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L'autonomia scolastica nel pensiero di G. Bertagna

di Orazio Auriemma

 

L' occasione del presente scritto è offerta dalle stimolanti riflessioni del prof. Bertagna contenute in un Articolo ( [1] ) comparso poco prima della diffusione del Rapporto sui cicli scolastici (Rapporto Bertagna) ( [2] ).  L' autore, che è un pedagogista, discute di alcuni aspetti giuridici

dell' autonomia scolastica, guardando alla normativa da un punto di vista che è opportuno conoscere e valutare.

L' Articolo, dopo un preambolo filosofico, focalizza l' attenzione sugli articoli 2 e 5 della Costituzione della Repubblica, che affermano i diritti inalienabili individuali e sociali, sui quali in dettaglio vertono i Titoli della Parte prima della Costituzione. In particolare sono considerati i concetti di formazioni sociali ( [3] ) e di autonomia ( [4] ). Il significato di formazioni sociali risulta specificato dall' elenco che ne viene fatto: la famiglia, gli Enti locali, le confessioni religiose, le istituzioni scolastiche e universitarie, le associazioni volontarie e di assistenza, i sindacati, le imprese e il mondo del lavoro, le unioni cooperative, i partiti politici. Il significato di autonomia si connota di tratti e caratteri in parte ripetitivi del concetto di diritti inalienabili, in parte contrastanti rispetto all' imposizione per legge di tali diritti, e viene arricchito di sinonimie quali "libertà e responsabilità" e del contrasto con "dipendenza" ( [5] ).

Il ragionamento in sintesi è il seguente. Le formazioni sociali, tra le quali le scuole, in quanto portatrici di diritti inalienabili loro riconosciuti dalla Costituzione, devono godere dell' autonomia, dalla quale originano i loro stessi diritti ( [6] ). Ammettere e favorire per legge ( [7] ) ovvero far dipendere dalla normativa ( [8] ) l' autonomia delle formazioni sociali va proprio nel senso opposto rispetto a quanto si dovrebbe fare, giacchè i diritti devono essere soltanto riconosciuti e tutelati dalla legge ( [9] ). "Che senso avrebbe, d'altra parte, uno Stato che impone per legge ai suoi cittadini di fare famiglia, di costituire un Comune, aderire ad una religione, frequentare le scuole e l' università, praticare il volontariato ecc.?" ( [10] ). Esistono inoltre motivi di civiltà da rispettare: le formazioni sociali sono dotate di "autosignoria" e "autofinalismo" in una società civile e pluralistica "capace di autogoverno" ( [11] ).

In gran parte queste idee sono la logica conseguenza del preambolo filosofico dell' Articolo.

L' autonomia, disciplinata dalle leggi e dalle altre norme primarie e secondarie, è valutata come minore rispetto a un' ipotizzata autonomia maggiore, espressione di piena libertà ( [12] ).

Le due concezioni dell' autonomia, maggiore e minore, sono collegate dall' autore a due concezioni del rapporto tra Stato e società e a due concezioni della libertà. All' autonomia minore corrisponde

l' idea che lo Stato crea la società e che la libertà deve essere controllata dallo Stato, essendo gli uomini originariamente bellicosi. All' autonomia maggiore fanno da pendant l' idea che è la società che crea lo Stato e la concezione che le leggi dovrebbero aprire gli spazi individuali e sociali

d' azione, lasciando che i cittadini agiscano in piena libertà e responsabilità ( [13] ). L' autore evidentemente predilige l' autonomia maggiore, che anzi vorrebbe vedere effettivamente realizzata in diritto e nella realtà sociale e istituzionale.

Le idee dell' autore danno origine ad alcune interpretazioni non condivisibili.

Sul piano strettamente esegetico l' interpretazione degli articoli 2 e 5 della Costituzione sembra riferita alla teoria della Costituzione materiale e formale ( [14] ), ma in realtà ne usa i concetti attribuendo loro significati invertiti ( [15] ). In sostanza fa risalire al "combinato disposto" di questi due articoli della Costituzione ( [16] ) l' esistenza di una norma, che sosterrebbe le idee dell' autore

