Esperti a confronto ieri nel convegno sulla multiculturalità scolastica che si è tenuto nella sede de «Il Tempo»

Didattica «forte» per insegnare l’italiano agli stranieri

di NUNZIA LATINI (*)

IL CONVEGNO Nazionale dell’Anils, Associazione Nazionale Insegnanti di Lingua Straniera sull'«Italiano per gli immigrati» e sulla comunicazione con gli stessi, che si è svolto nella giornata di ieri a palazzo Wedekind nella sede de «Il Tempo», ha dato risultati davvero interessanti. Sono emerse proprio tutte quelle che sono le problematiche delle scuole e dei Centri Territoriali Permanenti a contatto con alunni stranieri inseriti in ogni ordine e grado di istruzione, tutte le differenze di atteggiamento e soluzione che si possono adottare.

Il contatto con lo straniero pone forti interrogativi metodologici e chiede forti risposte didattiche sia da parte degli insegnanti che vogliono formazione, sia da parte di insegnanti che già operano in tali realtà.

I tanti intervenuti hanno offerto spunti di riflessione importanti che hanno poi acceso un dibattito ricco di esperienze diverse, provenienti da realtà svariate nonostante siano nella stessa provincia. Nella scuola italiana, da una parte ci sono istituti come l'Istituto Comprensivo dell'Esquilino a Roma, dove s'insegna ormai da oltre dieci anni in classi interculturali e dove l'attenzione alle 101 nazionalità compresenti, dà soluzioni didattiche mirate all'insegnamento dell'italiano come lingua seconda e alla cultura dell'altro, da un'altra parte ci sono istituti che stanno avvertendo che qualcosa sta cambiando. Il dirigente scolastico, professor Bruno Cacco, ha evidenziato come possa essere ricco un percorso formativo di tipo interculturale e ha illustrato il lavoro che si svolge nell'istituto da lui presieduto, dove tantissimi linguaggi si incontrano.

Il professor Paolo Balboni ha illustrato i termini del problema nell'adottare una didattica della lingua italiana in una classe che, specialmente nei Centri territoriali permanenti, cambia continuamente. Ha così parlato di «approccio» nello stesso modulo, per la specificità di studenti in continuo movimento, con una classe che non si definisce mai né nel numero né nel tipo. Questo significa che nel pensare un programma bisogna essere assolutamente modulari, aperti ed elastici. A livello di parola, si pone il problema del significato e di come è recepito dallo straniero. A livello di contenuti culturali bisogna saperli scegliere e lavorare sul confronto. Dall'interessante dibattito della mattina, è emerso come dal territorio alla realtà specifica, risultano esserci così tante variabili, con all'interno una altrettanta pluralità di situazioni diverse: si vuole quindi prenderne atto e cominciare a pensare le classi in un modo nuovo.

Le relazioni interpersonali in classi multiculturali vogliono non solo soluzioni a livello comunicativo, come ha esposto il professor Ragnetti, linguistiche come ha dimostrato la professoressa Ivana Fratter, ma soprattutto tecniche di tipo psicologiche per il contatto con il sé e l'altro. Il dottor Bozza, nel suo interessante intervento ha dato suggerimenti e strategie da utilizzare e dalle quali tirar fuori un positivo «sé», per una positiva relazione con gli altri.


(*) da Il Tempo, Sabato 24 Marzo 2001