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LA MISSIONE SCOLASTICA DI S. SPIELREIN E IL FILM DI R. FAENZA

prof. Pasquale Picone
psicoanalista junghiano

La sera del 20 febbraio scorso, all’A.I.P.A.-Associazione Italiana di Psicologia Analitica c’è stata la proiezione del film "Prendimi l’anima", riservata agli psicoanalisti junghiani, alla presenza del regista Roberto Faenza.

Nel dibattito che ha seguito la proiezione, agganciandomi all’intervento introduttivo della collega, psicoanalista e didatta dell’AIPA, dott.ssa Nadia Neri, ho riferito in estrema sintesi le componenti della sostanza archetipica, cioè i contenuti dell’inconscio collettivo, che si possono cogliere nella vicenda Jung-Spielrein e nel film di Faenza.

In primo luogo, l’Ebraismo come forza che rivitalizza l’Anima Europea, sin dal suo apparire in forma di Cristianesimo, che raccoglie l’eredità dello sfacelo dell’Impero Romano.

"La distruzione del cuore finanziario mondiale, a New York, e di una parte del Pentagono a Washington (11 settembre 2001) può apparire come qualcosa di analogo all’arrivo, sino allora considerato impensabile, di un capo "barbaro" nel cuore dell’impero romano: l’incursione fin dentro Roma (14 agosto 410) di Alarico, capo dei Visigoti. Un genio, oltre che grandissimo scrittore, come Agostino, vescovo di Ippona, capì allora che crollava l’ordine preesistente. E scrisse il De Civitate Dei. Libro che si apriva sul futuro nell’unico modo costruttivo: ripercorrendo il passato, cioè la terribile marcia trionfale della Roma imperiale. Un esercizio analogo sarebbe utile oggi" (Luciano Canfora, Critica della ragione democratica, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 101.

Un’altra tappa, dove coesistono frattura e rivitalizzazione dell’Anima Europea, cade nella stessa data della scoperta dell’America, il 1492. La Spagna che aveva realizzato l’integrazione tra cattolicesimo, ebraismo e Islam, la Spagna di El cantare del mio Cid, caccia gli ebrei dal suo seno. I dotti ebrei dilagano per l’Europa trasmettendo i tesori della loro lingua e sapienza. Figure come Pico della Mirandola, il cardinale Egidio da Viterbo (Università di Viterbo, se ci sei, batti un colpo!), Erasmo da Rotterdam e Giordano Bruno vengono fecondati dalla linfa vitale della sapienza ebraica.

Altra tappa ancora, dove emerge la reazione distruttiva della componente nordica, Wotan, dell’Anima Europea, contro quella orientale ebraica è, purtroppo, la tragedia della Shoah. Insieme all’altra tragedia del XX secolo, quella della componente slava, con la rivoluzione bolscevica e Stalin.

Soprattutto alla luce di queste due tragedie europee come sfondo-contesto della nascita e sviluppo della psicoanalisi, si può cogliere l’intreccio del destino dei suoi fondatori, Freud, Jung, Spielrein. Dell’ebraismo e della psicoanalisi come forze della natura. Freud, come ebreo e primo fondatore della psicoanalisi, dovrà scappare da Vienna e i suoi libri saranno bruciati nell’Anschluss (annessione dell’Austria alla Germania nel 1938). Forse, in tale quadro, di incontro tra componente ebraica e greca, si può intendere più profondamente il disturbo di memoria di Freud sull’Acropoli di Atene e la sua passione per l’archeologia (cfr. Freud, Un disturbo della memoria sull’Acropoli: lettera aperta a Romain Rolland, in "Opere", vol. XI, Torino, Boringhieri, 1979, pp.473-481). Dove l’estraneamento ("sentimento di estraniazione", Entfremdungsgefühl in Freud) può essere, ad un tempo, e a seconda della prospettiva causale e, simultaneamente, finalistica, sia meccanismo di difesa, sia uno strumento delle capacità conoscitive della mente, per ampliare e approfondire, attraverso l’integrazione, il proprio orizzonte di lettura.

E sullo sfondo di simili accostamenti, si può sviluppare l’appercezione di Freud e Einstein, che nel 1932 discutono su Perché la guerra? (Carteggio con Einstein, "Opere", vol. XI, Torino, Boringhieri, 1979, pp.285-303) come due sapienti rabbini intenti a rivitalizzare il Golem, l’uomo primordiale, nella penombra misteriosa e surreale della sinagoga di Praga.

Sabina Spielrein, ebrea e psicoanalista, dopo aver fondato la psicoanalisi in Russia e aver dato vita al progetto di prevenzione psicologica con l’Asilo Bianco di Mosca, in parallelo alle iniziative di Anna Freud a Londra, subisce la sorte più tragica della persecuzione staliniana e della perdita della vita per mano nazista.

