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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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La maestra non vuol portarci in gita

di Giusy Rao

 

Capita spesso di entrare in una classe e notare la scolaresca giù di tono. Bambini ricurvi su se stessi, bambini che sbadigliano o litigano tra di loro, o ancora bambini disattenti e sognanti. Il più delle volte l’insegnante che constata tale situazione tende a rimproverare il piccolo senza chiedersi effettivamente il perché di uno sguardo assente, quasi proiettato verso mondi fiabeschi. È vero che la scuola di oggi è meno gretta rispetto al passato, vi è senza dubbio alcuno maggior dialogo, tuttavia le cinque ore di “obbligata stasi”, annoiano il bambino il quale desidererebbe diventare minuscolo e invisibile per poter saltellare tra i banchi e urlare senza essere udito e rimproverato dall’insegnante che lo obbliga al silenzio e all’ascolto. Tale disagio, dovuto alla coercizione della compostezza, trova libera esplicazione nelle liti fra compagni. La lite, un modo per rompere la routine, quasi come se due sberle contribuissero a rilassare i muscoli delle braccia che per cinque ore son state ben riposte sul banco. Lavorare con bambini piccoli, richiede una buona dose inventiva: la lezione non deve essere presentata secondo gli schemi standard, ma deve subire un’attualizzazione in modo da renderla più partecipativa, più coinvolgente e che al contempo possa catturare l’attenzione dello scolaro mediante la novità e la creatività, stimolando così la cognizione. Il più delle volte, l’insegnante preferisce il metodo d’insegnamento tradizionale, così spiegare al bambino l’ambiente boschivo diventa noioso, ripetitivo e forse poco fruttuoso dato che è impossibile costringere il piccolo a ricordare e ripetere in modo mnemonico dei nomi particolari di insetti o piante. Proporre all’insegnante di condurre un’attività escursionistica, il più delle volte subisce una parziale bocciatura: la gita è vissuta con ansia, l’insegnante la traduce in una sorte di presa a carico troppo gravante, oltretutto la responsabilità è troppa vista la vivacità dei piccoli alunni pronti a staccarsi dal gruppo ai fini dell’esplorazione. Baden-Powell nel suo Il libro dei capi, sosteneva che l’educazione dei giovani non si dovesse esaurire nella pura e semplice istruzione scolastica, ma che dovesse mirare a formare il carattere piuttosto che a “stipare i cervelli di conoscenze teoriche”. Attualmente l’opinione pubblica è tesa a concordare con l’idea dell’autore poiché il suo metodo offre al ragazzo numerose possibilità per formarsi, vivendo esperienze che mentre lo divertono concorrono ad educarlo. Proiettati all’idea di una esperienza escursionistica, i bambini si sentiranno più motivati poiché spinti a idealizzare quell’atteso momento. Proponendo tale attività, l’insegnate potrà far leva su diversi approcci: arte, musica, scienze e geografia. È semplicemente clamoroso il fatto che si possa approdare a tali discipline grazie ad una escursione. Spiegando al bambino che il momento escursionistico esige la collaborazione, l’ascolto e l’attenzione; l’insegnante potrà introdurre l’utilità delle risorse presenti in natura magari mediante l’ausilio di stampe, colori, disegni che senza dubbio stimolano l’attenzione e la fantasia. Giunti sul luogo dell’escursione l’insegnate inviterà i bambini a camminare in maniera assennata, ricordando loro i concetti di collaborazione e attenzione. Durante il percorso si potrà ammirare la bellezza della natura e ascoltando il cinguettio degli uccelli si potrà intonare una canzone. L’urlo, talmente biasimato all’interno delle aule, potrà essere utilizzato non solo per scaricare la tensione, ma anche per fare esperienza della eco come movimento sonoro. La natura porta con sé degli effetti benevoli di non poco conto, si pensi ad esempio ai recenti sviluppi della montagnaterapia. Ma tornando al nostro discorso, l’esperienza escursionistica, merita di essere considerata una vera attività didattica in quanto consente anche l’esercizio fisico. Durante la passeggiata per i sentieri boschivi, l’insegnante potrà sia far da “Cicerone” ai suoi alunni facendo loro toccar con mano gli elementi presenti in natura, sia insegnare mediante procedure semplificative: ad esempio, far ricordare al bambino che esiste un fungo dal nome amanita falloide, sembra una pretesa molto ampia, per cui si userà la mnemotecnica come strumento efficace e divertente. Per far ricordare la suddetta parola, l’insegnante potrà scomporla così:

1 Ricordate la prima lettera dell’alfabeto = A

2 Le usiamo per scrivere = MANI

3 Qui in giro ci sono molte Tane per Talpe = TA

4 Nelle partite di calcio non è ammesso = FALLO

5 Ho poco più di un’idea =IDE

Trattasi in sintesi di un piccolo rebus che l’insegnante potrà rendere ancor più valido con l’ausilio del mimo. Una volta ritornati in aula, si procederà alla riformulazione dei contenuti appresi. L’attività potrà essere resa più allettante dal sussidio artistico: si potrà mettere in atto un’attività teatrale basata sulla vita del bosco, (Fig.1). o ancora si potrà dar vita ad una iniziativa pittorica che riproduca i colori della natura.


