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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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PRESENTAZIONE DEL PROGETTO PILOTA DEL SERVIZIO NAZIONALE DI VALUTAZIONE

Giovanni Cominelli

 

L'art. 3 della Delega approvata dal Consiglio dei Ministri il 1 febbraio 2002, al paragrafo b) afferma:

"...ai fini del progressivo miglioramento della qualità del sistema di istruzione e di formazione, l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli allievi e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative; in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la struttura del predetto istituto".

Il nostro problema, ora, è quello di costruire il Servizio di valutazione.

Non so se spetti proprio a me rievocare, in questa sede, le ragioni portanti di un'operazione, che affonda le radici in un dibattito più che decennale e in un confronto altrettanto lungo con esperienze di altri Paesi europei. Il mio compito, qui, è semplicemente illustrare la ragioni e lo svolgimento auspicabile del Progetto pilota. Perciò richiamerò solo qualche punto essenziale della preistoria politico culturale che ha portato alla decisione di avviare la costruzione del Servizio nazionale di valutazione.

1. In Europa l'avvio dell'attività di servizi di valutazione data almeno dagli anni '80. L'esigenza di costruire tali servizi è stata generata da una domanda sempre più esigente e crescente da parte dei cittadini di qualità dei servizi. Domanda di qualità collegata a una crisi della cultura dell'industrialismo di massa e del consumo standardizzato di massa, per un verso, e per l'altro alla crisi fiscale e alla crescita del debito pubblico, per la quale si richiede sempre di più la verifica rigorosa della destinazione ed efficacia della spesa pubblica. Inglesi, francesi, spagnoli, svedesi, olandesi, finlandesi ecc. hanno fatto nuove leggi generali o riforme profonde dei sistemi educativi e hanno sempre di più considerato la valutazione uno snodo essenziale dei processi di innovazione e di riforma.

2. In Italia la domanda della qualità ha generato un movimento per la qualità, che è sfociato, per quanto riguarda le scuole, in un movimento dal basso di autovalutazione e, per quanto riguarda il sistema, nella trasformazione del vecchio Cede nell'Invalsi: Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione. Tuttavia non si sono fatti passi in avanti, nonostante i confronti sempre più numerosi, organizzati in varie sedi, con esperienze internazionali. Personalmente ricordo l'ultimo, in sede Confindustria, credo nel 1999, cui parteciparono il Ministro Berlinguer, l'on. Valentina Aprea, attuale sottosegretario, il Prof. Benedetto Vertecchi, all'epoca e fino a poco fa presidente dell'Invalsi, e il responsabile dell'OFSTED inglese, già nominato dalla signora Thatcher e riconfermato da T. Blair, più altri. Lì emersero con chiarezza i motivi del continuo rinvio.
Berlinguer sostenne che non esistevano le condizioni per fare qualcosa del genere in Italia, a causa della resistenza o della diffidenza degli insegnanti, dei sindacati, delle associazioni professionali. Vertecchi appoggiò la posizione di Berlinguer con motivazioni teoriche: il modello inglese soffriva di una sorta di giacobinismo livellatore al ribasso, perché pretendeva di imporre standard nazionali medi, e riduttivo, perché riduceva il ventaglio delle finalità formative al solo obbiettivo del superamento degli standard. Il meccanismo di valutazione rischiava di retroagire negativamente sull'attività didattica, costringendola nei binari angusti che portano verso il test finale. Rischio, d'altronde, che il dibattito americano più recente segnala come reale.

3. L'attuale governo ha ripreso interamente quel dibattito internazionale e nazionale dal punto cui era arrivato e gli ha impresso un'accelerazione: ha preso la decisione di creare il Servizio nazionale di valutazione. Intanto ulteriori ragioni si sono aggiunte a quelle già urgenti che spingevano in questa direzione:

- l'introduzione nell'ordinamento scolastico dell'autonomia. Benché la sua presa in carico effettiva da parte dei dirigenti e degli insegnanti richieda tempo, l'autonomia, una volta a regime, comporta una grande libertà di organizzazione dei mezzi necessari per raggiungere gli obbiettivi generali del sistema. Tuttavia c'è il rischio che si generi una sorta di anarchia dei mezzi, che trascini con sé, oltre una certa soglia, anche l'anarchia degli obbiettivi e dei fini. Il richiamo ai rischi non è solo un alibi, da smontare, di chi ancora oggi fa resistenza, è anche una possibilità reale, se non vengano definiti in sede nazionale degli standard e dei meccanismi di controllo esterno alle autonomie;

- la modifica del titolo V della Costituzione italiana, proposta a maggioranza dal Parlamento della precedente legislatura e confermata nel referendum del 7 ottobre 2001, comporta un'attribuzione alle Regioni della potestà legislativa concorrente sull'intera materia dell'istruzione, risolvendo i problemi storici del centralismo burocratico-amministrativo, ma generandone altri, relativi all'eguaglianza delle opportunità di partenza, che la Repubblica deve fornire ai propri cittadini, che escano dall'età dell'obbligo scolastico (oggi diritto/dovere) e si avviino verso l'istruzione superiore o verso il lavoro;

