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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
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“A che gioco giochiamo”

di Cinzia Mion

 

Eric Berne, fondatore dell’approccio psicoterapeutico chiamato Analisi Transazionale, tra i giochi della vita,  consistenti in transazioni complementari per ottenere un risultato ben prevedibile, annovera tra gli altri giochi anche quello, definito con un’espressione eloquente, ti ho beccato, figlio di puttana

       Mi è venuto subito in mente il suo libro “A che gioco giochiamo” sentendo recentemente un’insegnante della scuola secondaria sfogarsi dicendo : sono d’accordo con la Gelmini che finalmente ha ripristinato tutti i voti negativi e quelli di condotta…finalmente potremo punire tutti i maleducati, tronfi,  spocchiosi,  che ci mancano di rispetto e non hanno voglia di fare niente.

     Sarebbe interessante approfondire la teoria dei giochi di Berne ma non è questa la sede.

    Dirò soltanto che il tornaconto personale di chi gioca a fare il beccatore è la vendetta.

    So bene che non occorre scomodare Berne per capire ciò, ma vuoi mettere l’effetto che fa denominare questo gioco con l’espressione  che ha usato l’autore in questione, se si vogliono descrivere gli umori di tutti quelli che hanno salutato con malcelata soddisfazione, o addirittura con enfasi,  il ripristino del sistema numerico decimale per valutare anche gli alunni dai sei anni ai tredici e il voto in condotta?

    In questi giorni,  duole dirlo,  alcuni docenti hanno giubilato nell’usare questa scala, senza spesso rendersi conto che la valenza sadica nell’educazione, purtroppo  presente,  va invece controllata. Per riconoscerla e controllarla ci vuole però una formazione,  spesso aborrita dagli stessi docenti che presumono di auto-formarsi ma non si sa bene come…

   Desidero spiegarmi meglio . Secondo la più elementare conoscenza  psicoanalitica, il desiderio di formare, che connota ogni formatore, fra cui anche il docente, è il desiderio di dare la vita e di mantenerla,  ma secondo l’ambivalenza che abita ogni sentire umano,  è in agguato la pulsione distruttrice contraria, che potremmo definire di de-formare. Quest’ultima appare quando l’essere in formazione si sottrae al desiderio del formatore, ferendo il suo narcisismo, resistendo alle sue richieste di adattamento,  considerate positive e legittimate a livello istituzionale.

    Allora appare l’impotenza che diventa la più grande fornitrice di aggressività repressa,  immaginabile solo conoscendo quanto questa sia frutto di frustrazione. Invece di reagire cercando di dotarsi di strategie alternative,  analizzando la propria dotazione di strumenti metodologici e didattici e autointerrogandosi  rispetto alla propria autentica motivazione all’insegnamento, che fra l’altro gli allievi colgono benissimo, questo tipo di docente si trincera dietro all’uso del potere sull’altro, ignorando la necessità di costruire invece la propria potenza, intesa come ricchezza professionale.

      Ai tempi della Moratti ricordo ancora con un certo  malessere la faccia adunca di un beccatore, con evidenti conti in sospeso con i suoi ex-studenti,  docente della scuola secondaria in pensione,  presidente di un’associazione filogovernativa di docenti, che in una audizione alla Commissione cultura della Camera, dove io ero presente come ANDIS, dopo aver elogiato la riforma Moratti , definendola finalmente selettiva e meritocratica, ebbe a sollevare un rimprovero perché non era stata coraggiosa fino in fondo in quanto aveva previsto la bocciatura solo ogni due anni e non invece ogni anno….

      Oggi, dopo aver intercettato la protesta dei docenti illuminati e coscienziosi della scuola dell’obbligo, sensibili alla valutazione formativa, attenta al processo di apprendimento per poter farsi carico dell’autentica crescita di tutti e rifiutare il significato punitivo e sanzionatorio della valutazione solo sommativa , confusa spesso con la misurazione, mi sono resa conto che purtroppo nelle nostre scuole circolano anche dei beccatori frustrati che fino ad oggi si sono mimetizzati ma che ora, sentendosi legittimati, sono usciti allo scoperto.

   Sono venuta a conoscenza di ciò in modo inoppugnabile, non senza  una grande delusione e sofferenza, ascoltando i resoconti delle discussioni che avvengono nei collegi dei docenti e scoprendo come sono stati dati i voti in condotta in tante scuole , dove sono già fioccati i 5  nel primo quadrimestre… .

    Incomincia allora ad affiorare in me la convinzione che per l’accesso alla professione docente bisognerebbe fare un esame attitudinale per rilevare, per esempio,  la capacità di elaborare e controllare la propria pulsione sadica, che come si sa è presente in ognuno di noi ma che bisogna imparare a percepire e riconoscere.

 E non solo….


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