VERTICALE, CHE PASSIONE !…

di Giancarlo Cerini

 

ISTITUTI VERTICALI: NATI (QUASI) PER CASO…

 

Una prima valutazione della ancor giovane esperienza degli istituti comprensivi (541 istituti "verticali" di scuola materna, elementare e media, funzionanti nel 1997/98) deve ricollegarsi alla legge n. 97/1994 sulla tutela delle zone di montagna, atto da cui prende avvio la "verticalizzazione" della scuola di base, a prescindere da un esplicito disegno di carattere pedagogico o curricolare.

D’altra parte l’istituto comprensivo non rappresenta ancora un nuovo "grado" scolastico, ma più semplicemente una forma integrata di gestione dei servizi scolastici in un territorio caratterizzato dalla sua specificità (le zone di montagna). Le scuole materne, elementari e medie aggregate in un unico istituto (comprensivo) mantengono infatti le loro identità e le loro diversità, senza dare origine ad una nuova scuola di base "unitaria".

La verticalizzazione è stato così percepita (e spesso praticata) -dal basso- come tentativo di contenere i "danni" dei processi di dimensionamento degli insediamenti scolastici o -dall’alto- come escamotage per ridurre la spesa pubblica (un doppia variante della "razionalizzazione").

L’ampliarsi dell’esperienza al di là dei contesti originari (prima attraverso l’escamotage del profilo "sperimentale" e poi con l’estensione operata dalle leggi finanziarie) anche in zone di pianura o urbane, testimonia del fascino del nuovo modello istituzionale, ma apre ulteriori interrogativi circa gli sviluppi futuri. Oggi, tra l’altro, l’istituto comprensivo rappresenta -ai sensi del DPR 233 del 18-6-1998 (Regolamento sul Dimensionamento degli Istituti scolastici autonomi) una delle modalità "ordinarie" di riorganizzazione del servizio scolastico nel territorio. Non ci sono più vincoli particolari alla sua generalizzazione.

 

UN FUTURO PROMETTENTE…

 

E’ ormai necessario inserire la vicenda degli istituti comprensivi nei nuovi scenari che si stanno aprendo per l’intero sistema scolastico italiano, con la ricerca di una prospettiva coerente ed unitaria del percorso formativo degli allievi, che implica un complessivo riordino dei cicli scolastici (v. il disegno di legge del luglio 1997) e nuove forme di gestione autonoma delle scuole (v. la legge 15-3-1997, che all’art. 21 riconosce una consistente autonomia di "ricerca e sviluppo", amministrativa, organizzativa e didattica alle singole istituzioni scolastiche).

Il tema della continuità, verticale (in ordine ai curricoli didattici) ed orizzontale (in relazione al rapporto con il territorio), da condizione desiderata ed auspicata (v. il DM 16-11-1992) tende a diventare un possibile indicatore della qualità e della produttività del sistema formativo.

Gli istituti comprensivi costituiscono perciò un "ambiente" professionale stimolante per "testare" in anteprima l’impatto di alcune proposte di riforma. Pur nella situazione di reale disagio in cui molti di essi operano, tali istituti assumono la funzione di "laboratorio" per l’innovazione, in cui mettere alla prova alcune variabili del cambiamento, in particolare una idea unitaria di scuola di base.

Si tratta di "variabili" di ordine istituzionale (nel rapporto più intenso tra scuola e comunità locale), organizzativo (per un uso coordinato ma flessibile delle risorse, soprattutto professionali) e curricolare (per le suggestioni circa l’integrazione verticale dei curricoli disciplinari o, almeno, per lo sviluppo di esperienze di "raccordo" fluido tra i diversi gradi scolastici).

 

COSA C’E’ DI NUOVO: IL DIRIGENTE, AD ESEMPIO…

 

Negli istituti comprensivi alcune di queste innovazioni sono quotidianamente praticate (v. le apposite linee operative allegate alla CM 454/97). Si elabora un unico progetto educativo d’istituto (con effetti di reciproco "influenzamento" sui valori pedagogici e sulle forme della progettazione didattica). Funziona un unico collegio dei docenti (con le connesse opportunità di dialogo e confronto o, addirittura, di interscambio dei docenti, sotto forma di "prestiti" professionali).