-  l'esistenza e la valorizzazione di un settore pubblico non statale di istruzione, prevista dalla legge di parità, approvata nella legislatura precedente: in quanto non statale dispone di tutte le libertà organizzative, pedagogiche e didattiche, ma, in quanto pubblico, deve rispettare il vincolo stabilito per tutte le autonomie scolastiche della Repubblica: quello della generazione di pari opportunità formative e di cittadinanza;

- i monitoraggi internazionali, ultimo quello pubblicato dall'Ocse, il PISA (Programme for International Student Assessment, una rilevazione triennale sui ragazzi di quindici anni relativa alla competenza in lettura, matematica e scienze), la cui conoscenza è decisamente consigliabile a tutti gli operatori scolastici e a tutte le autorità politiche e amministrative del sistema di istruzione. Dal quale appunto risulta che la posizione del nostro Paese, sesta o settima potenza industriale del pianeta, si trova, nel campo dell'istruzione, complessivamente al 25° posto su 30 paesi monitorati. Per quanto questi monitoraggi vadano presi con le molle e si debba fare la tara sulle distorsioni inevitabili in operazioni del genere, è certo che i risultati fanno giustizia di una certa retorica corrente autogiustificatoria. Anche se per assurdo i risultati fossero del tutto improbabili, segnalerebbero in ogni caso che la percezione che l'OCSE ha del nostro Paese è esattamente quella. E non sarebbe, non è in ogni caso senza conseguenze.

Quale che sia il giudizio che ciascuno di noi come cittadino, come operatore o come amministratore può esprimere sulle riforme già avviate o su quelle progettate, resta un vincolo decisivo, in cui tutti potremmo riconoscerci: quello di garantire a ciascun cittadino italiano - bambino, adolescente, giovane - una piattaforma educativa/formativa essenziale e eguale per tutti, quale dotazione fondamentale di cittadinanza, che la Repubblica deve mettere nello zaino di ciascun diciottenne, che si appresti a muovere incontro al mondo reale, e della quale farà, nella propria libertà, l'uso che preferisce e che svilupperà secondo il proprio progetto di vita. 4. Il Ministro Letizia Moratti ha costituito con DM. n. 436/MR dell'11 luglio 2001 un gruppo di lavoro, presieduto dal prof. Giacomo Elias e composto da Augenti, Bertagna, Bordignon, Chiosso, Cominelli, Flesca, Gentili, Gori, Murano, Ribolzi, Stefanini, Versari, Ugolini, con il compito di mettere a punto una proposta di Servizio nazionale di valutazione, sia dal punto di vista dell'assetto giuridico istituzionale sia dal punto di vista organizzativo, con particolare attenzione al tema della eventuale rifunzionalizzazione e riorganizzazione degli Enti che finora si sono mossi in questo settore a vario titolo e con vari risultati: INVALSI e INDIRE.

Per mettere a punto questa proposta il Gruppo di lavoro ha, finora, compiuto tra azioni:

a) un confronto interno al Gruppo di lavoro a tutto campo, tra le varie culture e ipotesi circa la valutazione, di cui sono portatori i singoli membri del gruppo;

b) un confronto con esperienze internazionali, mediante l'organizzazione di un Seminario con esperti francesi, inglesi e svedesi. Le ipotesi provvisorie, cui finora il Gruppo è pervenuto, sono le seguenti: il Servizio di valutazione deve far capo ad un organismo indipendente dal Ministero, deve misurare, scuola per scuola, il grado di raggiungimento degli obbiettivi fissati dal Ministero, deve individuare sistematicamente e tempestivamente le criticità, così da offrire alla autorità competenti ai diversi livelli di responsabilità indicazioni per correzioni eventuali e per necessarie allocazioni di risorse, deve utilizzare parametri coerenti con quelli utilizzati dai Servizi di valutazione comunitari e internazionali;

c) l'ideazione di un Progetto pilota, teso a sperimentare un'ipotesi di funzionamento del servizio di valutazione.

5. Scopo del Progetto pilota, pertanto, non è quello di passare immediatamente alla valutazione delle scuole, ma quello di testare la "macchina", che poi dovrà passare alla valutazione effettiva. E perciò deve anche testare la capacità del sistema dell'istruzione (scuole, Ministero e sue articolazioni centrali, Direzioni regionali, INVALSI, che è stato dotato di un nuovo Consiglio di amministrazione, presieduto dal dott. Trainito e di un Comitato tecnico-scientifico, e INDIRE) di gestire le procedure di valutazione con periodicità annuale e fornire i dati con tempestività, al fine di consentire interventi immediati ed efficaci. A questo fine il Ministro ha stabilito che gli obbiettivi nazionali, di cui misurare il raggiungimento, siano solo due:

a) l'apprendimento della lingua italiana e della matematica;
b) il grado di attuazione del Piano di Offerta Formativa, che le scuole hanno elaborato.

