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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

CONTRO LE FALSE NOTIZIE
APPRENDERE L’ITALIANO: UN DOVERE E UN PIACERE

Dolente premessa Oggi alcuni studenti hanno chiesto a un docente quando saranno trasferiti. L’insegnante sovrapensiero ha replicato: dove? E loro ragazzi stranieri han detto: lo dicono tutti i giornali che ci tolgono da qui. Quel professore si è indignato e ha ricordato loro un libricino di uno storico famoso di quel Marc Bloch che analizzò come “Falsi racconti hanno sollevato le folle. Le false notizie, in tutta la molteplicità delle loro forme – semplici dicerie, imposture, leggende – hanno riempito la vita dell’umanità”. Bloch era rimasto colpito da quanto fosse devastante il reciproco accusarsi delle parti in conflitto di atrocità su donne e bambini riportato anche dal rapporto Bryce[i]. La propaganda non deve mai giocare sulle vite degli studenti e dei bambini! Si dica forte e chiaro che non sono in arrivo: ‘ghetti’ e tantomeno ‘segregazioni’ e ‘classi differenziali’. E chi scrive conosce bene che cos’è la persecuzione razziale.

I fatti emergono dalle storie da raccontare: Lui era arrivato da un paese lontano soltanto da due giorni, non conosceva l’italiano, ma fu accolto dai suoi nuovi compagni che gli regalarono righelli, quaderni, fumetti, dal suo nuovo banco vide la neve e apprese nuovi giochi e nuove conoscenze. Tutto vero. La scuola italiana è imbattibile per l’accoglienza degli studenti stranieri di cui si cerca in primo luogo il sorriso. Però: Lei era arrivata da un paese in guerra, diligente e attenta, curiosa e solerte era la prima della classe ma non sapeva l’italiano fu così che non ottenne il massimo dei voti eppure se li sarebbe meritati, non ebbe quella soddisfazione perché non aveva mai avuto la possibilità di frequentare un corso di lingua italiana per stranieri.

Il quadro normativo ipocrita. Oggi la legge italiana è iniqua giacché prevede che un giovane sia inserito in classe in ragione della sua età anagrafica: a 18 anni si sta in quinta liceo anche se non si conosce la lingua italiana e il resto dei programmi! Dunque il coro di indignazione per la mozione della Lega è sconsiderato in quanto chi protesta non solo evidentemente non ha letto il testo, ma nemmeno conosce il contesto. Quando in una classe qualsiasi vengono inseriti 11 stranieri di diversa provenienza e di varia alfabetizzazione su 19 alunni non si può non considerare l’impatto didattico.

La Convenzione di Lisbona. Noi ‘docenti fannulloni’ facciamo di tutto per  accogliere gli studenti spaesati; tuttavia  auspicheremmo che la Convenzione di Lisbona del 1997 (Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 2002) sia applicata integralmente il che vuol dire l’esclusione dell’ orribile automatismo tra età anagrafica e inserimento nelle classi come disgraziatamente previsto dal DPR 394/1999: è facoltà di ogni Stato provvedere alla ricognizione delle conoscenze di chi viene accolto (art. IV.1)![ii].