Un discorso a parte merita il dirigente scolastico "verticale", che impersona (anche fisicamente) l’unitarietà della nuova istituzione scolastica e si trova perciò "esposto" a forti pressioni di diversa provenienza. In fondo, è il personaggio più visibile dell’intero sistema comprensivo. Egli non potrà possedere conoscenze didattiche "fini" relative a tutti i gradi della istituzione verticale cui è preposto (provenendo da esperienze personali anche molto distanti); dovrà però padroneggiare competenze estese, di secondo livello, relative all’organizzazione della didattica, alla gestione delle relazioni umane, alla amministrazione integrata di tutte le risorse disponibili, ecc. (1).

Negli istituti comprensivi la figura del dirigente scolastico è fortemente chiamata in causa, in un continuo "stress" operativo: quasi un banco di prova del ruolo dirigenziale che è stato disegnato nel Decreto Legislativo 59/98 (e che tanto fa discutere gli insegnanti). L’esperienza in atto sembra convalidare la ricerca di un "leader" educativo, piuttosto che di un "manager" aziendale, in merito alla sua formazione, al reclutamento, alla mobilità, allo sviluppo di carriera, ai riconoscimenti "contrattuali".

 

UN’INNOVAZIONE SOTTO OSSERVAZIONE

 

Dunque, l’istituto comprensivo anticipa i problemi e le possibili soluzioni di alcuni problemi di fondo della scuola italiana. Questa peculiarità ha richiesto inediti compiti di sostegno, assistenza, monitoraggio da parte della strutture amministrative e tecniche, sia centrali sia periferiche (CM 496/97). A tal fine, sono state messe alla prova nuove forme di coordinamento (a livello nazionale, con appositi comitati tecnico-scientifici; a livello regionale, mediante un nucleo di ispettori; a livello di ogni provincia, attraverso un Gruppo di assistenza tecnica).

Sono state inoltre promosse iniziative di "accoglienza" per i dirigenti scolastici, ed organizzate ripetute attività di formazione (CM 720/97). Tali azioni sono descritte in alcuni Rapporti Tecnici raccolti in un ponderoso "Vademecum" per i Capi di istituto, pubblicato dal Ministero nel 1997, che contiene anche un utile schedario-raccoglitore di normative, esempi, schemi, modelli operativi.

In effetti l’Amministrazione centrale ha cercato di curare con attenzione questo nuovo prototipo organizzativo, mentre più distratto è apparso il vertice politico, forse non del tutto convinto della compatibilità tra "verticalizzazione" e riordino dei cicli.

Va anche ricordato che, nell’ambito della rete degli istituti comprensivi, esistono due nuclei particolari di scuole. Un gruppo di circa 20 scuole partecipa ad un progetto di qualificazione e rilancio culturale per le aree marginali (con consistenti finanziamenti europei). Un secondo nucleo di scuole riveste invece un carattere "sperimentale" (22 istituti in tutto, concentrati prevalentemente in Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia). Queste ultime scuole hanno alla base del loro avvio un progetto sperimentale, approvato dai rispettivi collegi dei docenti. Si trovano dunque nelle condizioni migliori per approfondire in maniera sistematica e documentata alcune delle variabili innovative prima richiamate. Si tratta di aspetti curricolari (il curricolo verticale), organizzativi (la flessibilità) ed istituzionali (il legame con la comunità), che sono oggetto di specifiche azioni di ricerca, progettazione e sperimentazione, con la guida di un comitato scientifico nazionale coordinato dal prof. Piero Boscolo, dell’Università di Padova.

I primi esiti del progetto sono ora posti all’attenzione della scuola in un Documento di orientamento, diffuso con la CM n. 352 del 7-8-1998.

