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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Associazione Professionale ProteoFareSapere

Amico tra i nemici. Nemico tra gli amici

di Stefano Stefanel

 

E’ sotto gli occhi di tutti il grado di politicizzazione che ha raggiunto in Italia il dibattito sulla scuola. Credo sia l’unico caso al mondo in cui un sistema educativo non viene condiviso nel suo sviluppo più profondo, ma è oggetto di opposte ideologie che si accusano reciprocamente di portare alla sfascio le future generazioni. E’ quasi impossibile ascoltare dei giudizi che prescindano dall’appartenenza e che entrino nel merito dell’efficacia, efficienza ed economicità del sistema scolastico italiano e delle sue eventuali modifiche. Per cui diventa difficile ragionare di contenuti e diventa più semplice esporre delle pratiche o delle tesi, quasi che un ragionamento generale ed approfondito invece di sistemare le cose contribuisca solo ad ingarbugliarle.

 

Nemico tra gli amici. Gli elettori di centro sinistra affermano senza farsi mai sfiorare dal dubbio che la politica governativa è esclusivamente finalizzata ai tagli e alla distruzione della scuola pubblica italiana e non accettano alcuna interlocuzione con chi chiede come mai se la scuola di prima era così eccezionale l’Italia è scivolata agli ultimi posti di tutte le rilevazioni internazionali. Il problema del passaggio da una scuola dell’infanzia e primaria buone ad una secondaria piena di problemi viene sempre respinto quasi come una provocazione, come se i segmenti non dovessero interrogarsi reciprocamente sulla genesi del problema. Inoltre se si pongono dubbi sulla reale qualità del precariato italiano diventa poi difficile parlare di contenuti, perché comunque si viene accomunati ai fiancheggiatori del “regime”, che attaccano lavoratori necessari al sistema per il suo servizio. L’obsolescenza dei programmi, l’eccesso di materie, lo straripante tempo scuola, il rapporto alunno/docenti sono tutti argomenti che il centro sinistra si fa scivolare addosso, ma difficilmente possono essere ricondotti alla protervia del centrodestra. In realtà prevale nel centro sinistra l’idea di “scuola democratica” in cui chi fa notare che in quella scuola c’è passata tutta la sgangherata e revisionista Italia di oggi e che quindi proprio completamente “democratica” non era, viene visto come una quinta colonna del berlusconismo. Dire che le riforme di oggi sono modeste, ma comunque sono meglio dell’immobilismo è toccare il tabù secondo cui da destra non può venire alcuna idea accettabile sulla scuola.

 

Amico tra i nemici. Quando si parla di scuola con gli elettori di centrodestra questi ammettono che la scuola pubblica è in via di distruzione e che gli ultimi provvedimenti sono deleteri. Ma fanno ricadere tutta la colpa sullo strapotere sindacale, sulla scuola trasformata in agenzia di collocamento, sulla scuola vissuta al di sopra delle proprie possibilità, che hanno costretto l’attuale Governo a tagli sostanziali. Per cui accettano l’interlocuzione con chi non la pensa come loro solo se si parte dal concetto che i danni alla scuola sono stati fatti da tutti, ma soprattutto dal sindacato e dalla sinistra. Per colloquiare con gli elettori del centrodestra ci si può dividere sui provvedimenti di Tremonti e della Gelmini, ma non sul riconoscere che il sindacato e i politici hanno scambiato la scuola per un centro di collocamento dei laureati italiani. Ovviamente tra gli elettori del centrodestra c’è un’idea favorevole della scuola privata, che non c’è tra quelli di centrosinistra ed è radicata l’idea che l’Italia vada male nelle rilevazioni internazionali perché a scuola insegnano i sessantottini laureati con il voto politico. Il rapporto tra occupazione e scuola nuoce alle tesi del centrosinistra, perché l’avvenire degli studenti non può essere confuso con quello dei professori, così come l’idea che il sistema sia in grado di assorbire 200.000 precari è di quelle che nessuno fa sue. Nel centrodestra, però, prevale un certo odio ideologico per tutto ciò che è sindacalizzato e un’indubbia faziosità nel difenderele proprie idee denigrando gli altri. E così vengono anche giustificati i ripetuti “insulti” che dal Governo e della maggioranza arrivano a docenti e dirigenti o la sottovalutazioni di azioni barbare come quella avvenuta ad Adro o una certa apologia della bocciatura, quasi che non fosse quella l’asse portante della dispersione.

 

Dove sta Zazà. Trovare una quadratura del cerchio per chi vuole solo affrontare la scuola in termini di contenuti e di efficacia è quasi impossibile. Se si danno aperture di credito alle tesi governative si viene dipinti come fiancheggiatori dell’Impero del Male; se si sostiene che i tagli orizzontali sono l’omicidio di ogni qualità certificata bisogna ascoltare una tiritera assordante contro i sindacati. Sono tra coloro che credono che la scuola debba abbandonare l’invettiva e mettersi a progettare, perché comunque è l’immobilismo e non l’innovazione (sia pure quella sgangherata del centrodestra) che la uccide. Se ad una brutta innovazione si risponde con l’invettiva o la protesta, la politicizzazione aumenta, se si risponde col progetto forse si fa capire a tutti qual è la strada giusta. Da oltre dieci anni sento parlare dal centrosinistra di “Riforme sbagliate” ma nessuno mi fa leggere quelle giuste, mentre dal centrodestra sento attacchi all’istruzione pubblica senza che venga spesa neppure una parola sulla bassa qualità della scuola privata italiana, rifugio dei precari in attesa dell’immissione un ruolo. La storia, però, ci dice che nel suo momento peggiore (leggi razziali, guerra, fascismo) l’Italia ha dato la risposta migliore (Resistenza). Io sono friulano e il Friuli Venezia Giulia è ancora ricordato per come ha reagito alla sua più grande catastrofe (il terremoto del 1976). Insomma penso si possa anche dire che “grande è la confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente”.


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