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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Caro nonno ti scrivo…

Sono qui a leggere e rileggere messaggi e articoli sulle difficoltà della nostra povera scuola, sono scritti di decine e decine di persone stimabili, sensibili e forti nello spirito, e penso…

UNA VITA

Penso a te che ci hai lasciato anni fa nel modo più facile e più dignitoso… tu speravi di morire così: un infarto ha sconvolto la tua compagna (non moglie, perché lo ritenevi borghese), la nonna, che ti è sopravvissuta per lunghi anni meno ridenti di quelli trascorsi al tuo fianco, un fianco nobile e fiero.

Eri stato uno di quei partigiani che ora molti vorrebbero fingere non essere mai esistiti, eri comunista convinto, fiero di esserlo e non mangiavi i bambini! Oh, che strano! Non li mangiavi proprio, lo posso assicurare io che ho avuto la fortuna di essere tua nipote. Eri allegro nonostante tutto, sapevi sorridere a chiunque nei momenti più bui…era una tua dolcezza ruvida e inaspettata…”riempivi” di positività qualsiasi “stanza”…fischiettavi tornando a casa dal lavoro, eri mite e affettuoso…non sopportavi i soprusi, le angherie, l’arroganza del potere…

Il tuo nome di battaglia era Savio. Mai nome fu più azzeccato!

Fin dai 20 anni, negli anni 20-30, ti eri battuto per il socialismo, parlavi e pranzavi nella tua modestissima casa con il grande Pertini, uscivi ed entravi dalle prigioni di stato a ogni festa comandata e a ogni visita di personaggi politici sul territorio perché venivi considerato “pericoloso”. Sei stato torturato…Per l’idea del socialismo hai sacrificato la tua compagna e tua figlia, la mia mamma, che stentava a capire il motivo per cui doveva rinunciare tante volte ai tuoi baci e alle tue attenzioni premurosissime quando raramente ti veniva concesso di startene in casa.

Durante la guerra di liberazione, sei stato ovunque, braccato sempre… eri uno dei commissari politici più amati e stimati per la tua onestà, per la tua parola, che era una e una sola.

La mamma e la nonna, poverette, non avevano mai un soldo, perché tu destinavi ogni tua energia e risparmio all’Idea e a quella, a quell’Idea di libertà delle masse, ti ispiravi.

Nel dopoguerra, sei diventato presidente della Camera del Lavoro: ti trasferisti a Roma con la famiglia, sradicata senza alcune possibilità di rifiutarsi, dal piccolo paese in cui abitava, in un appartamentino qualunque, al quinto piano di un condominio qualunque della capitale, senza ascensore…

La famiglia continuava a non avere mai nulla per sé, perché tu destinavi ogni tua energia e risparmio al Partito e a quello, a quello che consideravi Padre , dedicasti tutto te stesso senza un ripensamento, a volte sopportando le delusioni ricevute da qualcuno che tu stimavi e amavi, sempre in silenzio e lavorando a testa alta. Che bella testa avevi! Di quelle che non si possono dimenticare, folta di una massa di capelli candidi e morbidi…da bambina la osservavo più volte incantata da tanta bellezza esteriore, ma già allora “sapevo” quanto fosse grande l’interiore.

Quando ti ritirasti a vita privata, cominciai a conoscerti meglio, perché iniziasti a raccontarti…prima non ne avevi avuto il tempo…

E fu in quel momento che aprii la mente e il cuore alla storia e a pensare a un futuro degno di essere vissuto da tutti.

Nonostante il rigore e l’assoluta fermezza nelle tue idee socialiste, mi stupiva come la tua casa fosse aperta a persone di vario orientamento politico, eppure, conoscendole, ne capivo il motivo: erano tutte contraddistinte da una ferma  convinzione ideale  a cui aderivano con severità e onestà: erano persone savie come te, persone che si rispettavano per il condursi nella vita, nel lavoro, nella professione…

Tu eri un deciso antiprete, da fiero e verace romagnolo qual eri, poi, a volte, non ti facevi mancare epiteti ed espressioni molto colorite all’indirizzo di religione e religiosi…ma tu ne conoscevi di quelli in gamba e guai a chi te li toccava!

