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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

IL REGOLAMENTO SULLA VALUTAZIONE (D.P.R. n. 122/2009):

AVVERTENZE PER L’USO

 

di Roberto Stefanoni

 

 

Dopo la stressante e vana attesa nell’ultimo periodo dell’attività didattica dell’anno scolastico passato, a ridosso degli scrutini e degli esami, che procurò tanta (e inutile) apprensione a dirigenti e insegnanti, il regolamento di coordinamento delle norme sulla valutazione degli alunni è finalmente diventato norma dello Stato, con la pubblicazione avvenuta sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 19-8-2009, come D.P.R. n. 122 del 22 giugno 2009.

 

La pubblicazione in pieno periodo feriale del documento, unita alla serie di incertezze ed equivoci sulla valutazione, riscontrati anche recentemente, mi fanno ritenere che non sia affatto inutile un minimo di riflessione sulle norme in esso contenute, le quali dispiegano ora tutta la loro efficacia e richiedono un’attenta applicazione e anche l’adozione di interventi tempestivi da parte delle scuole.

 

 

I PRINCÌPI GENERALI

 

Nel primo articolo del regolamento si affermano, o meglio, vengono riaffermati, alcuni princìpi, non nuovi, che costituiscono il fondamento dell’attività valutativa della scuola.

 

Sparito definitivamente il ‘suggerimento’ di estendere l’uso dei voti alla pratica quotidiana, che aveva sollevato molte critiche (e che, per la verità, era stato eliminato già nella redazione approvata dal Consiglio dei Ministri il 13 marzo 2009), si fa riferimento all’autonomia individuale e collegiale dei docenti e all’autonomia didattica delle scuole come base e condizione dell’attività valutativa, la quale ha per oggetto “il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento scolastico complessivo degli alunni”. Si ribadisce la valenza formativa della valutazione, che deve sollecitare e favorire negli alunni l’autovalutazione, l’acquisizione di conoscenze e il successo formativo.

 

In due passaggi, ai commi 4 e 5, si richiama la necessità che nel piano dell’offerta formativa vengano esplicitati sia le modalità e i criteri adottati per la valutazione sia gli obiettivi di apprendimento ai quali si riferiscono le verifiche e la conseguente valutazione, in modo che vengano garantite coerenza, omogeneità, equità e trasparenza del processo valutativo. Questi richiami, di vitale importanza anche più di altri contenuti nello stesso decreto, sollecitano le scuole a una revisione o integrazione del P.O.F., giacché nella maggior parte dei casi esso non riporta quanto viene richiesto dal regolamento; occorrerà, pertanto, individuare collegialmente e in tempi brevi gli obiettivi di apprendimento, i criteri e le modalità della valutazione e inserirli nel documento fondamentale della scuola, operando poi nel pieno rispetto di quanto definito, anche per evitare che un qualsiasi ricorso nei confronti di un esito finale non gradito di un alunno possa trovare l’istituzione scolastica inadempiente.

 

In questa logica rientra, naturalmente, anche la definizione dei criteri in base ai quali non ammettere un alunno alla classe successiva o procedere, nella scuola secondaria di 2° grado, alla sospensione del giudizio (quante materie, tipologia e gravità delle lacune, capacità di base, possibilità di recupero da parte dello studente nel periodo estivo, ecc.). Potrebbe essere, questa, l’occasione perché il Collegio dei docenti definisca e deliberi anche (qualora non fosse stato già fatto) regole condivise per la gestione, a livello di dipartimenti disciplinari, delle procedure e degli adempimenti relativi alle verifiche, scritte e orali: numero, frequenza, esplicitazione preventiva dei criteri di valutazione, modalità di correzione, tempi di restituzione, comunicazione alle famiglie, conservazione degli elaborati, ecc.

 

Come si può capire, i princìpi presenti nel regolamento chiamano in causa la parte forse più cruciale dell’attività della scuola, la cui azione didattica trova costante riscontro nel processo di verifica-valutazione dei percorsi di apprendimento; processo che deve essere il più possibile omogeneo all’interno dell’istituzione scolastica, trasparente per l’utenza e del quale deve essere fornita costante e tempestiva informazione alle famiglie degli alunni.

