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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Centrare bene il bersaglio

Torno sulla questione dell’appello e della mia corrispondenza con Domenico. Perché non credo affatto che non si possa essere d’accordo! Per me è solo una questione di approfondimenti! Ve li propongo!

A)          Il sistema duale nel nostro Paese esiste da sempre! Lo abbiamo sempre tollerato, permesso, avallato e la stessa Costituzione del ’47 attribuiva l’istruzione artigiana e professionale, unitamente all’assistenza scolastica, alle Regioni (nel vecchio articolo 117)! Quindi siamo tutti “colpevoli”, anche e soprattutto perché non c’era la sensibilità politica e socioeducativa – penso – a proposito di tale fenomeno. Di fatto si dava per scontato che a) dovesse esistesse una FP di ripiego e b) che solo i “capaci e i meritevoli”, anche se privi di mezzi, avessero il diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi (Cos. 34). Oltre cinquant’anni fa non si pensava come si pensa oggi! Perché anche il sistema socioeconomico era diverso! Il sistema duale che, prima della 1859/62, aveva inizio dopo la quinta elementare, con l’anno scolastico 62/63 ebbe inizio dopo la terza media!

B)          Il sistema duale fu poi avallato e realizzato da tutta la legislazione regionale (penso a quelle a statuto ordinario) dai primi anni Settanta in poi, conformemente al dettato costituzionale.

C)          La stessa legge quadro 845/78, che metteva ordine nella FP, affermava all’articolo 1 che “la Repubblica promuove la formazione e l'elevazione professionale in attuazione degli articoli 3, 4, 35 e 38 della Costituzione, al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro ed alla sua libera scelta e di favorire la crescita della personalità dei lavoratori attraverso l'acquisizione di una cultura professionale. La formazione professionale, strumento della politica attiva del lavoro, si svolge nel quadro degli obiettivi della programmazione economica e tende a favorire l'occupazione, la produzione e l'evoluzione dell'organizzazione del lavoro in armonia con il progresso scientifico e tecnologico”. I grassetti sono miei e intendono sottolineare che la FP era finalizzata in primo luogo a sostenere il sistema produttivo e che era considerata altra cosa rispetto all’educazione, all’istruzione, alla formazione – come diciamo ora, dopo il DPR 275/99 – della persona in quanto tale e in quanto cittadino e lavoratore!

D)         Poi è venuta la legge 30/2000. Vi cito tre passaggi

Primo passaggio – L’art. 1 ha come titolo “sistema educativo di istruzione e formazione”; il titolo è unitario, però i due percorsi sono separati! Cito: “Il sistema educativo di istruzione si articola nella scuola dell'infanzia, nel ciclo primario, che assume la denominazione di scuola di base, e nel ciclo secondario, che assume la denominazione di scuola secondaria. Il sistema educativo di formazione si realizza secondo le modalità previste dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 e dalla legge 17 maggio 1999 n.144”.

PARENTESI   La 196 è la legge Treu (norme in materia di promozione della occupazione), la 144 quella con cui si avviano gli IFTS e l’obbligo formativo.Va ricordato che con la 196 si fa un piccolo passo in avanti rispetto alla 845, quando si afferma (art. 16, c. 5) che “è necessario valorizzare i rapporti di lavoro con contenuti formativi quali l'apprendistato e il contratto di formazione e lavoro, al fine di creare occasioni di impiego delle specifiche tipologie contrattuali… Dovrà altresì essere definito un sistema organico di controlli sulla efficacia dell'addestramento e sul reale rapporto tra attività lavorativa e attività formativa”. Sono affermazioni che precedono la riforma dell’art. 117. E va ricordato che la legge delega 30/03 (legge Biagi), dopo la riforma del 117, fa un ulteriore passo in avanti, quando all’art. 2 sostiene come urgenza prioritaria la necessità di attuare “gli obiettivi di cui all’art. 16, c. 5, della legge 196/97, al fine di riordinare gli speciali rapporti di lavoro con contenuti formativi, così da valorizzare l’attività formativa svolta in azienda, confermando l’apprendistato come strumento formativo anche nella prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da garantire il raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il passaggio da un sistema all’altro…”. FINE PARENTESI

Secondo passaggio – Dall’art. 4 sulla scuola secondaria: “Nel corso del secondo anno, se richiesto dai genitori e previsto nei piani dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche, sono realizzate attività complementari e iniziative formative per collegare gli apprendimenti curricolari con le diverse realtà sociali, culturali, produttive e professionali. Tali attività e iniziative si attuano anche in convenzione con altri istituti, enti e centri di formazione professionale accreditati dalle regioni, sulla base di un accordo quadro tra il MPI., il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”. La FP, dunque, esiste come “altra cosa”, separata dalla istruzione!

Terzo passaggio – Ancora dall’art. 4: “La frequenza positiva di qualsiasi segmento della scuola secondaria, annuale o modulare, comporta l'acquisizione di un credito formativo che può essere fatto valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nel passaggio da un'area o da un indirizzo di studi all'altro o nel passaggio alla formazione professionale. Analogamente, la frequenza positiva di segmenti della formazione professionale comporta l'acquisizione di crediti che possono essere fatti valere per l'accesso al sistema dell'istruzione”.Quindi, due percorsi con passaggi reciproci, ecc. ecc…. e non si parlava ancora di… pari dignità!

