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Basic FAQ 
ovvero "quello che si sa (e non si sa) sulla scuola di base"

La riforma dei cicli, approvata dal Parlamento nel febbraio 2000, fa molto discutere, sia all’interno del mondo della scuola, sia all’esterno, tra le forze politiche (che appaiono nettamente divise sull’argomento), tra gli esponenti della cultura italiana (con giudizi non sempre teneri verso i nuovi curricoli scolastici), sui mezzi di informazione (che sembrano più interessati allo "scoop" che all’approfondimento delle questioni). L’attuazione della legge, a partire dalla costruzione della nuova SCUOLA DI BASE settennale, appare di difficile decollo, quasi sospesa tra le notevoli incertezze politiche e sindacali e la richiesta di condizioni operative concrete (organici, formazione, strutture). E’ alto il rischio della disinformazione, del "sentito dire", della critica generica e aprioristica. 

Per offrire un contributo di carattere informativo, anche su specifiche questioni, Giancarlo Cerini, ispettore tecnico del Ministero della Pubblica Istruzione, nonché collaboratore di "Educazione&Scuola", apre una nuova rubrica, intitolata "Basic FAQ", ovvero "le questioni di base sulla scuola di base" (la traduzione è …molto libera). 

Quesiti, problemi, domande (anche impertinenti) alle quali Cerini cercherà di rispondere, continuando quel filo diretto con i lettori sulle riforme che già caratterizza la rubrica "Riforme on line". Naturalmente, Cerini sarà di parte… come non può non esserlo chi ha partecipato direttamente all’elaborazione di aspetti importanti delle innovazioni (sui curricoli, sulla formazione dei docenti, sugli istituti verticali, ecc.); ma con quel pizzico di autonomia di pensiero, di critica intelligente, di auto-ironia sulle "magnifiche sorti…" che accomuna certamente i liberi naviganti in rete.


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1. ULTIMISSIME

FAQ 1.1: Dopo il parere negativo espresso dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI) sulla bozza di nuovi curricoli per la scuola di base, ci sarà un rinvio nell’attuazione della riforma che era prevista dal 1° settembre 2001 per le classi prime e seconde?

L’avvio della riforma dei cicli per la scuola di base è stato previsto con decorrenza dal 1° settembre 2001 dal Piano quinquennale di attuazione della legge 30/2000 (riordino dei cicli) approvato dal Parlamento nel mese di dicembre 2001. Il CNPI ha espresso parere sfavorevole all’avvio della riforma da tale data, ritenendo non ancora adeguate le condizioni operative approntate dal Governo (organici del personale, formazione, strutture, ecc.). Va ricordato che il parere del CNPI, benché obbligatorio, non è vincolante per il Ministro. Inoltre, al momento del voto, la metà circa dei consiglieri ha abbandonato la seduta, ritenendo improprio che il Consiglio esprimesse un parere su una materia (la data di avvio della riforma) oggetto di una precedente delibera del Parlamento. Esistono quindi dubbi sulla legalità della votazione e queste mette in dubbio anche la possibilità di acquisire una serie di emendamenti sul testo dei curricoli che erano stati formulati all’unanimità dal Consiglio. Il Ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro ha comunque affermato che intende dare attuazione alla legge nei tempi previsti dal Parlamento. Sull’ultima versione del decreto attuativo della scuola di base e sui relativi indirizzi curricolari (il documento, appunto, esaminato dal CNPI) dovrà esprimersi il Consiglio di Stato, prima di diventare operativo con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Esistono, dunque, ancora alcune incertezze circa i tempi di avvio effettivo della riforma.

FAQ 1.2: Nel caso di successo elettorale della Casa delle Libertà (Polo) è possibile che la riforma dei cicli venga accantonata ?

