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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Istituti comprensivi: e adesso… ?

di Giancarlo Cerini

 

Desta non poca meraviglia la puntigliosa volontà, espressa nel testo di riforma proposto dal Ministro Moratti (1° febbraio 2002), di tenere nettamente distinti i profili curricolari, organizzativi e professionali delle attuali scuola elementare e scuola media. Vedremo più avanti –come si suol dire – le motivazioni della sentenza, che sembra chiudere ogni prospettiva di continuità ed unitarietà del percorso formativo di base. Qui ci interessa rilevare una palese contraddizione tra l’impegno del Governo ad elaborare proposte di riforma in sintonia con la scuola reale, con i processi effettivamente in atto nel paese, lontane dalle forzature giacobine attribuite al modello ulivista della scuola di base settennale e la decisione dell’esecutivo di ignorare un fenomeno corposamente "reale" come è oggi l’istituto comprensivo. Si tratta di un modello di scuola curiosamente avviato dal primo governo Berlusconi (nel 1994-95), ma poi sviluppatosi motu proprio negli anni successivi fino a coinvolgere oggi quasi 200.000 insegnanti operanti in circa 3.000 istituti verticali. Ancora, curiosamente, le regioni ove si è maggiormente diffuso il modello "comprensivo" sono la Lombardia e la Sicilia. Vuoi vedere che …

Ma qual è il rapporto tra l’istituto comprensivo, il principio della continuità educativa, la ricerca sul curricolo verticale ? E come si è posto nell’istituto comprensivo il problema della collaborazione (e dello scambio interprofessionale) tra docenti di diversi livelli scolastici, questione che sembra essere stata alla base dello scarso appeal della scuola di base proposta dalla legge 30/2000 ? In definitiva, come mettere in relazione inversa il successo della formula comprensiva (cioè di una istituzione che integra in una struttura fortemente unitaria scuole materne, elementari e medie di un medesimo territorio) con la attuale decisione di tenere nettamente distinti i percorsi formativi della scuola primaria e secondaria di I° grado, fin dalla articolazione interna dei bienni (decisione che dovrebbe quanto meno essere riservata alla autonomia degli istituti scolastici).

Vediamo allora, più da vicino, le caratteristiche di questa struttura scolastica che rappresenta uno dei punti di novità più significativi (non fosse altro per la sua estensione) del paesaggio scolastico del nostro paese e che si trova oggi di fronte ad una virata concettuale di cui è difficile cogliere le ragioni e che rischia di compromettere il lavoro appassionato di tanti operatori scolastici, disorientando non poco insegnanti, genitori e opinione pubblica.

Nell’anno scolastico 2001/2002 funzionano in Italia oltre 3200 istituti comprensivi. Essi rappresentano ormai il 43 % dell’intero patrimonio delle scuole di base (elementari e medie) del nostro paese. Presi a modello per la "scuola di base" istituita dalla Legge 10 febbraio 2000, n. 30 (la cui attuazione è però sospesa in attesa di provvedimenti di modifica) hanno trovato una rinnovata audience anche nell’ambito dei documenti preparatori per l’impostazione di una diversa riforma dei cicli (cfr. la relazione di sintesi della Commissione Bertagna). Inizialmente "pensati" per salvaguardare le aree di montagna (legge 31.01.1994, n. 97), gli istituti si sono poi diffusi su tutto il territorio nazionale a seguito della liberalizzazione disposta dalla legge 23.12.1996, n. 662 (art. 1, comma 70).

Collegato ad una logica territoriale, l’istituto comprensivo ha riscosso un notevole successo nell’ambito dei processi di riorganizzazione della rete scolastica finalizzati all’attribuzione della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche "normodimensionate" (D.P.R. 18.06.1998, n. 233). Questo elemento strumentale, dovuto alla possibilità di raggiungere più agevolmente le soglie minime fissate per il dimensionamento degli istituti (500 alunni, ridotti a 300 nelle zone di montagna), può spiegare la rapida diffusione del nuovo modello organizzativo, ma non esaurisce tutte le motivazioni pedagogiche ed istituzionali che hanno creato un "effetto d’alone" attorno alle vicende delle scuole verticalizzate.

L’istituto comprensivo aggrega in una sola struttura funzionale le scuole materne, elementari e medie di uno stesso ambito territoriale, con il fine di migliorare e rendere più coerente il progetto formativo rivolto agli alunni dai 3 ai 14 anni. I tre gradi scolastici continuano a funzionare distintamente secondo le loro caratteristiche (programmi, orari, insegnanti), ma l’azione didattica degli insegnanti viene meglio organizzata e coordinata. Infatti, nell’istituto comprensivo si costituiscono una sola presidenza, un solo consiglio di istituto, un collegio dei docenti unitario, per affrontare in modo integrato i vari aspetti della vita della scuola, relativi alle scelte educative e didattiche, alla valutazione degli alunni, alla gestione dei finanziamenti (om. 04.08.1995, n. 267).

