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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

A.S. 2004-2005. In memoria del tempo pieno
(Ogni riferimento alla realtà, a persone e a fatti è puramente casuale)

 

Ora sono una maestra dell’era Moratti.

Ricordo i miei giorni di scuola in un vecchio tempo pieno.

Ero una bambina timida, un po’ imbranata.

Le mie due maestre erano amiche.

Lo rammento bene: spesso le vedevo lavorare insieme sorridendosi e lanciandosi complici occhiatine. Mi piaceva quel modo che avevano di stare in classe chiacchierando fra di loro e con le/i bambine/i. Si sedevano in mezzo a noi e parlavamo in circolo di ciò che avevamo imparato quella settimana. Se qualcuna/o si comportava male durante la riflessione collettiva, sapevano sempre come ricondurla/o a partecipare e a interessarsi…Erano diverse, le mie maestre, ma quando si trattava di noi sceglievano sempre una strada che conduceva in direzione dell’ aiuto e del superamento dell’ostacolo. Mi sentivo sicura con loro: non venivo "sballottata" come a casa, dove mamma e babbo avevano due linee educative opposte.

Una leggeva storie e l’altra prendeva appunti su quanto dicevamo noi bambine/i: non mi sentivo più sola quando tutte e due mi sorridevano incoraggiandomi a parlare con quel loro sguardo assorto e intento a ciò che usciva dalla mia bocca!

La maestra di italiano preparava dei bianchi cartelloni su cui scriveva le più belle osservazioni emerse dalle conversazioni e le leggeva con quella voce amica e gratificante: le frasi più belle di ognuna/o campeggiavano in rosso, blu, verde…Ci voleva tanto tempo, ore, ma ognuna/o di noi ritrovava il proprio contributo colorato in un angolino dell’ampio foglio appeso là in bella vista. Tutte/i applaudivano, ad ogni lettura, spellandosi le mani! Ricordo un compagno rubicondo che sembrava gonfiarsi a mo’ di mongolfiera e involarsi ogni volta che riceveva il consueto applauso!

La maestra di matematica selezionava alcune parole tra quelle scritte sui cartelloni e, insieme con le/i bambine/i, le classificava, le ordinava, le riutilizzava per fare problemi, lavorare con gli insiemi, per porsi domande.

C’erano i cartelloni delle parole del tempo, dello spazio, delle quantità, delle cause e delle conseguenze…: non una parola mi era sconosciuta! Prima di vederle scritte, le avevo "vissute", scoperte, studiate con le mie due maestre e le/i compagne/i… magari "conosciute" durante una passeggiata in campagna quando i ciliegi erano in fiore al limitare della città…camminando per la strada, con le due maestre, che andavano avanti e indietro lungo la fila nostra scalcagnata e vociante, sudate, preoccupate per la sicurezza di ognuna/o di noi, e intanto si faceva il gioco del "come" su ciò che si vedeva, sulle meraviglie che ben si conoscevano, ma che non si erano mai osservate prima, senza le maestre amiche, senza quelle due che ne sapevano una più del diavolo e si sgolavano a parlarci e a "nominare" qualsiasi elemento del paesaggio fra lo stupore dei passanti!

Sbocciavano strane associazioni, similitudini poetiche…e ognuna suscitava una esclamazione di meraviglia da parte di quelle due affannate ad ascoltarci e a controllarci, e allora dai a creare le espressioni più stravaganti per sbalordirle e lasciarle senza fiato! Tutte/i noi sapevamo che sarebbero diventate poesie e problemi, testi collettivi e composizioni individuali…

Poi avremmo lavorato in scienze su quanto esplorato e raccolto, e in storia e geografia sui tempi e i percorsi di quelle uscite e in musica avremmo trovato melodie e canzoni per raccontare le sensazioni vissute, e in palestra si sarebbe usato il corpo per interpretare le emozioni, le "cose"…La maestra di italiano era un segugio quando si trattava di trovare testi d’ autore che raccontavano, con le parole magiche degli scrittori e delle scrittrici, le stesse esperienze che noi vivevano insieme, e poi via…a esprimere le nostre osservazioni sui testi letti. Lei, la maestra, ascoltava a bocca aperta quello che noi bambine/i dicevamo e quando arrivava la maestra di matematica le si raccontava tutto e le si mostravano i quaderni pieni di "capolavori", poi anche lei ricominciava a riempire cartelloni con le nostre osservazioni scientifiche e le ipotesi da verificare...

Spesso l’aula diventava un laboratorio per creare: a coppie si stava ore a formare catene di parole, a scovarne di nuove sul dizionario dei sinonimi e dei contrari, ad assemblarle in versi o nei racconti delle nostre esperienze cercando di esprimere i vissuti attraverso i cinque sensi a cui le due maestre tenevano tanto: ogni senso andava attivato più quello del "terzo occhio"…allora l’immaginazione si scatenava e le parole volavano alto!

