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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 27 giugno 2005, n. 988

FATTO

Espone in fatto l'odierna ricorrente che in data 19 ottobre 1996 veniva emanato dal Provveditorato agli Studi di Reggio Calabria un provvedimento avente ad oggetto "Cattedre, posti e spezzoni orario residuati dopo le operazioni di utilizzazione del personale titolare" con invito ai Presidi di interpellare i docenti titolari che potevano prestare servizio fino ad un numero di sei ore eccedenti l'orario d'obbligo prima di provvedere alla stipula dei contratti di lavoro a termine, con competenza del Preside della Scuola Media "F. Sorace Maresca" di Locri ad assegnare 4 ore di lingua francese nel corso per lavoratori. Veniva però omessa la consultazione della ricorrente che, sin dall'inizio dell'anno scolastico, aveva dato la propria disponibilità ad operare oltre le 18 ore dell'orario d'obbligo fino ad un massimo di 6 ore settimanali; con provvedimento di nomina n. 2802 del 4 novembre 1996 veniva assunta la sig.ra Stillitano con stipula di contratto di lavoro individuale a tempo determinato

L'Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita eccependo l'irricevibilità, l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.

Alla pubblica udienza dell'8 giugno 2005 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 41 e 70 del c.c.n.l. del 4 agosto 1995, nonché degli artt. 1 e 21 dell'o.m. p.i. n. 371 del 29 dicembre 1994, oltre all'eccesso di potere e alla nullità ex art. 1418 e 2126 del contratto di lavoro quale stipulato.

1.1. L'Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita con una memoria di forma ed ha depositato documentazione peraltro già allegata al ricorso introduttivo.

2. Il Collegio ritiene di dover preliminarmente osservare che con la legge n. 205/2000 si è esteso il potere del giudice amministrativo fino a disporre "l'eventuale risarcimento del danno" sempre "nell'ambito della sua giurisdizione", così generalizzando la regola per cui l'interesse legittimo è tutelato in sede giurisdizionale non solo con l'annullamento, ma anche con lo "strumento di tutela ulteriore" del risarcimento (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204). Tesi assolutamente prevalente è quella secondo cui il legislatore del 2000 ha voluto spogliare il giudice ordinario del potere di risarcire il danno, attribuendolo a quello amministrativo: il risarcimento del danno sarebbe condizionato dal principio della necessaria pregiudizialità, per cui la responsabilità dell'Amministrazione potrebbe sorgere solamente a condizione che il provvedimento lesivo sia stato previamente impugnato ed annullato.

2.1 L'ordinamento consente dunque al giudice amministrativo di verificare se l'accoglimento della domanda principale di annullamento dell'atto impugnato comporti una tutela pienamente soddisfacente e se sia il caso di disporre, anche in alternativa, la condanna ad un risarcimento qualora il ricorrente non possa conseguire dall'annullamento una piena tutela in ragione della irreversibile esecuzione dell'atto, ovvero una effettiva tutela per un ostacolo derivante dal diritto pubblico quale l'impossibilità giuridica di emanare un ulteriore provvedimento o la consolidazione della posizione di un terzo.

3. La conferma di come il tema del risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi coinvolga prospettive ampie e controverse, come ad esempio quella della relazione giuridica tra il privato e il soggetto pubblico che esercita un potere, si ricava tra l'altro da pronunce (Cons. Stato, V, 6 agosto 2001, n. 4239) secondo le quali il diritto al risarcimento del danno conseguente all'adozione di provvedimenti illegittimi presenterebbe una fisionomia riconducibile al modello della responsabilità precontrattuale e della responsabilità per inadempimento di obblighi. Muovendo dalla considerazione che, per aversi responsabilità contrattuale, non è più rilevante il contenuto dell'obbligo ma è sufficiente l'obbligo come tale che, nell'imporre un comportamento, pone la responsabilità come altro modo di essere di un vincolo che già esiste, si è ritenuto di poter estendere la disciplina della culpa in contrahendo anche a quelle ipotesi di affidamento che, a differenza del rapporto precontrattuale, non ineriscono ad un rapporto volto alla stipulazione di un contratto. E' pur vero che, mentre chi propugna la responsabilità da violazione dell'affidamento considera gli obblighi della Pubblica Amministrazione come obblighi di protezione la cui violazione dà luogo a responsabilità a prescindere dall'affidamento circa il conseguimento dell'utilità sperata, nella menzionata sentenza del 2001 il Consiglio di Stato ha inteso l'obbligo della Amministrazione come un vero e proprio obbligo di prestazione diretto all'adozione di un atto conforme all'interesse del richiedente, finendo per riversare sulla responsabilità contrattuale e sulla figura del diritto soggettivo quelle identiche incertezze che hanno indotto a ricercare una soluzione al problema della responsabilità dell'Amministrazione al di fuori della dicotomia potere-interesse legittimo.

3.1. Nella categoria del danno ingiusto va ricompresa anche la lesione degli interessi oppositivi, di gran parte di quelli pretensivi e non anche dei c.d. interessi formali; è comunque sempre necessario distinguere in tema di interessi oppositivi, come ad esempio nel caso di annullamento del provvedimento per vizi formali o procedimentali, allorché resta integro il potere della Pubblica Amministrazione di adottare un nuovo provvedimento, emendato dai vizi, del pari denegativo della pretesa al c.d. bene della vita, perché in tal caso pur in presenza di un danno ingiusto difficilmente può configurarsi un diritto al risarcimento perché manca proprio un danno patrimoniale.