UN CONSIGLIO

Mi dicesti una volta, più volte nel tempo, ma la prima la ricordo (avevo una di quelle crisi adolescenziali in cui mi sembrava che tutto il mondo mi cadesse addosso):- Ascoltami bene, non fare differenze fra le persone in base al partito, al sindacato, alla loro fede…non pensare a quello, buca lo schermo! Ascolta, rifletti, osserva ciò che dicono e fanno in concreto, osserva soprattutto quanto, nel tempo, sanno restare leali, sanno  resistere al compromesso, osservali mentre agiscono verso gli altri, non verso di te, poi scegli quelli con cui essere amica!

Non lasciarti mai trascinare in diatribe facili facendoti contagiare dalle loro appartenenze. Sappi che ognuno per sua storia personale e intellettuale ha fatto scelte condizionate, sempre condizionate! Dal momento, dagli incontri, dalle pressioni, dalle amicizie…Ma in ogni organizzazione, in ogni partito, in ogni associazione…scegli e ammira chi sa essere leale nel tempo verso se stesso e l’avversario.

Detta da lui, in quel modo retrò, solenne, severo, drastico, mi suonava stridente…tuttavia poi ho capito e ora ancora di più.

UN CONSIGLIO PER NOI STESSE/I

Ognuna/o di noi non avrà da sostenere indubbiamente una guerra di liberazione, meno male, però ci si trova per caso in un periodo oscuro, conflittuale per molti settori della società e anche per la scuola e se si crede fino in fondo al valore di essa per la promozione dei cittadini si dovrà capire che non è trovando il male negli altri e nelle loro scelte passate di sindacato, di lotte, ecc…che si risolverà qualcosa, bensì in quel rispetto per le differenze ideali, in quel rispetto per i diversi destini…E’ nell’unità di intenti, che mi sembrano essere trasversali, che si dovrà fare affidamento e si dovranno aprire la mente e i sentimenti.

Ora occorre tralasciare polemiche, piccole vendette, i “te l’avevo detto” che spesso avvelenano rapporti superficiali, ma anche amicizie di lunga data…bisogna imparare dallo schieramento al potere una cosa che è sotto gli occhi di tutti: l’abilità di far “rientrare” tutte le polemiche. L’opposizione è abituata alla democrazia recitata pubblicamente, senza esclusione di colpi anche al suo interno…è la sua bellezza (per me) questo modo di fare la politica, ma ora non se lo può permettere, non c’è possibilità di riuscire se ognuna/o di noi continua a bacchettare a destra e a manca colleghe e colleghi per posizioni sostenute in passato o per dichiarazioni presenti…Non ci risparmierebbero il sarcasmo e gli attacchi al nostro modo di operare.

Dovremmo riuscire anche ora a “bucare lo schermo” che ci rende ciechi proprio davanti agli amici e alle amiche con un sentire simile al nostro, dovremo farlo… con umiltà, modestia e lealtà verso noi stessi e verso compagne e compagni di percorso.

La scuola che ci viene proposta ora non ha “bellezza”, non ha “poesia”, non ha “racconto”, non ha rispetto per chi la dovrebbe “fare” e l’ha fatta crescere, non ha senso pedagogico…ci propone restrizioni di orario, ridimensionamenti, differenziazioni di opportunità per le bambine e i bambini…differenziazioni fra noi. A questo e ad altro dovremmo soltanto pensare. Noi maestre in particolare, noi che abbiamo amato il tempo della nostra scuola a tempo pieno e dei moduli paritari, noi dovremmo stringerci al di là delle appartenenze sindacali e politiche proprio per il rispetto che portiamo le une alle altre, per come ci riconosciamo “sorelle” (parola che mi ha suggerito una cara collega) per via delle nostre faticose esperienze maturate negli anni in cui abbiamo saputo costruire una bellissima scuola di tutte/i, una scuola che ha accolto e desiderato l’altra/o chiunque fosse, senza avvilirsi, senza risorse, aggiornandosi e formandosi senza interruzione.

Noi maestre dobbiamo saperci “riconoscere” nel campo che ci vede ogni giorno sorelle senza tessere di partito o con. Guardiamo oltre, guardiamo lontano e proviamo a convincerci che si può far ancora qualcosa per salvare la bellezza del nostro lavoro, per salvare la possibilità di non vedere andare a mare, con ciò che non funzionava, anche ciò che sapeva volar alto nelle nostre pratiche quotidiane.

Stiamo attente a non alzare steccati…a cosa ci servirebbero?

Speriamo che tutti i partiti dell’opposizione  e i sindacati, compresi gli autonomi, sappiano capire questo nostro indispensabile bisogno di unità nella diversità e propongano una stessa lotta per tutte/i noi.

30 gennaio 2004

Claudia Fanti


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