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Casa delle Libertà Ulivo
   
Scuola

Deve essere riconosciuto alla famiglia il diritto di educare liberamente i propri figli e la scuola deve cooperare all'esercizio di questo diritto primario della famiglia. Da ciò deve derivare il diritto della famiglia a poter scegliere una scuola che sia in sintonia con i valori e gli insegnamenti religiosi, morali, culturali che vengono proposti al giovane all'interno della famiglia stessa. Da ciò deriva il principio della libertà scolastica che rappresenta un punto fondamentale del nostro programma.

Le nostre proposte:

1) Sospensione immediata della riforma dei cicli scolastici. Una riforma che confonde fasce di età assolutamente diverse e non compatibili tanto sul piano educativo quanto sul piano pedagogico. In particolare sono inaccettabili la sostanziale eliminazione della scuola elementare e lo svuotamento della formazione classica. _La riforma Berlinguer è costruita in modo da livellare tutto verso il basso, soprattutto con il disastro pedagogico rappresentato dall'introduzione di nuovi programmi. L'effetto finale è quello di una colossale ingiustizia sociale. Le famiglie ricche possono comunque procurarsi l'istruzione di qualità. Le famiglie più bisognose vedono invece chiudersi, in una scuola massificata, pianificata e livellata, la possibilità di ottenere per i loro figli una educazione di livello europeo.

2) Realizzazione di una nuova riforma progettata, attuata e verificata da chi nella scuola vive e lavora: gli insegnanti, le famiglie, gli studenti.

3) La naturale priorità è costituita dalla scuola pubblica, che non va assolutamente dequalificata ma all'opposto rilanciata, anche e proprio attraverso lo stimolo derivante dal confronto con la scuola libera. La presenza, a lato della scuola pubblica, della scuola libera, di cui è garantita l'esistenza, ma escluso il privilegio, è utile per creare quella pluralità di idee, principi, modelli, metodi di studio e di insegnamento che costituisce patrimonio irrinunciabile di ogni Paese avanzato.

4) Le famiglie devono poter scegliere liberamente la scuola che preferiscono per i loro figli, statale o privata, liberi da condizionamenti di carattere economico, attraverso l'introduzione del "buono scuola" che sostenga soprattutto le famiglie meno abbienti.

5) L'insegnamento è, insieme, missione e professione. Il bene che viene elaborato e trasmesso nella scuola è il bene più prezioso: il sapere. Gli insegnanti non sono robot applicati in una catena di montaggio ma professionisti. Contratti nuovi e più flessibili, investimenti in formazione (oltre a quella classica, la formazione nelle 3 "i": Inglese, Internet e Impresa), progressivo adeguamento delle retribuzioni al livello europeo, non sono solo obiettivi di una politica scolastica, ma obiettivi fondamentali di una grande politica economica mirata allo sviluppo del Paese.

Istruzione e formazione

I giovani devono essere messi in condizioni di entrare prima sul mercato del lavoro, e di proseguire la formazione nei periodi di interruzione o di perdita del lavoro. In un quadro dominato da mobilità, innovazione e alta specializzazione professionale, istruzione e formazione, diversamente distribuite rispetto a oggi lungo l’arco della vita, devono vedere subito riconosciuto il proprio valore sociale. I centri pubblici per l’impiego devono diventare luoghi di raccolta delle informazioni operative sulla ricerca di lavoro, ma anche su tutte le iniziative di formazione disponibili. Quanto alle imprese, devono poter detrarre le spese di frequenza di corsi universitari da parte di giovani di età non superiore ai 30 anni impiegati nella struttura aziendale. Per favorire il riassorbimento dei lavoratori in età matura sul mercato del lavoro va adottato un sistema di crediti formativi da spendere lungo l’intero arco della vita. Tale credito dovrebbe essere maggiore per chi ha sfruttato meno le risorse della scuola nell’età dell’istruzione di base ed essere utilizzato per la deduzione dal proprio reddito imponibile delle spese per formazione.