L’approvazione della riforma dei cicli scolastici (Legge n. 30 del 10 febbraio 2000) costituisce uno degli atti più rilevanti della legislatura che sta per concludersi. Il riordino dei cicli rappresenta, per molti aspetti, il "fiore all’occhiello" della politica scolastica dei governi dell’Ulivo; è quindi scontato che su di esso si concentri lo scontro tra i diversi schieramenti durante la competizione elettorale. Gli uni (il governo) saranno interessati ad accelerare l’attuazione della riforma, nella convinzione di metterla al sicuro; gli altri (l’opposizione) faranno di tutto per dimostrare che la riforma è sbagliata e che finirà per sfasciare la scuola. Si tratta di una polemica eccessiva, al di sopra delle righe, dovuta alle caratteristiche di una campagna elettorale particolarmente accesa. E’ pur vero che l’attuale opposizione non approvò il testo della legge 30/2000, anzi uscì dall’aula al momento del voto. Inoltre, anche alcune organizzazioni sindacali di peso, si pensi alla Cisl, allo Snals ed alla Gilda, non hanno mai "digerito" l’impostazione data alla riforma dei cicli, pur ritenuta necessaria. Siamo quindi in presenza di una divisione nel paese su un aspetto importante della vita sociale (la scuola) e questo rende certamente più fragile l’itinerario della riforma. Comunque, la riforma può essere "riformata" solo dall’approvazione di una nuova e diversa legge; potrebbe, invece, essere disposto un rinvio della sua applicazione, oppure un avvio più graduale e sperimentale.

FAQ 1.3. Come si sono espresse, in merito alla riforma dei cicli, le diverse forze politiche attualmente all’opposizione ?

Alcuni esponenti della Casa delle Libertà hanno parlato di "azzeramento" della riforma, in caso di successo elettorale del Polo; altri –più prudentemente- di una "pausa di riflessione" per acquisire ulteriori pareri dal mondo della scuola e dall’opinione pubblica. Sono state ipotizzate anche soluzioni alternative (ad esempio, un modello 8+4 invece che il previsto 7+5), ma sembrano piuttosto proposte avanzate a titolo personale da alcuni rappresentanti dell’opposizione. Il progetto di legge presentato nel 1997 da Forza Italia optava per il modello francese (5+4+3), ma poi non è stato sostenuto con convinzione. Il fatto è che i modelli di ingegneria scolastica, anche in Europa, sono molto diversi e ciascuno presenta vantaggi e svantaggi. La vera differenza tra i diversi schieramenti non si può misurare solo sugli schemi numerici (7+5, 6+6, 4+4+4, 8+4, ecc.), ma sull’impostazione culturale, sui valori di riferimento, sul "senso" da dare alle riforme: si vuole una scuola più selettiva o più socializzante ? più rigorosa o più accogliente ? più attenta alle domande del mercato o ai saperi disinteressati ? più o meno autonoma ? federale, regionale o statale ? quale il rapporto tra sistema statale e scuola privata ? quale il ruolo attribuito ai genitori e, in generale, agli utenti/clienti ? quale il trattamento da riservare ai docenti (in merito al loro numero, al reclutamento, ai livelli retributivi, all’eventuale differenziazione in base al merito) ? Come si può notare, le questioni di politica scolastica sono assai più complesse della semplice "segmentatura" dei diversi cicli.

FAQ 1.4. Come mai la riforma dell'Università proposta dall'Ulivo (il cosiddetto modello 3+2) sarà attuata a partire dall'anno accademico 2001/2002, mentre la riforma dei cicli (il cosiddetto modello 7+5) è stata rinviata sine die? Non sono, forse, il frutto della medesima stagione politica e della medesima impostazione culturale? (14 luglio 2001)

