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La gestalt nella prospettiva dello strutturalismo didattico
Temi e pretesti per una discussione sulle aporie del concetto di "apprendimento intuitivo"

(dedicato al mio caro Maestro preg.mo Prof. Mario Manno)

di Gianfranco Purpi

Nel presente articolo verremo svolgendo alcune riflessioni sul concetto di "gestalt" e sulle prospettive epistemologiche che tale concetto richiama anche in considerazione delle aporie del concetto cosiddetto di "apprendimento intuitivo", che, a nostro avviso, si pone sempre quale travisamento ideologico delle necessità teoretiche e delle realizzazioni prassiche dei diversi modelli d'insegnamento comunque riconducibili agli indirizzi psicopedagogici cognitivisti.

  Procederemo nella discussione attraverso punti preliminari di analisi che introdurranno e cercheranno di legittimare una argomentata sintesi di conclusione:

-#: Tutte le teorizzazioni che (pur nelle loro specifiche fisionomie e formulazioni teoretiche e modellistiche) si possono riconoscere nell'indirizzo della gestalt, chiaramente vengono a presupporre una psicologia della conoscenza in cui i preliminari approcci percettivo/rappresentativi e simbolico/linguistici di un soggetto in interazione/transazione con una data realtà di ambiente percettivo, vengono a porsi all'insegna dell'immediatezza ricettiva ed intuitiva dell'insieme ontologico sincreticamente/globalmente acquisito  (e non già preliminarmente definito in quanto analiticità e rappresentazione linguistico/simbolica categoriale).

-#: Ovviamente, tali primi approcci cognitivo/rappresentativi del soggetto, nel suo rapporto con il flusso comunicazionale e con l'universo di relazione del proprio ambiente di riferimento (del proprio spazio di libero movimento psicologico), si pongono a carattere intuitivo... ma non possono risultare ... apprendimento intuitivo  (bensì, si pongono quale momento/aspetto cognitivo preliminare all'apprendimento che da tale momento/aspetto genetico andrà svolgendosi, sinergicamente, in quanto processualità deduttivo/sistematica ed induttivo/astraente).

  Mario Manno ci parlerebbe di ciò in quanto serie articolata e dialettica di comportamenti trascendentali grazie a cui procedere verso "risposte comportamentali" e "linguaggi/apprendimenti" ulteriori/eccedenti rispetto ai condizionamenti ed alle esperienze del presente e del futuro; grazie a cui,cioè a dire, poter conservare/controllare/progettare/interpretare/trasformare il proprio universo esperenziale ed il proprio cum/scire  (quel "sapere intersoggettivo", in cui da sempre siamo integrati...) in ragione di risposte apprenditive e linguaggi/comportamenti sempre da ricercare/strutturare nei termini della trasmissibilità/partecipabilità/condivisibilità/consensualizzabilità/allargabilità in raffronto al maggior numero possibile di persone; all'erga omnes dell'ideale regolativo di una società ecumenica; autenticamente democratica; da bene comune; che non si raggiunge mai una volta per tutte e che non sta mai da qualche parte; dunque, in ragione delle necessità di legittimare sempre criticisticamente tale nostro esperire che solo può condurre l'uomo a farsi persona; ecc. ; e sempre considerando che ogni cum/scire ed ogni produttività cognitiva non possono non porsi quale strumento per continui evolutivi ulteriori/eccedenti "comportamenti trascendentali" in questione.

-#: Questa processualità apprenditiva si rivela, comunque sia, costitutiva delle seguenti dimensioni funzionali, diacronico/sincroniche  (riferendomi, così, a definizioni di R. Titone; o anche a prospettive di analisi di professori della mia formazione palermitana come P. Cammarota; o comunque a posizioni di gente come Hilgard, Hill, per arrivare ai compendi di Ravaglioli, di Petracchi, di Boscolo, della Pontecorvo, della Ballanti; e, quindi, alle definizioni ermetiche di Scurati):

-: la dimensione della totalità" (che rivela l'apprendimento come prassi che coinvolge e sollecita la funzionalità di ogni area ed aspetto della personalità; dunque di ogni aspetto/forma/operatorietà di pensiero e di cognitività intellettiva; ecc.) ;

-: la dimensione della "globalità" (che rivela il significato di come ogni contenuto cognitivo ed ogni effetto di relazionalità socio/ambientale; di funzione docente; ecc. ; abbiano sempre a sollecitare, tra l'altro, tutte le diverse funzioni cognitivo/intellettive e, quindi, ogni aspetto costitutivo ed ogni area di formazione della personalità);

-: la dimensione della "motivazione" (che rivela la mobilitazione, nel soggetto che apprende, di differenziate curiosità, di diversificati interessi, e quindi, di ogni specifica funzionalità cognitivo/apprenditiva; ecc.) ;

-: la dimensione dello "sviluppo e della riorganizzazione" (ciò, che, comunque sia, configura ogni apprendimento quale sintesi medianica, auspicabilmente organica, integrale, integrativa di schemi, dati, capacità, abilità, competenze, padronanze, oggettualità, strutture dell'apprendimento presente; con quelli degli apprendimenti precedenti; dunque, con le caratterizzazioni dell'identità culturale, antropologica, di sviluppo/maturazione e, dunque, storico/esistenziale del soggetto stesso che apprende; ecc.) .