E’ arduo pronosticare le prospettive di sviluppo delle scuole comprensive. Evidentemente il loro "destino" si intreccia con le prospettive dell’intero sistema formativo e quindi con le ipotesi di trasformazione e di riforma che sono oggi in discussione (dalla realizzazione dell’autonomia al processo di dimensionamento, dal riordino dei cicli alla revisione dei curricoli nazionali). Molti di questi cambiamenti trovano un punto di osservazione privilegiato negli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media. Vediamo dunque di enucleare alcuni punti di attenzione, rispetto alle questioni generali fin qui esposte.

 

LE IPOTESI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO

 

Con il termine di "ipotesi" si intendono delimitare alcune variabili (o punti "focali") che già agiscono nel sistema "istituto comprensivo" e che quindi possono fungere da elementi analizzatori dell’esperienza. In buona sostanza, è ciò che ci si aspetta di trovare in un "normale" istituto comprensivo. Un utile strumento per questo tipo di operazioni è rappresentato dalla griglia di osservazione ed analisi delle scuole comprensive, elaborata nella fase iniziale del monitoraggio dell’esperienza degli istituti (ed ora riportata nel citato dossier del Ministero P.I., Istituti comprensivi. Vademecum per i capi di istituto, Roma, 1997). Ci limiteremo, in questa sede, ad una presentazione assai sintetica di alcuni enunciati, per lo più stralciati dal Rapporto ministeriale 1998 su "L’Istituto Comprensivo Sperimentale: un laboratori per l’innovazione".

 

RAPPORTO CON GLI UTENTI ED IL TERRITORIO

 

- La scuola comprensiva si caratterizza come un servizio alla comunità (ne raccoglie la domanda educativa), senza perdere la sua connotazione di istituzione (cioè in grado di proporre un’offerta formativa di eguale valore in tutto il territorio nazionale);

- L’eventuale differenziazione nelle modalità di organizzazione del servizio scolastico (le scuole verticali) o di erogazione dell’insegnamento (nelle scuole di piccole dimensioni) non deve comportare abbassamento nella qualità del servizio;

-Vanno evidenziati con più chiarezza i vantaggi dell’istituto verticale (visibilità della scuola, unitarietà del progetto, vicinanza ai bisogni della comunità), ma anche i possibili svantaggi (localismo, povertà di stimoli, isolamento, ecc.), per potenziare i primi e ridurre i secondi;

-L’istituto comprensivo rafforza il rapporto con gli Enti locali, rendendolo più incisivo ed impegnativo.Si determina un maggiore peso negoziale della scuola nei confronti della comunità (autonomia funzionale);

-Vanno studiati gli strumenti giuridici più appropriati per i rapporti inter-istituzionali (dagli accordi di programma ai protocolli di intesa, dalle convenzioni ai consorzi di servizi);

- E’ necessario un maggiore coordinamento tra il servizio scolastico e gli altri servizi sociali ed educativi (v. le possibilità insite nella L. 285/97 per la tutela dell’infanzia).

 

USO FUNZIONALE DELLE RISORSE PROFESSIONALI

 

- L’istituto comprensivo valorizza l’insieme delle risorse professionali (dal dirigente allo staff, dai docenti agli ausiliari, dal personale di segreteria ad altri operatori);

- Il Dirigente della scuola verticale presenta un profilo professionale arricchito. E’ necessario, nel breve periodo, superare la casualità attuale delle modalità di reclutamento e incentivare la permanenza in sede;

- L’organico funzionale di istituto si presenta particolarmente adatto ai bisogni delle scuole comprensive, perché consente un’utilizzazione elastica dei docenti (titolarità di circolo/istituto e non di cattedra/plesso);

-Vanno incentivati i prestiti professionali (cioè la presenza incrociata di docenti nei diversi livelli), anche mediante il completamento delle cattedre in ordine scolastico diverso e progetti di raccordo (laboratori, ecc.);