 

Princìpi non nuovi per la scuola, come si è detto, ma che per la prima volta nell’ultimo decennio vengono proclamati in tutta evidenza e in maniera complessiva e organica in un testo normativo.

 

 

IL NUOVO QUADRO DI RIFERIMENTO

 

Il regolamento è stato emanato in seguito a quanto prescritto dalla legge n. 169/2008, che con gli articoli 2 e 3 ha introdotto alcuni cambiamenti di rilievo - entrati in vigore fin dall’anno scolastico passato - alla valutazione del comportamento e degli apprendimenti degli studenti, e che all’art. 3, comma 5, prevedeva l’emanazione di un testo che coordinasse le norme vigenti nel settore della valutazione, stabilendo eventuali ulteriori modalità applicative dello stesso articolo 3. Il regolamento, dunque, non modifica sostanzialmente la prassi valutativa seguita dagli operatori scolastici l’anno scorso, caratterizzata macroscopicamente soprattutto dall’introduzione dell’uso del voto in decimi nelle valutazioni periodiche e finali anche nel primo ciclo; tuttavia, ne chiarisce e puntualizza alcuni aspetti, introducendo anche alcune novità, che occorre tenere ben presenti, e dà luogo a un nuovo quadro di riferimento normativo, che in questo contributo viene descritto nelle sue linee essenziali.

 

Per tutti i gradi di scuola

 

Per l’alunno disabile seguito da più insegnanti di sostegno, questi esprimeranno un unico voto o giudizio valutativo; per l’insegnamento della religione cattolica la valutazione continua ad essere effettuata con la “speciale nota” redatta dal relativo docente, senza attribuzione di voto numerico.

 

Il personale non titolare della classe, che abbia svolto “attività o insegnamenti per l’ampliamento e il potenziamento dell’offerta formativa”, e i docenti dell’attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica “forniscono preventivamente ai docenti della classe elementi conoscitivi sull’interesse manifestato e il profitto raggiunto da ciascun alunno” (art. 2, c. 5 e art. 4, c. 1).

 

Scuola primaria

 

La valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, espressa con voti in decimi, riportati anche in lettere, viene effettuata “dal docente ovvero collegialmente dai docenti contitolari della classe” (art. 2, c. 1); nel caso di più docenti, le delibere vengono assunte a maggioranza, se necessario.

 

Nella scuola primaria i docenti, con decisione assunta all’unanimità, possono non ammettere l’alunno alla classe successiva solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione”; così si esprime al comma 1 bis l’art. 3 della legge n. 169/2008, richiamato dall’art. 2, c. 6 del regolamento. Questo comporta che non costituiscono impedimento per l’ammissione alla classe successiva eventuali votazioni inferiori a sei decimi; interpretazione confermata dall’art. 3, c. 3, della stessa legge, nella quale viene riservato esplicitamente alla sola scuola secondaria, ai fini della promozione, l’obbligo di voti non inferiori al sei in tutte le discipline.

 

Nello stesso art. 2, c. 6, del regolamento, si stabilisce che lo scrutinio finale venga “presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato”. Tale riferimento al dirigente scolastico, in aperto contrasto con quanto affermato al precedente comma 1, che distingue nettamente le modalità di attribuzione della valutazione degli apprendimenti fra primaria e secondaria di 1° grado, deve essere ritenuto valido soltanto per la scuola secondaria. Questa interpretazione è suffragata dal successivo comma 8, dove si mantiene distinta fra i due gradi di scuola la modalità di attribuzione anche della valutazione del comportamento, che nella primaria viene espressa “dal docente, ovvero collegialmente dai docenti contitolari della classe”.

 

Il citato comma stabilisce che il comportamento debba essere valutato “attraverso un giudizio, formulato secondo le modalità deliberate dal collegio dei docenti, riportato nel documento di valutazione”. Dunque, contrariamente a quanto si sosteneva l’anno scorso in base all’art. 2 della legge n. 169/2008, che sembrava riferirsi soltanto alla scuola secondaria, il comportamento è oggetto di valutazione separata anche nella primaria; e il Collegio dei docenti deve stabilire le modalità della sua formulazione.