     Premesso ciò, risulta evidente come una data conoscenza (preliminare e sollecitante apprendimenti...) potrà ovviamente configurarsi ed anche risultare interpretabile  (alla luce delle prospettive teoretiche e prassiche della psicologia della gestalt)  in quanto iniziale generativa conoscenza intuizionistico/sincretico/globalizzante di ogni dato storico e socio/relazionale di riferimento alla realtà; purnondimento ogni apprendimento, in quanto tale, non potrà identificarsi e riconoscersi in quanto... apprendimento intuitivo; bensì, com'è ovvio, si porrà quale sintesi processuale di plurime diverse fattorialità, funzionalità e dimensionalità  (se è vero, come mi pare vero, che la persona è sempre dispositivo strutturale e sistemico di funzioni e di aspetti costitutivi); e, proprio da tale produttività intuizionistica immediata, di prima istanza, generativa della conoscenza di una data rappresentazione linguistico/simbolico/astraente della realtà, dovrà avviare processi operatori/combinatori/produttivi  ("oltre l'informazione" di partenza) che si cimentino in categorizzazioni, in ulteriori simbolizzazioni, in ulteriori sintesi sistematico/concettualizzanti; ecc. (id est, in approcci, al postutto, anche, ma non solo, deduttivo/sistematici; ancorchè, nello stesso tempo e per lo stesso motivo, induttivo/generalizzanti).

Sulla base dei presupposti psicopedagogici sopra profilati, sembra ovvio e legittimabile giungere alle seguenti definizioni (sic et non...) :

-#: Un apprendimento in quanto tale (a prescindere dall'ambiguità della semantica e/o dall'aleatorietà di eventuali definizioni ricorrenti)  non può che risultare  (proprio per porsi in quanto apprendimento)  comunque produttivo di capacità, abilità, strutture cognitive, conoscenze specifiche, atteggiamenti, linguaggi/comportamenti, ecc. (insomma, di prodotti tra quelli, per fare un esempio, di guilfordiana rappresentazione tassonomica e "cubica"...) , tali da poter configurarsi quale acquisto di nuova disposizione psichica e quale processualità di presenti e futuri generativi (sempre ulteriori/eccedenti) transfert diacronico/sincronici, in successive prassi di conoscenza/apprendimento e, quindi, anche (tra l'altro) in futuri ulteriori  "martellamenti"  di gestalt.

-#: Una gestalt iniziale generativa; e dunque il pensiero intuitivo che la verrebbe a produrre/rappresentare ad un soggetto; non si possono acquisire senza preliminari (strumentali/genetici/generativi) "forti" ed "explanantes" approcci e contenuti di pensiero deduttivo/sistematici (ancorchè, nello stesso tempo e per lo stesso motivo, sinergicamente induttivo/empiriocritici/fenomelogici; ecc.) .

-#: Una gestalt iniziale generativa; e dunque il pensiero intuitivo che la verrebbe a produrre/rappresentare ad un soggetto; non possono non porsi quali contenuti e funzionalità immediatamente acquisibili dal campo di coscienza (sollecitanti apprendimento; non essi stessi, tout court, "apprendimento"); e quale risultato di pensiero intuitivo, di prima istanza; presupponenti (pur nella immediatezza dell'atto del loro porsi),  e  poi  SOLLECITANTI, strumentali/generativi (nonché combinatori/operazionali; deduttivo/sistematici; analitico/categoriali;

induttivo/astraenti; generalizzanti/sintetizzanti)     processi di funzionalità cognitivo/intellettiva risultanti in questo senso prassi di apprendimento (... apprendimenti, per ciò stesso, non già "intuitivi"; ovvero, non già soltanto intuitivi; a seconda dei punti di vista epistemologici/gnoseologici di analisi dei fenomeni in questione ecc. ; e, peraltro, apprendimenti che, a nostro avviso, si pongono sempre, proprio per questo, in quanto processuale operatorietà complessa/integrale ed organicistico/olistico/totalizzante).