sull' autonomia. Non vi è dubbio che questi articoli sanciscono diritti individuali e sociali inalienabili. Ma nè distintamente nè presi insieme ("combinato disposto") vanno oltre la dichiarazione di principio, che impone alla Repubblica di rispettare e far esprimere tali diritti. Nei Titoli I-IV della Parte prima la Costituzione collega i diritti alle condizioni attuative previste dalla legislazione ordinaria. Invano quindi si parla nell' Articolo di un' autonomia assoluta, che starebbe all' origine dei diritti e che andrebbe comunque e sempre attualizzata. Anche nel diritto privato esistono norme di attuazione che disciplinano ad es. l' autonomia contrattuale.  Nel diritto pubblico l' autonomia è conferita agli enti pubblici nei limiti previsti dalle leggi. Si deve infine ricordare che le formazioni sociali elencate nell' Articolo e nella Parte prima della Costituzione agiscono in forme privatistiche, pubbliche e anche miste, secondo le specifiche conformazioni alla legislazione ordinaria che le concerne. Le scuole statali, ad esempio, sono pubblica amministrazione ( [17] ). La loro autonomia, prevista dalla legge ( [18] ), trova espressione e limiti nell' ambito della normativa specifica e in quella più generale relativa alle amministrazioni pubbliche.

E' forse opportuno aggiungere tuttavia che al di là dell' interpretazione del "combinato disposto" di cui si parla, le idee dell' autore potrebbero invece trovare riscontro in gruppi maggioritari che riuscissero ad imporle nella legislazione, costituzionale e ordinaria. Si potrebbe parlare allora di una Costituzione materiale (nel senso di Mortati), infine accolta nella normativa.

Un altro esempio riguarda, come detto, l' autonomia, alla cui espressione, secondo l' autore, non dovrebbero esistere limiti normativi, essendo di tutta evidenza che lo Stato non può imporre di "fare famiglia, costituire un Comune ecc." (cfr. nota 10).

Questa argomentazione sembra contenere un salto logico. La facoltà di costituire una famiglia è un diritto costituzionale. La legge ordinaria interviene a disciplinare non già la libera scelta dei contraenti di sposarsi, ma i requisiti dell' età, la loro capacità giuridica, l' iter procedurale per contrarre matrimonio (istituzione celebrante, pubblicazioni, cerimoniale, presenze testimoniali, verbalizzazione e simili) ecc.; in altri termini, la famiglia costituenda, e successivamente quella costituita, soggiacciono alle norme dello stato civile e del diritto di famiglia. Queste norme regolano l' espressione del diritto che hanno le persone di sposarsi, e in tal senso attualizzano l' autonomia loro riconosciuta dalla Costituzione di contrarre matrimonio. La famiglia è tutelata nella sua entità e nei suoi bisogni dalla legislazione ordinaria che la concerne. E' indubbio che sarebbe privo di senso che lo Stato democratico imponesse il matrimonio ( [19] ); ma la regolazione dell' autonomia, in maniera diversificata a seconda delle fattispecie e degli istituti, non è sinonimo di imposizione bensì di disciplina o di ordine, come si addice alle società organizzate.

Un ultimo esempio lo ricaviamo dall' interpretazione data al comma 1 dell' art.21 della

L 59/97. L' autore ritiene che la scuola costituita dallo Stato sia autonoma, cioè sia "di se stessa", in quanto "formazione sociale autonoma nei confronti della quale il Ministero P.I. può svolgere soltanto funzione di sostegno e di servizio" ( [20] ). Osserviamo che l' autonomia di un ente pubblico (anche le scuole sono divenute enti pubblici in base al c.1 dell' art.21) non è mai, nel nostro ordinamento, un' autonomia assoluta, ma risulta sempre limitata dalla legge. Tale è appunto la situazione giuridica delle scuole in attuazione del comma 1 di cui parliamo: alle scuole sono trasferite funzioni amministrative centrali e periferiche (sono dunque organi-enti, che agiscono come enti strumentali dello Stato), "fermi restando" i requisiti "unitari e nazionali"

dell' apprendimento e quelli ordinamentali. Più precisamente il comma dispone l' estensione a tutte le scuole dell' autonomia già esistente in alcune di esse, con qualche ampliamento nelle materie che riguardano la contabilità generale dello Stato. Non sembra quindi riduttiva dell' autonomia, conferita dal comma 1, la regolamentazione disposta dal D.Lgs. 275, che ribadisce le medesime limitazioni funzionali.

