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Ma… i libri di testo sono ancora necessari?
Lettera aperta a Luciano Corradini e a Benedetto Vertecchi

Cari amici,

ho letto sul Corsera del 24 maggio le vostre considerazioni a proposito della iniziativa del MIUR circa la richiesta agli editori di produrre nuovi libri di testo per le terze, quarte e quinte della scuola primaria, i quali non siano più "contenitori di singole materie ma un insieme di unità di apprendimento realizzate attraverso un intreccio di discipline".

Vertecchi manifesta il suo sostanziale accordo: il problema non è tanto quello di fornire agli alunni conoscenze preconfezionate, quanto quello di offrire loro spazi concettuali ampi perché le possano originalmente organizzare. Più cauto mi sembra Corradini: docenti e famiglie potrebbero disorientarsi di fronte ad una iniziativa così radicale.

Comunque, ambedue concordano sul fatto che ormai, a fronte di situazioni ormai così profondamente cambiate non solo nel settore della produzione e della diffusione delle informazioni, ma anche nell’ambito della acquisizione delle conoscenze da parte dei nuovi nati e delle loro stesse strategie cognitive e operative, proposte di apprendimento organizzate per distinti settori disciplinari appare assolutamente di retroguardia e non produttiva. E la stessa ricerca psicopedagogia ci indica come e perché i bambini apprendano e, soprattutto, in quali situazioni ed a quali condizioni siano disposti a farlo!

Sappiamo anche come le loro strategie cognitive siano "per natura" pluridisciplinari, tant’è vero che ormai da tempo siamo giunti al concetto di un insegnamento per "ambiti disciplinari". E Maragliano – lo ricordo sempre – propone una scuola indisciplinata! Sappiamo anche che l’accesso alle segmentazioni disciplinari, pur necessarie per una organizzazione più compiuta e "pratica" dei saperi è sempre problematico. Ed è in questo passaggio, soprattutto, che si cimenta la "bravura" dell’insegnante, o meglio degli insegnanti in quanto codocenti.

Se tutte queste considerazioni sono vere, viene da domandarsi se i libri di testo siano ancora necessari o meno.

Essi sono nati in situazioni ben diverse da quelle attuali, sotto il profilo sociale (l’assenza pressoché assoluta della parola scritta in molte case degli Italiani!), istituzionale (i programmi ministeriali prescrittivi, eguali per tutti) e psicopedagogico (la convinzione che ciascuna disciplina dovesse avere un suo spazio ben definito).

Tali condizioni oggi non ci sono più o sono largamente cadute! Il "buon" insegnante – e qui Vertecchi ha ragione – è colui che sa attivare spazi di apprendimento lungo i quali e in forza dei quali il bambino "impari" ad organizzare e a "disciplinare" a poco a poco le sue strategie cognitive e le sue conoscenze.

Ed è qui che nascono le mie perplessità. Se la disciplina è un unicum "chiuso" in se stesso, quindi rappresentabile univocamente in migliaia di libri di testo, le "unità di apprendimento realizzate attraverso un intreccio di discipline" – così si legge sul Corsera – non possono essere univoche, vanno create "in situazione" per quel gruppo alunni da quel gruppo codocente!

Insomma, l’originalità assoluta di questa modalità di insegnare/apprendere non può essere ricondotta ad una modellizzazione valida per tutte le situazioni. E’ una modalità che va "inventata" hic et nunc e che non può essere "confezionata" dall’esterno da autori, anche bravissimi, ma che non operano in "quella" particolare situazione!

Ritengo che la svolta che si deve effettuare non necessita di ulteriori libri di testo, che offrano già predisposte "unità di apprendimento", che poi sarebbero dei veri e propri moduli pluridisciplinari. Il problema è un altro! Occorre "aiutare" gli insegnanti ad organizzare le loro attività producendo essi stessi materiali pluridisciplinari coerenti con i percorsi formativi proposti al gruppo alunni. Molti insegnanti già sono su questa linea ed usano il libro di testo più come repertorio a cui attingere che come materiale unico con cui insegnare!

Quindi, occorre fare più formazione dei formatori, fornire linee guida, materiali, anche on line, aprire più spazi per la circolazione della documentazione ad hoc, per gli scambi di esperienze! Saper effettuare ricerche su internet e utilizzare convenientemente la rete è fondamentale per insegnare, oggi!

Il mio timore è che si rischierebbe di proporre agli editori e ai loro autori la pubblicazione di testi che poi non servirebbero affatto alla bisogna! E il disorientamento di cui parla Corradini non nascerebbe tanto dalla difficoltà di un’offerta troppo ricca ed innovante, quanto, invece, da un’offerta arretrata rispetto alla proposta formativa che gli insegnanti sono tenuti ad avanzare!

Mi sembra che quanto ho detto non solo sia coerente con lo sviluppo della autonomia delle istituzioni scolastiche ma sia anche una condizione per un suo reale rafforzamento.

Roma, 25 maggio 2003

Maurizio Tiriticco


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