-#: In ogni caso, dunque, una rappresentazione linguistico/simbolizzante e semantico/sintattica di gestalt, non può non porsi (nello stesso tempo e per lo stesso motivo) in quanto PUR SEMPRE induttività/deduttività cognitiva  laddove il suo specifico  (per risultare gestalt; cioè conoscenza intuita immediatamente e attraverso esercizio di pensiero intuitivo) non risulta ,ovviamente, come si è sopra premesso, il suo porsi in quanto """apprendimento intuitivo""" ; bensì il suo essersi configurata al "campo di coscienza" del soggetto acquisente attraverso procedimenti logico/concettuali di definizione astraente/produttiva immediata (con la "via" della  "mano sinistra", per dirla con J. Bruner) e non già attraverso il progressivo articolarsi di procedimenti logico/concettuali e di processi ipotetico/deduttivi discorsivamente articolati.

   In questo senso, per semplificare al massimo, diciamo che la "via" cognitivo/intellettiva della rappresentazione di essa gestalt, risulta quella immediata del  "pensiero intuitivo"  (cioè, quella che determina processi di conoscenza intuitiva; vale a dire processi pur sempre di induzione/deduzione purnondimeno connotati da prassi operatorie/combinatorie DI  IMMEDIATEZZA  TEMPORALE); e non già quella  "via"  cartesianamente articolata  (di "logica" rettilineo/unilineare; d'identità e non contraddizione)  TIPICA del pensiero logico/discorsivo sillogisticamente configurantesi.

  Ciò fermo restando, purnondimeno, che il contenuto cognitivo (percettivo/rappresentativo; concettuale/generalizzante; astratto/astraente; ecc.) che la gestalt viene a porre alla coscienzialità ed alla consapevolezza produttiva del soggetto acquisitivo;  non può non porsi, comunque sia, in quanto contenuto/cognitivo/da/avviare/a/deduttività  (ovvero, nello stesso tempo e per lo stesso motivo, ad induttività, in modo combinatorio ed analitico/sintetico);   ... SOLTANTO COSI' DA POTER CONFIGURARE E STRUTTURARE PER LE OPERAZIONI DI TRANSFERT DIACRONICO/SINCRONICO.

  In ogni caso, essa gestalt non può non risultare contenuto cognitivo emergente da processo di razionalità e da prospettare in termini di operatorietà razionale induttivo/astraente; deduttiva; ipotetico/deduttiva; analitico/sintetica; sistematico/concettualizzante ;  ecc.  (a prescindere, dunque, dal fatto che la razionalità che ha dato luogo a tale prodotto cognitivo di gestalt, sia stata quella del pensiero/pensare immediatamente intuitivo/aprioristico; o estetico/generalizzante; ovvero sincretico/globalizzante; e non già la razionalità  logico/discorsiva della progressione analitica introduttiva; ecc.) .

  In questo senso, si vorrà convenire sul fatto che, comunque sia, ogni funzionalità intellettivo/cognitiva ed ogni produttività coscienziale e di consapevolezza riflessa (ogni esperienza consapevole); nonchè tutte le produttività di linguaggio/comportamento e di conoscenza immediata intuitiva (dunque, anche ogni gestalt, tra l'altro...) ;

          non possono non porsi quale prodotto intellettivo/cognitivo del pensiero e del pensare che ha mediato trascendentalmente ogni dato storico percettivo, intuitivo, cognitivo,  di riferimento al reale ("interno" ovvero "esterno" alla soggettività umana; di carattere logico/concettuale/discorsivo; ipotetico/deduttivo; ovvero emotivo/pulsionale; ovvero di immediata percezione;  che comunque sia stato registrato dal campo di coscienza; altrimenti ogni dato stesso sarebbe  “non/essere” … e non reale per l'Umano; sarebbe,cioè a dire, opaca mera onticità che non ci è dato nemmeno di avvertire).

  ... Ciò, dunque, tranne a voler concludere che una data gestalt acquisita/coscienzializzata; dunque, oggetto/di/ricezione/immediata,  abbia a dover rimanere  (ammesso che il dinamismo psichico e la sua intrinseca complessità/strutturalità funzionale lo avessero a consentire...)  non avviata a transfert diacronico/sincronico, e, peraltro, abbia a "prescindere" dalle leggi dell'apprendimento in quanto tale, a cui si è prima accennato.

  In questo senso, si capisce bene come, di sè e per sè, una gestalt acquisita nell'immediatezza del suo porsi coscienziale linguisticamente/rappresentato (di "primo acchitto") ...  non può mai configurarsi e definirsi in quanto apprendimento  "tout court" ; bensì, originariamente, viene a individuarsi quale prodotto cognitivo immediatamente rappresentato/rappresentabile attraverso i linguaggi/simboli del pensiero/pensare ed in quanto pensiero/pensare di un soggetto che/dovrà/apprendere; dunque, attraverso attività combinatorie/operatorie "genetiche" di immediata produzione e di "non consapevole" processuale prassi pur sempre cognitivo/intellettiva dell'attività razionale  (direbbe M. Blanco: di logica razionale inconscia dei  "cerchi concentrici" alimentata dalla pulsionalità "rappresentativa"; ecc.) .