- L’istituto comprensivo richiede la presenza di uno staff di supporto al dirigente scolastico, per il coordinamento psicopedagogico e didattico, sperimentando anche diverse condizioni giuridiche per la sua attivazione: esoneri, semi-esoneri, impegni aggiuntivi, incentivi economici e giuridici;

- E’ necessaria una riconsiderazione in termini unitari del ruolo e delle funzioni del personale ausiliario negli istituti comprensivi, oggi dipendente da Enti diversi, Stato o Comuni; tale esigenza è oggetto di un provvedimento di legge in fase di discussione alla Camera dei Deputati;

- E’ opportuno approfondire le condizioni organizzative delle scuole di piccole dimensioni, particolarmente presenti negli Istituti comprensivi. Ogni livello scolastico offre aspetti peculiari da analizzare:

- l’organizzazione per età eterogenee, di 3-4-5 anni, della scuola materna;

- la problematica delle pluriclassi, dei plessi sotto-dimensionati (sotto i 75 alunni) e le ipotesi di organico perequativo nella scuola elementare;

- la fattibilità di una organizzazione didattica più flessibile nelle piccole scuole medie: cattedre polivalenti, gruppi interclasse.

 

PERCORSI CURRICOLARI

 

- Le scuole comprensive possono contribuire alla elaborazione di un curricolo essenziale in termini di progressione (verticale) delle competenze (dichiarative, procedurali, immaginative) e degli atteggiamenti sociali;

- vanno individuate con più precisione le caratteristiche pedagogiche degli istituti comprensivi (modalità di proposta dei saperi, verticalità del curricolo, articolazione in bienni didattici, ecc.), anche come contributo al ripensamento della tradizionale scansione tra livello primario e secondario dell’istruzione;

- è da approfondire il rapporto tra conoscenze informali (degli alunni) e conoscenze formali (proposte dalla scuola);

- sono da definire con precisione gli esiti formativi (quali competenze ? quali abilità trasversali ?) e le caratteristiche del contesto organizzativo (gli insegnamenti, il clima, l’organizzazione), per anticipare negli istituti verticali occasioni di valutazione di sistema e favorire la costruzione condivisa di standard di apprendimento;

- vanno messi a punto criteri di valutazione formativa, indispensabili per regolare un curricolo "centrato" sugli apprendimenti;

- occorre riflettere sulle metodologie e gli strumenti adottati negli istituti comprensivi in riferimento ad aspetti quali: il rapporto con la multimedialità, le esperienze di laboratorio, l’operatività, la gestione cooperativa della classe;

La ricerca sul curricolo viene interpretata da ogni istituto verticale alla luce delle sue peculiari vocazioni, anche con un impegno limitato a specifiche e parziali esperienze innovative. In molti casi il rinnovamento del curricolo è alimentato da progetti coordinati attorno a nuclei tematici trasversali (il piacere della lettura, le nuove tecnologie, l’esplorazione dell’ambiente, la tutela della salute, ecc.). Tali progetti possono ora essere sostenuti sotto il profilo finanziario, con il concorso congiunto dello Stato e degli Enti locali (v. DM 251/98 e DM 252/98).

Lo sviluppo di un curricolo verticale avrà in ogni caso bisogno di input, anche nazionali, di ben maggiore spessore, sia riguardo ai processi culturali (a partire dal Documento sui Saperi fondamentali elaborato dalla Commissione dei Saggi) sia in ordine ai possibili cambiamenti strutturali (un conto è l’idea di scuola di base unitaria, altro è la permanenza di segmenti scolastici distinti).

 

L’INVENTARIO DEI PROBLEMI APERTI

 

A proposito del possibile sviluppo dell’esperienza, anche a fronte dell’oggettivo ampliarsi del suo significato (in relazione ai processi di autonomia e di riordino dei cicli), è necessario definire un’agenda di impegni ai diversi livelli, da quello più propriamente professionale e formativo, a quello amministrativo e regolamentare, non escludendo quello politico-legislativo. Solo questa attenzione continua può determinare -nel breve e medio periodo- le migliori condizioni affinché la scelta istituzionale compiuta, forse un po’ casualmente, con la L. 97/1994 possa dispiegare i suoi effetti migliorativi dell’assetto esistente.

