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A proposito di unità di apprendimento, di piani personalizzati… ed altre acrobazie!

 

Claudia Fanti, che è donna di scuola e le cose le sa e le sa fare, nel suo Rallentare la Corsa (una new in Bacheca, Interventi sulla Riforma sul sito www.edscuola.it,) avanza una serie di considerazioni utilissime e dà consigli pratici di grande interesse su come operare in aula… nonostante la riforma! Sul punto 7 intendo fare qualche commento.

La Fanti esorta a “buttar via la scaletta della programmazione di eventuali unità di apprendimento”. La cosa mi piace assai, ma sarebbe bene darne una giustificazione. Vorrei provarci: e, purtroppo, debbo tornare un po’ indietro nel tempo.

Ricordo che nella scuola elementare sul finire degli anni Ottanta si formò un largo movimento, quello del Manifesto di Chiaravalle, quello dei cosiddetti postprogrammatori, assai critico verso la programmazione. Ho sempre condiviso le loro motivazioni – cioè, il fatto che un bambino/alunno non può essere irreggimentato in un percorso precostituito e rigido – ma non le loro conclusioni – cioè, la necessità di avviare processi di insegnamento/apprendimento che azzerassero la programmazione curricolare e si rifacessero ad altre strategie. Da parte mia, invece, ho sempre considerato che è proprio la strategia del curricolo, ovviamente, quando è correttamente intesa e saggiamente amministrata, che ci consente di condurre attività di educazione, istruzione e formazione capaci di coniugare costantemente il vissuto, il pregresso, i ritmi di sviluppo e gli stili di apprendimento degli alunni con gli obiettivi che di volta in volta proponiamo loro, adoperandoci anche affinché tutti – non uno di meno – possano raggiungerli, pur se con diversi livelli di avvicinamento (di qui la valutazione di criterio). Ho sempre temuto che un atteggiamento postprogrammatorio spinto potesse di fatto indurre gli insegnanti a buttare via, con l’acqua “sporca” della programmazione, anche il bambino/alunno!

E ricordo anche che la strategia del curricolo la avevamo adottata a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta proprio per fare in modo di abbassare quei livelli di mortalità scolastica (allora la chiamavamo così!) che tanto avevano funestato i primi anni della scuola obbligatoria ottonale. Se poi in talune realtà la programmazione si è tradotta nell’attuazione di percorsi lineari rigidi e tecnicistici, questa è un’altra questione: significa che la strategia curricolare non veniva correttamente attuata!

Ma la cosa che più mi stupisce è questa! Mi sembra che il clan dei bergamaschi che ha posto mano alla riforma oggi in atto abbia voluto far proprie fino all’estremo limite le teorie dei postprogrammatori gettando definitivamente alle ortiche tutto ciò che sa di curricolo, di programmazione, di unità didattica e quant’altro possa evocare quella strategia che, a detta anche dell’attuale ministro sarebbe responsabile di tutti i nostri insuccessi scolastici. Al proposito è doveroso ricordare che il ministro più volte ci ha detto che prima l’alunno era a servizio delle esigenze dei programmi e della scuola e che ora, con la sua riforma, è la scuola che è a servizio dell’alunno! Quando tutti sappiamo benissimo che la scuola ce l’ha sempre messa tutta – se si può dir così – per rispondere alle esigenze di crescita, di conoscenza, di socializzazione di ogni singolo alunno! E che la dispersione dipende in gran parte da ragioni che vanno ben oltre la scuola e di cui questa non è responsabile! Secondo la nuova “filosofia” della riforma, mentre la scuola del passato voleva produrre alunni tutti eguali, (ah! questa Costituzione da cambiare!) incurante delle differenze individuali, quella di oggi, invece, aborrisce da ogni livellamento e punta alla valorizzazione della persona, di ogni singolo alunno! A ciascuno secondo le sue capacità, come se questo fossero un patrimonio innato!

Ma la cosa che più mi sorprende è una sorta di volontà taumaturgica dei bergamaschi, i quali, mentre gettano dalla finestra l’odiato curricolo, fanno entrare dalla porta delle Indicazioni nazionali quella babilonia dalla quale la nostra Claudia Fanti deve prendere, e giustamente, tutte le distanze del caso. Per ben tre volte (per ciascuno dei tre gradi di scuola), senza mai cambiare una virgola, i nostri anonimi compilatori ci dicono che gli insegnanti debbono tener d’occhio gli OSA e il PECUP, poi le capacità, le attitudini, le inclinazioni dei singoli alunni, poi ancora i desiderata delle loro famiglie, poi redigere liste di obiettivi formativi, adatti e significativi per i singoli allievi, obiettivi che, insieme a contenuti, metodi e verifiche vanno a dar vita ad Unità di apprendimento: E poi ancora, l’insieme di queste Unità – udite! udite! – individuali, di gruppi di livello, di compito o elettivi oppure di gruppo classe (sic!) dà origine al Piano di studio personalizzato. Questo resta a disposizione delle famiglie ed è anche utile per la compilazione del Portfolio delle competenze individuali! In fatto di funambolismi non c’è nulla da invidiare agli acrobati del Cirque du Soleil che debutta in questi giorni alla Fiera di Roma! Sono acrobati eccezionali!

A parte il traballare della sintassi e la genericità della semantica, ciò che sconvolge è la sicumera con cui ci vengono propinate indicazioni di lavoro che non solo sono impraticabili ma che non hanno neanche uno straccio di referente scientifico a monte! Ed allora, non è ben più tortuosa, macchinosa, farraginosa, impasticciata la procedura indicata dalle Indicazioni rispetto alla tanto aborrita programmazione? Gli insegnanti, quando programmavano, avevano dei riferimenti teorici e pratici di tutto rilievo. Oggi gli insegnanti che dovrebbero adottare la “scaletta della programmazione di eventuali unità di apprendimento”, a mio vedere, possono solo seguire il suggerimento della Fanti: farne a meno e lavorare come hanno fatto fino ad oggi!

In forza della autonomia! Che non è una ciambella di salvataggio! E’ la via maestra da percorrere!

 

Roma, 9 ottobre 2004

 

Maurizio Tiriticco


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