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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI AGRIGENTO

Il Giudice del lavoro, dr. Luca Redavid, ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, nella pubblica udienza del 03/12/03 la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta in materia di lavoro al n° 1309 del R.G.C. dell’anno 2001 promossa da:

GRASSADONIO MARIA CONCETTA

elettivamente domiciliata presso Io studio dell’ avv. D. Costanza che lo rappresenta e difende in virtù di procura a margine del ricorso introduttivo del giudizio.

RICORRRENTE

Contro

I.P.S.SA.R.T.C. “G. AMBROSINI” di Favara

in persona del dirigente scolastico pro tempore

MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE

In persona del Ministro pro tempore

CONTUMACE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 13/05/01 la ricorrente indicata in epigrafe ha adìto il Tribunale di Agrigento in funzione di Giudice del lavoro, esponendo che insegna dal 1988 presso 1’IPSSARTC di Favara e di essere sempre stata utilizzata nelle classi post qualifica, 4^ e 5^ anno, ad indirizzo aziendale, che, nel mese di settembre 2000, la Preside dell’istituto “G. Ambrosini” di Favara ha assegnato alla ricorrente le classi 1^, 2^ e 3^ C dell’indirizzo turistico, spostandola dal biennio post qualifica al triennio di qualifica e dai corsi aziendali a quelli di indirizzo turistico, che tale provvedimento è lesivo della continuità didattica ed illegittimo per violazione dell’art.396 c.2 lett.d) del d.lgs.n. 294/94, attesa l’insussistenza della proposta del collegio dei docenti e comunque l’inversione della successione temporale tra la delibera del consiglio d’istituto e la delibera del collegio dei docenti, per eccesso di potere per sviamento, per mancata e insufficiente motivazione e per violazione della normativa sulla mobilità professionale; ha concluso la ricorrente e chiedeva disporre la disapplicazione dell’atto impugnato; in via subordinata dichiarare l’illegittimità della procedura seguita nell’assegnazione delle cattedre con ogni statuizione conseguente, con vittoria di spese ed onorari.

      Si è costituito dapprima con memoria di costituzione e successivamente con atto di intervento ai sensi dell’art.105 c.1 c.p.c. il dirigente scolastico dell’istituto citato, contestando quanto ex adverso dedotto e chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

Non si è costituito in giudizio il Ministero dell’Istruzione convenuto sebbene ritualmente citato e deve, quindi, esserne dichiarata la contumacia.

Istruita con documenti, la causa veniva discussa e decisa all’udienza del 03/12/03 con la lettura del dispositivo in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Deve essere preliminarmente dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero convenuto atteso che l’atto impugnato rientra nella competenza esclusiva del dirigente scolastico, il quale deve ritenersi legittimato ad agire e resistere in giudizio nelle controversie riguardanti gli atti di gestione organizzativa ed amministrativa del personale e delle risorse finanziarie relative all’istituzione scolastica, dotata di autonomia e personalità giuridica ( vd. DPR n. 275/99 ), di cui il medesimo è legale rappresentante (art.25 D.lgs.n.165/0l).

Deve, inoltre, essere dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del dirigente scolastico.

Infatti, a prescindere dalla circostanza che non risulta in atti l’originale della memoria di costituzione ma solo la copia destinata al fascicolo d’ufficio ed allo scambio, deve rilevarsi che il dirigente scolastico risulta costituito in giudizio con memoria sottoscritta da un avvocato del libero foro, al quale il dirigente scolastico è presumibile che abbia conferito procura ad litem (in mancanza dell’originale della memoria dalla quale verificare il conferimento della procura ad litem ciò risulta dalla notazione a margine della copia in atti ” mandato come in originale” e dalla sottoscrizione della memoria da parte dell’avvocato).