La mozione aspramente contestata non prevede ghetti. Basterebbe leggerla[iii]: “il diverso grado di alfabetizzazione linguistica si rivela quindi un ostacolo per gli studenti stranieri che devono affrontare lo studio e gli insegnamenti previsti nei programmi scolastici, e per gli alunni italiani che assistono a una «penalizzante riduzione dell'offerta didattica», a causa dei rallentamenti degli insegnamenti, dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli studenti stranieri tale situazione è ancora più evidente nelle classi che vedono la presenza di studenti provenienti da diversi Paesi, le cui specifiche esigenze personali sono anche caratterizzate dalle diversità culturali del Paese di origine, tanto da indurre gli insegnanti ad essere più tolleranti e meno rigorosi in merito alle valutazioni volte a stabilire i livelli di competenza acquisiti dagli alunni stranieri e italiani sulle singole discipline”. Non è un’opinione è un fatto noto ad altre nazioni e pertanto: “la maggior parte dei Paesi europei ha costruito luoghi d'apprendimento separati per i bambini immigrati, allo scopo di attuare un percorso breve o medio di alfabetizzazione culturale e linguistica del Paese accogliente”. La mozione incriminata è redatta per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri” pertanto propone di “istituire classi ponte, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti”. Il tutto per dar vita “all'attuazione di percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l'elaborazione di un curricolo formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, nonché dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza: a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente); b) sostegno alla vita democratica; c) interdipendenza mondiale; d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi; e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del paese accogliente; a prevedere l'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi”. Tutte le scuole hanno progetti di educazione alla legalità, tutti gli istituti –di ogni ordine e grado- adottano manuali di storia che sono fondamentalmente etnocentrici e se un legislatore intende abbattere l’etnocentrismo sia ben accolto. E ben venga una norma che preveda l’inserimento di tutti gli studenti in ragione delle loro conoscenze perché chi non conosce l’italiano non può frequentare la 5 liceo solo perché ha 18 anni. Per contro alcuni rappresentanti del PD avevano presentato un’altra mozione piena di buoni principi, ma con nessuna soluzione ove si invitava a seguire l’esempio della “scuola media statale sperimentale Giuseppe Mazzini di Roma che ha avviato, fin dal 1985, un percorso di integrazione interculturale in alcune sezioni miste con alunni italiani e stranieri, per facilitare il processo di apprendimento ed alfabetizzazione di questi ultimi tramite la compresenza in classe di due insegnanti, che svolgono il loro lavoro in contemporanea, soprattutto per le materie che richiedono una maggiore elaborazione teorica. Gli alunni stranieri, in genere, a seconda del livello di alfabetizzazione, vengono seguiti da un insegnante in una materia specifica, lungo un percorso semplificato ma del tutto simile a quello dei compagni italiani. Nessuna diversificazione nei programmi, anche perché alla fine del ciclo l'esame è lo stesso”. Purtroppo l’esempio non è pertinente perché non affronta il caso delle scuole secondarie superiori e perché già con il ministro Fioroni i fondi per l’accoglienza degli stranieri sono stati tagliati e sarebbe comunque finanziariamente impossibile avere 2 docenti per classe nel sistema dell’istruzione tecnica e professionale nonché in quello dei licei. In Francia, dal 2003, esistono test di comprensione della lingua francese[iv], la Svizzera che dal 1991 ha aderito alle Convenzioni europee sulla Scuola prevede prove linguistiche per l’accesso[v] e così pure in Germania[vi] e in Inghilterra[vii]. Quanti oggi gridano e paventano la nascita di un nuovo apartheid sembrano non conoscere sia le realtà europee sia i contesti italiani: non si costruisce una scuola di qualità facendo finta di ignorare le questioni che solleva la norma che permette l’inserimento degli studenti stranieri in qualsiasi tipo di classe indipendentemente dalle loro conoscenze; non si aiutano i giovani degli altri paesi concedendo loro diplomi conseguiti senza conoscenze.

Il Veneto. In questa Regione si concentrano in media l’11% di allievi stranieri con picchi per singole realtà locali di anche il 70% di studenti per classe e per un quadro nazionale si può consultare il dossier del MIUR[viii]. Non stupisce che la conferenza dei servizi di Treviso del 2006 abbia già analizzato la situazione[ix] e così pure è stato fatto a Vicenza[x], attività questa sviluppatasi anche nel 2003[xi]. Queste analisi sono corroborate dal gruppo di Franco Pittau che afferma “Il concetto dell’integrazione è sbiadito, perché non ci siamo ancora convinti che il fenomeno dell’immigrazione è diventato strutturale ormai da molti anni. Il nostro atteggiamento è incerto è contraddittorio: da alcuni indagini risulta che il 30% degli intervistati pensa che l’Europa debba difendersi da contaminazioni esterne e che circa il 60% ritiene giustificata la paura nei confronti degli immigrati e li considera la causa principale dell’aumento della violenza”[xii].

L’iniziativa di Vicenza. In questo quadro la proposta dell’assesore Martini di istituire classi propedeutiche per l’apprendimento della lingua italiana, classi in cui possano operare docenti laureati che sanno insegnare l’italiano agli stranieri non ha alcun principio razzista anche perché quella prospettiva prevede che gli studenti stranieri partecipino al più gran numero di lezioni comuni possibile (matematica, tecnologia, laboratorio, inglese etc..). Davvero non si vede perché questa possibilità debba essere accantonata visto che è a vantaggio degli stranieri e che dimostra un maggior impegno della Scuola italiana. Ovviamente son possibili molte scorciatoie meno onerose, però…

Gli indifferenti. Negli ultimi anni è stata costruita una didattica dell’indifferenza che maschera con la compassione la natura dei problemi che insorgono nell’organizzare il giusto diritto-dovere di studiare anche per chi non è nato in Italia e questa caritatevole indifferenza può essere fonte di un sottile e ipocrita razzismo. Si intervenga subito senza demagogia per far in modo che nelle classi ci siano studenti in grado di comprendere le lezioni. P.S. Chi scrive non è un elettore della Lega.

Piero Morpurgo


 

 


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