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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Nel saccone della Befana… il carbone nero della valutazione

 

Argomento che scotta e che divide, oltre a indurre subito a battute, più o meno intelligenti, gli addetti ai lavori: "Non volete essere giudicati!", "Avete paura", "Male non fare, paura non avere", "I docenti credono di essere intoccabili"…

L’ultima affermazione mi sembra tra le più …non dirò cosa! Anzi, lo dirò alla fine, dopo essermi cimentata con il corposo 2° quaderno del documento dell’associazione "Treelle" (i cui nomi di spicco sono quelli di Attilio Oliva, Umberto Agnelli e altri) [1] che un caro amico ha avuto la bontà di consigliarmi: era sfuggito sia a me sia alle/ai colleghe/i intenti a lavorare a testa bassa prima dell’inizio delle vacanze natalizie.

Devo dire che un articolo di M. Ludovico su Il Sole 24 Ore del 7 novembre che accennava alla presentazione del documento non mi era sfuggito. Anzi, l’avevo commentato in modo superficiale e affrettato. [2]

Ora ho letto.

Il documento è vasto, ripetitivo in molti punti… quasi volesse inculcare, in chi lo legge, la cultura della valutazione. Anzi, la vergogna di non avere tale cultura, o di non essere disposti al controllo da parte di illuminati valutatori.

Quando qualcuno studia al posto nostro (scuole autonome, docenti…), consiglia, ricerca su fonti, soprattutto straniere, modalità per intervenire a favore della qualità del sistema nazionale, è ora che alziamo di scatto gli orecchi e apriamo gli occhi: troppe sono state le leggi, i decreti che ci hanno portati lontani dall’essenziale (classi, difficoltà e disagi su cui intervenire in tempo utile, ricerca metodologica e didattica…) e ci hanno fatto cambiare volto fino a dimenticare il nostro, magari un po’ bruttino e ordinario, ma resistente al tempo e luminoso negli sguardi che si posano sulle persone (in Italia, è importante rilevarlo, accettate tutte nella loro diversità) al di là della cattedra!

Ho notato, negli anni, che gli "altri", quelli "in alto", pensano, studiano a tavolino, confrontano e si confrontano, magari durante cene e rinfreschi, dopo aver relazionato in belle conferenze stampa, in ampie sale di lussuosi hotel… e noi ci troviamo o a eseguire o a rilanciare quando ormai la frittata è stata "spadellata"! Poi ci viene detto che avremmo potuto e dovuto dire la nostra, opporci in modo democratico… Ma chi ce l’ ha il tempo di seguire le migliaia di "sollecitazioni" che provengono dal mondo della CULTURA, dell’ECONOMIA, dell’INDUSTRIA…? Sembrano sempre correre in avanti, senza lasciarci tempo!

La scuola invece va avanti lenta e quando viene riformata, come nel caso della scuola elementare e dell’infanzia, assorbe tutte le energie e, in realtà, produce talmente tante novità che i "mondi" di cui ho parlato prima non raccolgono, non vedono, non pensano. Anzi, essi sono già indietro di secoli, tuttavia procedono come carri armati rischiando di creare voragini incolmabili. Il documento di "Treelle" è uno di quelli che richiedono tutta la nostra attenzione, perché non tiene conto della nostra realtà di scuola che procede in molti casi, orgogliosamente forte e sola, nonostante il nulla che ci viene dato!

E’ un documento all’apparenza aperto a possibili alternative, ma in realtà è già chiuso perché tramite statistiche e dati ha già concluso che la nostra scuola non produce perché, vergognosamente, non è valutata!

Quindi fa riferimento a realtà straniere per sollecitare il far vela nelle direzioni già sperimentate all’estero.

Non dice, però, che alcuni dei citati sistemi scolastici all’estero fanno acqua anche più del nostro e invertono continuamente la rotta (così viene detto) grazie ai loro sistemi di valutazione, comunque fanno acqua!

Allora perché non inventare qualcosa di "italiano" scavalcando la questione della valutazione che così come viene proposta sembra un appesantimento per la già pesante situazione della scuola, della burocrazia, delle spese (ingenti)?

Perché scegliere la strada più contorta impiegando orde di valutatori esterni, interni, mezzo esterni e mezzo interni?

Perché ancora spendere per preparare il personale a marchingegni che faranno piacere e daranno lustro a chi li ideerà, ma graveranno sulla "snellezza" di una scuola futura, sottraendo denaro e tempo per l’essenziale?

Il documento di "Treelle" mi è sembrato molto attento e misurato nella scelta delle parole, in equilibrio (per non urtare la "sensibilità" di nessuno: delle scuole, dei docenti, dei ragazzi...), e alquanto insistente nel dichiarare la propria  "estraneità" ai partiti, al governo, e nell'auspicare la stessa indipendenza dei futuri valutatori.

