient considérées comme des investissements

CONCLUSION GENERALE

Le monde traverse une période de transition et de profonds changements. Tout indique que la société européenne, comme les autres, va entrer dans un âge nouveau, sans doute plus mouvant et plus imprévisible que les précédents.

Certes, cet âge nouveau, celui de la mondialisation des échanges, de la société de l'information, des bouleversements scientifiques et techniques, suscite des interrogations et des craintes, d'abord parce que l'on parvient mal à en préciser les contours.

Ces interrogations et ces craintes sont sans doute plus fortes en Europe qu'ailleurs. La civilisation européenne est ancienne et complexe. Elle est aujourd'hui partagée entre une soif de recherche et de connaissances très forte, héritage d'une histoire qui a vu l'Europe accomplir la première révolution technique et industrielle et ainsi changer le monde, et une très forte demande de stabilité et de sécurité collective. Cette aspiration est parfaitement compréhensible, sur un continent si longtemps ravagé par les guerres et déchiré par les conflits politiques et sociaux: mais elle peut aller jusqu'à nourrir des réflexes conservateurs à l'égard du changement.

Et pourtant, cette ère de transformation est une chance historique pour l'Europe, parce que ces périodes de mutation, dans lesquelles une société accouche de celle qui lui succèdera, sont les seules propices à de profondes réformes permettant de faire l'économie de changements brutaux. L'accroissement des échanges à travers le monde, les découvertes scientifiques, les nouvelles technologies ouvrent en fait de nouvelles potentialités de développement et de progrès.

Lisons ce qu'écrit un grand historien européen, bien placé pour comparer cette période de mutation avec celles qui l'ont précédée, notamment lors du passage du Moyen-Age à la Renaissance:

"L'Europe du Moyen Age et des Temps modernes a dû faire face au monde byzantin, au monde arabe, à l'Empire turc. Aujourd'hui, il s'agit heureusement d'une confrontation plus pacifique; mais l'existence d'acteurs de l'histoire gigantesques par l'étendue ou par la force économique, ou par les deux à la fois, impose à l'Europe d'atteindre une taille comparable à la leur si elle veut exister, évoluer et garder son identité. Face à l'Amérique, face au Japon, face demain à la Chine, l'Europe doit avoir la masse économiquement, démographiquement et politiquement capable d'assurer son indépendance.

"Elle a heureusement pour elle la force de sa civilisation et de ses héritages communs. Nous l'avons vu: au cours de vingt-cinq siècles, en strates toujours renouvelées, la civilisation européenne a été créatrice; et, aujourd'hui encore, comme un slogan l'a dit, la principale matière première de l'Europe est sans doute la matière grise."

C'est bien à la dimension de l'Europe que pourra se construire une société de progrès, capable à la fois de contribuer à modifier la nature des choses à l'échelle planétaire et de préserver une pleine conscience de soi.

Le présent Livre blanc a défendu le point de vue que c'est en contruisant le plus rapidement possible la société cognitive européenne que cet objectif pourra être atteint. Cette marche en avant implique des transformations profondes. En effet, les systèmes d'éducation et de formation ont trop souvent pour effet de tracer une fois pour toutes le parcours professionnel. Il y a trop de rigidités, trop de cloisons entre les systèmes d'éducation et de formation, pas assez de passerelles, pas assez de possibilités de saisir de nouveaux modes d'enseignement tout au long de la vie.

L'éducation et la formation transmettent les points de repères nécessaires à l'affirmation de toute identité individuelle et collective, en même temps qu'elles permettent de nouvelles avancées scientifiques et technologiques. L'autonomie qu'elles donnent aux individus, si elle est partagée par tous, conforte le sens de la cohésion et enracine le sentiment d'appartenance. La diversité culturelle de l'Europe, son ancienneté, la mobilité entre des cultures différentes sont de puissants atouts pour l'adaptation au monde nouveau qui se présente à l'horizon.

Etre européen, c'est bénéficier d'un acquis culturel d'une variété et d'une profondeur inégalées. Ce doit être également bénéficier de toutes les possibilités d'accès au savoir et à la compétence. Le but du Livre blanc est de permettre d'exploiter davantage ces possibilités: les recommandations contenues ici ne peuvent prétendre épuiser la question.