Fig.1

Così agendo, si metterà in atto una didattica non direttiva, capace di aiutare l’alunno a diventare un individuo possessore di responsabilità e iniziativa. Secondo Carl Rogers, costruire un rapporto didattico fondato sulla non direttività, significherebbe agire empaticamente nei confronti degli studenti i quali esigono comunicazione, fiducia, comprensione e genuinità. Tale attività educativa, non  va considerata un’utopia, l’animazione come attività e come metodo di lavoro legato alla scuola, cominciò infatti a definirsi simultaneamente al dibattito inerente l’entrata in crisi delle didattiche delle scuole tradizionali. Già a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, iniziarono ad essere pubblicizzate le esperienze di animazione condotte all’interno delle scuole. Le attività escursionistiche pertanto, fanno sì che la scuola si svesta dalle sembianze autarchiche che per secoli l’hanno caratterizzata. Progetti, laboratori, lavori in interclasse e lavori di gruppo altro non sono se non i segni di una cultura che richiede rinnovamento. Ancora nel 1960, l’ideologia ufficiale della scuola italiana, preferiva considerarsi l’unica depositaria della trasmissione  culturale, pertanto era impossibile educare all’idea che una gita potesse estrapolare dal fanciullo quelle risorse innate di cui ognuno è conservatore, dato che si era soliti seguire una linea di pensiero volta a considerare il piccolo un minus habens simile ad un vaso vuoto da riempire. La similitudine col vaso potrebbe anche andar bene, ma perché non immaginare in tal contesto il famoso vaso di Pandora - ovviamente non inteso in termini negativi dato che secondo l’idea classica tale vaso conteneva innumerevoli malefici- contenente risorse esplosive? È rinomato il fatto che le attività coinvolgenti, quali possano essere quelle escursionistiche, si rivestono di importanza pedagogica poiché tendono a stimolare le potenzialità espressivo-creative: fotografare le bellezze boschive, dipingere su un cartellone, o ancora tentare di dar “vita” al suddetto ambiente, sono espedienti tipici di una pedagogia nuova che si pone all’avanguardia soppiantando le vecchie concezioni secondo le quali gli alunni debbano restar “inchiodati” sui banchi. Quante storie ambientate nei boschi abbiamo ascoltato durante la nostra infanzia: La bella addormentata nel bosco, Cappuccetto Rosso, Hansel e Gretel di Perrault, o ancora Alice nel paese delle meraviglie, rinomata opera di Lewis Carrol. Quando i bambini ascoltano delle storie di questo genere, sono soliti proiettarsi in mondi lontani, immaginano di vivere quell’esperienza, cercano tentate soluzioni per sfuggire alle ire delle streghe cattive, oltretutto le fiabe conducono ai processi di simbolizzazione. L’insegnante non dovrà considerare il racconto come una perdita di tempo, motivo per cui durante l’escursione sarebbe costruttivo sedersi tutti insieme in prossimità di un albero e raccontare una storia avvincente da poter poi rielaborare in classe. Detto quanto pare opportuno educare l’insegnante ad accantonare i suoi timori circa la conduzione della passeggiata, i bambini non sono sciocchi e nonostante la loro vivacità, se coinvolti con compiti di responsabilità, sapranno cooperare in modo ottimale aiutando l’insegnate in quel compito arduo che consiste nel tener a bada una vivace scolaresca.

 

Indicazioni bibliografiche

  • Bertolini P., Pranzini V., Scautismo oggi. Il segreto di un succeso educativo, Ed. Cappelli, Bologna, 1981

  • Bertolini P., Farnè R., (a cura di), Territorio e intervento culturale, Ed. Cappelli, Bologna, 1978

  • De Caroli M.E., Ancora le fiabe? Processi di simbolizzazione e costruzione del “reale”, Ed. Oasi, Troina, 2000

  • Powell B., Il libro dei capi, Ed. Giglio, Roma, 1946

  • Scurati C., Non direttività, Ed. La Scuola, Brescia, 1976

  • Serafini M.T., Come si studia, Strumenti Bompiani, Ed. Fabbri, Milano, 1995

 


 

. (Fig.1) I disegni sono stati tratti dal sito Internet www.regione.umbria.it/cridea/ambiente@scuola/veg_samb/fine.htm


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