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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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N. 3733/02 REG. DEC.
N. 6808  REG. RIC.

ANNO  2001

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale, Quinta  Sezione  ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso in appello n. 6808/2001 proposto dalla Alma C.I.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Claudio R. Caffè ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. G. Magrone in Roma, Via del Banco di Santo Spirito n. 42;

CONTRO

Il Comune di S. Giovanni Teatino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Follieri ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Lupis  in Roma, Viale Mazzini n. 6;

E  NEI  CONFRONTI  DI

Mineco S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Boni ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. S. Casanova in Roma, Via Pompeo Trogo n. 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sez. di Pescara, n. 467 in data 10.5.01/15.5.01;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione del Comune di S. Giovanni Teatino e della Mineco S.p.a.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 29 gennaio 2002, relatore il consigliere Carlo Deodato, uditi i procuratori delle parti Avv.to C. R. CAFFE’ e Avv. LO FOCO su delega dell’Avv. E. FOLLIERI;

Visto il dispositivo di sentenza n. 65/02 del 04/02/02;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza appellata veniva respinto il ricorso, proposto dalla Alma C.I.S. S.r.l., inteso ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione alla Mineco S.p.a. dell’appalto relativo alla realizzazione di un impianto di depurazione a servizio della frazione Fontechiara del Comune appellato.

Avverso la predetta decisione proponeva rituale appello la Alma C.I.S. S.r.l. deducendo la stessa, unica, censura formulata in primo grado e disattesa con la sentenza impugnata, della quale domandava l’annullamento.

Resistevano il Comune di S. Giovanni Teatino e la Mineco S.p.a., contestando la fondatezza dell’impugnazione e domandandone la reiezione.

Alla pubblica udienza del 29 gennaio 2002 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- Le parti controvertono sulla legittimità degli atti con i quali il Comune di S. Giovanni Teatino ha disposto l’aggiudicazione in favore della società controinteressata dell’appalto di lavori de quo agitur. La ricorrente assume, in proposito, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 17 L. 12 marzo 1999 n. 68, sostenendo che, di contro a quanto ritenuto dal T.A.R., la presentazione della dichiarazione richiesta dalla predetta disposizione costituisce requisito di partecipazione alla gara e che, quindi, l’omesso, tempestivo, adempimento della relativa prescrizione obbliga l’Amministrazione ad escludere dalla procedura selettiva l’impresa inadempiente. Le controparti difendono il convincimento espresso dal T.A.R. circa la configurabilità della prescrizione controversa nei soli riguardi dell’impresa vincitrice della gara e non anche nei confronti di tutte le partecipanti. Premesso, in fatto, che la certificazione di cui alla disposizione citata era stata, nella specie, presentata unitamente alla domanda di partecipazione dalla sola ricorrente e che, invece, l’aggiudicataria l’aveva trasmessa solo all’esito della gara, la controversia si risolve nella qualificazione dell’adempimento in contestazione e nella conseguente individuazione della fase del procedimento nella quale, a pena d’esclusione, dev’essere documentato il rispetto della normativa dettata in tema di diritto al lavoro dei disabili.