 

A conclusione della scuola primaria, “le competenze acquisite dagli alunni sono descritte e certificate” (art. 8, c. 1); il regolamento non prevede più per nessuna classe della primaria la valutazione in decimi delle competenze e nemmeno il “giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall’alunno”; l’una e l’altro erano rientrati, invece, fra gli adempimenti dell’anno scolastico passato a causa della formulazione non del tutto lineare dell’art. 3, c. 1 della legge n. 169/2008 ( “nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite sono effettuate mediante l’attribuzione di voti numerici espressi in decimi e illustrate con giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall’alunno”). La valutazione delle competenze resta confermata, invece, come vedremo, per l’esame finale del ciclo.

 

Scuola secondaria di primo grado

 

La valutazione periodica e finale, sia degli apprendimenti sia del comportamento, espressa con voti in decimi, riportati anche in lettere, viene effettuata “dal consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato”; se necessario, le delibere vengono assunte a maggioranza.

 

Per l’ammissione alla classe successiva e all’esame finale del ciclo, sono richiesti:

-         la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale, con eventuali motivate deroghe autonomamente deliberate dal Collegio dei docenti; in ogni caso, devono essere disponibili idonei elementi valutativi (art. 2, c. 10);

-         un voto per il comportamento non inferiore a sei decimi, che deve essere “illustrato con specifica nota” nel documento di valutazione (art. 2, c. 8);

-         un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline (art. 3, c. 3 della legge 169/2008).

 

Se il Consiglio di classe ritiene di dover ammettere alla classe seguente un alunno che presenti carenze nell’apprendimento, deve attribuire comunque un voto non insufficiente a tutte le discipline e comunicare tale circostanza alla famiglia mediante “una specifica nota”, inserita nel documento di valutazione (art. 2, c. 7), la quale – a mio avviso – non può limitarsi a una semplice indicazione del tipo “voto di consiglio”, ma dovrebbe segnalare, sia pure in maniera sintetica, le carenze e le difficoltà incontrate dall’allievo, per dargli modo di tentare un recupero nel periodo estivo, magari con l’aiuto della stessa scuola, nelle forme ritenute più opportune.

 

Per tutti gli alunni della classe conclusiva del ciclo, l’organo collegiale deve esprimere, con voto in decimi, anche un “giudizio di idoneità” o, in caso negativo, di non ammissione all’esame, formulato in base al “percorso scolastico compiuto dall’allievo nella scuola secondaria” (art. 3, c. 2). Il Collegio dei docenti dovrebbe definire anche per questo ‘giudizio’ criteri e parametri di riferimento, secondo quella logica di trasparenza e coerenza valutativa richiamata nell’articolo iniziale del regolamento.

 

Tutte le prove d’esame, scritti e colloquio, compresa la prova nazionale, vengono valutate con voto in decimi; il punteggio finale dell’esame è dato dalla media ottenuta considerando sia i voti conseguiti nelle singole prove sia (per i candidati interni) il voto del giudizio di idoneità, con arrotondamento del risultato all’unità superiore nel caso di frazione pari o superiore a 0,5 (art. 3, c. 6). Se il voto finale così ottenuto è 10, la commissione può attribuire anche la lode, con decisione unanime (art. 3, c. 8), che dovrebbe tenere conto – a mio avviso – di criteri definiti dalla stessa commissione nella riunione preliminare.

 

Il voto finale attribuito all’esame deve essere “illustrato con una certificazione analitica dei traguardi di competenza e del livello globale di maturazione raggiunti dall’alunno” (art. 3, c. 5, che richiama l’art. 3, c. 3 bis, della legge 169/2008). In termini un po’ diversi, delle competenze si parla anche all’art. 8, c. 1, dove si specifica che esse “sono descritte e certificate al termine della scuola primaria e, relativamente al termine della scuola secondaria di primo grado, accompagnate anche da valutazione in decimi”. Dunque, per ogni candidato la commissione deve procedere alla compilazione di un documento illustrativo (un certificato), che contenga:

1)      la descrizione analitica delle competenze (o dei traguardi di competenza) acquisite e la relativa valutazione in decimi;

2)      l’indicazione del livello globale di maturazione, che, non essendo richiesta una valutazione in decimi, sarà formulata in maniera sinteticamente descrittiva.

 

Già dalla sessione dello scorso anno si era posto il problema se tale documento debba essere compilato anche per i candidati eventualmente non licenziati. A mio avviso no, considerando che per questi comunque l’esame dovrà essere ripetuto e che la certificazione delle competenze è un atto conseguente all’esito dell’esame stesso, determinato dai risultati delle prove e dal giudizio di idoneità.