Un’Italia della conoscenza

Nelle società moderne informazione, comunicazione e conoscenza sono beni primari, che devono essere messi a disposizione di tutti: a tutte le età. Da questo dipendono la competitività del nostro paese e il suo ruolo nel mondo, ma anche la coesione sociale e la capacità delle generazioni di parlarsi.
Mai come oggi formazione, informazione e sviluppo sociale appaiono collegati. E sono il fondamento di una vera politica dell’eguaglianza.
Abbiamo individuato due grandi obiettivi: creare un circuito fra scuola, università, e ricerca aperto al mondo del lavoro; rendere disponibile un percorso formativo per ogni cittadino, estendendolo all’intero arco della vita.
Scuola e università devono preparare al lavoro, offrire professionalità e competenze, e trasmettere un sistema di valori e saperi attorno ai quali costruire la nuova identità nazionale ed europea. Una parte del lavoro è già stato fatto con l’avvio di una riforma che ha toccato l’intero spettro dell’istruzione, dal riordino dei cicli scolastici all’obbligo formativo fino a 18 anni, dalla parità tra scuola statale e non statale all’autonomia degli istituti, dalla riforma del ministero della Pubblica istruzione a quella dell’università e della formazione professionale. Questa sperimentazione va ora attuata dotandola di tutti i mezzi necessari e va corretta ove si dimostri insoddisfacente. Ma interromperla in favore di una soluzione rozza quale il buono scuola, come propone la destra, scardinerebbe il complesso meccanismo della scuola pubblica, aumentando i divari e le ingiustizie. Altrettanto pericoloso sarebbe devolvere integralmente alle Regioni le attività didattiche, minando in profondità l’unità culturale della nazione. Ed è indegno di un paese civile attaccare i principi dell’autonomia e della libertà di insegnamento attraverso il controllo sulla scelta dei libri di testo.

Una scuola degli studenti

Al centro del progetto che stiamo preparando ci sono gli studenti, specie quelli per i quali il diritto allo studio è ancora una conquista. In loro favore, le provvidenze per la copertura delle spese per l’istruzione, a partire dai libri di testo, andranno estese a tutto il sistema, pubblico e privato. I loro programmi formativi potranno essere flessibili,cioè decisi sia sulla base delle aspirazioni personali sia sulla base delle indicazioni degli appositi centri di orientamento al lavoro. Un obiettivo non secondario è un diverso rapporto fra utenti e istituzione, che può essere ottenuto garantendo ai primi il diritto all’informazione, alla riservatezza, alla valutazione trasparente e tempestiva, e consentendo alla seconda, in misura maggiore rispetto a quanto accade oggi, una rigorosa valutazione del rendimento scolastico.
Insegnare oggi La scuola dell’autonomia chiede molto agli insegnanti, che nella prospettiva dell’adozione di modelli europei dovranno aprire al nuovo le proprie impostazioni didattiche. In cambio bisognerà dare loro più di quanto non sia stato possibile, per ragioni di bilancio, nella passata legislatura.
Le modalità e i percorsi di abilitazione e accesso al ruolo vanno rivisti, e integrati con un nuovo sistema di formazione in servizio.
Gli insegnanti potranno usufruire di periodi sabbatici di autoformazione, approfondire attività sperimentali, collegare le propria attività con l’università acquisendo crediti, specializzazioni, dottorati di ricerca orientati all’insegnamento. Particolare attenzione sarà dedicata anche all’ambiente di lavoro, con nuovi spazi per l’attività didattica. A questo, così come a incentivare il possesso e l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche, saranno destinati investimenti considerevoli.
Gli insegnanti meritano una retribuzione adeguata. Con aumenti salariali progressivi, le retribuzioni dovranno avvicinarsi ai livelli europei. Le diverse articolazioni di carriera e di stipendio, grazie all’istituzione di un’anagrafe delle competenze e delle professionalità, non saranno automatiche.
Verranno introdotti meccanismi che premino chi decide di prestare la propria opera in scuole disagiate, e programmi che leghino incentivi finanziari al raggiungimento di obiettivi superiori a parametri prefissati.

Il ruolo della famiglia

Famiglie e studenti debbono poter scegliere istruzione e formazione.
Garanzia di questo diritto è anche la parità tra scuola statale e non statale. Ma perché la scelta tra istituti pubblici e privati, e fra un istituto pubblico e l’altro, sia consapevole devono essere rafforzate sia l’autonomia della scuola sia l’opera dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione. Le famiglie italiane devono insomma avere la possibilità di apprezzare, in modo chiaro, risultati e qualità dei diversi istituti.
Il rapporto tra famiglia ed educazione non si esaurisce però nella libertà di scelta. Il nucleo familiare è una componente fondamentale del processo di apprendimento. Una famiglia che segue i suoi ragazzi e li accompagna nella loro vita scolastica conta, lo dimostrano tutti gli studi, moltissimo. Per questo una politica dell’educazione coerente deve incoraggiare la partecipazione diretta, concreta delle famiglie.

