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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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I paladini del centralismo illuminato

 di STEFANO STEFANEL
Dirigente scolastico
Istituto comprensivo di Pagnacco - Udine

         In Italia è tornata la stagione delle “convergenze parallele”, cioè dei giri di parole che servono solo a deviare l’attenzione dell’interlocutore dalla sostanza di quello che si sta facendo. Personalmente non trovo nulla di grave nell’essere centralisti e dirigisti, trovo piuttosto bizzarro esserlo in nome dell’autonomia. I Sindacati – soprattutto la Cgil – e alcuni commentatori dell’area del centrosinistra in nome dell’autonomia sono favorevoli al ripristino di pratiche centralistiche, magari dirette da loro. E’ il caso di Raffaele Iosa (E’ finita la ricreazione. Torna la scuola, su www.scuolaoggi.org) e di Maurizio Tiriticco (Una indicazione e una preoccupazione, su www.edscuola.it). Mentre Iosa conduce un ragionamento coerente con l’impostazione di molta parte della sinistra sindacale, che ritiene di avere bene chiara in mente quale autonomia le scuole vogliano realmente, Maurizio Tiriticco si è lanciato in questi ultimi tempi in ragionamenti bizantini per dimostrare che l’emanazione di provvedimenti coercitivi dal Ministero siano da realizzarsi in nome dell’autonomia.

        Il decentramento amministrativo e il principio di sussidiarietà non sono principi “naturali” assoluti e dunque è normale che qualcuno sia contrario a loro in nome di un centralismo alla francese, che magari è più garantista di valori democratici. Io sono per l’autonomia e quindi sono contro Uffici Scolastici Provinciali, Schede di valutazione predisposte dal Ministero, Programmi Nazionali, Graduatorie permanenti, ecc. : ma questa è la mia idea, che non ha più valore delle altre e che deve sottostare alle leggi.

        Proprio per questo non mi trovo molto in linea con un Ministro che invita a disapplicare le leggi (“si suggerisce di soprassedere”, scrive nella Nota di indirizzo del 31 agosto 2006) attraverso Note, Circolari, Direttive cioè strumenti che non hanno valore legislativo primario e pertanto non vanno a toccare quella che è la legittimità di provvedimenti di legge. Se la Riforma Moratti è brutta e sbagliata la si cambi per via legislativa non attraverso atti ambigui e frasi piene di doppi sensi. Il fatto che l’Unione al Senato abbia una maggioranza risicata che va “verificata” su cose più importanti non è un argomento, perché comunque noi ai nostri alunni insegniamo che le leggi vanno applicate, non aggirate.

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        I Ministri Letizia Moratti fino a qualche mese fa e Giuseppe Fioroni da qualche mese hanno una cosa in comune: in nome dell’autonomia hanno emanato provvedimenti che quell’autonomia vogliono limitare (usato come sinonimo di eliminare).  Dato che all’orizzonte non si intravede un possibile ritorno della Moratti al Ministero mi occupo solo di alcune cosette realizzare dal Ministro Fioroni:

v     in nome dell’autonomia Sindacati e Ministero hanno deciso di non applicare parti di una legge sgradita, senza però prima verificare in che modo era stata applicata in Italia e quali ripercussioni quella sequenza contrattuale di disapplicazione potrebbe portare ad alcune situazioni consolidate (soprattutto sul fronte degli anticipi e dei contratti con collaboratori esterni) - Sequenza contrattuale del 17 luglio 2006;

v     in nome dell’autonomia il Ministro in una Nota priva di valore giuridico “consiglia di soprassedere” alla compilazione del Portfolio dopo aver inserito la compilazione del Portfolio in forma flessibile e garante della privacy nella Direttiva (sottoposta all’approvazione della Corte dei Conti) ai propri Direttori, in modo che i Dirigenti scolastici e le scuole gettino via il lavoro realizzato sul Portfolio senza sentirsi in colpa e rispondano semmai da soli ai buontemponi (anche se sono giudici) che lo vogliono mantenere - Direttiva del 25 luglio 2006 e Nota di indirizzo del 31 agosto 2006;

v     in nome dell’autonomia il Ministro invece di abolire i Csa e far transitare i soldi dal Ministero dell’economia alle scuole senza passaggi che fanno perdere tempo ed occupano personale utile altrove, si è inventato con una Direttiva ulteriore (gli piacciono proprio) gli Uffici Scolastici Provinciali, dotati di propri obiettivi che serviranno solo ad aumentare il lavoro delle scuole e a riempire gli archivi ministeriali di inutili dati – Direttiva del 7 settembre 2006;

v     in nome dell’autonomia si è abolita la valutazione di sistema Invalsi per tutte le scuole in modo che – assente questa – si possa dire che è necessario, per il bene delle scuole, diminuire la loro autonomia per evitare di avere esiti non valutati a livello nazionale - Direttiva all'Invalsi del 25 agosto 2006;

v     in nome dell’autonomia si è prefigurata l’idea di una scheda di valutazione nazionale attraverso questo ragionamento: “se il Ministero autorizza le scuole ad eliminare il Portfolio poi le scuole possono decidere di volere la scheda unica nazionale (diciamo che in questo caso si tratta di un’autonomia presunta ad esito univoco)”: in questo caso mi sembra si stia raggiungendo il sublime, perché da un lato si invitano le scuole ad elaborare curricoli autonomi e a utilizzare il 20% di curricolo flessibile o variato, dall’altro si invoca un modello unico nazionale. Ricorso solo che la nostra scheda di valutazione è un ocumento che nessuno prende in considerazione (né in Italia né all’Estero) perché mostra il grosso deficit della scuola italiana nella valutazione degli alunni;

v     in nome dell’autonomia non si è toccato il sistema delle supplenze visto che tutti dicono da tempo che non funziona e che paralizza le scuole, ma piace ai Sindacati che, in nome dell’autonomia, ritengono che meno si fa decidere ai dirigenti scolastici e meglio è.