#: ... Accostandoci, per esempio, ai significati essenziali della teoria della scienza di Popper, risulta illuminante considerare come l'ipotesi e la congettura/confutazione vengano pur sempre a collocarsi entro un contesto di razionalizzazione scientifico/sperimentale e, proprio per questo, di "apprendimento deduttivo/sistematico"  (nell'articolarsi di confutazioni e intuizioni continue di ipotesi stesse... nel segno della processualità epistemologica tipica della logica deduttivo/sistematica; ipotetico/deduttiva; o, da induttivismo "scaltrito" che chiamar si voglia, per dirla con Evandro Agazzi).

  Ciò, che induce a considerare, per questo, che:

-: Non si può non convenire sull'evidenza che la natura, la significanza, la produttività e la processualità generative/produttive in prima istanza dell'ipotesi/congettura popperiana e di ogni conseguente laboriosità intellettiva criticamente fondata e scientificamente condotta, non possono non rinvenire la genetica configurazione illuminante in una meravigliosa (da stupore) primordiale immediata, intuitiva/intuitivizzante produzione di pensiero sincretico/totalizzante (dunque, anche ermeneutico; e sicuramente a guisa di gestalt...) .

-:  Questa gestalt (vera e propria produzione immediata congetturale/ipotetica; ancorchè metaforica; ecc.)  non può che presupporre il lavorìo e la razionalizzazione preliminare di tutte le produzioni analitico/fattoriali e deduttivo/induttive della funzionalità cognitivo/intellettiva (ma anche pulsionale/emozionale; ecc.) che abbiano a poter strutturare ed abbiano a rendere operativi (strumentalmente/teleologicamente/normativamente...)  tutti gli  “explanantes”... grazie a cui, potrà poi avvenire il "miracolo" della gestalt/ipotesi/congettura  immediatamente intuita.

  …E questo... tranne a  voler, con stoltezza immane, collocare l'intuizione (la "gestalt"...)  generativa e primordiale dell'ipotesi/congettura stessa popperiana entro i recinti di un marchianamente aporetico ed ideologico "apprendimento intuitivo"  (che, non potrebbe non rifluire assurdamente entro le secche di un intuizionismo vitalistico di mistica pessima fattura irrazionalizzante... ; andando a riabbracciare talune filosofie del Ganz; ovvero prospettive da realismo ingenuo; o pur anche prospettive trascendentistiche tipiche di quel "dualismo" spiritualistico che vorrebbe sempre "scindere" la Ragione Filosofica da quella Scientifica; ed offrirci "scienze dello spirito" e "scienze della natura" quali conoscenze di discriminante teoreticità/"scientificità"; e legittimare, così, la criticità/scientificità di sapere soltanto per le scienze della natura, assegnando le scienze dello spirito alla speculazione contemplativa del "saggio/di/turno"; id est, dei "ladroni/di/potere" di turno; dei "gruppi di controllo" althusseriani che hanno il potere esclusivo della "costruzione" del "consenso" di Tutti; della gestione degli apparati ideologici di Stato “globalizzanti”; della "microfisica" del Pubblico "sociologico" frammentarizzato dai localismi "microstatuali" ; delle territorialità "pseudoautonomistiche"; e, quindi, del Privato familiare più intimistico" che mai; dunque, di un Potere tipico della Società Politica del Post/Moderno, dai "valori deboli", in cui, al postutto, si vuole azzerare persino l'idea di soggettività umana autentica; ecc.) .

... Dire che la gestalt produce e sollecita "apprendimenti intuitivi"... è come asserire che "il fanciullo è tutto intuizione, fantasia e sentimento"  (... la logica della mistificazione riduttiva ed alienante è sempre dietro l'angolo, "teleologicamente"...) !!!