Scuole migliori

Scuole belle significano molte cose: sicurezza degli edifici, ambienti dove è più piacevole e insegnare e imparare, dotazioni tecnologiche all’avanguardia, luoghi aperti tutto il giorno in cui i ragazzi trascorrono le loro giornate dedicandosi ai propri hobby, facendo sport, scoprendo vocazioni e talenti. Per questo proponiamo un programma di riqualificazione delle strutture e di formazione del personale, e la promozione diretta dell’innovazione in alcune centinaia di istituti.

Università

Una Università di livello pari a quello delle nazioni più avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è indispensabile per il suo sviluppo economico. Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione, senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.

È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata sulle seguenti linee fondamentali:

1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti, disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra le Università e le imprese.

2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre istituzioni. Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al finanziamento di programmi di ricerca scientifica.

3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà accademica.

4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il compito del MURST allo stabilimento delle linee generali.

L’università e il territorio

La riforma dell’autonomia universitaria ha messo gli atenei in grado di rispondere in modo più flessibile alle richieste degli studenti, e alle esigenze della società. Ma ora il sistema universitario deve riuscire a coinvolgere in modo nuovo tutti i protagonisti della vita accademica, ottenendo una reale integrazione tra università, territorio e mondo del lavoro, pubblico e privato.
Per avvicinare la spesa italiana per studente e per laureato a quella europea è necessario un considerevole aumento delle risorse. Insieme ai mezzi occorre dare agli atenei maggiore autonomia non soltanto in campo finanziario, ma anche nell’istituzione dei master di primo e di secondo livello, oltreché nella gestione di nuove forme di flessibilità nello studio, come la formazione a distanza.
Importanti sono anche il riconoscimento della formazione postsecondaria e il ricambio generazionale dell’attuale classe di docenti e ricercatori, la valutazione periodica delle attività, il ritorno dei “cervelli” che hanno lasciato il paese, e la piena integrazione delle facoltà italiane nelle reti internazionali di formazione e di ricerca.
Dobbiamo progettare università sempre più integrate nel loro territorio, con incentivi per la localizzazione delle imprese nei pressi delle università. Esistono casi pilota molto incoraggianti, a cui rifarsi.

La mobilità di studio

Gli studenti hanno due esigenze primarie: scegliere l’università in cui studiare e accostarsi progressivamente al mondo del lavoro, maturando la scelta del loro progetto di vita in modo consapevole. Negli anni universitari, le esigenze di socialità, confronto, didattica sono spesso frustrate da spese di trasferimento e di mantenimento onerose, da facoltà troppo grandi o semplicemente non in grado di offrire i servizi indispensabili.
Favorire la mobilità di studio è una prima risposta. Solo dando effettiva capacità di scelta agli studenti l’autonomia universitaria darà i suoi frutti. Per questo prevediamo un raddoppio delle borse di studio attualmente previste, affiancato dal sostegno a un più diffuso sistema di credito agevolato individuale e da investimenti aggiuntivi nei servizi reali: residenze universitarie, mense, biblioteche, orientamento e rapporto col mercato del lavoro, stage presso imprese e amministrazioni.

Ricerca scientifica

Le invenzioni sono degli inventori. I professori ed i ricercatori che, da soli o in équipe, all'interno di Università o di laboratori pubblici, realizzano invenzioni brevettabili o registrabili devono restarne proprietari a pieno titolo. Su questa base possono ottenere i capitali finanziari necessari per svilupparle. Finora il nostro Paese ha perso enormi possibilità di sviluppo: moltissime invenzioni sono rimaste nel cassetto. Ciò a causa della indeterminatezza sulla questione fondamentale relativa alla loro proprietà. Chiarita la questione della proprietà sulla base del principio che le invenzioni sono in primo luogo degli inventori, le idee possono trovare i capitali e i capitali possono trovare le idee. La combinazione dell'iniziativa privata e del "venture capital" può lanciare anche nel nostro Paese, anzi soprattutto nel nostro Paese, un vertiginoso processo di innovazione e di modernizzazione, al servizio di tutti.

Le nostre proposte:

1) Liberalizzazione delle iniziative imprenditoriali dei docenti e ricercatori. Il dipendente di Università ed Enti pubblici di ricerca ha la possibilità di creare imprese a fini di lucro per sviluppare e commercializzare scoperte, invenzioni ed ogni altro prodotto di ingegno da lui ideato. La partecipazione azionaria all'impresa è compatibile con il ruolo di dipendente dell'Università e degli Enti di ricerca.