A piccoli gruppi si formulavano ipotesi sulla misura, sulle proprietà delle operazioni, si inventavano strumenti, si disegnavano schemi…Si studiava insieme, ci si interrogava e tutte due le maestre si annotavano le scoperte fatte da noi e da queste partivamo il giorno dopo per nuove strade della conoscenza…

Noi avevano appreso presto a lavorare in team, prendendo appunti, a teatro, in gita, durante le uscite ai giardini…eravamo organizzati a gruppetti, ognuno dei quali aveva il compito di registrare sinteticamente quanto era stato convenuto su piccoli blocchi di fogli…ci si divertiva…qualcuno faceva fare agli altri, ma alla fine veniva colto in fallo e sollecitato a non restarsene ai margini…Tutto ciò che veniva registrato era di importanza capitale per le due maestre che immancabilmente non lasciavano cadere alcun appunto, anche i più strampalati!

E attorno a quegli appunti si lavorava con un fervore e una determinazione degni di grandi scrittori, inventori, matematici, così la corretta ortografia e un’ espressione fluida venivano ricercate da tutte/i per farsi intendere da quelle/i dei gruppi di lavoro impegnati su altri argomenti. E si facevano le relazioni e le conferenze ai compagni e alle compagne che stavano a bocca aperta ad ascoltare, poi ci mettevamo vicendevolmente e seriamente in imbarazzo con domande "maligne" ogni qualvolta si riusciva a individuare un punto debole nelle esposizioni degli altri. Allora dai a perfezionarsi!

Ci sentivamo un’unica grande famiglia, a volte un po’ sgangherata, ma molto unita nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte! Alle scuole medie non ebbi alcun problema di relazione con le compagne e i compagni nuovi tanto ero abituata a rapportarmi con chiunque e con ogni tipo di modalità d’approccio!

Ricordo anche le sfuriate che a volte ricorrevano, quando le maestre si accorgevano che un bambino si lasciava andare, non collaborava, si arrendeva o adagiava per le cause più disparate…In quei momenti sentivo un grande dispiacere, ma mi accorgevo che anche le maestre stavano male, diventavano rosse come peperoni, con gli occhi che si incupivano e poi luccicavano come se avessero voglia di piangere, ma tutto passava ed esse tornavano più combattive di prima a frullare parole numeri esperimenti movimenti musiche pitture disegni schemi appunti metafore ortografia storia geografia sintassi verbi tabelline…Il tutto collegato, il tutto significativo per tutte/i, bravi e meno bravi…

Ricordo lo sforzo che avevo fatto per imparare a studiare…immane! A casa, era così difficile trovare uno spazio per leggere e riflettere, ma a scuola le mie maestre sembravano essere unite da un filo invisibile: quando non c’era una, l’altra sapeva comunque tutte le difficoltà che un bambino aveva incontrato in ogni segmento della sua vita quotidiana, quindi riprendeva da dove l’altra aveva interrotto la comunicazione e ci aiutava a impadronirci dei testi di studio, a scoprire il nostro stile di approccio alla pagina scritta e agli ostacoli che presentava… fra compagni,

erano interminabili e divertenti gli scambi di informazioni sul metodo di studio individuato come vincente! Alla fine ci guardavamo in faccia stupefatti: insieme riuscivamo ad imparare qualsiasi cosa!

Rammento anche il momento delle valutazioni: chi stava peggio erano quelle due!

Si affannavano a renderci forti, a sopportare qualche insuccesso, a motivarlo, a sostenere…qualche minaccia la ricordo, ma soprattutto non ho scordato la determinazione con cui le mie maestre si incaponivano a fornirci altre possibilità di rimediare, anche nel corso di un’unica giornata di scuola: si usciva sempre con la sensazione di essere in grado di superare qualsiasi ostacolo.

Se la mattina era andata male in matematica, sicuramente il pomeriggio una qualche sorpresa positiva ci era riservata in ginnastica o in storia o che so io!! Quelle due sicuramente si suggerivano giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto il comportamento da tenere con quella o quello di noi che si era sentito un po’ sconfitto!

Ora sono una maestra dell’era Moratti: tengo "monitorati" i miei alunni e le mie alunne, sto compilando il portfoglio dopo essermi consultata con quelle docenti e quei docenti che mi ruotano attorno nei laboratori, sono da sola quando decido di fare un’uscita, sono da sola a insegnare quasi tutto, nessuno mi sorride e sorride ai bambini quando sono impegnata a registrare le loro osservazioni, nessuno mi consola quando mi pare di non avere imboccato la strada giusta con quella o quel bambino. Devo avere cento occhi e cento orecchi…ma sono soltanto i miei! Sono da sola fra altre sole/i con cui devo tenere contatti per definire e progettare strategie di intervento personalizzato, ma l’unica a "conoscere" minuto per minuto le bambine e i bambini sono rimasta io.

Molte alunne e alunni frequentano attività pomeridiane (le chiamano ancora "tempo pieno":sarà, ma non mi pare!), comunque so ben poco di cosa accade loro…

So ben poco di come, quando e con chi studieranno al ritorno a casa…

22 febbraio 2002

Claudia Fanti


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