-#: CONCLUSIONE:

  Ad ulteriore legittimazione del nostro discorso, non ci sembra inutile concludere (ed ovviamente convenire) con alcuni stralci sulla materia in questione ricavati da: Mario Manno, Ricerche per una teoria generale dell'educazione, Peloritana Editrice, Messina 1971  (stralci, questi, di lampante attualità ancora oggi, nel contesto dei contributi più recenti della ricerca psicopedagogica; fermo restando che le significanze strutturali e descrittive dell'esposizione sono state, poi, più volte riproposte dallo stesso Autore nella pregevole produzione degli anni successivi; e premesso che risulta imprescindibile, per noi, l'accostarsi alle introduzioni del Nostro in: -J. Bruner, Il conoscere. saggi per la mano sinistra, trad. dallo stesso Manno; Ed. Armando, Roma 1968; ed in : -Id. , Studi sullo sviluppo cognitivo, ibidem. ;  fino ad arrivare ai temi delle più mature compiute teorizzazioni del suo “personalismo critico” (a mio avviso tale,anche perchè “storico/storicistico”; anzi…proprio perchè storico/storicistico, ecc.;  rinvenibili in: M. Manno, La persona come metafora, Brescia, La Scuola 1998).

  Così, veniamo senza indugi a ribadire che:

  """Superando il presupposto idealistico (da Vico a Croce, da Hegel a Gentile) in base al quale l'essenza dell'uomo sarebbe la sua spiritualità come conoscenza e creatività, ed in base al quale la spiritualità s'esprime dapprima come sensibilità, quindi come attività pratica o scientifica, ed infine come pensiero puro o razionale;

   superando  -in conseguenza-  il presupposto gnoseologico di cui al comma tre dei Programmi del 55  (il mondo concreto del fanciullo  -cioè il suo "linguaggio"-  come  "tutto intuizione, sentimento e fantasia") ;

    ne viene che la "razionalità"  (intesa come "discorsività") e la "conoscenza" (intesa come risposta ai condizionamenti ambientali, risposta che -però- tende a trasformare l'ambiente nel futuro, in quanto risposta a condizionamenti possibili)  sono insite in ogni fase dello sviluppo dell'educando, e non soltanto in una presunta terza fase, quella della sintesi (Decroly, Cleparède), o quella delle strutture logiche (Piaget).

  Se conoscere significa manipolare e trasformare il mondo (cioè, l'ambiente), il carattere sentimentale, fantastico, intuitivo del linguaggio infantile esprime non una struttura caratteristica di questa fase iniziale ma un aspetto tipico, una tipicizzazione linguistica: il "processo cognitivo" si esprime prevalentemente con termini fantastici, con sintassi alogiche, con "segni" intuitivi o di riferimento immediato, non perchè lo "Spirito" si stia esprimendo come una soggettività (o come "arte", o come "aurora dello Spirito", o come "pensiero primitivo" o "selvaggio"), ma perchè la forza operazionale dei "segni" e delle incipienti "simbolizzazioni"  è  relativa ad un ristretto campo d'esperienza, e quindi non necessita di forti astrazioni, di quelle astrazioni di cui deve necessitare il linguaggio dell'adulto, non perchè nell'adulto sia mutata la struttura dello Spirito che in esso palpita, ma perchè l'adulto ha un campo d'esperienza più vasto, e quindi ha bisogno d'un maggiore potere di controllo.

  Il fine dell'educazione è la capacità d'esercitare un controllo sull'ambiente. Controllare l'ambiente significa prevederne i condizionamenti, le richieste, le pressioni, e, conseguentemente, esser pronti alle relative risposte, quelle risposte efficienti e produttive che vadano oltre una mera adeguazione all'ambiente e realizzino una intelligente o personale (e dunque "sociale"!) trasformazione o integrazione dell'ambiente.

  Il pensiero è lo strumento di tale controllo.

  Educare, allora, significa educare al pensiero,cioè educare a pensare.

  Ma il pensiero è un'attività fortemente economica (per dirla col Dewey), se conserva il passato e prevede il futuro.

  Educare, allora, implica un insegnamento che conduca l'educando dalle sue prime espressioni linguistiche (cioè dalle sue prime e primitive capacità di controllo sull'ambiente) verso espressioni linguistiche più mature,cioè più potenti, dove, appunto, la "potenza" è dovuta alla capacità astraente del linguaggio.

  Educare, significa far abituare l'educando al possesso ed all'uso d'un linguaggio sempre più astraente ed astratto, astratto non nel senso comune della parola  ("fuori dalla realtà", "non impegnato", "distratto", ecc.) , ma nel senso della semantica contemporanea :  "astratto" significa capace sempre più di conservare esperienze passate e prevedere esperienze future.

  L'insegnamento, dunque, in un primo ciclo, non deve presumere che il fanciullo sia  "tutto intuizione, fantasia, sentimento", ma deve presupporre che l'educando sia razionalità e processo cognitivo, anche se esprimentesi  prevalentemente con segni di tipo intuitivo e fantastico.

  Deve, allora, ... (l'insegnamento stesso)... far abbandonare all'educando questa provvisoria tipicizzazione linguistica, che  -se coltivata, se nutrita, se rafforzata-  lo lascerebbe in fasi poco dotate di "controllo".