In particolare, chi vive l’esperienza degli istituti comprensivi, segnala l’opportunità dei seguenti interventi:

-Sul piano professionale va garantita un’assistenza in itinere, attraverso un’azione di formazione che non può coinvolgere solo i dirigenti scolastici, ma anche i docenti ed i responsabili amministrativi. Andrebbero affidati compiti più incisivi agli IRRSAE (per programmi di formazione anche su affidamenti ministeriali) ed agli Ispettori tecnici (per iniziative di monitoraggio e di verifica diretta), garantendo maggiore funzionalità ai NOR (Nuclei operativi regionali);

- E’ opportuna un’analisi selettiva di esperienze-pilota di ricerca didattica avviate nelle scuole verticali, a partire dal gruppo dei 22 istituti sperimentali, ma da allargare ad altre realtà comprensive, procedendo con la metodologia della valorizzazione delle "best experiences" (un sito Internet potrebbe documentare le "pratiche" migliori);

- Una formazione in servizio "diffusa" dovrebbe comprendere l’elaborazione di "pacchetti" multimediali e forme di istruzione a distanza (facilitando il collegamento in rete delle scuole verticali, spesso ubicate in contesti geografici particolari);

- Va compiuta una verifica della funzionalità dei nuclei provinciali per l’assistenza agli istituti comprensivi già funzionanti. Tali nuclei dovrebbero impegnarsi più a fondo nella:

- fornitura di disciplinari- tipo per convenzioni, protocolli, accordi, ecc.

- individuazione di linee finanziarie dedicate (sui diversi budget, ad es. per il fondo di incentivazione, l’aggiornamento, i progetti speciali)

- semplificazioni gestionali (personale ATA, organici, supplenze) e rafforzamento degli uffici di segreteria;

- Sul piano amministrativo è necessario definire criteri e parametri per la gestione della imminente razionalizzazione territoriale e per l’individuazione degli istituti comprensivi (operazioni ora affidate agli Enti locali); va inoltre messo a punto un itinerario ottimale per l’avvio e l’accompagnamento dei nuovi istituti comprensivi (informazione, formazione, consulenza, assistenza, ecc.) che si prevedono nell’ordine di qualche migliaio;

- Sul piano legislativo (o della gestione delle deleghe già contenute nella L. 59/97 o 449/97) si dovrà procedere a:

-definizione dell’istituto comprensivo come soggetto giuridico autonomo, con un proprio standard dimensionale (più favorevole di quello previsto nella generalità dei casi), a partire dalle aree a bassa densità abitativa e da estendere ad altri contesti geografici sulla base di una progettualità condivisa;

-individuazione di procedure di assegnazione del personale dirigente (meglio se su domanda incentivata), in modo da superare le attualità casualità o conflittualità insite nell’operazione;

- maggiore flessibilità nell’utilizzazione del personale, con priorità per figure di sistema con funzioni di coordinamento didattico, scorrimenti verticali degli insegnanti attraverso l’autorizzazione al completamento di cattedra nell’ambito dell’istituto verticale;

- Sul piano finanziario sono da promuovere investimenti selettivi e mirati, che facciano concretamente percepire "la verticalizzazione come occasione di incremento di risorse" a partire dai fondi messi a disposizione dalla Legge 440/97 (arricchimento dell’offerta formativa).

 

ED ORA, DIMENSIONAMENTO…

 

L’imminente avvio del processo di riorganizzazione delle scuole (c.d. dimensionamento), in vista del conferimento dell’autonomia e della personalità giuridica, che dovrà realizzarsi mediante la predisposizione di Piani provinciali entro il 31-12-1998, costituisce un importante banco di prova per la "tenuta" dell’ipotesi dell’istituto verticale. A maggior ragione dopo che nel Regolamento sul dimensionamento (DPR n. 233 del 18-6-1998) le tipologie di aggregazione verticale e orizzontale sono state poste sullo stesso piano.

