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La questione della personalizzazione
ovvero la metafora dell’arciere

 

L’arciere, prima di lanciare una freccia, deve costruirsi un arco efficiente (fatto a regola d’arte) ed efficace (adatto per un lancio ottimale); successivamente potrà costruire o scegliere la freccia per scagliarla verso il bersaglio ambito che potrà colpire ma…  solo se l’arco è ben fatto! Con lo stesso arco potrà colpire anche altri bersagli, a seconda delle sue necessità e delle sue scelte! Potrà anche essere fornito delle frecce più appuntite, ma… se l’arco è difettoso, difficilmente riuscirà nei suoi tentativi!

Fuor di metafora, il nuovo nato deve preparare nel suo primo sviluppo/crescita l’arco di quelle competenze di base che gli sono essenziali rispetto a qualsiasi altra successiva scelta mirata egli dovrà fare! Ma il nuovo nato non può scegliere personalmente qual è l’arco che utilizzerà per le sue frecce né può costruirlo da solo: è il mondo adulto che sa come si costruiscono gli archi! E’ la società che affida alla scuola di base, ad un primo ciclo di istruzione, il compito di sostenere il bambino in questa non facile costruzione! E quando l’adolescente avrà acquisito e consolidato queste competenze di base, che sono largamente eguali per tutti – fatta salva, ovviamente, l’incessante evoluzione a cui la nostra società avanzata le sottopone – allora soltanto potrà personalmente scegliere come utilizzare il suo arco, quali scelte operare e quali bersagli colpire.

In altre parole, può parlarsi di personalizzazione, solo quando un soggetto dispone di una solida preparazione di base: nel secondo ciclo di istruzione, quindi, mai in un primo ciclo.

A questo livello primario, per tutto ciò che concerne l’istruzione e la formazione di base, non è il bambino che sceglie e neanche la sua famiglia. E’ la scuola che a tale riguardo ha un ruolo “prevalente”, istituzionale, culturale ed una specifica competenza professionale! E’ la scuola che opera le scelte necessarie. E’ la scuola che, nella sua autonomia, deve saper leggere, interpretare e decodificare le esigenze delle famiglie e dei bambini per svolgere al meglio il suo compito di educare, istruire e formare, come vuole il DPR 275/99, art. 1, c. 2.

Se la scuola accogliesse tali esigenze per quello che sono, senza vagliarle e senza tradurle in progetti educativi, non sarebbe più scuola, ma solo un’area di servizio dove si “vendono” i più disparati prodotti!

 

Roma, febbraio 2004

Maurizio Tiriticco


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