Occorre riconoscere che nei confronti della riforma universitaria, avviata con i lavori della commissione Martinelli e poi sviluppata dal tandem Berlinguer (Guerzoni)-Zecchino, si è manifestato nel paese un consenso maggiore rispetto alla parallela riforma dei cicli scolastici (predisposta dal tandem Berlinguer-De Mauro).
Basti pensare, nel primo caso, all'apprezzamento manifestato dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e, da ultimo, al via libera espresso dal rettore del prestigioso Politecnico di Milano, Adriano De Maio.
Sull'altro lato, invece, il mondo della scuola è apparso incerto e diviso, con alcuni sindacati (Cisl, Gilda, Snals) fieramente avversi alla legge 30/2000 (anche se non sempre sono apparse chiare le motivazioni) e con il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione posizionato su un imbarazzante parere negativo (a fronte di un orientamento positivo delle associazioni professionali storiche dei docenti: AIMC, CIDI, MCE).
La riforma dell'università è sembrata una via obbligata per far fronte alla scadente produttività degli attuali corsi (solo il 30% dei laureati, tempi medi di completamento degli studi di 7-8 anni, scarsa corrispondenza tra i profili formativi e le nuove esigenze del mondo produttivo e della ricerca).
La soluzione del doppio livello di uscita (laurea triennale di base, laurea specialistica quinquennale ed eventuali master successivi) è assai diffusa negli altri paesi europei ed è apparsa una soluzione praticabile e migliorativa del modello precedente (laurea "secca" di 4 o 5 anni). Inoltre, le singole università (ormai largamente autonome) hanno avuto almeno due anni di tempo a disposizione per misurarsi concretamente con l'elaborazione dei nuovi curricoli di studio.
Se si guarda a questi stessi passaggi sul versante della riforma scolastica si potranno meglio capire le differenze e le difficoltà incontrate:
- non sempre è stata condivisa la diagnosi sui punti deboli dell'attuale sistema (intervenire a fondo sulla scuola di base, quando - almeno in apparenza - i nodi maggiori si riscontrano nel settore secondario?);
- non è apparsa chiara la matrice culturale del progetto, che qualcuno ha considerato foriero di un abbassamento di profilo culturale (la scuola della socializzazione) ed altri tutto piegato sulle ragioni del mercato e delle nuove tecnologie;
- sono sembrati incerti e vaghi i riferimenti ai modelli europei (quello inglese? quello scandinavo? quello spagnolo?) e la proposta "forte" di una uscita a 18 anni dal sistema scolastico (largamente condivisa a livello sociale) ha fatto intravedere una quantità enorme di problemi pratici (riduzione del percorso scolastico, soprannumero di docenti, "onda anomala");
- i tempi di attuazione della riforma, a partire dalla scuola di base, sono risultati troppo affrettati (con curricoli appena definiti, senza una proposta sugli organici funzionali del personale docente, con un piano di formazione tutto da attuare).
Così, la scuola è rimasta a guardare lo scontro strumentale tra chi voleva accelerare i tempi (per realizzare un "utile" politico) e chi intendeva buttare tutto all'aria (per lucrare sul malessere dei docenti).
Ma, soprattutto, le scuole non sono state messe nelle condizioni (con un piano di attuazione graduale e relativi incentivi) di entrare in una logica di tipo operativo e progettuale (quali curricoli predisporre, come organizzare i team dei docenti, come migliorare gli ambienti di apprendimento), come nel frattempo ha fatto l'Università.
Discutere teoricamente sulla migliore riforma possibile, si sa, non ha mai portato a nessun risultato concreto. Di questo dovrà essere consapevole il nuovo ministro all'istruzione Letizia MORATTI, quando deciderà di muovere qualche pedina importante sullo scacchiere del sistema formativo e di coinvolgere (come è stato preannunciato) insegnanti, genitori, studenti ed esperti nella elaborazione di nuove proposte.

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2. LE DOMANDE "SCOMODE"

FAQ 2.1: Il modello di nuova scuola di base sembra azzerare la scuola media. Questa scuola non è uscita un po’ troppo penalizzata dal riordino dei cicli ?

