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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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RIFLESSIONI SULL’USO DEI “BLOG” PRESSO GLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI

di Andrea Torrente

 

Senza pregiudizio della qualità del loro contenuto, i weblogs e le pagine personali degli studenti aprono un vero e proprio spazio di creazione, uno spazio multimediale nel quale scrivere[1]significa volta per volta e nello stesso tempo sottolineare la propria appartenenza ad una comunità, ad un gruppo, ad un clan; testimoniare il proprio interesse, la propria ammirazione, il proprio amore per un determinato campo di creazione, opera, artista; aprire un dibattito o una polemica; o molto semplicemente fare qualcosa. Mi interesserò, in questo scritto, più specificatamente ai weblogs che alle pagine personali, in virtù del principio dinamico che li fonda e delle articolazioni in cui essi si trovano, al crocevia fra spazio pubblico del sito e spazio privato delle chat, e-mail ed altri tipi di corrispondenza.

 

Tecnologia oppressiva contro “nuova lingua”

Prima di tutto conviene fare due sottolineature. La prima, di ordine economico e sociale, concerne l’accesso alle tecnologie. E’, infatti, noto a tutti che gli alunni provenienti da famiglie agiate hanno a casa un buon PC con relativa connessione ad Internet in banda larga, apparecchio fotografico e videocamera digitali. Per gli alunni delle classi più modeste o deprivate, le tecnologie sono vissute come inaccessibili o, addirittura, come oppressive, creatrici di frustrazioni.

La seconda sottolineatura riguarda i contenuti propriamente detti. Su di un piano strettamente linguistico, lo scritto è al 95% una sorta di nuova lingua vagamente internazionale, nella quale fioriscono le abbreviazioni tanto care alla cultura americana ( ad esempio: ASAP sta per “as soon as possibile”, LOL sta per “laughing out loud”).

Per riprendere lo schema della comunicazione di Jakobson, si osserva generalmente una nettissima predominanza delle funzioni espressiva e fatica. Ma, poiché non si tratta di comunicazione in senso stretto (non c’è compresenza diretta), le entrate (o posts) sono molto semplicemente la riaffermazione di un legame (essere compagni di classe, appartenere alla stessa associazione sportiva, allo stesso gruppo di amici, frequentare la stessa scuola, ecc.).

 

Dalla parte degli appassionati e degli artisti

In fin dei conti, l’interesse di un blog si misura dalla sua apertura sullo spazio pubblico, dalla quantità e qualità dei commenti e da quella dei collegamenti, ma anche dall’indirizzo deliberatamente pubblicistico della parola che vi si fa sentire. Noi entriamo, quindi, in un secondo tipo di oggetti: i weblogs di appassionati (di musica, di arte, di letteratura, di cinema, di cucina, ecc.), i weblogs di scrittori ed i weblogs di artisti. Anche se questi tentativi sono abbastanza velleitari, in fondo l’utilizzazione consiste nel dire ciò che si ama e/o ciò che si detesta e nel tentare di analizzarne le ragioni e gli obiettivi. Si tratta di rendere posizione e di esprimere dei giudizi di gusto. Esprimere ciò che si ama è già, in una certa misura, dire ciò che si é. Il weblog sarà così lo spazio della soggettività ed un mezzo per esprimere i contenuti più personali, più affettivi e per uscire dalla banalità di molti esercizi scolastici.

Per coloro che manifestano precocemente una disposizione per la scrittura, esso può costituire una prima tappa verso la pubblicazione.

 

Dall’autobiografia alla scrittura di sé

I blog segnano un ritorno del romanzesco, per il semplice fatto che le parole non sono equivalenti all’esperienza grezza e suscitano tante aperture immaginarie quanti lettori essi hanno.

Questi resoconti di vita possono esser letti come tanti romanzi, nella maniera in cui la corrispondenza di un autore sembra confondersi talvolta con la sua opera romanzesca.  

E quando non si tratta di un blog-giornale, l’atteggiamento stesso dell’autore, per il fatto del suo anonimato, di questo strano ritratto di fronte allo spazio pubblico di dibattito, è propriamente romanzesco in ciò che si richiama all’immaginazione, all’invenzione di un corpo, di un’identità eroica, quand’anche questo eroismo è infinitesimale.

A ciò bisogna aggiungere l’immagine, il suono, vedere delle sequenze video, l’impaginazione – tanti elementi di messa in scena grazie ai quali si costituisce una scrittura nuova, talvolta didattica, ragionata ed orientata, talvolta puramente poetica, poiché sfugge a qualsiasi ridondanza, a qualsiasi preoccupazione d’illustrazione il gioco delle forme e dei testi. Questa dimensione supplementare fa di alcuni weblogs dei veri oggetti plastici e ci invita ad un’irruzione nella sfera intima dei loro autori, su delle modalità inedite.

Degli oggetti curiosi quindi, paradossali, poiché essi pongono coloro che li redigono sotto un filo teso fra fiducia e pubblicità, un filo non virtuale: tenere un weblog non è senza effetto sull’esistenza del suo autore. La tenuta di un giornale prende del tempo, impone un ritmo, una disciplina, un rituale e costituisce così un elemento strutturante ma anche una costrizione.

Bisogna anche considerare la qualità di oggetto virtuale in rete, propria dei blogs. Ogni autore di blog è anche lettore di blog e partecipa eventualmente ad altri blog, allorquando ne tiene molti egli stesso. La maggioranza delle interfacce di blogs propone una o parecchie colonne che permettono di repertoriare i legami verso altri blogs, sotto forma di rubriche del tipo “i miei blogs preferiti”, “i blogs che leggo”, ecc. Così, praticamente veniamo invitati a navigare da uno all’altro. Molti autori di blog accordano a questa attività di traghettatori un’importanza predominante e registrano sotto diverse rubriche centinaia di altri blogs.

“Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei”.      

 


 

[1] Utilizzo per comodità il verbo “scrivere” anche se bisognerebbe piuttosto dire “mettere in pagina” degli elementi audiovisivi e testuali. In questo caso designo sotto questo verbo una “scrittura multimediale”.

 


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