Domanda! Perché non fu superato, allora, con la legge 30, il sistema duale?

Risposta! Perché si attendeva la riforma della Costituzione! E la legge 30/2000 non poteva invadere un campo non suo, di pertinenza delle Regioni!

E)          La legge cost. 18 ottobre 2001 era stata approvata dal Parlamento (la maggioranza era nostra!) l’8 marzo 2001, quindi sottoposta a referendum il 7 ottobre 2001 e vinse il SI’ (votò il 33,9% degli elettori e votò sì il 64,4%). In quella legge c’era quella formulazione dell’articolo 117 che oggi ci fa tanto discutere e soffrire, ma l’abbiamo scritto NOI! “Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:… istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale”. E’ una formulazione che permette di superare la formazione duale? Assolutamente NO! Anzi, l’aggiunta del sostantivo “istruzione” a quello di “formazione” complica vieppiù le cose!!!

CONCLUSIONE! Mi chiedo… e vi chiedo. Se fossimo ancora maggioranza e se avessimo dovuto condurre in porto il processo avviato dalla legge 30, non avremmo dovuto fare i conti con quel passaggio del nuovo articolo 117? La legge 53 recepisce, anche se piattamente, il dettato di quell’articolo! E non poteva non tenerne conto!

E vi assicuro che io non sono affatto in perfetta Letizia con la Brichetto Arnaboldi e che, inoltre, sono assolutamente privo di “buon senso”!

Stando così le cose, ci si presentano tre strade:

La prima – Riprendo due passaggi dell’appello: “Chiediamo che venga rilanciato e sostenuto nei fatti quel processo di innovazione in grado di coniugare l'autonomia delle scuole con l'unitarietà del sistema nazionale che guarda l'Europa e che sia coerente con la Costituzione Italiana (art. 33, comma 2) e con l'equivalenza formativa dei diversi percorsi”. Ed il successivo: “Solo investendo nella qualità dell'istruzione, che comprende l'articolazione dei percorsi e non la loro separazione, è possibile garantire a tutti, anche ai ragazzi in difficoltà, quegli obiettivi di formazione culturale necessari per essere cittadini”. Dai neretti si evince che occorrerebbe riscrivere quell’articolo 117 che individua due sistemi, quello di competenza statale e quello di competenza regionale. Ma è una strada assolutamente impercorribile per i motivi che è inutile illustrare! Dovremmo rimettere mano alla costituzione…con tutte le implicazioni che ne seguirebbero…

La seconda – molto minimale: far sì che alle Regioni passi il minor numero possibile di IT e di IP, stante il fatto che alle Regioni – in genere si dice così! – meno si dà e meglio è, dato che funzionano male, non sarebbero mai in grado di… ecc.… ecc… Ma si lascerebbe la FP al suo destino di sempre, e il secondo canale ci sarebbe lo stesso! E peggiorerebbe anche!

La terza – Prendere atto che… cosa fatta capo ha! Occorre considerare ineluttabile che lo Stato dimagrisca sempre più (è una linea di tendenza sulla quale ci siamo avviati ormai da tempo (lo spartiacque può essere la 241/90) e che i cittadini, le comunità locali e le loro istituzioni (comuni, province, regioni) debbano sapersi governare, ovviamente nel rispetto a) delle Norme generali sull’istruzione, b) dei Livelli essenziali… ecc., c) dei Principi Fondamentali desumibili dalla legislazione primaria, d) dei nuovi Principi costituzionali (sono scritti nella nuova Costituzione: sussidiarietà, solidarietà, differenziazione, adeguatezza, equità, iniziative autonome). Consideriamo anche che, con la nuova Costituzione e con il federalismo una volta compiuto, alle Regioni spetteranno sempre più maggiori e più numerosi compiti, oltre la scuola! Se questo trend è vero, allora occorre una grande battaglia politica e sociale per rafforzare le istituzioni locali.

A mio parere, la terza via è l’unica percorribile, anche se con tanta fatica, ma anche con tanta determinazione e intelligenza politica! E i tempi non saranno affatto brevi! Ed allora, senza riscrivere nulla, la soluzione da adottare sarebbe la seguente: l’istituzione di un canale formativo secondario costituito di molteplici percorsi integrati Stato-Regioni (la metafora del millepiedi!) gestiti, sotto il profilo delle strategie formative, dalle ISA (istituzioni scolastiche autonome), singole, in rete, consorziate, legate al mondo produttivo (passaggi, alternanze, ecc.), in ordine alle Norme generali sull’istruzione e ai Livelli essenziali ecc., di competenza dello Stato, con sbocchi verticali (università, Ifts,…) e orizzontali (uscite con qualifiche), e gestiti, sotto il profilo amministrativo, dalle Regioni (in forza della legislazione concorrente).Ecco perché ritengo che l’appello, a fronte delle problematiche reali, abbia il fiato corto! Serve a mobilitare, certamente, ma anche a creare illusioni!

Roma, 29 novembre 2003

Maurizio Tiriticco


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