Confrontando il nuovo modello di cicli scolastici con il precedente, la scuola di base (rivolta agli alunni dai 6 ai 13 anni) sembra prendere il posto delle scuole elementari e medie, riducendone però la durata complessiva da otto a sette anni. Vista in questo modo la riforma sembra penalizzare l’attuale scuola di base, tanto più che la scuola secondaria superiore viene confermata nella sua attuale durata quinquennale. L’analisi deve però essere un po’ più articolata: ad essere rimesso in discussione non è questo o quel singolo livello scolastico, ma l’intero percorso formativo. Anzi, oltre a modificare l’assetto del sistema scolastico, con un profilo 3-18 anni che segnala comunque l’esigenza di una migliore connessione e integrazione tra i diversi cicli, viene rivisto anche l’impianto degli studi universitari, con l’istituzione di un doppio grado di uscita (laurea di base triennale, laurea specialistica quinquennale) e si rafforzano i settori tecnici e professionali superiori. Insomma, in movimento è l’intero sistema della formazione (non solo dell’istruzione) fino all’affermazione del principio - tutto da concretizzare in Italia - dell’educazione lungo l’intero arco della vita. La riforma si capisce "meglio" se si adotta questo sguardo "sistemico". Non sarà solo la scuola media a doversi ripensare in profondità, ma anche la scuola secondaria che diventa obbligatoria nei suoi primi due anni (con l’obbligo scolastico esteso a 15 anni), mentre tutti i ragazzi dovranno impegnarsi in attività formative fino a 18 anni (con il principio dell’obbligo formativo). Cambia quindi la "mission" dei diversi segmenti scolastici: lo sviluppo di maggiori opportunità culturali è affidato alla nuova "secondaria", mentre alla scuola del settennio viene affidato il consolidamento delle abilità e delle competenze di base. Non dimentichiamo, inoltre, che la scuola di base è oggi preceduta da una scuola dell’infanzia di forte valore educativo (frequentata da oltre il 95 % dei bambini in età). Comunque è vero che, nel gioco delle polemiche, la scuola media è apparsa come l’anello debole dell’intero sistema scolastico, al di là dei suoi demeriti effettivi. Noi vogliamo piuttosto ricordare i meriti storici della scuola media del 1962, che ha consentito di elevare il livello culturale complessivo della popolazione italiana. Oggi però, la sfida è molto più alta: si tratta di portare tutti gli italiani alla scuola secondaria superiore, per almeno due anni (fidando poi sull’effetto di trascinamento dell’obbligo formativo fino a 18 anni). Nei confronti europei siamo ormai all’ultimo posto per numero di diplomati nella popolazione adulta. Non possiamo scivolare ulteriormente all’indietro.

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3. I NUOVI CURRICOLI

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4. I MODELLI ORGANIZZATIVI

FAQ 4.1: Come mai il Governo ha proposto una articolazione interna del settennio (definita 2+3+2) preferendola ad altre soluzioni possibili (4+3, 5+2, 3+4, 1+5+1). E’ solo una questione di schemi numerici o c’è dell’altro?