Le sperimentazioni svoltesi in questi anni in gruppi limitati di istituti coordinati a livello nazionale hanno attestato (cfr. cm 21.07.2000, n. 186) che nelle esperienze migliori l’istituto comprensivo garantisce:

una efficace continuità educativa (curricolo verticale);

una gestione più flessibile dell’organizzazione (autonomia didattica);

rapporti più stretti con i genitori ed il territorio (integrazione sociale).

Gli insegnanti possono conoscere e seguire il processo educativo di ogni alunno, dall’ingresso nella scuola dell’infanzia fino all’esame di licenza media, scambiarsi informazioni sulle caratteristiche dell’apprendimento dei ragazzi e sulla loro valutazione, intervenire in tempo utile di fronte ad eventuali difficoltà. Il confronto continuo tra i docenti consente di agevolare il passaggio da un livello scolastico all’altro, di impostare progetti di studio comuni, di valorizzare gli interessi dei ragazzi.

Nell’istituto comprensivo si mettono in comune alcune risorse (i docenti, le attrezzature, i finanziamenti), per qualificare i metodi e le attività di insegnamento. L’autonomia organizzativa e didattica (d.P.R. 08.03.1999, n. 275) permette di gestire in modo flessibile il calendario scolastico, gli orari settimanali e giornalieri, l’articolazione dei gruppi e di decidere "in loco" una quota-parte degli insegnamenti (fino al 15% del totale). Queste opportunità risultano maggiormente sfruttate nelle scuole verticalizzate.

L’istituto si qualifica come scuola del territorio, perché può dialogare più intensamente e con maggiore convinzione con gli enti locali, le associazioni, il volontariato, gli istituti culturali, affinchè tutti contribuiscano ad arricchire l’offerta formativa della scuola. La nascita dell’istituto comprensivo implica la stipula di un accordo di programma territoriale con gli enti locali interessati. Si possono così organizzare programmi integrati che durano nel tempo e qualificano il ruolo della scuola.

L’innovazione organizzativa

La cm 28.07.1997, n. 454 riassume gli aspetti più significativi del funzionamento strutturale degli istituti comprensivi, anticipando molti degli elementi poi generalizzati con il Regolamento dell’autonomia. In particolare, vengono suggeriti comportamenti organizzativi e professionali finalizzati alla costruzione di una migliore identità unitaria dell’istituto (a partire dalla possibile nuova denominazione dell’istituto: cfr. dm 12.07.1996, n. 338). A tal fine lo strumento prioritario è individuato nel collegio dei docenti unitario (che dovrà impegnarsi in azioni comuni di programmazione, di formazione in servizio, di orientamento, di adattamento del calendario scolastico, ecc.). Anche una coordinata organizzazione amministrativa e gestione delle risorse finanziarie e del bilancio può facilitare un migliore assetto dell’istituto comprensivo, che si trova a fare i conti con una normativa frammentaria e sedimentata per compartimenti stagni (i diversi gradi scolastici). Alcune prime timide indicazioni amministrative, in sede di formulazione di bilanci e di assegnazione degli organici del personale, hanno cercato di semplificare la gestione degli istituti e di incentivare una maggiore attenzione alla specificità del settore (ad esempio, nel caso dei programmi di innovazione tecnologica).

 

Sul piano pedagogico è stato auspicato l’impiego integrato del personale, mediante forme di collaborazione tra docenti di scuole diverse, la costituzione di team "aperti" e l’avvio di progetti integrati, con particolare riferimento all’educazione motoria, all’educazione artistica, all’educazione musicale, alla lingua straniera e alle attività di sostegno.

Gli istituti comprensivi hanno usufruito di programmi aggiuntivi di aggiornamento per il personale, inizialmente rivolti ai dirigenti scolastici e poi estese agli insegnanti ed a tutti gli operatori (cfr. cm 282/95, cm 100/97 e cm 720/1997). Questo ha consentito, in genere, di impostare la formazione in servizio per i docenti dei tre ordini di scuola, come occasione di riflessione, per scambi di idee ed esperienze, per promuovere incontri in uno spazio istituzionalmente dedicato, per la condivisione di attività e progetti e per l’avvio di percorsi più strutturati.

 

il consolidamento dell’esperienza

La cm 04.08.1998, n. 352 ha cercato di delineare i primi elementi di quel curricolo "verticale" che rappresenta la vera ragion d’esssere dell’istituto comprensivo. Il documento allegato alla circolare presenta una vera e propria piattaforma progettuale, mettendone a fuoco gli aspetti relativi alla dimensione educativa, ai contenuti culturali, alle strategie metodologiche, alle soluzioni organizzative. Emerge la propensione ad interpretare gli obiettivi della scuola "verticale" in termini di competenze (le conoscenze, le abilità, gli atteggiamenti) piuttosto che di semplice acquisizione di contenuti conoscitivi, cogliendo meglio diversità, stili e potenzialità degli allievi, per migliorarne i livelli di apprendimento. Notevoli appaiono alcune innovazioni sul piano metodologico, imperniate su una didattica laboratoriale. L’esigenza di aprire le classi, di organizzare laboratori "integrati" per ragazzi di età diverse, di utilizzare pienamente risorse messe a disposizione dal territorio, determina una più forte connotazione sociale dell’ambiente di apprendimento. Si coglie con più immediatezza il rapporto tra relazioni cooperative (tra i ragazzi, gli adulti) e apprendimento. Il ruolo dell’insegnante diventa quello di un "facilitatore" dell’apprendimento attraverso una corretta "mediazione" comunicativa e didattica.