Chiudiamo la serie degli esempi, che, come detto, riguardano soltanto alcune interpretazioni della legislazione fondate sulle idee filosofiche sull' autonomia esposte nell' Articolo, osservando che non si trova nell' art.21 (e neppure negli altri articoli della legge 59/97) il riferimento a un "Servizio indipendente di valutazione". Ci pare di poter escludere la presenza nella normativa di questo Servizio, che invece risulta inserito nel Programma del Ministro Moratti ( [21] ) per future disposizioni.

In conclusione, le idee e le interpretazioni giuridiche dell' autore circa l' autonomia appaiono orientate verso una realtà giuridica da cambiare o da creare, perchè sembra non collimino con la normativa di attuazione. Il punto di vista enunciato ha interesse perchè l' autore, in quanto consigliere dell' attuale Ministro, potrebbe cercare di orientare le intenzioni programmatiche del Ministero ben al di là delle linee tracciate nel Rapporto Bertagna ( [22] ). Nel testo del Rapporto infatti non si trovano rotture esplicite con la legislazione autonomistica. Tuttavia si può meglio comprendere la parte del Rapporto che concerne i Piani di studio (prima si chiamavano Curricoli e prima ancora Programmi ministeriali) ( [23] ), se la leggiamo non soltanto come rinuncia della Repubblica a fornire alle scuole i Programmi ministeriali, ma come massima esaltazione

dell' autonomia scolastica (secondo il pensiero del prof. Bertagna) nel punto di maggior esposizione istituzionale della scuola, che è quello programmatico-didattico. La correzione intervenuta nel disegno di legge-delega dell' 1 febbraio 2002, che ripristina l' intervento programmatico ministeriale relativamente alla quota nazionale dei curricoli ( [24] ), forse non ha fatto piacere al prof. Bertagna. Ma la conclusione dell' Articolo, che ripete la fede nell' "autonomia maggiore" e fa appello alla tradizione cattolica, fa presagire che si è trattato soltanto di una battaglia perduta non della guerra, se così è consentito di esprimersi parlando di leggi e di norme secondarie.   

14 marzo 2002

 



[1] - G. Bertagna "La posta in gioco: le due concezioni e le due pratiche dell' autonomia delle scuole", Orientamenti Pedagogici, n.5, sett.-ott. 2001. Nelle successive note sarà denominato Artic.; nel testo, Articolo.

[2] - "Rapporto finale del Gruppo ristretto di lavoro costituito con DM 18 luglio 2001, n.672", datato 28.11.2001.

 

[3] - art.2, Costituzione.

[4] - art.5, Costituzione

[5] - 1°capov., par.2., Artic.

[6] - "Queste "formazioni sociali", al pari delle singole persone dei cittadini, non ricevono, quindi, la loro autonomia, e i diritti che ne conseguono, dalle leggi della Repubblica, ma...", par.5, ultimo capov., Artic.

[7] - 2° e 4° capov., par.8, Artic.

[8] - per tutti cfr. il par.1., Artic.

[9] - ultimo capov., par.5, Artic.

[10] - ultimo periodo, par.5. Artic.

[11] -ultimo capov., par.7., Artic.

[12] - "...praticare l'autonomia che si è cercato e si cerca di vivere e di far vivere nella pratica professionale, individuale e sociale, vuol dire non essere più dipendenti dalla normativa, ma farla dipendere da noi", 1°capov., par.2., Artic.

[13] - "...perchè [i cittadini] non sono minori da mantenere sotto tutela e di cui diffidare", 2°capov., par.4., Artic.

[14] - C. Mortati, Padova,69, pag. 26-35.

[15] - 1°capov., par.5, Artic.

[16] - sembra che questa lettura "combinata" attenga a quella che l' autore chiama Costituzione formale.

[17] - art. 1,c.2, D.Lgs.165/01

[18] - art.21, L59/97; D.Lgs. 275/99.

[19] - il regime fascista intervenne sulla famiglia con incentivi ed anche introducendo una tassa sul celibato.

[20] - 2°capov., par.6.

[21] - Comunicato 18.07.01, par. "Qual è la nostra visione per la scuola italiana", 3° capov.

[22] - in tal modo dando corpo e vita alla Costituzione materiale, come direbbe Mortati, ovvero formale, come direbbe Bertagna, relativamente alla tematica autonomistica.

[23] - cfr. Rapporto Bertagna "I piani di studio nel sistema di istruzione", pag.36-40.

[24] - d.d.l. 01.02.02 "Delega al Governo...", art.2, lett.l.;  art.8, D.Lgs. 275/99.


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