Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

L’UOMO NUOVO DELLA SCUOLA ITALIANA

Il decreto attuativo  della legge 53/03 definisce un diverso concetto dell’uomo ed abroga deliberatamente le norme di legge preesistenti in contrasto con esso.

 Il decreto del 2004 ed il Testo Unico del 1994                                                                                                          

All’articolo 19 del decreto attuativo della riforma Moratti L.53/03 vengono espressamente abrogati, assieme ad altri, anche  l’art. 118 (finalità della scuola elementare ) e il comma 2 dell’art. 161 (finalità della scuola media) del  “Testo Unico delle leggi sulle scuole di ogni ordine e grado”n°297 del 16 aprile 94.

Le norme abrogate rispettivamente recitavano :

 per la scuola primaria - “ la scuola elementare ,nell’ambito dell’istruzione obbligatoria, concorre alla formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali…”

Per la scuola media inferiore:

.-“ La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”.

Le norme erano poste rispettivamente a fondamento del titolo III°, scuola elementare , e del titolo IV°,scuola media, all’inizio di ogni rispettivo articolato.

Il decreto attuativo della riforma Moratti al’art. 5, finalità della scuola primaria, ed all’art.9, finalità della scuola secondaria di secondo grado, non riprende  i termini formazione dell’uomo e del cittadino, ne i riferimenti alla Costituzione.

Ciò non avviene solo negli articoli specifici delle finalità, ma in tutto l’articolato.

Il riferimento ai principi sanciti dalla Costituzione e alle finalità formative dell’uomo e del cittadino non è mai ripreso in tutto l’articolato del decreto attuativo, e contemporaneamente  è espressamente abrogato dal Testo Unico delle leggi della scuola italiana.

All’art. 5 del decreto ,finalità della scuola primaria, si afferma che la scuola  “….promuove ,nel rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità..” ed ha il fine “di educare ai principi fondamentali della convivenza civile ..”.

Al successivo art.9, finalità della scuola secondaria di secondo grado , l'espressione "educare ai principi fondamentali della convivenza civile” non è più ripresa, ma sembra svilupparsi nell’espressione “ la scuola sec. di primo grado è finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio ed al rafforzamento delle attitudini all’interazione sociale “.

Queste nuove e diverse finalità sostituiscono le precedenti, che , è utile ricordarlo, risalgono nella loro prima formulazione al 1979 anno di pubblicazione dei nuovi programmi della scuola media, e poi ricomprese nella riordinazione delle leggi della scuola nel Testo Unico del 1994.

 

-

Uomo  cittadino e principi costituzionali

 

Quale dunque la necessità di una cosi netta ed esplicita abrogazione? Il concetto di uomo e cittadino espresso nella Costituzione italiana è da considerarsi vetero ed appartenente alla cosiddetta prima repubblica tanto da essere cancellato dalle finalità della scuola italiana ?

O il tutto è semplicemente da intendersi come una riformulazione degli stessi principi all’interno dei concetti di diversità individuali e sviluppo della personalità, convivenza civile, attitudini all’interazione sociale, contenuti nelle finalità del decreto scuola primaria?

Un decreto che riguarda l’intero sistema scolastico nazionale ed i suoi principi fondamentali non è cosa casuale o rutinaria , rientra tra gli atti fondanti l’intera società e le sue regole.

Quanto in esso contenuto è alla base di una concezione della società e dell’uomo.

L’abrogazione delle finalità contenute nelle precedenti norme e la conseguente sostituzione con altre, per quanto assonanti per alcuni termini usati, rientra nell’ambito della revisione dei concetti fondamentali rispetto all’uomo ed alla società , al punto di vista ed alla concezione complessiva ad esso inerenti.

Il decreto attuativo della riforma Moratti  si realizza proprio in questa ottica , ed è coerente con quanto dichiarato a suo tempo in campagna elettorale : “ rovesceremo come un calzino l’attuale struttura dello Stato”.

Uomo e cittadino sono due concetti che vengono dall’incontro istituzionale dei grandi filoni di pensiero che hanno fondato la  Repubblica.

Le loro radici pescano da molto lontano nel tempo e nella cultura ,e sono connesse al riconoscimento comune del ruolo dell’istituzione statuale quale garanzia alla loro centralità e basilarità.

Tranciarli  nettamente dalle linee fondanti le finalità della scuola  e dalla relazione con i principi fondamentali della Costituzione ha il senso altrettanto netto di tagliare la linea di continuità con i valori che storicamente sono stati condivisi quali comuni punti di riferimento nella storia della Repubblica.

E’ esplicita la volontà di rompere con una concezione umanista dell’uomo e con il conseguente concetto di cittadino proprio la dove esso si sostanzia nel derivare dalla “ polis” , dalla comunità che legittima e da valore al suo essere tale, dall’insieme sociale e statuale che fa del singolo il cittadino .

Lo Stato, o più  precisamente la Repubblica , diventano estranei alla scuola proprio nell’indicare le finalità fondamentali, perdono ogni legittimità primaria e fondante, da elementi centrali riconosciuti ed eletti alla coesione e condivisione di riferimenti e valori comuni passano a  semplici strumenti utili alla fruizione di un bene o servizio rispetto al quale risultano pressochè esterni senza titolarità nella definizione dei suoi fini.

