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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Mai ignorare il bullismo!

 

Chi pratica bullismo vuole sollecitare una risposta dal suo bersaglio. Se incontra indifferenza la provocazione cresce di intensità. Ignorare, può significare ‘non rispondere alle provocazioni’, ma non significa non fare alcunché. Quando il bullismo ha inizio, bisogna riconoscerlo, prendere nota delle provocazioni, allertare insegnanti e genitori. Inoltre, bisogna essere persistenti nella resistenza all’attacco e ricordare che tutti noi abbiamo il diritto a non essere attaccati, offesi, abusati.

 

Evitiamo i luoghi comuni

Confrontarsi con il bullismo rende più forti, è un rito di passaggio, è parte della vita di ognuno di noi.

Che sia chiaro: il bullismo  appartiene allo stesso rango del razzismo, dell’assalto, dello stupro, dell’abuso, della molestia, della violenza. Causa traumi e danni psicologici di considerevole entità.

Sarà, sfortunatamente, parte della vita di molti di noi, ma questo non lo rende accettabile.

E poi, quando si spezza un braccio - od una gamba - cresce forse più forte? Se appropriatamente curata può guarire, ma, per lo più, resta dolente a vita. Perché dovrebbe essere diverso per i traumi psicologici?

 

 

Non stare lì impalato! Affrontali!

Facile a dirsi. E’ strano, a pensarci: quante volte lo abbiamo detto o lo abbiamo sentito ripetere senza che venisse aggiunto come. Ebbene: come?

 

 

Le vittime del bullismo non sanno come difendersi verbalmente.

Il più delle volte sono proprio società, scuola e famiglia che non insegnano l’autodifesa verbale, emotiva, psicologica e fisica. E bisogna ammettere che, in materia, anche molti adulti non sanno da che parte iniziare.

Basta considerare: 1) che molti bulli hanno una scioltezza verbale che spesso viene fraintesa per intelligenza, ma che il più delle volte è facilità alla menzogna, al raggiro, alla parola superficiale e stereotipata, all’evasione delle domande; 2) che persino molti adulti, specie se meno dotati di intelligenza emotiva, vengono manipolati dai ben più giovani bulli; 3) che la passività dimostrata dalle vittime è anche incapacità ad uscire dalle trappole della paura di maggiori ripercussioni, del terrore di una maggiore violenza, del trauma, dello smarrimento del “perché proprio io?”, della confusione del “dove sono, e quando arrivano gli adulti di cui ho bisogno ora?”.

 

 

 

Le vittime del bullismo non contrattaccano fisicamente:

1)    Perché i bambini sono spesso puniti - a volte anche in maniera umiliante o brutale - se esibiscono comportamenti violenti. Insegniamo ai nostri bambini sin dalla nascita a non mordere, graffiare, colpire, spingere, tirare calci, tirare pugni, colpire o usare alcuna forma di violenza fisica. Perché cercare di risolvere i conflitti con il dialogo è un segno di integrità e forza di carattere, che richiede una lunga educazione atta a sviluppare alti valori morali.

2)    Perché le vittime del bullismo imparano presto che se contrattaccano fisicamente il bullo questo recita la parte della vittima – non di rado con ampio spargimento di lacrime – davanti all’adulto, tanto da sollecitare una punizione della vera vittima. Il bullo, quando l’adulto non c’è più, ricomincia la sua opera di persecuzione.

 

 

Le vittime del bullismo non piacciono a nessuno…

Se anche dovesse essere che la vittima del bullismo ha qualche caratteristica indesiderabile, questo non renderebbe comunque il bullismo accettabile.

sono deboli…

Chi è vittima di bullismo è rispettoso, onesto, creativo, sensibile e con una bassa propensione alla violenza, spesso ha anche una maturità emotiva ed una capacità di relazionarsi agli adulti, superiori alla norma. Il bullo vede in queste qualità, di cui è segretamente invidioso, delle vulnerabilità da sfruttare.

La vittima del bullo è il tipico bambino che viene premiato per la sua buona educazione. Eppure, quando questa buona educazione viene strenuamente mantenuta davanti all’attacco, l’adulto – che non sa come comportarsi – la etichetta come debolezza e passività.

solitarie…

I bambini vittime del bullismo mostrano spesso un livello di indipendenza che non gli dà il bisogno di appartenere ad una gang, o di vestirsi in maniera stereotipata, o di indulgere nelle politiche di classe. Questo non fa di loro dei solitari – e se anche lo fossero, non sarebbe un buon motivo per essere attaccati -.

A volte si dice che è normale che i bambini si picchino e che poi diventino grandi amici. Può darsi, ma non è questo il caso del bullismo. Diventereste grandi amici di chi vi ha violentato?

 

 

Non puoi eliminare il bullismo. Bisogna educare i ragazzi ad essere più assertivi.

Nascondere, sopprimere, o ridurre gli effetti del bullismo non è una soluzione al problema. Non puoi pensare di eliminare la causa eliminando l’effetto. La causa va combattuta. Detto questo, insegnare strategie di autodifesa (verbale, fisica…) è un’ottima idea, che deve fare parte dell’educazione alla vita, di cui la scuola dovrebbe essere co-protagonista.

 

 

I bulli sono i forti che attaccano i deboli.

I bulli sono quei codardi che selezionano la vittima perché è meno forte di loro.

I bulli sono quegli individui disfunzionali, aggressivi ed immaturi che non cercano - né apprezzano chi cerca - di risolvere un conflitto con il dialogo.

I bulli sono quegli individui che non accettano la responsabilità del loro comportamento e degli effetti del loro comportamento sugli altri.

 

 

E’ la violenza televisiva che rende i ragazzi violenti.

Tutti noi siamo testimoni della violenza televisiva, ma solo pochissimi tra noi sono violenti. E’ pur vero che essere testimoni di continue scene di violenza ci desensibilizza, e che questo diventa più preoccupante se riferito ai ragazzi la cui sensibilità dovrebbe essere, invece, esercitata e sollecitata.

 

 

E’ preferibile adottare un comportamento non colpevolizzante.

E’ una decisione da prendere con molta cautela. In linea di massima, e nei confronti di bullismo minore, il comportamento del bullo può essere convertito in positivo – da aggressore a protettore -. Per i bulli compulsivi sarebbe bene affrontare il discorso della responsabilità con chiarezza e fermezza. E’ un discorso diverso dalla punizione. Quando il bullo persevera nel suo comportamento persecutorio è bene che venga monitorato e soggetto a sanzioni crescenti, che includono, in ultima analisi, l’allontanamento e la punizione come azione legale. Una cosa è non colpevolizzare, un’altra deresponsabilizzare.

 


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