 

Per i candidati che non superano l’esame si ha un trattamento diverso anche riguardo alla pubblicazione dei risultati, che “sono resi pubblici mediante affissione all’albo della scuola” (art. 3, c. 9); difatti, in analogia con la norma in vigore per l’esame di stato del 2° ciclo, la C. M. n. 51 del 20 maggio 2009 prescrive: “In caso di mancato superamento dell’esame, l’esito di questo è pubblicato con la sola indicazione di: “NON LICENZIATO””.

 

Per tutto il 1° ciclo

 

Analogamente a quanto previsto per la scuola secondaria di 2° grado, ritengo che tutti i voti attribuiti ai sensi del regolamento, anche alle singole prove d’esame, debbano essere espressi con numeri interi.

 

Nel primo ciclo, i “documenti di valutazione degli alunni” sono adottati autonomamente dalle istituzioni scolastiche (art. 2, c. 2), mentre i modelli per le certificazioni delle competenze, da effettuare a conclusione della scuola primaria e dell’esame finale del 1° ciclo, saranno predisposti dal Ministero (art. 8, c. 6).

 

Fine dei giudizi?

 

Il regolamento di fatto ha eliminato qualsiasi riferimento a una valutazione espressa in maniera descrittiva, mediante un giudizio; esso viene mantenuto esclusivamente per valutare il comportamento nella scuola primaria, visto che anche il cosiddetto ‘giudizio di idoneità’ per l’accesso all’esame finale del 1° ciclo viene espresso con un voto. Dunque, fine dei giudizi nella scuola italiana?

 

Occorre tenere presente che il regolamento definisce le modalità di espressione della valutazione sommativa, periodica e finale, e non di quella che, avendo una funzione eminentemente formativa (anche nella scuola del merito), deve essere praticata quasi quotidianamente, in tutti i momenti e le occasioni del processo valutativo. Se si vuole mantenere una traccia del percorso di apprendimento degli alunni, che sia funzionale all’individuazione degli interventi didattici più appropriati, in relazione alle difficoltà incontrate, all’andamento del processo, ai traguardi raggiunti, alle abilità acquisite, non si può fare a meno di definire momenti, strumenti, modalità per verificare in maniera adeguata il livello di ‘risposta’ di ogni alunno alle sollecitazioni formative e valutare la sua situazione rispetto agli obiettivi, per poter ricalibrare, modificare, potenziare la proposta didattica.

 

Dunque, è necessario che gli insegnanti mettano a punto un sistema valutativo che, nell’ordinarietà del quotidiano, sia basato per ogni disciplina, per ogni classe, su criteri, descrittori, indicatori di livello, da assumere come elementi di riferimento per una valutazione non eccessivamente stringata, anche se non prolissa, ma che – redatta magari in forma schematica e non di giudizio – sia sufficientemente descrittiva del tipo e del grado di abilità e di competenze messe in mostra da ogni alunno nelle prove e nelle situazioni oggetto di verifica.

 

Del resto, è lo stesso regolamento che, nell’articolo iniziale, lascia all’autonomia didattica del Collegio dei docenti il compito di individuare “modalità e criteri” idonei a perseguire anche la finalità formativa della valutazione, nel rispetto del principio non solo della libertà di insegnamento, ma anche della trasparenza, dell’equità e della coerenza con gli obiettivi definiti dalla scuola.

 

Scuola secondaria di secondo grado

 

Per questo grado di scuola non ci sono novità di rilievo, rispetto all’anno scolastico passato, per quanto riguarda le valutazioni periodiche e finali nelle classi iniziale e intermedie: nello scrutinio finale è richiesta – per l’ammissione alla classe seguente – una votazione non inferiore a sei decimi in tutte le discipline e anche nella valutazione del comportamento; quest’ultima, se non sufficiente, determina automaticamente la non ammissione.

 

Viene mantenuta la possibilità di sospendere il giudizio per gli studenti che abbiano riportato l’insufficienza in qualche materia (art. 4, c. 6), con modalità praticamente identiche a quelle definite dalle norme già in vigore. Ma su questo argomento, come anche sulle attività di recupero, farò qualche puntualizzazione nei paragrafi che seguono, sollecitato da alcune obiezioni avanzate da operatori scolastici.

