MediaLogo
Intervista all’Ing. Alessio Plebe, rappresentante italiano nel Comitato Scientifico EuroLogo, che ha introdotto in Italia MediaLogo

a cura di Enza Autolitano

 

Quale relazione esiste tra MediaLogo e il Logo di S. Papert?

Ne è un diretto discendente. La sua proposta educativa va esattamente nella direzione che Papert e il suo gruppo del MIT da anni cercano di imprimere al sistema educativo. Certo che in questo discorso molto ampio MediaLogo non è che un piccolo contributo, ma non irrilevante. Da un punto di vista tecnologico, MediaLogo rappresenta una notevole evoluzione rispetto alle gloriose versioni di Logo degli anni '80, ma un insegnante o chiunque abbia già avuto esperienze con un Logo di venti anni fa, ritrova in MediaLogo esattamente lo stesso nucleo di comandi di base, e potrebbe addirittura continuare ad usarlo limitatamente a questa parte "storica". Sarebbe comunque un peccato, perché perderebbe la parte più considerevole del MediaLogo, che utilizza tutte le potenzialità di un moderno computer: velocità, grafica, multimedialità.

Come nasce questo "discendente"?

In Europa le ricerche sono state condotte da Ivan Kalas e dai suoi collaboratori che hanno dovuto porsi alcune fondamentali scelte iniziali di tipo culturale e cognitivo. Ciò che a loro interessava era che il controllo fosse sempre nelle mani dell'utente, adulto o bambino, e non del computer. L’obiettivo era di evitare la "spettacolarità", con comandi che producessero effetti complessi, ma di cui non ci si potesse rendere conto perché "sigillati" rispetto alla conoscenza. In MediaLogo qualunque effetto è il prodotto di una programmazione voluta, cercata, ideata. Questo non vuol dire che il risultato sia scontato; anzi, nella maggior parte dei casi chi scrive una procedura pensando di avere un certo effetto, ne vede uno totalmente diverso. Si indaga, si riflette e si giunge all’effetto desiderato con opportune modifiche.

Che relazione esiste tra MediaLogo e Microworlds (Micromondi)?

Microworlds, un altro erede attuale del Logo classico, il cugino americano, ha privilegiato l'impiego interattivo, in cui si creano facilmente mondi multimediali con una limitata possibilità di animazione, mantenendo più "nascosta" la programmazione.

Può un bambino che non ha mai usato il computer partire con Medialogo?

Penso che non potrebbe avere incontro con il computer più felice e divertente.
Vi sono diverse esperienze in Europa di uso del Comenius Logo a partire dai tre anni di età, ed è molto interessante il suo uso nel periodo in cui il bambino impara a leggere. Personalmente ho "sperimentato" il MediaLogo con mia figlia da quando aveva quattro anni, con divertimento di entrambi. Rispetto ad un uso familiare del computer che va diffondendosi, come mezzo per intrattenere un bambino piccolo senza compagnia di adulti, MediaLogo lascia a desiderare: il bambino alle prime armi preferira` sicuramente qualche videogioco o storia animata. Anche se si tratta di uno strumento dove l'esplorazione creativa del bambino può esprimersi senza limiti, questa va necessariamente stimolata e guidata inizialmente da un adulto. Direi che non è un problema del MediaLogo, ma di un cattivo uso del computer, come surrogato più sofisticato della televisione.

Quali obiettivi può raggiungere un insegnante della scuola materna o della scuola elementare con Medialogo?