 

Ora l’art.14  del DPR n. 275/99, come modificato dall’art.l del DPR n. 352/01, prevede che l’Avvocatura dello Stato assuma la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti alle autorità giudiziarie di tutte le istituzioni scolastiche cui è attribuita l’autonomia e la personalità giuridica ai sensi dell’art. 21 della legge n.59/97 e, quindi, il dirigente scolastico avrebbe dovuto servirsi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato distrettualmente competente, alla quale risulta notificato il ricorso, per la difesa nel presente giudizio. Ne consegue l’inammissibilità della costituzione in giudizio effettuata con memoria sottoscritta da un avvocato del libero foro, al quale è stata conferita procura ad litem da parte del dirigente scolastico convenuto, ma privo di ius postulandi.

Deve, inoltre, essere dichiarata l’inammissibilità dell’intervento volontario ex art. 105 c.p.c. proposto dal medesimo dirigente scolastico, sempre con il patrocinio di un avvocato del libero foro, in quanto appare dubbio che il dirigente scolastico convenuto possa essere considerato un terzo nel presente giudizio, sebbene l’intervento sia stato proposto in proprio e non nella qualità, giudizio avente ad oggetto l’impugnativa di un provvedimento adottato dal medesimo dirigente, ed in quanto, comunque, l’art.419 c.p.c. prevede che, salvo che sia effettuato per l’integrazione necessaria del contraddittorio, l’intervento del terzo ai sensi dell’art. 105 c.p.c. non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli artt. 414 e 416 c.p.c. in quanto applicabili, mentre, nella fattispecie, l’intervento è stato proposto con atto depositato ben oltre il termine previsto, che costituisce un termine perentorio la cui inosservanza è rilevabile d’ufficio e non è sanata neanche dall’accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro cui il terzo abbia proposto le sue domande.

Ne consegue anche l’inammissibilità della produzione documentale del dirigente scolastico convenuto. In ordine alla giurisdizione del giudice adito rileva, poi, il Tribunale che già l’art. 68 c.1 d.lg. n.29/93, ed ora l’art.63 del d.lgs.n.165/01, ha devoluto al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 c.2, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziali, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti i quali, ove rilevanti ai fini della decisione, sono disapplicabili dal giudice che ne ravvisi l’illegittimità.

Il quadro dei poteri spettanti in materia al giudice ordinario è stato completato dal c.2 dell’art.68 citato che attribuiva al giudice del lavoro il potere di adottare nei confronti delle pubbliche amministrazioni tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna richiesti dalla natura dei diritti tutelati.

La previsione del potere di disapplicazione di cui all’art.68 c.1, che rappresenta un’applicazione settoriale del generale potere di disapplicazione riconosciuto al giudice ordinario dall’art.5 L.n.2248/1865 All.E, concede al giudice ordinario un potere processuale in virtù del quale lo stesso, se nella catena delle questioni che deve risolvere per decidere una controversia vi è anche la questione della legittimità di un atto amministrativo, conosce dell’atto e della sua legittimità in via incidentale e quando ne riconosca l’illegittimità lo disapplica, cioè non lo applica, alla controversia. La disapplicazione dunque non incide sulla ulteriore vigenza dell’atto, che non viene annullato, ma solo disapplicato nel caso specifico, ove illegittimo, in relazione alla res in iudicium deducta.

La espressa previsione normativa di un potere di disapplicazione di atti amministrativi presupposti oltre a confermare la permanenza, anche dopo la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, di atti amministrativi che incidono su tale rapporto, pone inoltre il problema di individuare in concreto tali atti rispetto agli atti di gestione non autoritativi, espressione di poteri datoriali di diritto privato, cui fa riferimento l’art.4 c.2 d.lg. citato, ora art.5 del d.lgs.n.165/01.