2.- La disposizione oggetto dell’indagine ermeneutica sopra illustrata prescrive che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione”. Una corretta esegesi della norma citata esige, prima di procedere alla lettura del (peraltro univoco) dato testuale, la preliminare individuazione della sua ratio e degli interessi da quella protetti al fine di attribuire alla stessa il significato e la portata precettiva maggiormente conformi alla sua finalità. Va, al riguardo, osservato che lo scopo della disposizione non è solo quello, ritenuto come esclusivo dal T.A.R., di garantire all’Amministrazione la conclusione del contratto con un'impresa che osservi la normativa sul diritto al lavoro dei disabili ma anche, se non prevalentemente, quello di assicurare e di perseguire il più ampio rispetto di quest’ultima. Non v’è dubbio, in proposito, che la finalità appena illustrata risulta conseguita con maggiore efficacia ove la disposizione venga letta nel senso, prospettato dall’appellante, che il rispetto della normativa a tutela dei disabili dev’essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara. Mentre, infatti, quest’ultima interpretazione favorisce in maniera significativa, condizionando la stessa possibilità di partecipare alla procedura selettiva, l’osservanza della normativa in parola, l’opzione ermeneutica seguita dal T.A.R., condizionando la sola conclusione del contratto con l’impresa vincitrice della gara, garantisce con minore efficacia la tutela dei disabili, posto che, in quest’ultimo caso, il carattere eventuale e futuro della sanzione dell’esclusione potrebbe indurre le imprese partecipanti a rinviare ad un momento successivo la regolarizzazione, sotto il profilo considerato, della propria organizzazione. Tanto osservato circa la ratio dell’art.17 L. n. 68/99, va ribadito che l’esegesi della predetta disposizione maggiormente conforme alla sua finalità è senz’altro quella che qualifica l’adempimento in parola come requisito di partecipazione alla gara, e non come condizione dell’aggiudicazione, e che impone, conseguentemente, la produzione della relativa certificazione al momento della presentazione della domanda, e non, come erroneamente ritenuto dal T.A.R., all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva. Si rileva, infine, che l’interpretazione appena illustrata risulta significativamente avvalorata e corroborata dal dato letterale della disposizione esaminata. L’univoco testo della norma, infatti, là dove prescrive alle imprese che “partecipino a bandi” di “presentare preventivamente” la dichiarazione e la certificazione ivi descritte, individua chiaramente nella presentazione della domanda di partecipazione la fase procedimentale nella quale va adempiuta quella prescrizione, escludendo, al contempo, la riferibilità dell’avverbio “preventivamente”, per come inteso dal T.A.R., all’aggiudicazione definitiva della gara. Il contestuale utilizzo delle dizioni “partecipazione a bandi per appalti pubblici” e “presentazione preventiva” e l’evidente connessione logica tra le stesse impongono, in definitiva, la lettura della disposizione sopra preferita ed impediscono, di contro, come già osservato, di accedere alla diversa esegesi, in quanto contraria al palese significato letterale delle espressioni usate, che circoscrive l’adempimento in parola alla sola fase finale della procedura e che lo qualifica come mera condizione dell’aggiudicazione definitiva o, addirittura, della stipulazione del contratto. Le convergenti indicazioni ricavate dall’esegesi logica e da quella letterale della disposizione inducono, in definitiva, ad affermare con chiarezza che l’attestazione, nelle forme indicate dalla norma, del rispetto della normativa a tutela dei disabili va presentata, a pena d’esclusione, contestualmente alla domanda di partecipazione alla gara. Né vale, di contro, osservare, quanto alla vicenda in esame, che la società aggiudicataria era esonerata dall’adempimento considerato in quanto non soggetta, per le dimensioni della propria impresa, alla disciplina imperativa dettata in tema di diritto al lavoro dei disabili. La disposizione in esame, infatti, per la formulazione in termini generali della prescrizione ivi imposta, non pare consentire deroghe nell’osservanza dei relativi obblighi con la conseguenza che le concorrenti non tenute all’osservanza della normativa a tutela dei disabili, lungi dall’essere esonerate dal comunicare alle amministrazione la propria posizione nei riguardi della disciplina in parola, dovranno, comunque, trasmettere, nei termini sopra chiariti ed a pena di esclusione, una dichiarazione, o certificazione, che attesti l’inapplicabilità alla loro impresa della normativa citata. Non può, da ultimo, condividersi l’assunto relativo all’osservanza della prescrizione in esame per mezzo della dichiarazione, richiesta dal bando, “di non trovarsi nelle condizioni di incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione”. E’ sufficiente, in proposito, osservare che la genericità di siffatta dichiarazione impedisce di riconoscere alla stessa un valore equivalente a quella imposta dall’art. 17 l. cit. che, per la sua natura imperativa, esige, come disposizione automaticamente inserita nel regolamento di gara, una puntuale indicazione del contenuto ivi prescritto. Ne consegue che, nel caso di specie, la Mineco S.p.a. doveva essere esclusa dalla procedura controversa per aver omesso l’osservanza della prescrizione considerata e che, quindi, in accoglimento dell’appello, l’aggiudicazione impugnata va giudicata illegittima, e pertanto annullata, per violazione della disposizione di legge menzionata.

3.- La domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente va, infine, dichiara inammissibile in quanto genericamente proposta. Nel rilevato difetto di qualsiasi indicazione che consenta al Giudice la stessa individuazione del pregiudizio patrimoniale del quale viene chiesto il ristoro per equivalente o degli elementi necessari sui quali fondare l’invocata reintegrazione in forma specifica, va, infatti, pronunciata l’inammissibilità della domanda per omessa specifica allegazione dei fatti costitutivi, sotto il profilo del petitum, della relativa pretesa creditoria.

4.- La novità della questione controversa giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, in parziale accoglimento del ricorso indicato in epigrafe ed in riforma della sentenza appellata, così provvede:

1) annulla gli atti impugnati con il ricorso in primo grado;

2) dichiara inammissibile la domanda di risarcimento dei danni proposta in primo grado dall’odierna appellante;

3) dichiara compensate le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio;

4) ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio 2002 , con l'intervento dei signori:

Agostino  Elefante             - Presidente

Corrado  Allegretta        - Consigliere

Goffredo  Zaccardi            - Consigliere

Francesco  D’Ottavi            - Consigliere

Carlo  Deodato                     - Consigliere - estensore

 

L'ESTENSORE                                IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il...........06/07/2002............................

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL  DIRIGENTE


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