Quali saranno le reali dinamiche nei diversi territori del nostro paese ? Come saranno percepite dai vari soggetti (gli Enti Locali, in primis, ma anche il mondo della scuola) le diverse possibilità di scelta ? Le prime simulazioni di dimensionamento lasciano presagire una forte propensione per gli istituti verticali nelle aree a bassa densità abitativa o nei piccoli centri, una maggiore tenuta delle aggregazioni orizzontali nei grandi e medi centri urbani ? Si corre il rischio di costruire modelli organizzativi differenziati solo sulla base di una contingenza territoriale ? Inoltre, le scuole verticali sembrano più gradite agli Amministratori locali, che non agli operatori scolastici ? Quali gli effetti sulla qualità della didattica di una decisione non condivisa e magari subìta ?

Qualche commentatore ha intravisto nelle scelte operate dal Regolamento sul dimensionamento (il citato DPR 233/98) la volontà di accelerare per via amministrativa il processo di riordino dei cicli, imperniato sull’articolazione in due soli cicli, di base (o primario) e secondario, con il superamento dell'attuale scuola media.

Senza entrare nel merito di tale delicata questione, che è tuttora all’esame del Parlamento, vorremmo però rammentare alcuni esiti "eccentrici" che possono scaturire da una frettolosa attuazione del nuovo Regolamento.

L’elevato standard numerico richiesto per il consolidamento delle scuole medie (dai 500 ai 900 alunni) porterà, inevitabilmente, ad un rafforzamento di tali istituzioni, soprattutto nelle aree urbane. Grandi, solide, estese scuole medie, tra le 25 e le 45 classi, sembrano evocare il modello "francese" del college (scuola media quadriennale), piuttosto che il ciclo breve "berlingueriano" (sei anni di scuola primaria, ivi compresa una porzione biennale di ex-scuola media). In caso di un riordino radicale di tal fatta, sarebbe quindi necessario riprogettare l’intero assetto curricolare e territoriale del segmento 11-14 anni, attualmente accolto dalla scuola media.

Un’eventuale diffusione a macchia d’olio della scelta verticale, con un ciclo unitario dai 3 ai 14 anni è certamente più coerente con il progetto (iniziale) di riordino dei cicli. Ma comporterebbe comunque l’esigenza di una ristrutturazione nel caso del varo del ciclo primario sessennale dai 6 ai 12 anni. L’ultimo biennio dell’attuale istituto comprensivo (13-14 anni) graviterebbe infatti verso la scuola secondaria superiore. Operazione non certo indolore, anche per gli standard numerici (comportando il "taglio" di due annualità). D’altra parte, l’ipotizzato triennio iniziale della nuova scuola secondaria superiore (dai 12 ai 15 anni) benché dislocabile in sedi decentrate (subentrando alle attuali scuole medie ?), resta di indecifrabile collocazione istituzionale. Non è per nulla chiaro a quale Presidenza di scuola superiore sarebbe, di volta in volta, aggregato.

Un vero e proprio rompicapo. Una ragione in più per seguire con la massima attenzione le prossime Conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica. Una buona quota della prossima riforma della scuola scaturirà proprio dalle decisioni che vi saranno assunte (2).

 


NOTE:

(1) G.Cerini, Il profilo professionale del dirigente scolastico. Analisi di caso: le "scuole verticali", in V.Gherardi (a cura di), Le scienze dell’educazione e il dirigente scolastico, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1997.

(2) Per un approfondimento del rapporto tra Istituti verticali e operazioni di dimensionamento, vedi G.Cerini (a cura di), Dimensionamento degli istituti scolastici. Commenti e materiali, in Notizie della Scuola, n. 23, 1-15 agosto 1998.