Tuttavia, siccome ogni azione ha una sua logica e una sua giustificazione a seconda di chi la promuove, mi pare che, anche in questo caso, il percorso, le modalità indicate si sviluppino in modo prevedibile e consono a chi li ha ideati. Tra l'altro con poche certezze (per fortuna) e con tante domande sui nodi complicati che sono le stesse domande di sempre, le domande e i dubbi che chiunque di noi si pone quando pensa a come si potrebbe incentivare un miglioramento generale della scuola.

Perché per avvicinarsi alla tanta citata qualità non puntare sull’ offrire spazi, tempi e denaro, dentro le scuole, per favorire la possibilità di una costante formazione del personale che si trova in servizio (costerebbe meno e rimotiverebbe quelli giustamente rimasti delusi da una società che sottostima il lavoro docente) e sui futuri insegnanti?

Perché non puntare piuttosto sulla ricerca didattica e pedagogica continua e poi "praticata" in classe durante tutto l'arco della vita lavorativa di un docente dentro  scuole obbligate ad essere centri di studio, di aggiornamento, di formazione...?

Le scuole dell’infanzia ed elementare sono state un esempio di cosa si possa ottenere obbligando i docenti allo studio e alla riflessione sul proprio lavoro...

Ad esempio, chi si ricorda i primi corsi ministeriali a tappeto dopo l'entrata in vigore dei N.P.? Non tutti erano di alto livello, ma prima o poi ognuna/o di noi è stata/o contaminata/o dal clima della ricerca. Poi il ministero si disinteressò della formazione, ma noi eravamo già "lanciate/i" e continuammo sull'onda, per conto nostro... Ora si dovrebbe proprio creare un meccanismo tale da impiegare la maggior parte delle ore del servizio di tutti i docenti dentro la scuola nel confrontare  strategie e nello studiare teorie per poi tentare possibili applicazioni... Per lo meno si attiverebbe una riflessione  sul proprio fare scuola insieme con le/gli altre/i...

Continuo a pensare che, nella situazione attuale della scuola e del "contorno", anche soltanto l’ avviare un sistema così complesso di valutazione, come quello di "Treelle", non farebbe altro che aggravare la situazione del  carrozzone di riforme annunciate, sperimentate, oppure già dimenticate come quelle dell'infanzia, delle elementari, e scardinare quel po' di serenità lavorativa che rimane in alcune scuole.

L'immagine di "istituzione scolastica  valutata" del futuro che viene offerta da chi ha redatto il documento è un po' "pesante", artificiosa, assolutamente in linea con tutto ciò che di pesante e artificioso c'è già adesso nelle scuole autonome (per molti versi autonome soltanto per modo di dire: ci si scontra sempre con la carenza di denaro e con laccioli burocratici o di relazione con il territorio…).

Io non vorrei che ci si riducesse a stipendiare schiere di persone ad ogni livello, della scuola, del ministero, di "agenzie" create per la valutazione, ecc... per farle lavorare soprattutto a tavolino, oppure in situazioni create dalle scuole  per figurare bene durante le loro visite in loco... Ma, se anche si potesse accettare un ulteriore aggravio della burocrazia (PREPARARE TEST, GRIGLIE, TABELLE...CONFRONTARE DATI, FARE LA MEDIA... RELAZIONARE... SCRIVERE DI TUTTO DI PIU'...), un ulteriore aumento di spesa per la carta da utilizzare, un ulteriore carico di compiti per alcuni docenti "preparati" al dover rendere conto in qualche modo alla società, all'Europa e via dicendo,  credo che non si possa più accettare che anche soltanto un penny venga speso se non per coprire il fabbisogno di strutture fisiche,  di incentivi economici ai docenti e al personale scolastico che ora si impegna anche gratuitamente nel sanare e tamponare situazioni di disagio di vario tipo. Ho davanti agli occhi anche le più piccole cose della quotidianità che vengono date gratuitamente alla società: ad esempio (volutamente il più banale per spiegare come il tempo passa a sostituirsi a qualcuno o a qualcosa che "non è presente"), qualcuno hai mai sostato davanti a una scuola elementare dopo l'orario pomeridiano della fine delle lezioni?

Ebbene, sicuramente avrà visto le maestre attendere fino alle 17,00...17,30 e oltre con alunne e alunni letteralmente dimenticati... Poi le maestre si chiudono nelle aule a programmare e a parlar di bambine e bambini in difficoltà. Perché lo sono? Per i più svariati motivi che U. Agnelli e A. Oliva probabilmente dall'alto del loro mondo un po' fantastico non conoscono! Ebbene, essi, magnanimi, dicono che la valutazione dovrebbe tener conto del contesto. E allora? Una volta che si è tenuto conto di ciò, valutati i risultati, che si fa? Si adottano strategie diverse, sicuramente! Ma già si tenta ora di farlo. E si migliora.