Tale problema può essere risolto limitando tale categoria agli atti organizzativi nelle materie indicate nell’art2 c.1 d.lg. n.29/93, ovvero a quelli che definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità dei medesimi e determinano le dotazioni organiche complessive, i quali, oltre ad essere disapplicabili dal giudice ordinario quali atti presupposti, sono impugnabili in via principale dinanzi al giudice amministrativo, ove direttamente lesivi della situazione giuridica soggettiva del dipendente.

Alla luce di tale premessa, ritiene il Tribunale che sussista la giurisdizione del giudice ordinario in quanto la fattispecie deve ritenersi rientrante nelle controversie devolute ratione materiae alla cognizione del giudice ordinario dall’art.68, ora 63, citati.

Il provvedimento del dirigente scolastico con il quale all’odierna ricorrente sono state attribuite le classi 1^, 2^ e 3^ del ciclo ad indirizzo turistico per l’anno scolastico 2000/2001 appare infatti riconducibile alla categoria privatistica delle “determinazioni per l’organizzazione degli uffici... .e gestione dei rapporti di lavoro..., assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro” di cui all’art.4 c.2 D.Lgs.n.29/93, ora art.5 del d.lgs.n.165/01; cioè deve intendersi come atto privatistico gestionale, seppure soggettivamente amministrativo, nei cui confronti la giurisdizione del giudice ordinario non subisce alcuna limitazione cognitiva derivante dagli artt.4 e 5 L.n.2248/1865 All.E, avendo il giudice il potere di adottare nei confronti delle pubbliche amministrazioni tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna richiesti dalla natura dei diritti tutelati ai sensi dell’art. 68 c.2, ora 63, del d.lgs. citato.

Nella fattispecie deve rilevarsi, dalla produzione documentale in atti, che il provvedimento impugnato è stato adottato nel settembre 2000, circostanza non contestata tra le parti, mentre il Consiglio di istituto risulta aver deliberato in data 8/9/00 circa i criteri di assegnazione delle cattedre per l’anno scolastico 2000/01 a seguito della riunione del collegio dei docenti tenutasi in data 15/06/00.

Ora, dal verbale del collegio dei docenti citato si evince che in quella sede il dirigente scolastico ha “informato i docenti” che ai fini dei criteri dell’attribuzione delle cattedre si sarebbe tenuto conto, nei limiti del possibile, della continuità didattica, non sottovalutando l’iniziativa della rotazione, anche se non forzata, ai fini del buon andamento didattico-educativo dell’istituto e del miglior utilizzo delle risorse interne; successivamente il consiglio di istituto, nella seduta dell’8/9/00, ha accolto all’unanimità le “proposte fatte dal collegio dei docenti e dal dirigente scolastico per quanto concerne la formazione delle classi e l’assegnazione delle cattedre”.

Ritiene il giudice che tale modus procedendi sia in violazione del disposto dell’art. 396 c.2 lett. d) del d.lgs.n.297/94 che prevede che al personale direttivo, quale è il dirigente scolastico, spetta, tra l’altro, di procedere alla formazione delle classi ed all’assegnazione ad esse dei singoli docenti sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto, ai sensi dell’art. 10 c.4 del d.lgs. citato, e delle proposte del collegio dei docenti formulate ai sensi dell’art.7 c.2 lett.b) del d.lgs.

Infatti la norma prevede, in successione temporale e logica, che l’assegnazione dei docenti alle classi da parte del dirigente scolastico avvenga sulla base di criteri generali stabiliti dal consiglio d’istituto e delle susseguenti proposte fatte dal collegio dei docenti. Ma nella fattispecie, invece, risulta che il collegio dei docenti sia stato investito della questione dell’assegnazione dei docenti alle classi a giugno 2000, peraltro in un anno scolastico diverso da quello rispetto al quale le sue eventuali proposte avrebbero dovuto avere effetto, e cioè prima del consiglio di istituto del settembre 2000, che avrebbe dovuto invece prima stabilire i criteri generali sulla base dei quali il collegio dei docenti avrebbe dovuto fare, poi, le sue proposte, tenuto conto di tali criteri (vd. art. 7 c.2 lett.b d.lgs.n. 297/94).