 

Quanto all’ultima classe, il regolamento, superando una sorta di eccezione stabilita temporaneamente l’anno scorso con la media dei voti nelle varie materie, prevede per l’ammissione all’esame di stato le stesse condizioni sopra richiamate per l’ammissione alla classe successiva: voto di condotta e voti nelle varie materie tutti non inferiori al sei (art. 6, c. 1). Di fatto, è questa l’unica novità (per altro già preannunciata) apportata dal regolamento alle norme sulla valutazione già in vigore nella secondaria di 2° grado.

 

Nulla di nuovo nemmeno per la partecipazione dell’insegnante di religione cattolica all’operazione, di pertinenza del consiglio di classe nello scrutinio finale, di attribuzione del punteggio per il credito scolastico (art. 6, c. 3), che viene ribadita e sulla quale si è espresso il T.A.R. del Lazio con la sentenza n. 7076/2009 del 17 luglio 2009.

 

Per l’educazione fisica, si prevede esplicitamente che il voto attribuito per tale materia “concorre, al pari delle altre discipline, alla valutazione complessiva dell’alunno” (art. 14, c. 5).

 

 

La lunghezza raggiunta inopinatamente dal presente contributo mi induce a sorvolare del tutto su altri aspetti toccati dal regolamento, fra i quali la valutazione del comportamento nella scuola secondaria (art. 7) e degli alunni disabili o con difficoltà specifiche di apprendimento (artt. 9 e 10), per dedicare qualche altra riga a personali interpretazioni e risposte relative a tre questioni che ho sentito porre da dirigenti e insegnanti della secondaria di 2° grado.

 

ABOLITI I CORSI DI RECUPERO DURANTE L’ANNO?

 

Molti operatori della scuola ritengono di rinvenire nel regolamento l’implicita abolizione dell’obbligo per la scuola secondaria di 2° grado di realizzare attività di recupero in corso d’anno. Si legge, infatti, all’art. 4, comma 6:

Nello scrutinio finale il consiglio di classe sospende il giudizio degli alunni che non hanno conseguito la sufficienza in una o più discipline, senza riportare immediatamente un giudizio di non promozione. A conclusione dello scrutinio, l’esito relativo a tutte le discipline è comunicato alle famiglie. A conclusione degli interventi didattici programmati per il recupero delle carenze rilevate, il consiglio di classe, in sede di integrazione dello scrutinio finale, previo accertamento del recupero delle carenze formative da effettuarsi entro la fine del medesimo anno scolastico e comunque non oltre la data di inizio delle lezioni dell’anno scolastico successivo, procede alla verifica dei risultati conseguiti dall’alunno e alla formulazione del giudizio finale…

 

Ma è opportuno evidenziare che il Regolamento richiama esplicitamente nella premessa sia l’art. 13 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (“Visto il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, concernente norme generali e livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ed in particolare gli articoli 1, 13”) sia il D.M. n. 80/2007 (“Visto il decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 3 ottobre 2007, concernente attività finalizzate al recupero dei debiti formativi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2007”). E le disposizioni in essi contenute non sono annoverate fra quelle da considerare abrogate (si veda al riguardo l’art. 14, commi 4, 5 e 6, dove vengono citate come decadute altre norme). Dunque, si intende confermato quanto precedentemente disposto circa i tempi delle attività di recupero: “Sulla base degli esiti della valutazione periodica, gli istituti predispongono gli interventi educativi e didattici ritenuti necessari al recupero e allo sviluppo degli apprendimenti” (art. 13, c. 1, del D. L.vo 226/2005). “Le attività di sostegno e di recupero, come previsto dal D.M. n. 42 del 22 maggio 2007, costituiscono parte ordinaria e permanente del piano dell’offerta formativa. Le istituzioni scolastiche sono tenute comunque a organizzare, subito dopo gli scrutini intermedi, interventi didattico-educativi di recupero per gli studenti che in quella sede abbiano presentato insufficienze in una o più discipline, al fine di un tempestivo recupero delle carenze rilevate” (art. 1 del D.M. n. 80/2007).