  Certo non si può negare il carattere prevalentemente fantastico e alogico del linguaggio infantile: ma non bisogna credere che tale sia l'essenza dell'educando.

  Anzi, occorre far leva sulla vera essenza, che è razionalità e conoscenza, ed occorre "costringerlo"  ... (cioè, sollecitarlo; indurlo; condizionarlo; stimolarlo: n. d. r.) ... a poco a poco,cioè con tecniche graduate, ad abbandonare il linguaggio fantastico ed entrare in possesso del linguaggio simbolico o scientifico, sulla base del presupposto che tale linguaggio scientifico sia anch'esso graduale, anch'esso sempre meglio organizzabile proprio in relazione ai bisogni ed alle richieste dell'ambiente. Sul presupposto,cioè, che l'ambiente dell'adulto è più ricco e dunque più poliedrico di quello dell'immaturo; e che educare significa consentire l'inserimento degli immaturi nel gruppo dei maturi,cioè nell'ambiente degli adulti.

  Nella scuola primaria, allora, ed anche o specialmente nel primo ciclo, l'insegnamento non può essere formativo senza essere nel contempo informativo: occorre non dare cognizioni globali, confuse, approssimative, non favole o miti o trascrizioni sentimentali degli avvenimenti e degli aspetti e delle situazioni dell'ambiente, bensì dare precise informazioni,cioè contenuti culturali o informazioni assolutamente corrette, ancorchè  -ovviamente-  incomplete o provvisorie... (dunque, da proporre sempre attraverso proposizioni ricettive di partenza che l'alunno dovrà problematizzare e quindi utilizzare per scoprire/ricercare sempre più complete e potenti sintesi di alfabetizzazione culturale, di linguaggi fondamentali, di quadri concettuali che procedano dalla rappresentazione organismica predisciplinare della realtà esperenziale e della cultura, ed avviino verso una sempre più emergente evoluzione di prospetti epistemologici apprenditivo/disciplinari; in una prospettiva d'insegnamento ciclico/a spirale ed alla luce, quindi, di una struttura del sapere sempre psicologicamente "adeguata" quale mappa concettuale che l'educando andrà apprendendo progressivamente, per generativi approcci operazionali/combinatori di  induzioni/deduzioni/transfert e di processi astraenti/simbolizzanti, seguendo percorsi euristici analogici a quelli del ricercatore e dell'insegnante: n. d. r.) ...  E, se il pensiero è attività economica e tende ad esprimersi per simboli, occorre allora offrire all'educando informazioni che gli evitino di  "perdere tempo" ,cioè informazioni che, insieme, siano sintesi di tante altre informazioni particolari e siano premessa o "aggancio" per ulteriori informazioni (sincronicità e diacronicità delle strutture).

  E', questa, l'impostazione di fondo dello "strutturalismo didattico" di Jerome Bruner""".

  L'autorevolezza e la chiarezza delle proposizioni manniane  sopra citate, crediamo, siano ben valse al fine di contribuire a mettere a nudo le aporie del concetto di "apprendimento intuitivo"; recuperandone peraltro la sua autenticità di significato nel contesto semantico del concetto di apprendimento in quanto pur sempre prassi/proceduralità cognitivo/intellettiva (dunque, pur sempre, apprendimento sinergico deduttivo/sistematico ed induttivo/astraente), a prescindere dalla immediatezza acquisitiva originaria della conoscenza e del pensare, "introduttivamente"  configuranti la "gestalt/di/partenza".

   In fondo, parlare della conoscenza e del pensiero intuitivo significa, al postutto, parlare di una produzione immediata, originaria, di prima istanza, che è gestalt (senza dubbio); ma che anche per questo  -anzi, proprio per questo-  è sempre metafora, simbolo, "mano sinistra" (come direbbe, J. Bruner).

  In questo senso, si consideri allora che  """il simbolo nasce nel momento massimamente economico del linguaggio, e dunque del pensiero, di cui il linguaggio è traduzione, espressione, e strumento""" (M. Manno, Il conoscere ecc. ; cit.) ;cioè, a dire funzione genetica dello stesso pensiero e sua struttura costitutiva.

  Così, non possiamo non convenire con lo stesso Manno allorchè, in modo suggestivo, ci ribadisce le proposizioni che veniamo sotto a riportare in citazione.

  """Nel simbolo diverse esperienze sono astratte, riassunte, e proiettate nel futuro, nel campo del possibile. L'efficacia della simbolizzazione consente il salvataggio dell'esperienza passata e la previsione degli eventi che devono ancora accadere.