Elles ont un objectif plus modeste: contribuer, avec les politiques d'éducation et de formation des Etats membres, à placer l'Europe sur la voie de la société cognitive. Elles visent aussi à amorcer, pour les prochaines années, un débat plus large. Elles peuvent contribuer enfin à montrer que l'avenir de l'Europe et sa place dans le monde dépendent de la capacité à donner aujourd'hui à l'épanouissement personnel des femmes et des hommes qui la composent une place au moins aussi grande que celle accordée jusqu'à maintenant aux questions économiques et monétaires. C'est ainsi que l'Europe montrera qu'elle n'est pas une simple zone de libre-échange, mais un ensemble politique organisé, et le moyen, non pas de subir, mais de maîtriser la mondialisation.

 

Annexe 1

Quelques données et chiffres

Note:

1. Les données et chiffres présentées ci-dessous sont tirées d'un certain nombre de documents produits par la Commission européenne ou par l'OCDE. Comme toutes les statistiques, et à fortiori quand elles sont de nature comparative, elles sont à utiliser avec prudence - et ce d'autant plus qu'elles se rapportent, en majorité, à l'année 1991/92.

2. Les données et chiffres concernant la formation professionnelle portent essentiellement sur la formation continue (ne serait-ce que parce que dans plusieurs EM la formation initiale relève surtout du champ de l'éducation nationale -par exemple en France, notamment sous l'appellation d'enseignement technique). Par ailleurs, dans la mesure où la formation continue est surtout le fait des entreprises (et des branches), il est difficile d'obtenir des indications précises et globales.

 

EDUCATION

 

ENSEIGNEMENT ET FORMATION PROFESSIONNELS

 

Annexe 2

Exemples de programmes communautaires dans le domaine de l'éducation et de la formation

1. Exemples de mobilité

 

2. Exemples de projets dans le cadre du programme SOCRATES <(p>

 

3. Exemples de projets dans le cadre du programme LEONARDO

 

4. Exemples de projets dans le cadre du programme Applications Télématiques

Annexe 3

Le monde éducatif de l'Alyat Hanoar

L'Alyat Hanoar est une institution qui, en Israël, s'est spécialisée dans l'éducation d'adolescents en butte à des problèmes particulièrement aigus au cours de leur adolescence du fait de difficultés spécifiques tant familiales, sociales que culturelles qui entravent leur capacité à devenir des adultes responsables.

Initialement conçue en Allemagne, en 1932, pour sauver les enfants de familles juives faisant l'objet de mesures discriminatoires, notamment dans le domaine de l'emploi, cette entreprise visait à faire venir en groupes ces jeunes gens en Palestine en prenant en charge leur éducation et leur formation, dans le cadre de "société de jeunes" autonomes au sein de certains kibutzim.

Pendant près de trente ans, cette institution continuera surtout à éduquer des adolescents immigrants, notamment des enfants traumatisés, rescapés des camps de concentration, puis des adolescents sans parents émigrés du Maghreb et d'Iran. A partir de la fin des années 60, l'Alyat Hanoar va de plus en plus s'occuper des adolescents du "Deuxième Israël", cette vaste population surtout originaire du Maroc, dont l'intégration avait été ratée. A partir de 1985, nouveau changement de cap avec la mission confiée à cette institution de prendre en charge l'adaptation, l'éducation et l'intégration de toute la jeunesse des 50.000 juifs d'Ethiopie transférés en Israël dans des conditions particulièrement traumatisantes et éprouvantes.

La clef de voûte de ce système éducatif de réinsertion individuelle tant psychologique que culturelle et sociale, est un village de jeunes, plus précisément la société de ces villages de jeunes. Cette société est composée non seulement d'étudiants adolescents (de 14 à 18 ans, et des deux sexes), mais aussi d'enseignants, de personnel d'encadrement ("Mères" ou "Pères" de maisonnée, éducateurs, instructeurs, conseils psychologiques, assistantes sociales...) ainsi que de personnel technique et administratif. Une bonne partie de tout ce personnel réside d'ailleurs sur le campus, souvent avec leur famille.

Cette société est gérée sur le plan social par un ensemble d'institutions animées par les élèves (Conseils des élèves, commissions diverses, maisonnées...). Le personnel adulte est régulièrement réuni et guidé par le directeur de village pour servir aux adolescents d'exemple, d'identification, de soutien et d'interaction.

L'éducation dans le cadre de ces villages de jeunes vise à atteindre trois objectifs principaux:

1. Promouvoir l'autonomie de l'individu, l'affirmation et l'épanouissement de sa personnalité, grâce à l'interaction tant entre élèves qu'entre les élèves et le personnel.

2. Dépasser l'enseignement, déterminé par le curriculum studiae, défini par le Ministère de l'éducation nationale, par l'ouverture de perspectives plus grandes et le développement de tout talent, sportif, artistique, musical ou autre, grâce à des cours, ateliers, visites et autres activités complémentaires.