 

E, per effetto dell’art. 9 dello stesso decreto, le scuole secondarie di 2° grado devono esplicitare nel loro P.O.F. “le modalità di recupero” (oltre che quelle “di verifica dell’avvenuto saldo dei debiti formativi”), tenendo presenti i criteri generali stabiliti con Ordinanza del Ministro” (O.M. n. 92 del 5 novembre 2007), nella quale si legge che “Nelle attività di recupero rientrano gli interventi di sostegno che hanno lo scopo fondamentale di prevenire l’insuccesso scolastico e si realizzano, pertanto, in ogni periodo dell’anno scolastico, a cominciare dalle fasi iniziali” (art. 2, c. 3). Sull’argomento, potrebbe essere utile tenere presenti anche le indicazioni contenute nelle circolari ministeriali del 4 giugno 2008 (prot. n. 6163) e del 2 febbraio 2009 (n. 12).

 

COL GIUDIZIO SOSPESO SI COMUNICANO ANCHE I VOTI POSITIVI?

 

Nulla è cambiato, a mio parere, nemmeno riguardo alla comunicazione che la scuola deve fare, al termine delle operazioni di scrutinio, alle famiglie degli alunni per i quali sia stato deliberata la sospensione del giudizio. La norma contenuta nel D.M. n. 80/2007 è così espressa (art. 5): “Nei confronti degli studenti per i quali, al termine delle lezioni, è stato constatato il mancato conseguimento della sufficienza in una o più discipline, che non comporti tuttavia un immediato giudizio di non promozione, il Consiglio di classe procede al rinvio della formulazione del giudizio finale.

La scuola comunica subito alle famiglie, per iscritto, le decisioni assunte dal consiglio di classe, indicando le specifiche carenze rilevate per ciascuno alunno dai docenti delle singole discipline e i voti proposti in sede di scrutinio nella disciplina o nelle discipline nelle quali l’alunno non ha raggiunto la sufficienza. Contestualmente vengono comunicati gli interventi didattici finalizzati al recupero dei debiti formativi che la scuola è tenuta a portare a termine entro la fine dell’anno scolastico, le modalità e tempi delle relative verifiche.

 

L’O.M. n. 92/2007 precisa al riguardo (art. 7) che “In caso di sospensione del giudizio finale, all’albo dell’istituto viene riportata solo l’indicazione della “sospensione del giudizio””(c. 1); nel comma seguente ripete praticamente in maniera identica quanto già scritto all’art. 5 del D.M. n. 80, sopra riportato.

 

La formulazione del regolamento (“A conclusione dello scrutinio, l’esito relativo a tutte le discipline è comunicato alle famiglie”) non fa altro che ratificare quanto già di fatto è avvenuto in molte scuole, che hanno ritenuto di portare a conoscenza di alunni e famiglie non soltanto le proposte di voto per le materie con sospensione del giudizio, ma anche i voti attribuiti nelle altre discipline, dal momento che la norma prevedeva comunque la comunicazione delle “decisioni assunte dal consiglio di classe”, ivi comprese, a mio avviso, quelle relative alle materie valutate positivamente.

 

GIUDIZIO SOSPESO ANCHE PER I NON PROMOSSI?

 

Mi sembra, infine, azzardato e – francamente – fuori d’ogni logica convenire con chi sostiene che nello scrutinio di giugno si debba sospendere il giudizio anche per quegli studenti che il Consiglio di classe ritiene di non poter in nessun modo ammettere alla classe seguente, non avendo conseguito la sufficienza in più discipline e (ritengo opportuno aggiungere) sulla base dei criteri stabiliti dal Collegio dei docenti per l’ammissione/non ammissione; e ciò in virtù di un’interpretazione della frase “senza riportare immediatamente un giudizio di non promozione” che potrebbe far pensare appunto a una sospensione del giudizio da parte degli insegnanti, i quali non ‘riportano immediatamente’ il giudizio di bocciatura. Ma a mio avviso quel ‘riportano’ è da attribuire agli studenti, i quali, se non ottengono (‘riportano’) in sede di scrutinio finale un giudizio di non promozione e hanno fatto registrare una o più (quante? potrebbe essere indicato nei criteri stabiliti dal Collegio) insufficienze, si ritroveranno con un conto da saldare prima che inizi l’anno scolastico seguente. 

30 settembre 2009


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