        Sembra quasi che Ministero e Sindacati si stiano preoccupando di quella frase inserita in Costituzione (“salva l’autonomia scolastica”): vedendo che non c’è nessuno che la difende hanno deciso di difenderla loro, anche perché chi meglio dei Sindacati e di un Ministro di centrosinistra sanno cosa vuol veramente dire difendere l’autonomia delle scuole? Tra l’altro le scuole ci mettono del loro: zitte e felici di essere di nuovo governate come si deve da Roma senza bisogno di tante interpretazioni, studi, innovazioni, ricerche. Soltanto che questa “autonomia sotto tutela” ha un altro nome: centralismo, “illuminato” perché esercitato dal centrosinistra e dai sindacati, ma sempre centralismo.

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        Quello che invece è incredibile è il “tormentone” sui Programmi ancora in vigore. Le Indicazioni nazionali sono in vigore anche secondo la Corte costituzionale (sentenza n° 279 del 2005), mentre i Programmi sono stati abrogati dal DPR 275/99. Il DPR 275/99 al Titolo III, Capo I, art. 17 (Ricognizione delle disposizioni di legge abrogate) cancellava, tra gli altri, i seguenti articoli del D.lgs 297/94:

o       Art. 123 – Programmi didattici (della scuola elementare)

o       Art. 124 – Verifica e aggiornamento dei programmi didattici (della scuola elementare)

o       Art. 165 – Piani di studi (scuola media)

o       Art. 166 – Programmi e orari di insegnamento (scuola media)

        E’ ovvio che ci sarà sempre un giudice (non a Berlino, ma al Tar del Lazio o a quello di Bari o di Bolzano) che spiegherà come quell’abrogazione mantenesse in vigore i Vecchi Programmi fino all’emanazione degli Osa ministeriali e che poiché gli Osa stanno nelle Indicazioni nazionali provvisorie i Programmi di fatto non sono abrogati. Con argomenti da Azzeccagarbugli però non si può fare scuola, né se si è di destra né se si è di sinistra e dunque vale la pena di andare a vedere se quegli strumenti al di là della loro insita ideologia e dell’innovazione che hanno portato venti e più anni fa sono ancora realmente utili. Quei Programmi sono il frutto culturale di una stagione e mantenerli in vita significa dare vita ad una nuova scolastica “medievale” (l’ipse dixit di aristotelica memoria, come si diceva). Quando sono stati redatti quei Programmi c’era l’Urss, non c’era Internet, dell’Iraq non si sapeva niente, la Cina dormiva, l’India veniva considerata una zona del Terzo Mondo destinata a morire di fame, non si parlava di federalismo, di sms, di cellulari, di sussidiarietà, di multiculturalismo, di plurilinguismo, pari opportunità, c’era solo la Rai, ecc. (serve davvero che continui?). In Italia c’è scarsa conoscenza storica, l’inglese lo parlano pochi (e non gli adolescenti) e la tecnica è molto sottostimata. Gli italiani che non hanno memoria storica, che non sanno l’inglese e che hanno un cattivo rapporto con la tecnologia sono tutti passati dalla scuola dei Programmi (Berlusconi incluso). Affrontare le sfide della globalizzazione con le coperte di Linus della nostra gioventù è un passo che ci può perdere definitivamente.

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        Il “passaggio” della Riforma Moratti ha dimostrato che i Programmi dalle Scuole dell’Infanzia (Orientamenti del 1991) alle Superiori (che hanno origini gentiliane) passando per quelli delle elementari (Programmi del 1985) e medie (Nuovi Programmi del 1979) sono datati e rispondono forse alle esigenze degli insegnanti, ma non a quelle degli studenti, che dovrebbero apprendere se non qualcosa di utile almeno qualcosa di interessante. Il Regolamento dell’autonomia ha messo l’accento sulla Ricerca e sull’Innovazione delle scuole, sulla nascita di Curricoli che non siano Programmi, sull’assegnazione allo Stato della definizione di soli Obiettivi specifici di apprendimento e su tutto quello che servirebbe per svecchiare, approfondire, studiare. Il Ministro Berlinguer aveva pienamente compreso come solo una revisione della pedagogia, che partisse dalle scuole autonome, avrebbe potuto togliere la scuola italiana dall’imbuto in cui si stava andando a cacciare per permetterle di perseguire quel "successo formativo" che sta alla base di ogni scuola europea che si rispetti. Il suo successore Tullio De Mauro era stato impietoso nel disegnare una scuola italiana capace di avvitarsi nella difesa dei suoi privilegi e della sua storia e non attenta alle esigenze dei ragazzi e delle famiglie (La cultura degli italiani, Laterza, Bari 2004).

        Ora si torna al passato invocando il futuro, forse perché dalle scuole sono arrivate proteste e non proposte e perché comunque i sindacati oggi rappresentano veramente il sentire degli insegnanti. Spero che almeno rimanga per quelli come me il diritto di tribuna.


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