3. Promouvoir la responsabilité individuelle envers la collectivité et la société par l'attribution de rôles assumés par chaque élève (services à tour de rôle à la salle à manger, à la bibliothèque, sur les terrains de sport et de jeux, mise en ordre de la chambrée...) ou de missions spécifiques (donner un cours de rattrapage, accompagner un élève au dispensaire ou à l'hôpital..).

Le plus remarquable sans doute est que ce système éducatif fonctionne pratiquement sans recours aux habituelles sanctions infligées par les enseignants ou les parents. Dans le village de jeunes c'est la pression sociale qui joue ce rôle avec d'ailleurs une efficacité bien plus grande.

Les résultats obtenus par ce modèle sont impressionnants. Non seulement un grand nombre de personnalités de premier plan ont été éduquées dans ce cadre, mais surtout le pourcentage de "drop outs", de ceux qui abandonnent ce cadre de formation, est beaucoup plus faible que la moyenne nationale (3% au lieu de plus de 10%) alors qu'un bon nombre de ces adolescents ont auparavant été des récidivistes de l'abandon. La souplesse et la capacité de ce modèle à surmonter de grandes différences culturelles comme de substantiels préjugés, ont également été mis en évidence par les étonnants résultats obtenus en moins de dix ans dans l'insertion des jeunes immigrants originaires d'Ethiopie.

Depuis sa création l'Alyat Hanoar a éduqué plus de 300.000 jeunes. Aujourd'hui dans le cadre de la soixantaine de villages qu'elle anime, elle a en charge plus de 17.000 adolescents. Ceci représente un tiers des jeunes qui étudient dans un cadre similaire, soit 10 à 12% de la classe d'âge.

Le coût moyen annuel par élève dans ces villages de jeunes est relativement modeste. Il est de l'ordre de 35.000 à 45.000 FF, frais de scolarité compris.

Annexe 4

L'expérience des "accelerated schools" aux Etats-Unis

Menée avec succès aux Etats-Unis, l'expérience des "accelerated schools" ou "écoles intensives" est une des meilleures réponses que les Américains aient apportée à la crise de leur système éducatif, confronté à l'échec de près d'un tiers des élèves dans l'enseignement primaire et secondaire.

Ces élèves en échec, dits "élèves à risque", ont généralement deux ans de retard dans leur scolarité; plus de la moitié d'entre eux quittent l'école sans diplôme; ils sont, pour la plupart, issus de milieux défavorisés, pauvres, appartenant à des minorités ethniques ne parlant pas l'anglais; beaucoup vivent également au sein de familles mono-parentales.

Le principe des écoles intensives repose sur la conviction qu'on peut conduire tous les élèves d'une même classe d'âge au même niveau de réussite scolaire au terme de leur scolarité. Cela implique de faire travailler les élèves en échec à un rythme accéléré par rapport à ceux des milieux privilégiés. Il s'agit d'offrir aux élèves en difficulté des écoles d'excellence.

La conception de ces écoles repose sur l'idée que l'enseignement utilisé pour les élèves "doués" convient également à tous les enfants. Elle implique de ne pas considérer les élèves en difficulté comme des élèves lents, incapables d'apprendre dans des délais normaux, mais de leur fixer au contraire des objectifs ambitieux à réaliser au terme des périodes impérativement fixées.

Chaque élève, chaque parent, chaque professeur doit être convaincu qu'il n'existe pas de fatalité de l'échec. Tous sont appelés ensemble à former, avec le personnel de l'établissement scolaire, une communauté responsable qui prend tous les pouvoirs. Après s'être forgée une vision de ce que devrait être l'école, cette communauté scolaire s'engage dans la construction d'une école intensive qui apprend à résoudre elle-même, au fur et à mesure, les problèmes qui se présentent.

Cette communauté doit prendre appui sur les talents de chacun, généralement sous-utilisés. Le processus de transformation de l'école aboutit à un changement des attitudes et à la création d'une nouvelle culture.

La réussite du processus prend environ cinq mois. Il nécessité des heures de réunion et de concertation entre l'équipe de l'établissement, les parents et les élèves.

Les écoles engagées dans ce type d'expérience ne peuvent pas rester seules. Elles doivent se sentir confortées au sein d'un réseau d'établissements engagés dans le même type de démarches. Aux Etats-Unis, elles ont pu s'appuyer sur des équipes d'universitaires, en particulier l'université de Stanford.

Plusieurs centaines de projets de ce type ont été menés à bien aux Etats-Unis et ont fait l'objet d'études et de publications qui encouragent la poursuite de l'expérience.



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