Se conoscere è costruire uno schema produttivo dell'ambiente al fine di controllarlo, o  -che è lo stesso-  al fine di affermare la vita dell'uomo e confermare la trascendenza dell'uomo rispetto ai condizionamenti della natura, questi risultati sono relativi alla economicità degli ideati... (il cui apprendimento, allora, dopo l'originaria immediata intuitiva coscienzalizzazione, non può che porsi, comunque sia, deduttivo/sistematico ed induttivo/generalizzante/astraente; analitico/sintetico; e non già, in sè e per sè, "intuitivo", tout court; dato che, in quest'ultimo caso, parlare di "apprendimento intuitivo", non potrebbe non risultare metafora che sottende i significati di razionalità, di Logos in questione; ecc. : n. d. r.) ... .

Il simbolo  -o "immagine condensata", come Bruner lo definisce-  rappresenta l'incontro di diverse realtà, delle quali conserva la genesi, i processi, gli sviluppi, e in funzione delle quali anticipa e sollecita ulteriori processi, rinnovati sviluppi.

Una semplice metafora può unificare aspetti contrastanti del reale, e, ad esempio nell'arte, unificare gli spettatori nello "sforzo" di tradurre o riportare l'immagine nella zona dell'interiorità.

  Ma il grande simbolo, nell'arte stessa, o nella scienza, o nella filosofia, è anche qualcosa di pedagogico e di normativo, impone un lavoro futuro come esperienza collettiva, eccita verso una continuazione dell'esperienza sociale... (ciò, che, anche per questo, ci evidenzia chiaramente come anche una gestalt/simbolo non può affatto "concludersi/ridursi"  in un  "apprendimento intuitivo" chiuso nell'immediatezza temporale, prassica e operazionale di un presunto "pensare" -così- "inglobante" presuntamene , in aleatorie prassi apprenditive, essa gestalt/simbolo che, proprio alla luce del suo specifico ontologico/gnoseologico, invece, non può non essere avviata  -comunque sia-  a processi induttivo/astraenti; deduttivo/analitici; sistematico/concettuali; ecc. ; come si diceva: n. d. r.) ... .

  Ecco perchè, da questo punto di vista, il mito è la massima espressione della simbolizzazione, un mito che non è contrapposto al logos, ma che è logos proprio in questo suo tradurre le richieste del soggettivo e riunire tutti i soggetti possibili in un'esperienza collettiva di riproduzione dell'esperienza.

  Il simbolo, dunque, è il risultato di un processo di economia conoscitiva, e, come tale, è strumento di ulteriori semplificazioni,cioè di ulteriore economia conoscitiva.

  Ma poichè non tutta la conoscenza è economica (o, per meglio dire, poichè abbiamo diversi gradi di questa economicità), e poichè dobbiamo possedere e tramandare questi strumenti economici per accelerare i processi di acquisto del reale, occorre, allora, educare a questo tipo di conoscenza.

  Possedere questi strumenti significa salvarsi, oggettivamente, dal sovraccarico mentale, salvarsi, oggettivamente, dal frantumarsi dell'esperienza, dal prevalere della natura: significa, socialmente, essere in grado di esercitare il "controllo dei comportamenti" e dunque realizzarsi eticamente e moralmente.

  Ecco perchè, lo ripetiamo, il tema morale e sociale, e l'ideale d'una democrazia come libertà di valutazione e di scelta... (aggiungiamo noi: come metodo di pensiero e di convivenza civile; prima che ed oltre che metodo di governo e di conduzione politica/gestionale della razionalizzazione del Pubblico statuale/istituzionale e ... del Privato intimistico; ecc. : n. d. r.) ... , resta lo sfondo culturale entro cui Bruner delinea le sue teorie pedagogiche""".

  La trasmissione della "gestalt" al soggetto acquisitivo e/o anche scolarizzato, si deve contestualizzare in questo quadro psico/sociale ed apprenditivo di presupposto; e, quindi, riconnetersi alle prerogative di uno  "strutturalismo didattico" che si pone sempre, tra l'altro, in quanto  "disegno di trasmettere informazioni ben strutturate (rispettando, ovviamente, anche l'idoneità e la situazione ambientale dell'educando)""" (idem).

  Si comprende bene, allora, che una gestalt  (nello stesso tempo e per lo stesso motivo) non può non configurarsi e costituirsi in quanto struttura cognitiva metaforicamente definita e simbolicamente rappresentata, che  "si/dà/immediatamente" alla cognitività/coscienzialità intuitiva immediata di un soggetto acquisitivo.

  """Se il simbolo opera nella grammatica e nella sintassi del pensiero, perchè unifica ideati, o esperienze di mediazione, ed è dunque mediazione di mediazioni e rappresenta il culmine dell'economicità del pensare, la metafora è anch'essa uno strumento linguistico o comunque concettuale, e dunque è già nel logos, ma, in un certo senso, è più vicina al sensibile.