Le formulazioni “ diversità individuali” ,”sviluppo dell’individualità”, “convivenza civile” ,”attitudine all’interazione sociale” hanno ben altra significanza da “principi fondamentali della Costituzione “ ed “uomo e cittadino”.

Delineano in una fumosità verbale una diversa ed altra concezione dell’individuo e della società e della sue istituzioni.

Se la questione fosse stata quella di porre al centro la persona rispetto all’operare della scuola non sarebbe esistita alcuna necessità di abrogare espressamente le finalità del Testo Unico , in quanto ad ogni piè sospinto è possibile trovare nelle norme preesistenti riferimenti forti e prescrittivi rispetto alla necessità di percorsi individualizzati.

A questo proposito basta solo citare il DM  n°323 /99 attuativo dell’innalzamento dell’obbligo scolastico fatto dalla lege 9 anch’essa abrogata ,che letteralmente all’art.4 scrive (scriveva) che è necessaria “una adeguata personalizzazione del curricolo”, ed al successivo art.8 precisa (precisava) che “la gestione flessibile del curricolo necessaria per la personalizzazione e diversificazione degli interventi formativi…..può essere realizzata attraverso una programmazione basata sul DM 251/98.”

L’enfasi della personalizzazione come novità didattica della nuova scuola riformata è dunque tutta tale , la cosiddetta personalizzazione dei percorsi era ampiamente contenuta nelle norme precedenti , ed in particolare in quelle più recenti che avevano innalzato l’obbligo scolastico, e conviveva come operatività didattica diffusa con le finalità del Testo Unico senza mai aver trovato contraddizioni o contrasti da parte delle migliaia di insegnanti che operano nell’obbligo.

Ora  la “persona” è separata dai capisaldi di riferimento  dei principi costituzionali e sradicata dalla finalità di formare l’uomo ed il cittadino.

In definitiva essa è sganciata dal cittadino dello Stato e sottoposta al “ cittadino” dell’individuo , il quale convive, ha attitudini alla relazione sociale ,ma non ha una “polis” civica che riconosce e fa sua , suo è il sapere che personalmente consuma a seconda del bisogno del momento e che quindi sceglie personalmente e personalmente consuma fuori dai principi generali  dello Stato (Repubblica).

La finalità non è più il processo reciproco e continuo di formazione e conquista dato dall’interazione tra i valori dell’uomo e la sua “ polis “, ma piuttosto quella di anteporre l’individuo alla polis stessa come entità a sé , nella convinzione che esso sia autosufficiente ed autoderminante il processo formativo stesso.

Questa concezione spiega l’abrogazione delle finalità del Testo Unico e l’enfasi sulla personalizzazione.

Conseguentemente a ciò viene destrutturato il tempo scuola  come percorso formativo organico, e mantenuto come percorso opzionale  nei contenuti curricolari e nella quantità , tanto da poterlo sbandierare come un gadget , come una novità moderna di contro al vetero organicismo pedagogico di” reminescenza statalista”.

Altrettanto conseguentemente  la personalizzazione dei curriculi non è l’individualizzazione del percorso  verso un risultato formativo comune (uomo cittadino Costituzione), ma la sanzione di una partenza diversa per un percorso diverso, per un risultato finale individuale e diverso dalle finalità formative comuni.

Queste ultime sono infatti inizialmente sancite come inesistenti. Perché è diverso l’uomo cui si pensa , è l’uomo nuovo, l’uomo personale che non vede nella polis  la sua cittadinanza e la sua ragion d’essere, ma un limite impositorio ed invasivo alla individualità in sé, e che si pone inoltre come committenza educativa  rinnegando alla “polis” legittimità ordinatoria e prescrittiva nel processo di formazione dell’individuo.

 

 

Evoluzione o rottura ?

Questa diversa impostazione delle linee di fondo della scuola italiana è ora da ritenersi  un accoglimento normativo di un cambiamento di pensiero e di modo di vedere presente nella società ,e quindi una sorta di evoluzione ed adattamento dei programmi ad un dato di fatto già esistente, oppure come una deliberata e cosciente rottura con un passato recente della scuola ?

E’ alquanto probabile che le due cose coesistano , e si  siano concretizzate nell’evidente formalizzazione normativa di un diverso modo di concepire uomo e cittadino che non  condivide più  l’assunto delle norme precedenti proprio nelle linee di fondo, senza però che questa sia la visione di tutti della scuola e dello Stato.

Ciò riconduce inevitabilmente alla questione più generale, la crisi della concezione dello Stato come storicamente si è venuto a determinare nella costruzione della Repubblica.

La crisi dello Stato occidentale non è del resto separabile da una istituzione centrale come la scuola.

Se viene messo in discussione l’assetto istituzionale dello Stato  la scuola entra in discusione con lui prima di ogni altra istituzione.