Domanda difficile. Mi aiuto prendendo a prestito alcuni aforismi sentiti da S. Papert: "il legno produce buone case?"; "il martello e la sega che mobili realizzano?"
Ciò che abbiamo a disposizione è la materia prima, di per sé asettica. Sono le persone che la usano a determinare i risultati che si possono ottenere. Un insegnante può fare di tutto o nulla con MediaLogo, può anche usarlo in modo totalmente opposto alla filosofia del Logo, e anche in modo antieducativo. MediaLogo può diventare un valido supporto per raggiungere qualsiasi obiettivo a partire dalle scuole materne fino all’università. Con un’analogia economica, direi che l'insegnante può pensare al MediaLogo come ad un investimento a medio-lungo termine. Occorre essere consapevoli che i bambini dovranno avere a disposizione il tempo necessario per entrare in sintonia con il linguaggio di programmazione del MediaLogo, lo stesso che succede per qualunque linguaggio naturale. In tutto le "parole" del linguaggio MediaLogo sono poco più di 300, ma ne bastano gia` una decina per fare cose notevoli. Dunque, va messo in conto questo tempo. L'insegnante si ritrova un mezzo in più, accanto ai suoi abituali, con cui insegnare. Quando per esempio vuole insegnare elementi di grammatica, oltre a schede e testi su cui far eseguire analisi grammaticale con evidenziatori o matite colorate, può far sviluppare un progetto in MediaLogo in cui le parole diventino di un particolare colore se aggettivi, o cambino colore se usate come pronomi, e così via. Insegnando scienze, accanto al laboratorio "concreto" (una rarità, purtroppo), ha a disposizione un laboratorio virtuale, in cui simulare per esempio il moto della luna attorno alla terra, o un ecosistema. In questo processo ci si renderà conto che il MediaLogo può ampliare gli orizzonti permettendo esplorazioni significative o comunque complementari rispetto ad altre tecniche. Allo stesso tempo questa applicazione affina sempre piu` nei bambini la capacità di usarlo. Il mondo attuale è sempre più permeato dall'elemento computer, e a differenza di pochi anni fa il bambino si trova inevitabilmente presto a suo contatto, proprio come per tutte le altre componenti culturali della nostra società.
Il messaggio che in questo senso può emergere dall'uso del MediaLogo è quello di un'informatica che permetta di esplicare e di amplificare l'intelligenza personale, che eviti il tecnocentrismo del computer fine a se stesso, così come il suo uso trasparente e passivo.

Quando ha incontrato MediaLogo per la prima volta? E in che forma è stato incontrato, forse non si chiamava ancora così...

Credo nel 1996 o giù di lì. La sua origine è nel cuore dell' Europa, è stato sviluppato alla "Comenius University" di Bratislava. In questo ateneo il problema educazione è centrale così come in Ungheria, Olanda, e in altri paesi. Nelle Facoltà di Informatica si trovano gruppi di lavoro dedicati all' educazione, e in altri luoghi la quasi totalità dei gruppi di ricerca è orientata verso le applicazioni informatiche più "appetitose" e commerciali.
A Bratislava ho conosciuto Ivan Kalas, supertecnologo in grado di padroneggiare il "materiale" informatico, ma anche persona appassionatamente dedicata al problema "educazione". E’ uno dei principali "padri" del MediaLogo, e intorno al 1995 stava terminando questo complesso progetto chiamato "Comenius Logo": il Logo degli anni 2000.

Quale definizione possiamo dare a MediaLogo?

Partiamo dalla più semplice: MediaLogo è un linguaggio di programmazione ideato in modo da essere utilizzato subito, anche da chi di programmazione non ne sa proprio niente, ma che allo stesso tempo non ha nessuna limitazione rispetto ai linguaggi "per professionisti", consentendo anche la realizzazione di complesse simulazioni multimediali. Non che questo sia magicamente facile.
E’ un po’ come per il linguaggio naturale: a due anni si è in grado di dire qualche parola, ma non si può certo scrivere un trattato di filosofia.
Il MediaLogo e` una proposta educativa precisa, stimolante e sicuramente anche provocatoria. La programmazione al computer ha un importante valore cognitivo, e la principale funzione che il computer può svolgere come strumento educativo risiede proprio nella sua programmazione.
Purtroppo il "fenomeno Logo" in Italia è passato inosservato, sia per motivi culturali che tecnologici, quindi tutto ciò che ora possono dirci MediaLogo e i suoi alleati, è assolutamente nuovo.
In genere vengono sempe elogiate e decantate quelle prerogative degli applicativi che rendono il computer più "trasparente". Il computer si può usare "come se" fosse un libro, "come se" fosse una televisione, un telefono, e così via, senza porsi il problema di come ciò accada, senza diventarne gli artefici. Con MediaLogo gli artefici siamo noi.

Cosa ha deciso di farne? In che modo ha contribuito a farlo conoscere in Italia?

Rimasto colpito dall'impatto riscontrato nei paesi dove si è diffuso, soprattutto i paesi dell'est, come Ungheria, Slovenia, Bulgaria e consapevole del fatto che in Italia, invece, Logo è un illustre sconosciuto, ho cercato prima di aderire alle comunità di educatori e ricercatori di tutt'Europa, con cui c'è scambio e collaborazione (EUROLOGO) e di cui sono attualmente il rappresentante italiano, e poi di allargare le dimensioni di questa comunità e facilitarne la cooperazione grazie a Internet. Così nel 1998 è nato il progetto europeo NETLogo, con la realizzazione del sito http://www.netlogo.org. Ma perché anche in Italia si potesse beneficiarne, mancava proprio il protagonista, una versione del "Comenius Logo" in italiano e adattata alle nostre esigenze. Ora è finalmente arrivato: il MediaLogo.