La legge n. 30/2000 prevede che il percorso settennale della scuola di base sia unitario, ma articolato. Trattandosi di integrare due precedenti segmenti scolastici (la scuola elementare e quella media) l’articolazione interna diventa quasi una necessità. Tuttavia è opportuno che l’eventuale scansione non smentisca le intenzioni del legislatore, finendo con il ripristinare le precedenti distinzioni e separazioni. Ecco perché si decise di non adottare l’ipotesi, che era stata suggerita in un primo tempo dal legislatore, di una scansione 4+3, che avrebbe richiamato troppo da vicino il dualismo tra scuola elementare (magari ridotta di un anno) e scuola media (salvata nella sua integrità). Il Parlamento optò per un profilo "leggero" di articolazione, rimandando le scelte concrete ai successivi regolamenti applicativi (nell’ambito dell’autonomia). Nel corso dei lavori della Commissione istituita dal Ministro De Mauro per l’elaborazione dei nuovi curricoli riformati, si discusse assai blandamente del problema della scansione del settennio, considerandolo un elemento marginale e comunque di "impossibile" soluzione (qualcuno fece osservare che, poiché i "modi" per formare 7 sono quasi infiniti, tutte le scelte potevano avere una qualche motivazione dalla loro). E’ stato poi il Ministro (o meglio, i suoi più stretti collaboratori) a proporre lo schema 2+3+2, nella convinzione che meglio potesse accompagnare il passaggio dagli attuali due "gradi" scolastici alla nuova organizzazione. In effetti, lo schema 2+3+2 ricalca da vicino la situazione attuale (primo ciclo elementare biennale, secondo ciclo elementare triennale, ciclo della scuola media oggi triennale), ma proprio in questa "somiglianza" risiede anche la sua debolezza: ogni segmento tenderà a rispecchiarsi nei nuovi "sotto-cicli" senza rimettersi troppo in discussione. Ad esempio, la scuola media tenderà a collocarsi solo nei due anni terminali, enfatizzando la sua percezione di disagio e di marginalità. Anche la pretesa di articolare i diversi curricoli disciplinari secondo il ritmo 2+3+2 è apparsa fuorviante, talchè molti dei sottogruppi disciplinari della commissione De Mauro avevano ipotizzato scansioni interne alle varie discipline assai differenziate. Il Parlamento, all’atto di licenziare il parere sul piano quinquennale di fattibilità, ha derubricato il modello "2+3+2" a semplice ipotesi di lavoro, rimandando alle singole scuole l’interpretazione del modello, e riservandosi ulteriori verifiche al termine del primo triennio di rodaggio della riforma. Occorre poi ricordare che la stesura finale delle indicazioni curricolari per la scuola di base presenta una scansione 2+5, con una esplicita definizione di traguardi intermedi per ogni disciplina dopo il primo biennio e poi solo al termine dell’intero percorso settennale. Lo schema a tre sottocicli ritorna però a proposito dell’organizzazione in ambiti e in discipline del curricolo. Nel primo biennio sono previsti tre ambiti, nel secondo periodo triennale vengono proposti 4 ambiti, nell’ultimo biennio ben 11 discipline. Il triennio intermedio dovrà essere dedicato al graduale passaggio dall’organizzazione dell’insegnamento per ambiti a quello per discipline, con ampia discrezionalità lasciata alle singole scuole.

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5. LE CONDIZIONI STRUTTURALI

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6. GLI ORGANICI DEL PERSONALE

FAQ 6.1: E’ vero che la riforma comporta una riduzione consistente del numero degli insegnanti ? Si parla spesso di circa 50.000 docenti in esubero. Ci saranno dei rischi per il posto di lavoro dei docenti attualmente in servizio?

Intanto va precisato che l’eventuale esubero di docenti (dovuto al fatto che il percorso formativo comprende l’arco temporale che va dai 3 ai 18 anni e non più dai 3 ai 19 anni) si manifesterà solo nel 2012, cioè quando il nuovo percorso "abbreviato" riguarderà tutte le classi di età. Fino ad allora ci sarà necessità di tutti i docenti oggi in servizio, per continuare ad assicurare il "vecchio" percorso a tutte le classi attualmente funzionanti (solo le prime elementari entrano nel nuovo ciclo abbreviato a 18 anni). Inoltre, va ricordato che nello stesso periodo si verificherà un esodo naturale (per raggiunti limiti di età) di circa 120.000. Dunque, nei prossimi anni, si dovranno assumere parecchie decine di migliaia di nuovi insegnanti. Nel piano di attuazione sono state fatte varie ipotesi per attutire l’impatto dell’esubero dei docenti. Ad esempio, se si intende equiparare l’orario di servizio di tutti i docenti della scuola di base (verso le attuali 18 ore dei docenti delle medie, ma sulla questione ci sono idee discordanti) occorre impegnare una parte degli eventuali esuberi per compensare il minor gettito orario e non lasciare "scoperto" il servizio scolastico. Altre ipotesi più qualificate riguardano la possibilità di concedere "periodi sabbatici" –anche brevi- per la formazione e l’aggiornamento, di rimpinguare gli organici funzionali dei docenti, di garantire esoneri o semi-esoneri per figure e funzioni di supporto nella scuola. Anche lo sviluppo della scuola dell’infanzia (sono previste 500 nuove sezioni per ogni anno nel prossimo quinquennio), nonché l’espansione dell’obbligo scolastico (a 15 anni) e dell’obbligo formativo (a 18 anni) richiederanno nuove risorse professionali. Non si prevede dunque un calo generalizzato degli insegnanti, ma piuttosto una loro diversa e migliore utilizzazione, con la possibilità di una più ampia mobilità professionale tra i diversi settori.

