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Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti

Lodolo D’Oria Vittorio, Pecori Giraldi Francesca, Vitello Antonio, Vanoli Carola, Zeppegno Patrizia, Frigoli Paolo

Lo studio Getsemani

"Nell’Orto degli Ulivi un Maestro in preda a tristezza e angoscia.
I suoi discepoli, diversi per provenienza e cultura, disorientati e stanchi.
La comunità ostile.
Le istituzioni contro.
Un lungo avvenire davanti."

 

La sindrome del burnout negli insegnanti

Alcune categorie di lavoratori, a causa di particolari fattori stressogeni legati all’attività professionale, sono soggetti a rischio per la sindrome del burnout. Tale condizione è caratterizzata da (Diapo n.1)

affaticamento fisico ed emotivo,

atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali,

sentimento di frustrazione per mancata realizzazione delle proprie aspettative

Sin dalla prima metà degli anni 80 la sindrome del burnout negli insegnanti è stata oggetto di particolare attenzione da parte di molti autori che più recentemente hanno descritto una quarta caratteristica rappresentata dalla perdita della capacità del controllo (smarrimento cioè di quel senso critico che consente di attribuire all’esperienza lavorativa la giusta dimensione): la professione finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito della vita di relazione e l’individuo non riesce a "staccare" mentalmente tendendo a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive e violente.

Sono altresì rare le pubblicazioni comparative sull’incidenza della sindrome del burnout nelle varie categorie professionali. Lo studio Getsemani (Diapo n.2), partendo dall’analisi degli accertamenti sanitari per l’inabilità al lavoro, svolta dai Collegi Medici della ASL Città di Milano nel periodo 1/92 – 12/01 per un totale di 3.049 casi clinici, ha operato un confronto tra quattro macrocategorie professionali di dipendenti dell’Amministrazione Pubblica (696 insegnanti, 596 impiegati, 418 sanitari, 1340 operatori). In controtendenza con gli stereotipi diffusi nell’opinione pubblica, i risultati (Diapo n.3a,3b,3c,3d,3e) dimostrano che la categoria degli insegnanti è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche, indipendentemente da fattori quali il sesso e l’età, pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori. Pur non essendo a tuttoggi contemplata nel DSM-IV (classificazione internazionale delle patologie psichiatriche) è verosimile ritenere che la sindrome del burnout, quando trascurata, possa trasformarsi in patologia psichiatrica. Lo studio Getsemani approfondisce inoltre cause, fattori predisponenti, reazioni di adattamento individuale, aspetti sociali, ipotesi d’intervento nella classe docente, stratificata per livello d’insegnamento (scuola materna, elementare, media, superiore). Viene rilevata la necessità di ulteriori approfondimenti epidemiologici, affiancati da contestuali interventi operativi volti a contrastare tempestivamente la sindrome del burnout negli insegnanti. Lo studio si conclude auspicando l’apertura di un dibattito che coinvolga istituzioni, parti sociali, amministrazioni scolastiche, associazioni di categoria, studenti, famiglie e comunità medico-scientifica, in ragione della portata e della multidimensionalità del problema che interessa gli ambiti sanitario, sociale, culturale, economico e istituzionale.

I fattori professionali predisponenti

La categoria degli insegnanti è sottoposta a numerosi stress di tipo professionale. La loro natura, sia in generale che con specifico riferimento allo scenario scolastico italiano, può essere ricondotta ad alcuni fattori riguardanti:

la peculiarità della professione (rapporto con studenti e genitori, classi numerose, situazione di precariato, conflittualità tra colleghi, costante necessità di aggiornamento)

la trasformazione della società verso uno stile di vita sempre più multietnico e multiculturale (crescita del numero di studenti extracomunitari)

il continuo evolversi della percezione dei valori sociali (inserimento di alunni disabili nelle classi, delega educativa da parte della famiglia a fronte dell’assenza di genitori-lavoratori o di famiglie monoparentali)

l’evoluzione scientifica (internet e informatica)

il susseguirsi continuo di riforme (autonomia scolastica, innalzamento della scuola dell’obbligo, ingresso nel mondo della scuola anticipato all’età di cinque anni e mezzo)

la maggior partecipazione degli studenti alle decisioni e conseguente livellamento dei ruoli con i docenti

il passaggio critico dall’individualismo al lavoro in èquipe

l’inadeguato ruolo istituzionale attribuito/riconosciuto alla professione (retribuzione insoddisfacente, scarsa considerazione da parte dell’opinione pubblica.etc)

Le reazioni individuali al burnout: quelle da evitare e quelle da assumere

In letteratura sono state descritte e analizzate le reazioni di adattamento (coping strategies) che i singoli insegnanti adottano per far fronte al burnout, nel tentativo di reagire a una situazione che, se non affrontata per tempo e adeguatamente, può degenerare in malattia psico-fisica.