Ciò che risulta centrale in questa crisi  non è l’opzione tra una forma statuale federalista ed una centralista , discussione alquanto sofista rispetto al problema, ma il riconoscimento del ruolo dello Stato e delle sue istituzioni , in altre parole si sta facendo strada una visione in cui  Uomo , o meglio individuo, e Stato sono in collisione.

Prospettiva quest’ultima non certo rassicurante, ma con la quale non è più evitabile fare i conti.

Il genitore degli anni cinquanta non poneva questione alcuna alla scuola, ciò che essa era ,era e basta, e tale atteggiamento era comune alle classi alte come a quelle basse, variava solo nella pariteticità o sudditanza con cui ci si rapportava all’istituzione.

Negli anni sessanta e settanta la scuola subisce il grande urto della scolarizzazione di massa , il genitore ottiene l’accesso alla scuola in quanto componente del processo formativo ma nei confronti dell’istituzione scuola  mantiene un  riconoscimento della titolarità alla costruzione del percorso scolastico.

Con l’avvio dell’autonomia scolastica il genitore ottiene dapprima la carta dei servizi  e poi il Pof , può ora esigere trasparenza e coerenza operativa a quanto  enunciato dall’istituzione, partecipare alla definizione dell’indirizzo generale della scuola dell’autonomia, ma sempre nel riconoscimento della titolarità dell’istituzione scolastica alla definizione del percoso formativo.

  Il completamento di quest’ultimo processo esigeva la riforma degli organi collegiali della scuola cosa che invece non avviene , mentre avviene la riforma strutturale dell’impianto normativo,e parallelamente si preannuncia una revisione in senso opposto degli organi collegiali.

Ciò dimostra ancor di più come esista un cambiamento di pensiero e di atteggiamento nei confronti della scuola  e della realtà istituzionale che essa ha sinora rappresentato.

La riforma degli organi collegiali nella prospettiva dell’autonomia avrebbe rappresentato il rafforzamento di una concezione di interazione tra cittadino (genitore) e l’istituzione statuale scuola in una logica di riconoscimento di titolarità progettuale della scuola nel processo formativo, il blocco invece di questo processo e l’inserimento normativo di una diversa istanza  titolata  a far da committente progettuale nel processo formativo, sposta le sedi decisionali e riconosce all’utenza un ruolo che prima risiedeva nell’istituzione repubblicana ed ora  si colloca nella domanda privata ed individuale.

E’ innegabile che è chiaramente sottesa una diversa concezione dello Stato e del suo ruolo nella formazione dell’uomo.

Ora il genitore  dice voglio questo o quello e determina struttura ed organizzazione scolastica, anche se non totalmente, ma ha ruolo nuovo e diverso come diversa è la prospettiva che può determinare, in particolare nello sviluppo di questa impostazione.

Singolare è il fatto che ciò avviene proprio quando l’abdicazione al ruolo naturale e sociale di genitore è più forte, e il ruolo di supplenza della scuola si sta espandendo oltre quanto fosse immaginabile solo pochi anni  fà.

Ma neanche questo contraddice l’impianto perché viaggia parallelo alla convinzione diffusa ,quasi filosofia di vita, che il valore dell’individuo sta nell’immediatezza della fruizione di ogni cosa o bene, del suo consumo immediato nella soddisfazione frenetica del bisogno, fondamentale ,indotto, artificiale ,artificioso, o virtuale, non importa ,importa l’immediatezza e la visibilità del suo consumo quale valore universale di status. Merce tra le merci , ma con la certificazione di qualità, magari sancita dall’agenzia accreditata di turno , che con la comunità della “polis” non ha niente a che fare, ma conosce bene le comunità del valore finanziario e dell’essere mercantile.

 

La scuola della maggioranza e la democrazia matura

 

Fino a non molto tempo addietro era diffusa anche l’enfasi delle democrazie mature, che venivano additate ad esempio, Ora la cosa è un po’ più sopita, forse tale certezza incomincia ad incrinarsi un po’ all’osservazione del loro sviluppo. Una delle loro prerogrative , altrettanto enfatizzata ,era l’assunto che “la magggioranza che ha vinto governa” indipendentemente.

E’ possibile applicare questo modo di fare alla scuola della Repubblica Italiana?

E’ possibile applicarlo senza considerare il passato ed vari soggetti storici che vi avveano civicamente concorso indipendentemente dal fatto che sono esistiti ed hanno costruito scuola e cultura?

E’ democrazia matura il fatto che la maggioranza determina un sistema scolastico che riguarda tutti e considera nella sua determinazione solo se stessa ?

E’ possibile che ad ogni cambio di maggioranza si cambino contenuti e finalità della scuola?

 

Non sono interrogativi da poco , se non altro perché hanno a che fare con la formazione delle coscienze e delle intelligenze future, la loro liquidazione nell’esaltazione della logica di maggioranza pura ha annebiato tanti.

Come non è evitabile il confronto sulla trasformazione  nel modo di vedere l’uomo e la società, non lo è  nemmeno il confronto con queste questioni.

 

 

Maggio 04                                                      R.Valle

 


La pagina
- Educazione&Scuola©