Rispetto agli interessi pretensivi, dato che la posizione di interesse legittimo e quello della spettanza del bene della vita non coesistono nella sfera del privato, in maniera ancor più evidente si pone l'individuazione dell'area risarcibile rispetto a quella propria del danno ingiusto: qui il giudizio prognostico sul normale e prevedibile sbocco del procedimento e quindi sulla spettanza del bene della vita diviene necessariamente articolato in corrispondenza della gamma di poteri utilizzabili dalla Pubblica Amministrazione.

4. Oggi tradizionalmente si ritiene (ex multis, Cons. Stato, V, 18 marzo 2002, n. 1562) che il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale, ma, pur non prescindendo da questo, richiede la positiva verifica di tutti i presupposti previsti dalla legge ed in particolare quelli di cui all'art. 2043 c.c. e, in tema di liquidazione del danno, all'art. 2056 c.c.: ciò significa che, oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento (il cd. "danno ingiusto"), sono necessari altresì il positivo accertamento della colpa dell'Amministrazione, la dimostrabilità di un effettivo danno arrecato al patrimonio e la sussistenza del nesso di causalità tra illecito e danno. Indipendentemente se si abbia riguardo al pregiudizio patito a causa dell'agire illegittimo della Pubblica Amministrazione ovvero alla perdita di chance, è necessario che sia comunque la parte ricorrente a dover provare il concreto pregiudizio subito, consistente nel primo caso nella diminuzione dell'integrità patrimoniale subita, nell'altra ipotesi nell'esistenza di una concreta probabilità dell'ottenimento del bene della vita in caso di legittimo svolgimento della procedura amministrativa. Tale onere di supportare con idonei elementi probatori il danno subito è posto a carico dell'interessato atteso che la realtà creata dall'azione amministrativa è nella disponibilità della parte, sia sotto il profilo dell'allegazione che sotto quello dell'acquisizione conoscitiva, ciò senza trascurare che con l'art. 35, comma 2, del d.lgs. n. 80/1998 è stato riconosciuto al giudice il potere ordinario di fissare i criteri di liquidazione del danno da determinarsi tra le parti in ambito stragiudiziale anche con l'apporto del consulente che sarà utile per vagliare la condivisibilità dei criteri di quantificazione del danno indicati dalla parte ricorrente (Cons. Stato, VI, ord. 5 agosto 2003, n. 4460).

4.1. Con riguardo alla fattispecie di cui al presente ricorso, deve ritenersi che l'azione di ripristino del patrimonio in ragione del pregiudizio sofferto affondi le sue radici nel principio generale del neminem laedere di cui all'art. 2043 c.c., richiedendo gli elementi costitutivi della condotta illecita, della colpa e del danno economico in senso stretto. In particolare, quanto all'elemento costitutivo della colpa nella fattispecie di responsabilità dell'Amministrazione per attività provvedimentale illegittima, con la nota sentenza a Sezioni Unite n. 500/1999 si è superata la teoria della culpa in re ipsa e la contestuale definizione di indici identificativi della colpa, indicati nell'ascrizione all'Amministrazione, intesa come apparato e non al funzionario agente, della "violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che... si pongono come limiti esterni alla discrezionalità". La giurisprudenza amministrativa e quella ordinaria hanno infine condiviso l'assimilazione della responsabilità dell'Amministrazione per attività provvedimentale (segnatamente per lesione degli interessi c.d. pretensivi) a quella contrattuale per violazione di diritti relativi, con le implicazioni già evidenziate in tema di accertamento della colpa.

4.2. Quanto, poi, all'ingiustizia del danno, essa si risolve non solo nella lesione, in assenza di una causa giustificativa, di una situazione giuridico-soggettiva attiva meritevole di protezione per l'ordinamento, ma anche nell'incisione di diritti della persona garantiti dalla Costituzione sulla base della categoria dei diritti inviolabili ex art. 2 Cost. e dei principi fondamentali, come ad esempio il diritto ad esplicare la personalità attraverso il lavoro e ad affermare la dignità personale in sede di integrazione sociale.

5. Nel caso di specie, pare al Tribunale che la responsabilità dell'Amministrazione per attività provvedimentale illegittima sia integrata dall'omessa utilizzazione dei docenti di ruolo in soprannumero ai fini del conferimento delle supplenze temporanee e comunque dalla mancata consultazione dei docenti titolari per come previsto nella lettera-circolare del 19 ottobre 1996 in attuazione degli artt. 41 e 70 del c.c.n.l. Il danno patrimoniale cagionato può essere rapportato alla retribuzione delle ore di supplenza previste nell'anno scolastico 1996/1997 per il corso lavoratori, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo e i contributi previdenziali ed assicurativi come per legge.

6. Per questi motivi il Collegio ritiene che il ricorso vada accolto con declaratoria di nullità del contratto individuale di lavoro prot. n. 2801 del 4 novembre 1996 e conseguente condanna del Provveditorato agli Studi, ora C.S.A., di Reggio Calabria al pagamento in favore della ricorrente dei danni subiti per mancata retribuzione delle ore di supplenza previste nell'anno scolastico 1996/1997 per il corso lavoratori, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo e i contributi previdenziali ed assicurativi come per legge.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Sezione Staccata di Reggio Calabria - accoglie il ricorso come in epigrafe proposto e, per l'effetto, previa declaratoria di nullità del contratto individuale di lavoro prot. n. 2801 del 4 novembre 1996, condanna il Provveditorato agli Studi, ora C.S.A., di Reggio Calabria al pagamento in favore della ricorrente dei danni subiti per mancata retribuzione delle ore di supplenza previste nell'anno scolastico 1996/1997 per il corso lavoratori, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo e i contributi previdenziali ed assicurativi come per legge.

Condanna il Provveditorato agli Studi, ora C.S.A., di Reggio Calabria al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in Euro 1000,00 oltre IVA e CPA; spese compensate nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione e del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.


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