Una classificazione delle coping strategies è stata proposta diversificando le stesse in azioni:

dirette, miranti cioè ad affrontare positivamente la situazione

diversive, cioè tese a schivare l’evento assumendo un atteggiamento apatico, impersonale, distaccato nei confronti di terzi

di fuga o abbandono dell’attività, per sottrarsi alla situazione stressogena

palliative cioè incentrate sul ricorso a sostanze come caffè, fumo, alcool, farmaci.

In attesa di un intervento socio-istituzionale sull’organizzazione e sull’ambiente di lavoro, si ritiene che il progetto terapeutico sull’insegnante affetto da burnout debba prevedere un sostegno psicoterapico personalizzato volto a perseguire quattro obiettivi uguali per tutti:

diminuire la componente onirico-idealista rispetto al proprio lavoro, ridimensionando le proprie aspettative e riconducendole a un piano più attinente alla realtà

evidenziare gli aspetti positivi del lavoro e non concentrarsi solo su quelli negativi

coltivare interessi al di fuori dal lavoro per distrarsi e non focalizzare l’attenzione esclusivamente sui problemi professionali

lavorare in compagnia di altre persone per non sentirsi soli e condividere lo stress.

Un intervento precoce e mirato durante il percorso professionale dell’insegnante (Diapo n.4) consente un più agevole recupero/reinserimento sociale del soggetto.

La dimensione sociale del burnout

Il burnout degli insegnanti è un argomento di valenza internazionale da almeno vent’anni come dimostrano gli studi condotti negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Israele, Australia, Canada, Norvegia, Malta, Barbados ed Hong Kong. Sul tema sono stati anche condotti studi comparativi tra sistemi scolastici di differenti paesi come Italia e Francia, Scozia e Australia, Giordania ed Emirati Arabi, Stati Uniti e Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Australia. La questione si estende anche agli aspetti socio-economici poiché la stessa influisce su costi, produttività ed efficienza del sistema scolastico.Una considerazione a parte merita il particolare rilievo sociale del problema. Questo coinvolge nella sola Italia:

quasi un milione d’insegnanti per l’alto rischio professionale di sviluppare una patologia psichiatrica rispetto ad altre categorie di lavoratori;

più di otto milioni di studenti con le rispettive famiglie a rischio di fruire di un servizio inefficiente per assenze e demotivazione del personale docente

le istituzioni che si trovano ad affrontare le conseguenze socio-economiche date da un sistema scolastico inefficiente (per la demotivazione e l’assenteismo della classe docente), un aumento dei costi (per supplenze, giorni di malattia da retribuire, pensioni d’inabilità, equo indennizzo, assistenza sanitaria), risultati educativi e culturali insoddisfacenti;

le parti sociali che hanno come mandato fondamentale quello di tutelare i diritti dei lavoratori;

le associazioni di categoria degli insegnanti, degli studenti, delle famiglie chiamate a tutelare i rispettivi diritti e interessi.

Prospettive e ipotesi d’intervento

L’approccio a un fenomeno complesso come quello del burnout, prevede certamente un’azione a livello individuale con supporto specialistico di tipo psicologico/psichiatrico, che aiuti il soggetto a reimpostare la propria attività professionale e la vita di relazione agendo su più elementi (Diapo n.5). Seguiranno quindi gli interventi nei settori più direttamente interessati (Diapo n.6) come quello scolastico e sanitario. Trattandosi però di un problema che, come detto, interessa la collettività, devono essere ben focalizzati e condivisi, gli obiettivi sociali da perseguire (Diapo n.7). Ciò sarà possibile solo dopo un costruttivo dibattito, tra gli attori istituzionali coinvolti (Diapo n. 8), che comprenda la multidimensionalità della sindrome e contempli la rivisitazione/rivalutazione del ruolo istituzionale dell’insegnante nella società contemporanea, sfatandone al contempo gli stereotipi negativi, ben radicati nell’opinione pubblica. Sono chiamate dunque a fare la loro parte anche le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria nonché le rappresentanze di studenti e famiglie. Da ultimo il coinvolgimento delle imprese private nelle campagne di comunicazione sinergica sociale e di prodotto (auspicato anche nella bozza del nuovo PSN – Diapo n.9) appare quanto mai opportuno per il reperimento di risorse da dedicare agli obiettivi sociali da perseguire così come per accrescere il goodwill (benevolenza) delle imprese nei confronti della collettività.


La Sindrome del Burnout negli Insegnanti
(Testo Integrale della Ricerca)

La Sindrome del Burnout negli Insegnanti
(Diapositive)

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