Non sarebbe meglio che i signori in questione e altri si dedicassero a mettere a disposizione della società le loro menti per modificare i contesti?!

Mi sembra proprio che la priorità per cercare la qualità della scuola debba essere quella di attivare una formazione continua dei docenti (di tutti, visto che coi ragazzi ci stanno "tutti", non soltanto di referenti, di funzioni obiettivo, ecc...) adeguata alla sfida dei tempi e dei cambiamenti dentro le loro scuole autonome e costretti a confrontarsi sulle buone pratiche.

Penso che non siano le gabbie di griglie, visite, rendiconti annuali... imposti da una valutazione continua a poter affrontare le sfide della quotidianità e delle diversità con cui oggi si devono fare i conti. Anzi mi sembra sia un voler partire dal tetto senza le fondamenta! Credo che bisognerebbe prima spendere per dare a tutti i docenti la possibilità di essere al passo, poi, eventualmente, valutarne l'operato.

Ed ecco la risposta alla battuttaccia dell’intoccabilità di noi docenti. Realmente siamo intoccabili: nel senso che siamo e siamo stati letteralmente trasparenti, invisibili, ogni qualvolta si è trattato di ascoltare le nostre richieste in termini di aiuto e sostegno per far fronte al disagio e alle richieste delle bambine e dei bambini. Dovremmo materializzarci soltanto per farci valutare da qualche signore sconosciuto, preparato e… pagato per stilare il profilo nostro e della nostra scuola?

Nelle condizioni in cui ci troviamo a lavorare, ci piacerebbe poter rimandare il carbone della valutazione al mittente, chiunque esso sia!

28 dicembre 2002

Claudia Fanti


Note

(1) Il secondo quaderno edito dall'Associazione Treelle - dal titolo "L'europa valuta la scuola. E l'Italia?" - è consultabile in rete sul sito dell'associazione (http://www.associazionetreelle.it/)