2) Incentivazioni di tipo economico per le Università i cui centri di ricerca dimostrino valori di eccellenza scientifica a livello internazionale, secondo valutazioni e parametri obiettivi.

3) Incentivazioni economiche alle Università che dimostrino capacità di trasferimento tecnologico verso il mondo dell'impresa, misurata attraverso indicatori come numero di brevetti, numero e ammontare di contratti con le imprese, numero di imprese create da accademici e ricercatori, numero ed ammontare di licenze brevettuali a terzi, quantità di ricercatori universitari inseriti in laboratori industriali e di ricercatori industriali inseriti in laboratori universitari.

4) Gli istituti del CNR, dello IFN e dell'ENEA saranno collegati organicamente ai centri universitari di eccellenza nella ricerca di frontiera e nel trasferimento tecnologico.

5) Avvio di un piano di progressiva deduzione e/o detrazione fiscale dei trasferimenti e/o investimenti in ricerca scientifica, nelle imprese industriali, nelle Università, negli Enti di ricerca, nelle Fondazioni o associazioni.

La ricerca italiana

La competitività attuale e potenziale di un paese si misura sulla qualità della sua ricerca scientifica. La necessità di portare la ricerca italiana, nel più breve tempo possibile, a livelli di eccellenza è dunque indiscussa. Restano da individuare le strategie migliori per soddisfarla.
La prima è senz’altro dotarsi di istituti moderni e in rete, pienamente inseriti nel progetto dello Spazio europeo di ricerca, e di fondi adeguati. Serve un sistema pubblico capace di premiare le idee e i progetti migliori e di promuovere un dialogo costante tra ricerca e impresa. Un sistema nel quale le scelte progettuali si iscrivano in un disegno strategico complessivo, con una chiara definizione degli obiettivi e criteri trasparenti di valutazione dei risultati.
Il sistema italiano va, in altre parole, trasformato: sprovincializzato nelle sue aree di maggiore ritardo, promosso nei suoi centri di eccellenza. Occorre molto lavoro sulle infrastrutture, le comunicazioni, i metodi di selezione dei progetti,
con l’obiettivo finale di attrarre il bene più prezioso: il capitale umano. I nostri ricercatori non devono più essere costretti a emigrare, e i nostri centri devono attrarre i migliori ricercatori stranieri.
Questi, oggi, non sono traguardi irrealistici. Esistono, al contrario, i presupposti per raggiungerli, dai meccanismi di circolazione dei ricercatori che favoriscano lo scambio tra impresa e ricerca, a nuovi e più coordinati strumenti di finanziamento.
Esiste, finalmente, un quadro generale articolato su due livelli: il Programma nazionale di ricerca, che è il nostro piano di lavoro per i prossimi anni, e lo Spazio europeo di ricerca, un progetto teso a rendere l’Unione competitiva sul mercato globale.
Certo vanno corrette subito alcune anomalie italiane, come il numero insufficiente di ricercatori e l’irregolare distribuzione territoriale dei centri. E la ricerca, specie se applicata, deve essere finanziata da capitali misti, attraendo la quota privata con regimi fiscali favorevoli e un’adeguata protezione alla proprietà intellettuale – esigenza, questa, specialmente sentita dalle piccole e medie imprese, cui forniremo specifico aiuto per accedere a tecnologie capaci di migliorarne produttività e qualità.
La nostra priorità per i prossimi anni è dunque l’attuazione del Programma nazionale di ricerca, al quale intendiamo destinare i 5.000 miliardi corrispondenti al 10% dei ricavi dell’asta Umts, attribuendo alla ricerca una quota di bilancio analoga a quella dei paesi avanzati, con l’obiettivo del 2/2,5% del Pil alla fine del quinquennio. Per garantire trasparenza pensiamo a un assetto amministrativo che assicuri che la scelta dei progetti finanziati, il controllo della loro attuazione e la valutazione degli effetti siano condotti in base a criteri e parametri europei. Infine, vanno completate la riforma dell’Enea, del Cnr e degli altri enti di ricerca e incentivate forme di cooperazione tra istituti nazionali ed esteri.

(*) I programmi integrali dei due schieramenti, dai quali sono tratte le sezioni dedicate a scuola, università e ricerca sopra riportate, sono disponibili in Rete rispettivamente:

Programma Casa delle Libertà Programma Ulivo