Prolegomeni ad ogni possibile Riforma della Scuola
Rete Autonomia Corporazioni

di Dario Cillo

 

La mia disciplina non esiste, perché nessuna disciplina esiste; esistono solo problemi

Karl Popper

 

Un’occasione particolare quella del 20 marzo 1998; una volta ancora si parla, insieme, di riforma della Scuola, di contenuti essenziali per la formazione, per interrogarsi e definire, come affermerà Magris, i tratti della cultura con la quale dovremo entrare in Europa.

L’atmosfera è quella delle grandi occasioni: presente il gotha della cultura italiana, pochi i posti a sedere, il pubblico assiepato sul fondo ed ai lati della sala della Palazzina dell’Auditorio.

Ospite l’Accademia dei Lincei che, da sempre, come sottolinea Vesentini, segue con interesse partecipe le innumerevoli vicissitudini di una scuola ansiosa di trasformarsi.

Apre il confronto Berlinguer componendo, sulla scacchiera della riforma dei cicli scolastici, i frammenti di un progetto di globale ristrutturazione della scuola e della formazione.

Innanzitutto l’autonomia ma anche il nuovo iter formativo universitario dei docenti, l’introduzione delle nuove tecnologie didattiche, il sistema nazionale di valutazione.

In questo quadro, e salvaguardando l’unitarietà nazionale dei fondamenti culturali, i ‘contenuti essenziali per la formazione di base’ devono garantire:

Il ministro della pubblica istruzione chiude il suo intervento invitando tutti a collaborare al dibattito nascente, senza cadere nella trappola degli specifici interessi disciplinari, in vista di un più alto equilibrio dei saperi.

Maragliano sottolinea la dinamica reticolare ("un sistema con più centri") dei ‘contenuti essenziali’ e la necessità di un nuovo paradigma: l’arte, la musica, i beni culturali, occasioni nevralgiche per il nostro territorio, da sempre escluse o marginalizzate nella scuola, dovranno acquisire un ruolo ed una funzione nuova nella formazione di base del prossimo millennio.

Magris richiama l’attenzione sui ‘valori’ – che non possono essere messi in secondo piano rispetto a metodi e contenuti – e sul tema della ‘scelta’, anche disciplinare, in una scuola ("non un’azienda") dell’autonomia ("con parsimonia"), che sembra orientata a tutto comprendere ed integrare.

A Raimondi spetta il compito, fra l’altro, di riportare in primo piano la ‘letteratura’ come strumento transdisciplinare, educazione al suono, al ritmo ed all’osservazione.

Questi, per i relatori, i "prolegomeni ad ogni possibile riforma della scuola nell’anno di grazia 1998", come felicemente li definisce Vesentini.

Poi, non privi di alcuni spunti polemici, gli interventi.

Un coro di solisti che, a discapito delle premesse, riporta in primo piano le discipline con il loro strascico di corporativismi e campanilismi.

Poche le eccezioni.

Certamente il cardinale Tonini, ultimo ad intervenire, che parla della necessità di un’educazione alla tolleranza ed al rispetto dei diritti delle minoranze.

Ma anche due insegnanti: la prima, docente in una scuola superiore, chiede un ridotto numero di discipline ("spazi ampi e tempi lenti") perché questo è il solo modo per apprendere ed insegnare; l’altra, una maestra elementare, propone una vera e propria alfabetizzazione all’affettività ed alle arti espressive ("non ci dovremo più vergognare nel far teatro").

Il dibattito si chiude. Lentamente i partecipanti scompaiono nel traffico della sera romana.

Che strano, ancora una volta nessuno ha parlato delle ventennali esperienze sperimentali condotte, autonomamente e spesso isolatamente, dalle scuole italiane.

E’ possibile che ad uno scollamento del mondo della scuola dalla realtà, corrisponda, in parallelo, uno scollamento del mondo della cultura e dei vertici della pubblica istruzione dalla base e dalla scuola reale?

 

Roma, 20 marzo 1998