Infine, sul piano delle soluzioni organizzative, l’istituto comprensivo tende a valorizzare un’utilizzazione più ampia delle competenze disponibili all’interno dell’unità scolastica, andando oltre la rigida appartenenza ai diversi settori scolastici, ma mirando alle effettive professionalità disponibili.

 

Il documento tecnico allegato alla cm 30.09.1999, n. 227 interpreta una fase di ulteriore sviluppo qualitativo dell’istituto comprensivo delineandone le condizioni di successo, cioè gli indicatori di qualità di un ciclo "lungo" ove si alimenta una professionalità docente "riflessiva.

Nell’istituto verticale si può concentrare l’attenzione su alcuni passaggi strategici (ad esempio, tra scuola dell’infanzia e scuola elementare, tra la classe 5^ elementare e la 1^ media), per favorire la progressiva conquista dell’autonomia degli allievi in alcune competenze di base. Ma, al di là del miglioramento dei raccordi nei bienni di passaggio, nell’istituto comprensivo si possono gettare le basi per la costruzione di curricoli verticali. imperniati su una migliore qualità degli apprendimenti. Qualità significa una più solida coerenza e coesione interna tra le conoscenze, una progressiva specializzazione delle abilità procedurali, la crescita di una motivazione più selettiva e orientata.

L’istituto comprensivo esige tuttavia alcune condizioni minime, per altro comuni a tutti gli istituti scolastici, per realizzare il valore aggiunto che è connesso alla sua configurazione "verticale":

la presenza, stabile, di dirigenti scolastici autorevoli e culturalmente attrezzati per far fronte a dinamiche professionali più complesse;

la motivazione ed il senso di "appartenenza" all’istituzione degli insegnanti, consapevoli di partecipare ad un’impresa comune;

la passione civile, nel dialogo costante con il territorio e nell’integrazione delle diverse opportunità formative.

Queste condizioni consentono di offrire la necessaria unitarietà al progetto di scuola, infondendo il senso della costruzione di una nuova istituzione educativa e non della semplice sommatoria di segmenti distinti.

Le occasioni di progettazione comune, di integrazione, di scambio (laboratori, classi aperte, prestiti professionali, piccoli gruppi, rapporti intensi con il territorio) configurano un ambiente ad alto tasso di comunicazione, di dialogo interprofessionale, di forte mobilità intellettuale, in grado di superare modelli rigidi e vecchie gerarchie culturali tra i saperi. Le più recenti azioni formative (cfr. cm 269/00 e 282/00) si muovono nell’ottica di creare reti professionali, centri di documentazione, poli di riferimento per sostenere e diffondere le migliori pratiche. Occorre però mettere gli insegnanti dei diversi livelli scolastici in condizione di operare effettivamente insieme, rimuovendo ostacoli di natura giuridica e contrattuale (ad esempio, i docenti di scuola media e di scuola materna non dispongono di un "pacchetto" di ore da dedicare settimanalmente agli incontri di programmazione collegiale e di team, come i colleghi delle scuole elementari).

 

Riferimenti normativi: legge 31.01.1994, n. 97; D.lgs 16.4.1994, n. 297; cm 09.01.1994, n. 316; om 09.11.1994, n. 315; om 04.08.1995, n. 267; cm 04.08.1995, n. 268; cm 10.08.1995, n. 282; legge 11.01.1996, n. 23; dm 12.07.1996, n. 338; legge 23.12.1996, n. 662; cm 13.01.1997, n. 27; cm 13.02.1997, n. 100; legge 15.03.1997, n. 59; cm 28.07.1997, n. 454; cm 19.11.1997, n. 720; D.P.R. 18.06.1998, n. 233; cm 07.08.1998, n. 352; cm 30.09.1999, n. 227; cm 21.07.2000, n. 186; cm 06.12.2000, n. 269; cm 19.12.2000, n. 282.

 

Indicazioni bibliografiche

C. Pontecorvo, Un curricolo per la continuità educativa dai quattro agli otto anni, La Nuova Italia, Firenze, 1995

M. e P.Calidoni, Continuità educativa, La Scuola, Brescia, 1995

F. Cambi (a cura di), L’arcipelago dei saperi. Progettazione curricolare e percorsi didattici nella scuola dell’autonomia, Le Monnier-IRRSAE Toscana, Firenze, 2000.

P. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1998

Ministero P.I., Gli istituti comprensivi, Studi e documenti degli Annali della P.I., n. 83, Le Monnier, Firenze, 1997

P. Boscolo, L’apprendimento oggi: modelli, metafore, significati, in "Scuola e città", n. 2, 1999

G. Cerini-M. Spinosi, La scuola in verticale, Tecnodid, Napoli, 2000


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