Il Progetto coinvolge una platea potenziale di 2.500 scuole, che abbiano già avuto esperienze in materia di autovalutazione o di certificazione di qualità, che abbiano partecipato ai vari monitoraggi che il Ministero o sue articolazioni abbiano promosso o che semplicemente abbiano desiderio di partecipare a questa sperimentazione. I livelli sono quelli della V elementare, della III media, della II del biennio. La platea è casuale, proprio perché l'esperimento non si propone di ricavare effettive valutazioni circa i rendimenti e il sistema, ma, più modestamente, di saggiare il meccanismo operativo, tenendo conto della numerosità dei soggetti coinvolti.

6. A questo stadio, è stato coinvolto l'INVALSI, che ha operato in questi anni, sotto la presidenza del prof. Benedetto Vertecchi, producendo analisi, monitoraggi, progetti di monitoraggio pluriennali, partecipando a progetti internazionali, elaborando indicatori e test, come risulta dall'Annuario 2001 dell'Istituto stesso. Senza la collaborazione dell'INVALSI sarebbe stato impossibile procedere. Dobbiamo ringraziare il dott. Trainito, presidente, il dott. Cinà, direttore amministrativo, la prof. Caputo, i proff. Melchiori e Corsi, dello staff dell'Invalsi, che sono qui presenti e che certamente prenderanno la parola per aiutare tutti noi a farci un'idea più chiara della posta in gioco organizzativa e delle azioni immediate da intraprendere.

7. Voglio aggiungere solo un altro breve punto, concernente le modalità di comunicazione del Progetto. Si tratta di una questione strategica. Come tutti sappiamo bene, la cultura della valutazione è ancora minoritaria, le resistenze sono molto forti, la confusione tra fini e procedure della Valutazione e quelle dell'Autovalutazione è piuttosto diffusa. Peraltro noi interveniamo su un terreno già largamente arato, qualche volta anche troppo.

La mole di sperimentazioni, monitoraggi, questionari, sondaggi che hanno coinvolto disordinatamente in questi anni un numero consistente di scuole ha lasciato una scia di diffidenza e un giudizio di inefficacia sulle operazioni di monitoraggio e, tanto più di valutazione. Ma il punto è che molti associano la valutazione a un tentativo di ridurre la scuola ad azienda. E poiché è evidente che le analogie tra i fini e i mezzi di un'azienda e quelli di una scuola sono assai labili o generiche, ne segue un rifiuto radicale. Acuito dalla presenza di culture pedagogiche che, partendo dalla singolarità e dall'ineffabilità della relazione pedagogico-didattica, tendono a concluderne che tale relazione è inverificabile. Il che è vero, ma sfugge a questa cultura che l'interazione delle interazioni singolari produce, alla fine, un sistema, ampiamente visibile e verificabile. Non è ovviamente questo il luogo per un approfondimento. Voglio solo osservare che queste resistenze non si vincono, in ogni caso, con un approccio burocratico-giacobino, ma parlando incessantemente con le scuole, che sono le protagoniste, nella loro autonomia, di ogni processo di innovazione. Di qui l'importanza della pubblicità e della trasparenza dell'intero itinerario sperimentale del Progetto pilota che proponiamo e del coinvolgimento degli attori nel bilancio dei risultati dell'esperimento. Dobbiamo valutare insieme non solo le modalità tecniche di somministrazione e di raccolta dati, ma anche quelle di coinvolgimento delle singole scuole sia nel rapporto diretto scuole-Invalsi, sia in quello mediato attraverso le Direzioni regionali. E' da verificare con voi l'ipotesi che, oltre ad attivare un sito ben strutturato presso l'INVALSI, con la collaborazione eventuale dell'INDIRE, si promuovano riunioni regionali con le scuole coinvolte e che si arrivi, prima della somministrazione dei test, a una teleconferenza nazionale, basata su postazioni regionali. E che, una volta somministrati i test e raccolti i risultati, nelle modalità che gli esperti dell'INVALSI illustreranno, si coinvolgano le scuole partecipanti in un bilancio critico. L'itinerario delle riforme e dell'innovazione è pieno di rischi e, qualche volta, di errori. Spesso gli errori sono il motore dell'innovazione successiva, se compiuti in quantità modica, si intende. Non dobbiamo temere di correre rischi e di compiere errori. La paura di rischiare e di sbagliare finisce per inchiodarci sulla frontiera della conservazione dello stato di cose presente. E quello della conservazione è forse, oggi, al cospetto di imponenti trasformazioni cui i sistemi educativi a livello mondiale sono obbligati, l'ottavo peccato capitale.

Roma, 7 febbraio 2002

da La Mailing List di Educazione&Scuola©


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