La missione, l’utopia e il sogno che Sabina Spielrein aveva nutrito nel periodo di Lenin, abortisce distruttivamente per mano di Stalin, che chiuderà l’Asilo Bianco, che il suo stesso figlio, con falso nome, aveva frequentato. Una simile fede nel sogno comunistico, istillato già da Platone nelle fibre dell’Anima d’Europa, emerge nell’intervista a Vladmir Schmidt, il superstite dell’Asilo Bianco di Mosca, oggi ottantaquattrenne, che Faenza ha riportato in appendice al testo della sua sceneggiatura (R. Faenza, Prendimi l’anima, Roma, Arcana, 2003, pp.164-171).

Sulla comprensione della tragedia russa del XX secolo, "Il raffronto più istruttivo potrebbe essere, invece, con la sconfitta di Spartaco. Quella rivoluzione di schiavi fece davvero tremare la Repubblica imperiale romana per tre anni. Alla fine non solo fu sconfitta ma massacrata. L’impero tornò saldo, nonostante decenni e decenni di guerre civili all’interno delle classi dirigenti, divise da furiose contese per la spartizione del bottino. L’impero (in Occidente) durò altri cinque secoli. Poi comunque cadde. Ma non per una rivoluzione degli sfruttati, bensì per il micidiale convergere di grandi migrazioni di popoli e di nuova spiritualità. Ancora una volta si affermò e prese corpo uno scenario inedito, che nessuno aveva previsto. Forse possiamo leggere in questo precedente il nostro futuro?" (L. Canfora, op. cit., p.108).

Questi uomini e queste donne e ciò che loro hanno realizzato, la psicoanalisi, sono forze della natura, allo stesso modo di come viene rappresentato, questo concetto, ne Il miglio verde di Stephen King. Dove alla forza della natura, rappresentata dal gigante sciamano, veicolo di guarigione e di vita, reagiscono le forze della rigidità e dell’opposizione alla vita.

Quando ero un giovane neofita della psicologia analitica, nutrivo una appercezione della figura di Jung come un gigante della cultura europea. Viaggiavo allora in treno tra Aversa, dove lavoravo in ospedale psichiatrico, e Roma, dove venivo per l’analisi personale. Una volta, alla stazione Termini, nel recarmi verso la pensilina del treno per Napoli, all’imbocco incontrai Federico Fellini che se ne stava lì, da solo, a contemplare la scena della pensilina per il film Ginger e Fred. Sapendo che lui era stato uno degli allievi di Ernst Bernhard, il medico ebreo fondatore della psicoanalisi junghiana in Italia, mi avvicinai, mi presentai e nella breve conversazione gli chiesi:

-Maestro, ma lei perché non fa un film su Jung?

Mi guardò con un’aria disorientata e con quella sua tipica espressione lieve e quasi insicura, mi rispose:

-Ma… veramente… non è il mio genere.

Poi mi fece gli auguri per il mio futuro, io per il suo film e ci salutammo.

Col passare del tempo, nella mia percezione la figura di Jung, come è ovvio quando si cresce, è diventata più umana. Ma la sera del 20 febbraio u. s. all’AIPA, dopo la proiezione di Prendimi l’anima, di colpo ho ri-appercepito Jung come un gigante, cioè una forza della natura dell’Anima Europea.

Contemporaneamente, già diverse settimane prima una collega di scuola, la prof.ssa Maria Persiani, persona colta e degna di grande stima, mi aveva prestato l’edizione del 1950 del libro di Stefan Zweig su Erasmo. Zweig fu uno dei firmatari dell’allocuzione che Thomas Mann scrisse in occasione dell’ottantesimo compleanno di Freud. Scrisse il libro nel 1933 ed apparve in prima edizione nel 35 col titolo Triumph und Tragik des Erasmus von Rotterdam, quando gli era oramai chiara la tragedia che si andava profilando per l’Europa a partire dalla terra nordica.

Erasmo fu un pioniere della Riforma che fu in disaccordo con Lutero. In disaccordo, per le stesse ragioni di contenimento e di integrazione, anziché di scissione, di quello che lo stesso Jung indicherà come senso tragico della Riforma per lo spirito europeo. Ragioni, non comprese nemmeno dal grande genio di A. Durer, l’autore della Melencholia I e delle scene così intense dell’Apocalisse, nel suo accorato appello ad Erasmo a schierarsi dalla parte di Lutero.

Dalla lettura della Querela Pacis, Il lamento della Pace, così attuale per i venti di guerra che spirano in queste settimane, dei Colloquia e soprattutto del Moriea Elogium, quell’ Elogio della Follia che è un vero e proprio esercizio al pensiero complesso e alla lucidità mentale, Erasmo mi appariva come un altro gigante dell’Anima Europea. Principe degli umanisti, propugnatore del contenimento e dell’integrazione di quegli opposti che si agitavano belluinamente per lacerare la carne dell’Anima d’Europa.

E’ per questo che, avendo finalmente visto un film su Jung, da uomo di scuola e psicoanalista di provincia, che ha qualche fortuito incontro con grandi artisti, ho chiesto a Faenza:

-Maestro, ma lei perché non fa un film su Erasmo?

 


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