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7. PROFESSIONALITA’ DOCENTE

FAQ 7.1: E’ vero che i docenti elementari non laureati potranno insegnare solo all’interno delle classi prime e seconde della scuola di base?

L’informazione non è corretta, infatti nella articolazione prevista per la scuola di base (il cosiddetto 2+3+2) il triennio intermedio dovrà vedere la presenza integrata di docenti elementari e di scuola media, per favorire il progressivo passaggio da un’organizzazione degli insegnamenti per ambiti ad uno per discipline. Le modalità di tale incontro saranno determinate da ogni singola scuola, anche tenendo conto che il passaggio dagli ambiti alle discipline può essere variamente modulato nelle diverse situazioni (e potrebbe variare da disciplina a disciplina). E’ ovvio che l’effettivo grado di integrazione tra i due gruppi sarà fortemente legato alla composizione "interna" del nuovo organico funzionale della scuola di base. E’ stato definito, nel piano di attuazione quinquennale (approvato nel dicembre 2000) un principio generale che prevede un rapporto proporzionale alla consistenza attuale delle due figure. Posto che il rapporto è all’incirca di 60 (maestri) e di 40 (professori) è prevedibile che, almeno in una prima fase, nel triennio intermedio si trovino ad operare soprattutto maestri elementari (all’incirca i 5/6). E’ infondato, pertanto, il rischio di veder confinati i maestri non laureati alle sole classi iniziali: di essi ci sarà un grande bisogno anche nelle classi successive. Naturalmente, poiché diventa più impegnativo il rapporto con i saperi disciplinari, saranno da preferire docenti in possesso di accertate competenze culturali e disciplinari; e questa competenza non dipende certamente dal possesso di un titolo di laurea, magari in "pedagogia". Ma questo è già un altro problema e ne parleremo a tempo debito.

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8. FORMAZIONE IN SERVIZIO

FAQ. 8.1: E’ prevista una attività di formazione in servizio per gli insegnanti, in relazione all’avvio della riforma dei cicli?

La legge n. 30/2000 prevede che l’attuazione della riforma sia accompagnata da un piano straordinario di formazione in servizio per gli insegnanti impegnati nei nuovi cicli. In tal senso si esprime anche il piano quinquennale di attuazione approvato dal Parlamento nel dicembre 2000. In estrema sintesi, il Parlamento propone di affrontare il problema della formazione a partire dagli effettivi bisogni dei docenti (ad esempio, per la scuola di base, dall’esigenza di favorire l’incontro tra le diverse professionalità dei maestri elementari e dei professori di scuola media), puntando decisamente su percorsi personalizzati di autoformazione (a partire dalla costituzione di una anagrafe-bilancio delle competenze), sull’utilizzo delle nuove tecnologie, su un rapporto qualificato con le sedi universitarie (anche per l’acquisizione di crediti spendibili per la propria carriera). A tal fine vengono raccomandate la concertazione con le organizzazioni sindacali, la strutturazione di una rete di servizi territoriali per gli insegnanti, un diverso stato giuridico del personale che potrà prevedere anche la "definizione di diversi gradi di docenza". L’orientamento è quello di privilegiare il protagonismo e l’iniziativa delle scuole, alle quali sarà riservato almeno il 50 % dei finanziamenti. Del problema della formazione continua degli insegnanti si è occupato un sottogruppo della Commissione De Mauro, che ha operato nei mesi scorsi con riferimento alla scuola di base ed è impegnata, ora, per la scuola secondaria.

FAQ. 8.2: Ci sono già delle proposte concrete per quanto riguarda il piano straordinario di formazione per gli insegnanti che dovranno attuare dal settembre 2001 la riforma dei cicli, a partire dalle classi prime e seconde della scuola di base?