Inoltre non può non rilevarsi che, in realtà, il collegio dei docenti non ha effettuato alcuna proposta al riguardo in quanto, come sopra rilevato, dal verbale risulta solo che il dirigente scolastico ha “informato i docenti” che, ai fini dei criteri dell’attribuzione delle cattedre, si sarebbe tenuto conto, nei limiti del possibile, della continuità didattica, non sottovalutando l’iniziativa della rotazione, anche se non forzata, ai fini del buon andamento didattico-educativo dell’istituto e del miglior utilizzo delle risorse interne. Inoltre non può non rilevarsi che, sebbene non possano ritenersi direttamente applicabili al provvedimento impugnato le norme previste dalla L.n.241/90 in materia di procedimento e atto amministrativo in quanto nella fattispecie non si verte in ipotesi di atto o provvedimento amministrativo in senso proprio, come sopra evidenziato, ma di atto gestionale avente natura privatistica, tuttavia la sussistenza di una adeguata motivazione al fine di rendere edotto il destinatario del provvedimento dell’iter logico - giuridico che ha condotto alla decisione deve ritenersi, comunque, necessaria soprattutto nei casi in cui il provvedimento adottato preveda soluzioni diverse da quelle preesistenti e consolidate, e ciò in ossequio al principio fondamentale di buona fede e correttezza contrattuale ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c..

Ciò vale soprattutto se si evidenzia che la rotazione nell’assegnazione delle classi effettuata a carico della ricorrente appare non consensualmente disposta e, quindi, di per sè non aderente al criterio della rotazione “non forzata” che lo stesso dirigente scolastico ha comunicato al collegio dei docenti come criterio da utilizzare nell’assegnazione delle classi ai docenti ( criterio che curiosamente non risulta essere stata riprodotto nella medesima formulazione nel successivo verbale del consiglio d’istituto, sebbene fosse rilevante nelle sue possibili conseguenze applicative nei confronti dei destinatari, verbale nel quale, per il resto, risulta invece riprodotta quasi testualmente la medesima frase riportata sul punto nel verbale del collegio dei docenti) e, perciò, ancor di più bisognosa di adeguata motivazione.

Nel caso di specie tale obbligo di motivazione non può ritenersi, invece, adeguatamente soddisfatto al momento dell’adozione del provvedimento e le circostanze e le motivazioni successivamente illustrate dal dirigente scolastico in sede di libero interrogatorio, che avrebbero costituito i presupposti del provvedimento impugnato, sono rimaste sfornite di ogni supporto probatorio.

Alla luce delle superiori considerazioni deve ritenersi l’illegittimità del provvedimento impugnato che deve essere, quindi, non disapplicato, come richiesto in via principale nelle conclusioni del ricorso, attesa la sua natura non di atto o provvedimento amministrativo ma di atto privatistico, ma annullato limitatamente all’assegnazione delle classi 1”, 2” e 3” dell’indirizzo turistico alla ricorrente per l’anno scolastico 2000/2001.

Le spese di lite debbono essere compensate tra le parti, attesa la sussistenza di giusti motivi derivanti dalla novità delle questioni affrontate.

Si dispone la trasmissione della presente sentenza alla competente sezione giurisdizionale della Procura della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza in ordine all’eventuale sussistenza di danni erariali derivanti dal conferimento della procura ad litem ad un avvocato del libero foro.

 

PQM

 

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore istanza, deduzione ed eccezione disattesa:

dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero convenuto.

Dichiara l’inammissibilità della costituzione in giudizio e dell’intervento del dirigente scolastico convenuto.

Dichiara l’illegittimità del provvedimento di attribuzione delle classi impugnato limitatamente alla posizione della ricorrente che, per l’effetto, annulla.

Compensa le spese di lite.

Agrigento, 03/12/03

 


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