  E' definita dal Bruner come  "economica attività combinatoria",  o come risultato di tale attività:  è certamente una immagine simbolica, perchè unisce esperienze dissimili ed apparentemente sconnesse, e la troviamo in ogni forma di conoscenza, nell'arte e nella scienza, nel sogno e nella nevrosi, e in tutte quelle malattie mentali che comportano o ancora producono una "espressione"  (in questi casi, Bruner parlerà di "metafora precauzionale").

  E' conoscenza... (...) ... più vicina alla terra, all'istinto, all'intuito, al soggettivo... (...) ... (anzi la metafora è la figura essenziale, la struttura portante della conoscenza), ma è forse il momento dell'origine: sorge dal convertire impulsi e sentimenti in espressioni.

  E' simbolo o sintesi... (comunque sia, gestal: n. d. r.) ... , ma sintesi di sensibilità e di espressione, dove l'espressione è la metafora stessa.

... (...) ... La metafora è un trasferire, un "andare oltre" ,  un tra-durre nell'espressione.

  Nell'immagine ... (della metafora/gestalt; delle simbolizzazioni che ne conseguono; ecc. : n. d. r.) ...  qualcosa si trasferisce, e si trasferisce appunto l'impulso, il vitale, il soggettivo.

  Esprimere significa  "categorizzare",cioè proporre una nuova unità d'esperienza... (a prescindere che ciò sia conseguenza di procedure cognitive intuitive, immediate, da "mano sinistra", da gestalt/metafora; ovvero, che sia produzione di procedure logico/razionali/euristiche discorsivamente tipiche della "mano destra"; per dirla con Bruner: n. d. r.) ... .

  Ma trasferire significa non tradurre del tutto.

  Nella nuova unità dell'esperienza, nella metafora, una certa parte del "soggettivo" risulta inespressa: in quanto risulta, è purtuttavia espressa, ma è espressa e non espressa insieme.

  La metafora, economica, è anche ambigua.

  Nell'arte, ad esempio, non soltanto esprime lo "sforzo" del creatore, ma anche obbliga ad uno sforzo l'osservatore, che deve re-interpretare, e riportare o tradurre il contenuto oggettivo dell'arte verso la sua soggettività, verso la propria personalità.

  Se il tutto fosse tradotto in termini simbolici, forse comprenderemmo la totalità del reale, ma il soggettivo sarebbe esaurito.

  Fino a che non avremo tale scrittura  (una ironica ipotesi del Bruner), è la metafora che  -permettendoci la conoscenza concreta, finita, umana-  ci consentirà di conservare il soggettivo, di trasferirlo nella luminosità del logos, e di riconoscere la problematicità o non definitività dell'ideato... (dunque, della gestalt/metafora/simbolo: n. d. r.) """ (idem).

  Riconoscere e definire i processi di apprendimento e, prima ancora, di conoscenza immediata metaforica che sottende e comporta la rappresentatività linguistica di una gestalt,  non può non significare, tra l'altro,  """studiare attentamente il processo conoscitivo... (...) ... studiare attentamente il formarsi della metafora, ad ogni livello, dalla nevrosi all'arte, dal sogno alle formulazioni della scienza.

  ... (...) ... Sempre si tratta di tenere presenti i contributi della mano sinistra, di tutto ciò che è impulso, irrazionale, soggettività, eccezionalità individuale; ... (ma anche, nello stesso tempo e per lo stesso motivo, tenere presente che: n. d. r.) ... la mano sinistra non sta mai da sola, così come mai sola troviamo la mano destra.  Si tratta d'un passaggio dal cuore alla ragione, dove la ragione è questo stesso passaggio.

  Resta dunque la ricchezza del Profondo e del Soggettivo, e resta anche la luminosa necessità, ma non esauriente, della traduzione conoscitiva.

  La forza della conoscenza è allora il riconoscimento di non aver tradotto interamente il soggettivo; la sua capacità critica è il saper tornare, sempre, alle suggestioni, ed ai suggerimenti, della mano sinistra.

  E' un ritorno che arricchisce i discorsi dello psicologo e del filosofo, dello scienziato e dell'artista: è la fonte originaria, la ricchezza inesauribile, delle nostre vie umane"""  (idem).

  Anche alla luce di queste argomentazioni saggistiche  (di suggestione artistica notevole), crediamo che le aporie del concetto di "apprendimento intuitivo" si possano cogliere tutte quante in modo lampante; e tutte quante emergono con una semantica del concetto stesso da dover "consegnare" (riluttandoli, ovviamente...)  a quei travisamenti ideologici  ("teleologici"!) di cui si diceva.


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