Nell’ambito dei finanziamenti 2001 per l’aggiornamento (che derivano dall’ordinario bilancio dello Stato, dai fondi della legge 440/97 sull’offerta formativa, dai fondi europei, dagli introiti delle licenze UMTS-telefonini di nuova generazione) sono previste specifiche iniziative di formazione connesse all’avvio della riforma dei cicli. Esse riguarderanno in primo luogo i circa 80.000 docenti impegnati a settembre nelle classi prime e seconde di base. Viene abbandonato il modello dei grandi piani obbligatori di aggiornamento, in favore di un sistema di opportunità assai articolate e differenziate. Ci sarà certamente una prima fase di informazione (obbligatoria) sulle caratteristiche dei nuovi indirizzi curricolari della scuola di base e sui possibili modelli organizzativi. L’informazione si realizzerà all’interno dei collegi dei docenti, oppure in brevi seminari territoriali, ma anche usufruendo di materiali cartacei e di trasmissioni televisive sui canali satellitari riservati. La formazione vera e propria potrebbe avere inizio in autunno, mettendo a disposizione delle scuole interessate un budget finanziario (almeno quadruplo di quello attuale) che consenta di attivare forme di consulenza per gli insegnanti sulle innovazioni curricolari. Ogni scuola potrà chiamare una o più equipe di consulenza (sulla base di un albo di formatori predisposto a livello territoriale) che accompagneranno per alcuni anni i docenti impegnati nella attuazione dei nuovi curricoli. Inoltre, si potranno incentivare iniziative di approfondimento (a scelta dei docenti) come l’iscrizione a corsi di perfezionamento universitario, la fruizione di borse di ricerca didattica, la partecipazione a gruppi di miglioramento, a scambi professionali, a stages, ecc. Infine, un apposito sito telematico potrebbe essere "dedicato" ai soli docenti impegnati nelle classi d’avvio, con la possibilità di fruire di servizi di varia natura (forum di dibattito, acquisizione di informazioni, documenti, esperienze, contatti con esperti, consulenze a distanza). L’idea, in definitiva, è quella di abbandonare i piani generici di aggiornamento e di costruire un vero e proprio ambiente intergrato di formazione per gli insegnanti.

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9. LA VALUTAZIONE

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10. LA SCUOLA DELL’INFANZIA

FAQ 10.1: La riforma dei cicli riguarda anche la scuola dell’infanzia ? Se sì, quali saranno le prossime novità per la scuola dai 3 ai 6 anni ?

La legge n. 30/2000 (Riordino dei cicli) contiene un intero articolo dedicato alla scuola dell’infanzia, l’art. 2. In esso si riconosce che la scuola dell’infanzia (questo nome viene per la prima volta ufficializzato nel testo della legge) fa parte integrante del sistema nazionale di istruzione (non a caso si parla di un sistema formativo dai 3 ai 18 anni) ed anche se la frequenza non è obbligatoria si afferma che la Repubblica (e quindi le pubbliche istituzioni) deve garantire la frequenza della scuola dell’infanzia a tutti i bambini che lo chiedono. Questo oggi non avviene, poiché abbiamo ancora lunghe liste d’attesa (e non solo nelle città del Sud). Inoltre, viene riconfermata l’identità culturale e pedagogica della scuola così come si è venuta sviluppando dopo gli Orientamenti educativi del 1991. Si parla infatti di sviluppo di competenze, di autonomia, di decondizionamento precoce, ma si aggiunge anche –ed è una novità- un più esplicito richiamo alla creatività (che era rimasta in ombra nel documento del 1991), alle potenzialità di sviluppo dei bambini, alla continuità dinamica verso la scuola di base. In sostanza, il modello pedagogico viene riconosciuto e riconfermato, mentre sul piano dell’ordinamento si fa carico alle istituzioni di generalizzare e qualificare concretamente questo primo ciclo scolastico "fondativo" di ogni futura formazione. Generalizzazione e qualificazione sono quindi i due obiettivi fondamentali previsti dal riordino dei cicli per la scuola dell’infanzia.

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