(2) Riportiamo di seguito integralmente l'articolo Scuola, la qualità è un caso, di Marco Ludovico, tratto da Il Sole 24 Ore del 7 novembre 2002 (in rosso sono riportati i commenti di Claudia Fanti):
ROMA - La qualità della scuola «assomiglia troppo a una lotteria». E in Italia il processo di autonomia scolastica è «impensabile senza un servizio di valutazione che faccia da contrappeso». Ieri è stato presentato il secondo quaderno dell'associazione "Treellle": «L'Europa valuta la scuola. E l'Italia?» illustrato dal presidente esecutivo, Attilio Oliva (ex responsabile scuola di Confindustria). Il Quaderno esamina tre delle più avanzate esperienze europee (francese, inglese e svedese) nel settore. In Italia, secondo "Treellle", ogni scuola dovrebbe innanzitutto avviare un processo di autovalutazione secondo "griglie comuni"; in una seconda fase dovrebbe essere incentivata una valutazione dall'esterno, attraverso un corpo di valutatori professionali, soprattutto per gli istituti in difficoltà. A regime le stesse scuole dovrebbero selezionare e valutare i propri insegnanti nell'ambito dell'autonomia.
Questa è un’ affermazione veramente "pericolosa" e un po’ ingenua: chi parla non conosce le realtà scolastiche e quanto siano difficili gli equilibri di gestione dei rapporti e quanto essi incidano immediatamente sul clima delle attività didattiche.
La valutazione migliore, secondo "Treellle", si realizza perciò nei singoli istituti. «Il sistema italiano - ha commentato Oliva - è in ritardo di almeno dieci anni. Anche in Italia, propone "Treellle", si dovrebbe procedere alla stesura di un rapporto annuale per conoscere spese e risultati del sistema scolastico, informare la pubblica opinione e operare confronti internazionali».
Indagini che richiederebbero altre spese inutili, proprio quando manca l’indispensabile!
La valutazione, sostiene Oliva, «non serve per assegnare premi o sanzioni, ma per aiutare gli operatori a migliorare il servizio e informare la comunità».
Mi piacerebbe sapere come vorrebbe fare Attilio Oliva a modificare le teste delle persone, eventualmente ne trovasse di livello non proprio ottimo, forse "tagliandole"?. Semmai il problema del sistema italiano è quello di trovare il modo di far nascere nelle scuole una mentalità della ricerca pedagogica e didattica effettuata insieme dai docenti, di trovare un "meccanismo" nell’organizzazione oraria del servizio che renda tutti i docenti partecipi della costruzione di percorsi didattici (dico didattici e non di gestione come spesso accade ora: la didattica è il problema principe, non i megaprogetti o le gite scolastiche o i concorsi per trovare denaro…!), che crei una rete di rapporti in cui i meno preparati (per inesperienza o altro) vengano coinvolti dai più preparati in un continuo scambio di vedute e materiali, in un clima di relazioni reso sereno dalla consapevolezza della ricerca del bene comune. Non è un’utopia perché già si fa in molte scuole, soprattutto nelle scuole dell’infanzia ed elementari. La qualità come conseguenza di un sistema di competizione per premi e punizioni è invece un’utopia: le teste e le modalità del far scuola non verrebbero certamente mutate. Anzi, si creerebbe un clima di sospetto, di irrigidimento sulle proprie posizioni, magari fino ad arrivare addirittura al mobbing di cui tanto si parla. Chiunque sia a capo di una scuola o ci lavori come docente o altro sa quanto sia dannoso creare differenziazioni o fare emergere allo scoperto le differenze, soprattutto di qualità, al suo interno: la ricaduta, sul lavoro di classe di chi si sente in qualche modo "ferito" da giudizi poco positivi,è immediata e negativa! Inoltre i problemi peggiorano e l’insegnamento anche.
Di avviso diverso Umberto Agnelli, che di "Trellle" è il presidente: il meccanismo incentivi-disincentivi, sostiene, va istituito. Certo, dice Agnelli, devono esserci «non solo punizioni, ma bisogna identificare un sistema di premi per le scuole che danno risultati validi, poiché le sole punizioni non sono sufficienti».
E’ incredibile come si sposti il problema dalla sostanza ai particolari irrilevanti: la scuola ha bisogno di risorse umane ed economiche, ha bisogno di affrontare alcuni nodi irrisolti come quello di una diversa organizzazione negli ordini di medie e superiori. Troppe materie, troppe ore che si succedono le une alle altre in un ritmo incessante di cambi di materie e docenti, ognuno col proprio programma da portar avanti; troppi ragazzi per classe stipati nelle aule; troppo poco tempo per la relazione interpersonale proprio in una società che ne richiederebbe il doppio visti i problemi sotto il naso di tutti!
È perciò necessario mettere in atto delle «fasi pungolanti attraverso, appunto, un sistema di premi e punizioni per i docenti».
Questa richiesta darebbe il via a un’ennesima spesa inutile che vedrebbe ancora una volta le scuole impegnate a lavorare sul marginale costruendo griglie e scegliendo criteri improbabili e impossibili abbandonando di nuovo ciò che è essenziale, cioè tempo per la ricerca didattica e per la rielaborazione di scelte strategiche per superare gli insuccessi!
Attilio Oliva si è anche detto convinto della necessità della selezione degli insegnanti da parte delle scuole stesse, come già accade in Gran Bretagna o nei Paesi Bassi. «In Italia ciò sembra una bestemmia. Ma questo dovrebbe essere l'obiettivo futuro».
E’ una bestemmia senza meno: non ci dovrebbe neppure essere bisogno di spiegarne il perché. La scuola statale italiana, a parte rari casi di nepotismo ai concorsi, si è onestamente servita di personale che accedeva ai ruoli per punteggio e non per "simpatie o empatie" con l’amministrazione.
Nell'incontro di ieri un duro attacco al ministro dell'Istruzione e all'attuale politica scolatica è stato sferrato dall'ex ministro della Funzione, Sabino Cassese. Secondo Cassese «sono tre le doti che un buon ministro dell'Istruzione dovrebbe possedere: la qualità di essere un grande architetto di sistema, la capacità di saper trainare risorse economiche adeguate e la dote di saper essere vicino al mondo della scuola con un contatto diretto con docenti alunni. Poche volte - ha sottolineato l'ex ministro - abbiamo avuto un ministro dell'Istruzione che avesse tutte e tre queste doti, ma mai abbiamo avuto un ministro che non ne avesse nessuna come sta accadendo oggi».
Mai, in Italia, il Ministero e i suoi collaboratori hanno ascoltato le "sofferenze" e le "emergenze" della scuola che non sono mai state soltanto quelle dei docenti, ma quelle delle persone tutte: si provi a chiedere a intere generazioni di insegnanti e di ex studenti che si sono susseguite dal dopoguerra a oggi se qualcuna a memoria d’uomo ricordi di aver ottenuto risposte valide ai problemi reali dal Ministero!
Quanto alla riforma scolastica (si veda l'altro articolo), si tratterebbe, secondo Cassese, di una «riforma che non riforma alcunchè. La scuola in questi mesi ha visto solo tagli e nessun aumento di spesa». Pronta la replica del sottosegretario Valentina Aprea: «Il ministro Moratti raccoglie proprio le tre caratteristiche ritenute indispensabili dal professor Cassese per svolgere questo compito: capacità di architettura, di attrazione di risorse economiche, e di comunicazione con i protagonisti del mondo scolastico».


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